domenica 31 ottobre 2010

FINI+DALEMA+VENDOLA+RUTELLI+CASINI+DI PETRO+GRILLO E ZERBINI NAZIUSASIONISTI VARI...

INFORMAZIONE SCORRETTA..................

BERLUSCONI: COMMISSARIATO DA TREMONTI, IN ATTESA DEGLI ALLIGATORI

pubblicata da INFORMAZIONE SCORRETTA il giorno domenica 31 ottobre 2010 alle ore 17.33

Non mi stancherò di ripeterlo: la ribellione dei finiani contro Berlusconi nasce su indicazione di Washington e il motivo è costituito da “quel minimo di politica energetica autonoma” portata avanti dal premier italiano [1].

L’origine atlantica del contendere rimane tuttavia in sordina, rispetto ai quotidiani clamori sul presidente del Consiglio, ma è stata confermata più volte da fonti autorevoli, sia pure con sfumature diverse. Si sono espressi in tal senso, tra gli altri, Aldo Giannuli [2], Bobo Craxi [3], Maurizio Molinari[4], Francesco Cossiga [5], Paolo Guzzanti [6], Mario Sechi [7], Paolo Barnard [8], Lucia Annunziata [9], Giulio Sapelli [10].

Le esternazioni del “massone democratico” Gioele Magaldi battono sullo stesso tasto, sia pure da un versante più esoterico:

“Berlusconi ha rapporti con tutti gli ambienti internazionali massonici. Il problema è che oggi questi rapporti sono in crisi. È il suo problema più grande: la parte maggioritaria (…) ritiene che Berlusconi sia diventato un problema per l’Italia e non una soluzione. Perché non offre un progetto strategico che possa essere in linea con l’idea massonica della società. Non ha fatto le riforme strutturali e ha attentato alle libertà fondamentali di uno stato democratico e occidentale” [11].

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IL POTERE 2: Il Times e Berlusconi: macché Noemi o Ruby.

Che il Times di Londra arrivi a scrivere un editoriale dove chiama il capo di governo di un Paese europeo “clown” e buffone sciovinista”, e ciò solo per motivi di indignazione politica, lo lascio credere ai giornalisti, ma noi persone raziocinanti dobbiamo andare oltre. Un quotidiano della portata del Times, storico bastione del conservatorismo mondiale, voce internazionale dei Consigli di Amministrazione più potenti del pianeta, non si muove così violentemente per così poco (Noemi e festini), né è pensabile che abbiano scoperto solo oggi che Silvio Berlusconi alla guida del G8 è come un orango alla guida di un pullman. La scusante ufficiale perquell’editoriale di fuoco ai danni del Cavaliere è un insulto all'intelligenza. Rattrista, ma non stupisce, che in Italia nessuno dei paludati opinionisti pro o anti ci stia pensando.

Il motivo è altro, non v’è dubbio, ed è assai più importante. Per farvi capire, cito la caduta dal potere del dittatore indonesianoSuharto nel 1998. Uno dei peggiori assassini di massa del XX secolo, nulla da invidiare a Hitler per numero di morti, era il cocco di mamma degli USA e della Gran Bretagna, media inclusi, che lo adoravano perché obbediva puntigliosamente a ogni diktat dell’establishment economico neoliberale d’Occidente e soddisfaceva ogni sua voracità di profitto, naturalmente a scapito dell’esistenza di milioni di disgraziati suoi connazionali. Nel 1997Suharto fece l’errore delle sua vita: disobbedì al Tesoro americano (leggi Fondo Monetario Internazionale), una sola volta. L’allora Segretario di Stato di Clinton, Madeleine Albright, gli disse due parole secche. Fine di Suharto.

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sabato 30 ottobre 2010

UMILTA' FIEREZZA E ORGOGLIO DI UN SARDO... (NONOSTANTE IL CARCERE). I SARDI NON SONO NUOVI A QUESTE ESPERIENZE.


Documento: lettera di Bruno Bellomonte ad Antonello Tiddia dal carcere di Viterbo (17/10/2010)

AI COMPAGNI E COLLEGHI DI ANTONELLO

OGGI, MENTRE ERO ALL’ARIA, MI HANNO CONSEGNATO LA CARTOLINA DOVE MI COMUNICAVI DELL’AVVENUTO ABBONAMENTO “TRIMESTRALE“ ALLA NUOVA DA TE EFFETTUATO ASSIEME A COMPAGNI E COLLEGHI DELLA CARBOSULCIS.

LA SODDISFAZIONE E’ STATA GRANDE, SIA IN TERMINI DI SOLIDARIETA’ OPERAIA, SIA IN RELAZIONE AL VOSTRO AUSPICIO PER UNA POSITIVA SOLUZIONE DEL PROCESSO, “POLITICO“, A CUI SONO SOTTOPOSTO.

IL VOSTRO NON LO CONSIDERO SOLO UN ATTO DI SOLIDARIETA’, MA UNA VERA ESPRESSIONE DI CLASSE, UN RICONOSCIMENTO DI IDENTITA’, L’INCONFONDIBILE SPECIFICITA’ DEL POPOLO LAVORATORE SARDO.

IN ATTESA CHE IL VOSTRO AUSPICATO DELLA “TRIMESTRALITA’“ SI AVVERI, TI POSSO ASSICURARE CHE NON VEDO L’ORA DI TORNARE NELLA NOSTRA TERRA, FRA IL RUMORE DELLE ONDE ED IL SILENZIO DEI NURAGHI, IN MEZZO AL MOVIMENTO OPERAIO, DEI PRECARI, DEI PASTORI, CONTADINI, NON POSSONO MANCARE I FERROVIERI, FRA UN CANNONAU ED UN ABBARDENTE, UNA DOLCE SEADAS, IL PROFUMO DEL MIRTO IN UNA TAZZA MINUTA E LA BELLEZZA DELLE DONNE SARDE.

E’ DA MOLTO TEMPO CHE NON VADO A SANT’ANTIOCO, PER CUI SARA’ UN’OTTIMA OCCASIONE PER RITROVARCI, PER STARE ASSIEME, IN COMPAGNIA DEI TUOI COMPAGNI E COLLEGHI ED ANCHE DELL’OTTIMO VINO SARDO.

NEL FRATTEMPO, A PRESCINDERE DALL’ABBONAMENTO DI CUI SONO GRATO, RIVOLGO UN CALOROSO SALUTO AI COMPAGNI E COLLEGHI DELLA CARBOSULCIS, E COME AL SOLITO UN ABBRACCIO A TE, ANTONELLO.

A PRESTO BRUNO

http://www.ilminuto.info/

venerdì 29 ottobre 2010

E NOI?...ANCORA DIETRO AI BUNGA VIOLACEI E SVASTICHE VERDI E PESCI D'ACQUA DOLCE.


Fonte: nwo-truthresearch.blogspot.com * Activist Post * traduzione: http://nwo-truthresearch.blogspot.com


Credete che noi siamo in un libero mercato? Pensateci ancora. Pensate che sia stato il capitalismo del libero mercato che ha fatto crollare il sistema finanziario? Pensateci bene. Quello che ha l’America, e quello che abbiamo avuto per lungo tempo, è il Cartellismo. E’ sempre più evidente che ogni settore è stato infettato dal consolidamento del “Too-Big-to-fail” (Troppo grande per fallire), che ha condotto ad uno stato di oligarchia quasi perfetto – una forma di struttura di potere in cui il dominio resta efficacemente all’interno di un piccolo segmento di società caratterizzato da regalità, ricchezza, legami familiari o controllo militare ( Wiki ). E’ naturale che un sistema gerarchico si sarebbe tradotto in un richiamo esponenziale di potere verso i pochi al vertice. La struttura piramidale che troviamo in tutte le istituzioni premia la sete di potere a tutti i livelli. Nel nostro sistema era semplicemente una questione di tempo prima che queste piramidi, che condividono un interesse comune, unissero le forze per spingere la direzione delle loro attività al solo beneficio del mega cartello piramidale di recente formazione. Così, questi cartelli possono quindi eliminare sistematicamente la loro concorrenza sul libero mercato attraverso la regolamentazione governativa e altre manovre economiche ben calcolate. Ogni grande industria in America e nel mondo, è prevalentemente gestita da una manciata di compagnie che sono aiutate dalla porta girevole governo-azienda. Esse lavorano all’unisono per controllare efficacemente la direzione delle rispettive industrie, l’economia nel suo complesso, la geopolitica, la società e l’umanità. Di conseguenza, non vi è più un libero mercato per le necessità di base dell’umanità o persino per il pensiero dell’uomo. Leggi il resto di questo articolo>>

ALTRO CHE...... "BUNGA BUNGA" !!!




BATTI IL PRECARIO FINCHE' E 'CALDO


Oggetto: Batti il precario finché è caldo
Rispondi citando

La sera del 19 ottobre, dopo appena due giorni di discussione, la Camera ha approvato senza ulteriori modifiche il famigerato “collegato lavoro”, aka ddl 1167, aka ddl 1441 (a seconda del ramo del Parlamento). Il disegno di legge conclude quindi definitivamente la sua lunga gestazione con la firma, stavolta obbligatoria, del Presidente della Repubblica, ed entrerà in vigore a stretto giro.
Curiosamente, nessun quotidiano in questi giorni dedica spazio alla questione, che pure è destinata ad avere molti più effetti per molti più italiani rispetto al Lodo Alfano che imperversa su TV e giornali. Quali effetti? Vediamoli.

Certificazione dei contratti e clausole arbitrali

È rafforzata la pratica, già prevista dalla “Legge Biagi” ma fino a oggi pressoché inutilizzata, della certificazione dei contratti. In pratica le parti possono chiedere che una commissione appositamente istituita accerti, anche preventivamente, che il contenuto del contratto di lavoro corrisponda alla reale natura del rapporto, con l’accordo del datore di lavoro e del lavoratore. Quanto il lavoratore sia davvero spontaneamente d’accordo e non invece costretto dalla necessità di ottenere o mantenere il lavoro, non c’è bisogno di spiegarlo. L’organizzazione di queste commissioni non a caso è affidata alla potente lobby dei consulenti del lavoro, che avrà “le funzioni di coordinamento e vigilanza per gli aspetti organizzativi”: le volpi che controllano l’organizzazione dei pollai.
Ma non solo: possono essere certificate allo stesso modo anche le clausole arbitrali che le parti (anche qui leggi: il datore di lavoro) potranno chiedere di inserire nel contratto alla fine del periodo di prova o, in mancanza di prova, dopo 30 giorni dall’inizio del rapporto. Le clausole arbitrali consistono nell’impegno vincolante delle parti (qui leggi: del lavoratore) a rinunziare preventivamente a rivolgersi al Tribunale per eventuali controversie legate al rapporto di lavoro. Per salvaguardare i propri diritti, una volta violati, i lavoratori dovranno così recarsi da arbitri privati e non da giudici, con diverse conseguenze tutte a loro svantaggio: costi più alti e da anticipare almeno in parte, minori garanzie processuali, soprattutto la possibilità per gli arbitri di decidere sulla controversia “secondo equità”, e quindi anche in deroga alla legge e ai contratti collettivi.
Se non altro, la legge prevede che la clausola compromissoria non possa riguardare controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro. È sventata quindi, per questa volta, ogni minaccia per l’art. 18 dello Statuto: segno che le proteste della scorsa primavera sono servite a qualcosa.
Di sicuro però vive su un altro pianeta (il pianeta Confindustria forse) il segretario della CISL Bonanni il quale ha dichiarato che le clausole compromissorie vanno bene, dal momento che anche i lavoratori possono scegliere se accettarle o no. Come se fosse una “scelta” quella fatta con la pistola alla testa!

Più precari per legge

La nuova legge introduce per i casi di licenziamento un nuovo onere per il licenziato: non basta più impugnare il licenziamento entro 60 giorni, ma occorre anche che nei nove mesi successivi venga depositato in Tribunale il ricorso. Fin qui, tutto sommato, nulla di tragico.
La tragedia colpisce invece tutti i tipi di precari: a termine, “interinali” (tecnicamente: in somministrazione), a progetto, ecc.. Se vogliono impugnare il loro contratto per ottenere l’assunzione in pianta stabile, infatti, devono decidersi a farlo entro i 60 giorni successivi alla cessazione del rapporto.
È fin troppo facile immaginarsi i dubbi amletici di chi vive sotto il ricatto perenne del rinnovo: “Se impugno il contratto non me lo rinnovano più, ma se poi non lo rinnovano lo stesso e intanto non posso più impugnarlo?”
Attenzione! La norma entra in vigore subito per tutti, si applica ai contratti in corso e perfino a quelli già scaduti (in questo caso i 60 giorni partono dall’entrata in vigore della legge).
Non solo: le stesse decadenze, con analoghe conseguenze precarizzanti, si applicano anche per il caso di trasferimento (da impugnarsi entro 60 giorni dalla comunicazione del trasferimento stesso), di cessione d’azienda (60 giorni dal trasferimento), di appalti simulati (l’enorme galassia delle cooperative).
La ciliegina sulla torta è la norma che prevede, anche nel caso fortunato che un lavoratore riesca a ottenere la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, un tetto al risarcimento massimo che il datore di lavoro può essere condannato a pagare. A prescindere da quanto tempo il lavoratore sia rimasto disoccupato per colpa del comportamento illegittimo del padrone, il risarcimento massimo sarà di dodici mesi di stipendio. La glassa sopra la ciliegina è che quest’ultima norma si applica pure alle cause in corso.

E adesso?

Fa specie che l’approvazione del disegno di legge sia rimasta praticamente sotto silenzio, mentre l’attenzione pubblica è distratta da specchietti per le allodole come il Lodo Alfano (vero, il Lodo Alfano è una porcheria, ma le priorità sono decisamente altre).
La prima necessità è che chi viene colpito dalla controriforma – tutti i lavoratori, e in particolar modo quelli precari – conosca la situazione: è indispensabile creare e diffondere informazione, con qualsiasi mezzo, da un lato per poter far valere i propri diritti in via individuale, dall’altro per poter organizzare una lotta efficace.
Una lotta efficace, all’altezza della violenza con cui il padronato cerca di sottrarci i diritti, non potrà passare per la Corte Costituzionale, come già sembra chiedere il Partito Democratico. La Corte Costituzionale (che interverrà comunque sicuramente a prescindere da ogni mobilitazione) potrà limare alcuni aspetti particolarmente stridenti, ma di sicuro non potrà modificare l’impianto sostanziale della legge: è bene sin d’ora non riporre alcuna speranza nei giudici né in alcun altro deus ex machina.
Soltanto la mobilitazione dei lavoratori, stabili e precari, può cambiare i rapporti di forza tra le classi, specialmente se saprà collegarsi alle lotte degli studenti (i precari di oggi e di domani) e soprattutto inserirsi nel percorso avviato dalla FIOM e dai tanti lavoratori in piazza lo scorso 16 ottobre: lo sciopero generale già annunciato acquista ulteriore importanza e dovrà essere soltanto il primo passo.

http://www.comedonchisciotte.org/site/index.php
Alessandro Villari*
Fonte:
www.carmillaonline.com

LA TERZA ANGOLAZIONE DELL'INFORMAZIONE ITALIANA (Carlo Vulpio) avete piu' sentito parlare della FORLEO? NO?....I CAIMANI DELL CENTRO "SINISTRA" .....

Carlo Vulpio MAMMA MIA CHE ROBA, C'E' NE PER TUTTI !!!

Imposimato ai giudici di Brescia: “Ecco come nell’ufficio della Finocchiaro si decise di “far fuori” Clementina Forleo”. Finocchiaro querela e Forleo la denuncia per calunnia: “A Milano mi hanno scippato il caso scalate bancarie”. Per i media non c’è notizia. C’è (sempre) chi fa la morale (agli altri)

Non mi aspettavo mica che questa notizia l’avrebbe data, chessò, “Il Foglio”, che non pubblica una garbata letterina di precisazioni nemmeno se gliela mandi due volte. Né mi aspettavo che l’avrebbero raccontata i giornali grandi e piccini. O i Tg 1, 2 e 3. Oppure le reti Mediaset. O la “nuova” La7. Oppure Sky, magari durante un Calcio Show.
No, questa notizia, che pure, come si dice in questi casi, “c’è tutta”, non l’ha data nemmeno la controcorrente Current Tv all’una di notte. E, soprattutto, non l’ha raccontata nemmeno il giornale che dice di dire “ciò che gli altri non dicono”, cioè FQ, il Fatto Quotidiano, che quando fa così a me piace chiamare “il Pacco Quotidiano” (non è che il sarcasmo può valere solo se chiami il Corriere della Sera “Pompiere della Sera”, no?).

Speravo allora che questa notizia, per spiegare com’è che funziona il giornalismo libero, quello che si chiede il perché e il percome, si riuscisse a raccontarla bene e tutta in uno dei “templi” del giornalismo libero, quella Columbia University di New York dove, a spiegare cosa sono la libertà e la stampa in Italia, sono atterrati i giornalisti Travaglio e Borromeo e il giudice di Cassazione Piercamillo Davigo.

Ospiti di Alexander Stille – figlio di Ugo Stille, il direttore che vent’anni fa mi chiamò al Corriere della Sera e del quale conservo un affettuosissimo ricordo -, i sopra citatiItalians non hanno fatto nemmeno per errore un riferimento alle “cose di casa nostra” che fosse, diciamo così, un po’ diverso e un po’ più esaustivo dalla solita messa cantata su Berlusconi e il berlusconismo che ci impedirebbero – mannaggia – di raccontare “la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità”.

Ed ecco dunque la notizia.
Anna Finocchiaro (capogruppo Pd al Senato, magistrato in aspettativa) ha querelato il gip di Cremona, Clementina Forleo (appena diventata mamma di una deliziosa bambina di nome Stella, auguri). La Forleo a sua volta ha denunciato la Finocchiaro per calunnia.
Forte, no? E mica soltanto per il fatto (nessun riferimento al giornale) in sé, ma anche e soprattutto per l’antefatto (ancora una volta, nessun riferimento).

La vicenda riguarda un “summit” che si è tenuto il 6 giugno 2007 nell’ufficio della Finocchiaro. L’incontro è stato raccontato da Ferdinando Imposimato – ex senatore Ds ed ex magistrato – in due verbali ai magistrati di Brescia.

Fu un incontro – dice Imposimato – in cui si decise di inviare un’ispezione ministeriale alla procura di Milano, il cui fine nemmeno tanto coperto era quello di mettere sotto procedimento disciplinare per “incompatibilità ambientale” l’allora gip di Milano, Forleo, che si stava occupando delle famose scalate bancarie dei “furbetti del quartierino”.
Più avanti, se volete conoscerlo nei dettagli, trovate una sintesi della ricostruzione di questo incontro tratta dal mio libro Roba Nostra (Il Saggiatore, con prefazione – ohibò – di Travaglio e postfazione di Antonio Ingroia).

Racconto questa vicenda per una ragione molto semplice: non mi piace che su questa storia tutti tacciano. Ma lo faccio anche perché, mentre tutti tacciono, la signora Finocchiaro spara querele, invece di spiegare cosa è accaduto quel giorno in quella stanza, mentre il PQ ogni santo giorno non solo si vanta di dire “ciò che gli altri non dicono”, ma fa pure la morale a tutti.
Ebbene, il PQ non ha dedicato un rigo a questo argomento. Non vuole raccontarlo. Non vuole proprio toccarlo. Non lo ha fatto nemmeno in occasione della festa per il suo primo compleanno, in Toscana, dove per l’occasione si è parlato di corruzione. Tra gli invitati alla festa c’era anche il pm milanese Francesco Greco. Ma anche lui, silenzio. Eppure Greco è uno di quelli che sulla vicenda Forleo qualcosa potrebbe dirla. Per esempio, potrebbe spiegare chi e perché ha “custodito” nei cassetti, senza mai dire da quale altro ufficio le avesse ricevute, le carte che invece dovevano finire sulla scrivania del gip naturale delle “scalate”, cioè Clementina Forleo.

Né ha sprecato, il pur solitamente informato PQ, un solo rigo per raccontarci, così, per amore della pura cronaca, come mai l’allora procuratore aggiunto di Milano,Edmondo Bruti Liberati, avesse sentito l’impellente bisogno di scrivere (online, nelle mailing list dei magistrati) un duro quanto inopportuno commento contro la pronuncia del Tar Lazio che dava ragione alla Forleo e sconfessava il Csm che l’aveva cacciata da Milano e trasferita a Cremona (immaginate se una cosa del genere l’avesse fatta un altro, o la stessa Forleo).
E sempre per la completezza della nostra beneamata cronaca, ci saremmo aspettati di leggere da qualche parte o di sentire da qualcuno che i protagonisti in toga dell’impropriamente denominato “caso Forleo” sono stati – dopo la “eliminazione” del gip milanese – tutti promossi: Piero Gamacchio è diventato presidente di sezione del Tribunale, Filippo Grisolia (quello che per pura coincidenza, il 30 luglio 2007 – cioè il giorno successivo a quello in cui Clementina Forleo si assenta per malattia -, deposita il parere sul “deficit di equilibrio” da cui sarebbe stata affetta la stessa Forleo) è diventato presidente di sezione della Corte d’Assise, Francesco Greco è diventato procuratore aggiunto ed Edmondo Bruti Liberati procuratore capo, quest’ultimo con la ostentata “benedizione” di destra e sinistra (rientra anche questo tra gli esempi di “inciucio buono”, come il PQ ama definire le cose che sponsorizza?).

Con un certo ritardo rispetto alla diffusione del racconto di Imposimato, ecco arrivare la querela di Anna Finocchiaro contro Clementina Forleo. Anche in questo caso, giornali e tv fanno i distratti. Un trafiletto può bastare. Ma c’è un giornale che si distingue per capacità di distrazione (non possiamo dire “di massa” perché non lo consente il numero di lettori). E’ l’Unità di Concita De Gregorio, che alla notizia dedica poche righe senza spiegare nulla, nemmeno “l’antefatto”: a leggerlo, chiunque penserebbe che Forleo abbia tirato un ceffone alla Finocchiaro, o qualcosa del genere. Eppure, Concita sulla vicenda poteva farsi illuminare. Per esempio, da Luigi(de Magistris). Che sull’Unità tiene pure una rubrica e sull’argomento sa di tutto e di più. Anche perché proprio lui ha scritto la postfazione a un libro in cui si parla abbondantemente di questo “summit”. Il libro è “Il caso Forleo”, di Antonio Massari(che è anche giornalista del FQ). Niente. Su questo, zitta Concita, zitto Luigi – che ignora persino i frequentatori del suo blog che chiedono lumi sulla vicenda Forleo – e zitto Antonio.

Zitto pure quell’altro campione della legalità, della libertà e della “democrazia dal basso” che risponde al nome di Beppe Grillo da Woodstock, provincia di Cesena.
Nel momento in cui Forleo “serviva” (come il sottoscritto, del resto) – a lui, a de Magistris, alla Alfano, a Santoro, a Travaglio – aveva anche aperto la finestra “Forza Clementina” sul suo blog. Dopo, silenzio assoluto e censura sistematica – ma in nome della libertà di espressione, ci mancherebbe – per tutti i commenti critici (puntualmente “bannati”) che piovevano sul suo blog.
Evidentemente, chi gli scrive i testi e gli ha programmato il rilancio politico-economico, per lui molto redditizio, ha spiegato a Grillo che è meglio, per il bene della democrazia e per “non fare il gioco di Berlusconi”, si capisce, non toccare l’argomento Forleo e così tacere su quella brutta pagina scritta nel Palazzo di Giustizia di Milano nell’estate del 2007, specialmente se è una pagina di cui oggettivamente non si può dare la colpa al Caimano.

Zitto, naturalmente, anche il vicequestore di Polizia in aspettativa Gioacchino Genchi. Lo capiamo, in qualche modo. Come potrebbe parlare di questa storia senza “farla propria”? Se lo facesse, mannaggia, sarebbe poi costretto ad aggiungere al suo voluminoso libro quel capitolo – su alcune figure (o figuri) del Palazzo di Giustizia milanese – che da quel libro è misteriosamente scomparso appena prima di andare in stampa.

Zitto anche Antonio Di Pietro, che pure alla Forleo aveva offerto due candidature, gentilmente non accettate dal giudice, ma pur sempre segno di stima e di considerazione nei suoi confronti.
Di Pietro non sa bene che pesci pigliare, in questo momento, e un po’ va capito. I sondaggi lo danno in pericolosa discesa e i “suoi”, ogni giorno che passa, si rivelano per quello che sono, né “capaci”, né “fedeli” e meno che mai “leali”. Ma è certo però che se continua su questa strada – un piede di qua, uno di là, un altro su, l’altro giù – torna al 2-3 per cento degli esordi.

E Salvatore Borsellino? Che cosa è successo a Salvatore Borsellino? Il suo silenzio – mi riferisco al silenzio pubblico, poiché le dichiarazioni private in questi casi lasciano il tempo che trovano – su Clementina Forleo, alla quale, non dimentichiamolo, è stato anche assegnato il premio in memoria del fratello Paolo, è assai strano, singolare, imbarazzante.
Salvatore Borsellino sa meglio di tutti cosa significa essere lasciati soli. Anche lui si è convertito alle ragioni della “ragion politica”? Anche lui soppesa la verità – la verità dei fatti – prima di enunciarla? Anche lui si chiede, prima di parlare, “cui prodest”?

Lo so, mi si obietterà che le battaglie di principio valgono fino a un certo punto. Poi occorre vincere. Anche “facendo un patto con il diavolo”, come hanno detto e ridetto, guarda un po’, Di Pietro e Vendola, e come in giro si sente ripetere sempre più spesso.
Ecco, io non la penso così. Penso che “il diavolo” sia il Male e che se dici di voler allearti persino con il Male per far trionfare il Bene, oltre a dire una enorme sciocchezza, stai anche barando. Non può venire nulla di buono da chi è disposto ad accompagnarsi anche con “il diavolo”. Ci provò già Faust con Mefistofele e sappiamo tutti com’è andata a finire.

Credo invece che se ti batti per un principio devi farlo per affermare quel principio e basta, non devi chiederti a chi giova e a chi no. E’ una strada difficile da percorrere, è vero, anche perché, purtroppo, la politica, tutta la politica, anche quella che oggi si spaccia come “alternativa”, ride di considerazioni del genere. Le reputa ingenue, folli, autolesionistiche. Punti di vista. Nessuno è obbligato a fare ciò che non ha scelto. E poiché ognuno, alla fine, sceglie, ognuno risponde di ciò che fa. O non fa.

Per me, l’obiettivo non è “abbattere” Berlusconi o chicchessia. Per me, l’obiettivo, ma a questo punto sarebbe meglio dire: la speranza, è cambiare in meglio le nostre vite, il nostro Paese, con le idee e soprattutto con i comportamenti che devono essere coerenti con le idee (diffidate di chi sostiene che la coerenza è la virtù degli imbecilli). Faccio un esempio terra terra: non puoi parlare dei precari a 500 euro al mese e “soffrire” per loro e intanto guadagnare 500mila o qualche milione di euro l’anno. Soprattutto se quei soldi sono denari pubblici. Altrimenti non sei credibile. In fondo, il nocciolo della questione è tutto qui: la credibilità. Do you understand?
Buona lettura

da “Roba Nostra” (Il Saggiatore, seconda edizione, 2009):
“E’ il 6 giugno 2007. Clementina Forleo non è stata ancora trasferita e si appresta, per poterle valutare e selezionare, a sbobinare le telefonate dei tre «Orazi» (D’Alema, Fassino e Latorre, Ds) e dei tre «Curiazi» (Grillo, Comincioli, Cicu, di Forza Italia).
A Roma sono molto preoccupati. Tanto che decidono di tenere un «summit» al volo in una qualche stanza del Parlamento. Chi partecipa a questa riunione ristretta e di cosa si discute? Lo rivela ai giudici – durante alcuni faccia a faccia ad alta tensione, quasi costretto a farlo dalla sua (ex) grande amica Forleo – l’ex senatore Ds ed ex magistrato Ferdinando Imposimato.
Dice Imposimato: «Ci fu una riunione nella stanza del capogruppo Anna Finocchiaro, dell’Unione, nel corso della quale era sopraggiunto anche il ministro Mastella, sollecitato da altri convenuti (Calvi, Latorre e altri) a un’ispesione ministeriale presso il tribunale di Milano. Il ministro aveva inizialmente rifiutato di disporre l’ispezione, perché pensava di dover attendere le determinazioni dei presidenti delle Camere…». […]
Se nessuno può fermarla con le buone, allora come si fa? La si fermi con le cattive. In che modo? Ma con un’ispezione ministeriale, no? E dunque ecco la scena: la senatrice Finocchiaro (anche lei ex magistrato), il senatore Nicola Latorre (uno dei principali coinvolti nell’inchiesta sulle scalate bancarie), il senatore Guido Calvi (avvocato di Massimo D’Alema), Clemente Mastella […] più «altri» non meglio identificati: tutti quanti insieme appassionatamente che discutono e si scervellano su come meglio servire la mela avvelenata a Clementina Forleo attraverso un’ispezione ministeriale urgente al tribunale di Milano. Ma bisogna fare le cose per bene. Quindi, meglio avere anche «le determinazioni dei presidenti delle Camere», di cui si discute nella stanza della Finocchiaro […]
Le «determinazioni» non si fanno attendere un minuto più del dovuto. Lo stesso giorno, 6 giugno, a firma congiunta – Franco Marini per il Senato e Fausto Bertinotti per la Camera – arriva la «determinazione» tanto attesa, che esprime le «preoccupazioni» del Parlamento per quelle benedette telefonate.
Ci sono tutti. Anzi, no. Ne manca ancora uno. Il capo dello Stato. E il 23 luglio arriva anche lui. Giorgio Napolitano, dall’aula di Palazzo dei Marescialli, durante un plenum del Csm, rivolge un appello ai giudici, chiedendo che «non inseriscano nei loro atti valutazioni non pertinenti». […]
Dopo, parecchio tempo dopo, quando ormai chi doveva capire la lezione l’aveva abbondantemente capita, ecco che dal Quirinale giunge una smentita, o meglio, una rettifica, che spiega come il presidente Napolitano non intendesse riferirsi a nessuno in particolare, e quindi nemmeno al giudice Forleo.
Ma intanto la macchina si è messa in moto, ed è un tritacarne inarrestabile. D’altra parte, bisogna fare in fretta. Intercettando Antonio Fazio si è arrivati a Giovanni Consorte e intercettando quest’ultimo si è arrivati a Massimo D’Alema. La partita si fa sempre più pericolosa. Saltano le regole e i vecchi riferimenti che servivano da orientamento si rivelano inutili. Non c’è più nemmeno l’alibi del «nemico» della magistratura per definizione, il «nemico di destra». Ora il nemico, il Caimano, arriva anche dall’altra sponda della palude. E questo sembra fare ancora più paura. Scappano tutti. E quelli che non si dileguano si fanno caimani pure loro. La Forleo viene lasciata sola.
Il resto è gioco di accerchiamento. Dopo la riunione segreta ospitata dalla Finocchiaro e i pronunciamenti delle tre più alte cariche dello Stato, Clemente Mastella dichiara ai giornali che la Forleo non rispetta la Costituzione e D’Alema dichiara al duopolio tv Rai-Mediaset che si è oltrepassato il segno (cioè è stato chiamato in causa lui) e i giudici vanno puniti. E’ stato detto tutto. E’ tutto pronto. Immediata, scatta l’azione disciplinare promossa dal procuratore generale della Corte di Cassazione, Mario Delli Priscoli. […]
La decisione annunciata di trasferire Clementina Forleo con la fantasiosa motivazione della «incompatibilità ambientale» è assunta dal Csm il 22 luglio 2008. Ma Forleo andrà a Cremona in settembre. Fino a quella data, quindi, il gip di Milano competente sulla storiaccia delle scalate bancarie è ancora lei. […] Che cosa è accaduto dal 29 maggio al 29 luglio 2008?
In questi due mesi, la procura e l’ufficio gip di Milano hanno fatto di tutto per ritardare la decisione di iscrivere sul registro degli indagati il senatore Nicola Latorre. Invece di fare ciò che potevano (e forse dovevano) fare, i magistrati di Milano hanno solo dato a vedere di volerlo fare con urgenza. E così hanno scippato il caso delle scalate bancarie dalle mani del gip Forleo, nonostante fosse lei il giudice competente.
Una vicenda gravissima […] Ma quando anche nel palazzo di Giustizia di Milano si arriva a questo, è giusto chiedersi cosa ci si può aspettare da altre procure e altri tribunali. Forse è anche per questo che i giornali e le tv non ne devono parlare. E infatti non ne parla nessuno. Quando lo scrivo, devo farlo su un blog, il sito di gossip «Dagospia». Ma nemmeno questo è sufficiente a far sì che giornali, radio e tv riprendano la notizia.
Vediamo dunque come sono andate le cose.
Dopo l’ordinanza del gip Forleo (quella dei «complici e non semplici tifosi») sull’operazione Unipol-Bnl-Antonveneta-Rcs, la Camera dei deputati aveva dato il nulla osta all’iscrizione dei parlamentari sul registro degli indagati, affermando che non era necessaria l’autorizzazione del Parlamento.
Restava da decidere solo il caso di Latorre, per il quale si doveva esprimere la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato.
Nella sua ultima seduta del 22 gennaio 2008, la Giunta propone al Senato di restituire gli atti all’autorità giudiziaria, come vuole la legge.
In altri termini – questo è il senso della decisione della Giunta –, poiché in questo caso non si sta chiedendo di intercettare un parlamentare, ma di utilizzare le sue conversazioni con altri indagati, quel parlamentare può essere iscritto sul registro degli indagati. Quindi Latorre (proprio come aveva stabilito la Camera dei deputati anche per D’Alema, Comincioli e gli altri parlamentari indagati) era «iscrivibile» e la procura di Milano poteva farlo già all’indomani del 22 gennaio 2008. […]
Un mese dopo l’insediamento del nuovo Parlamento, il 29 maggio, la Giunta delle immunità parlamentari restituisce gli atti riguardanti Latorre al presidente del tribunale di Milano, Livia Pomodoro. La quale avrebbe dovuto trasmetterli, come aveva fatto in precedenza per gli atti della Camera, al gip competente, e cioè alla Forleo.
Invece quegli atti alla Forleo non sono mai arrivati. Ora, è vero che Livia Pomodoro e il capo «reggente» dei gip di Milano, Filippo Grisolia, nei giorni in cui si stavano cercando pretesti per massacrare la Forleo l’hanno accusata di protagonismo, mancanza di equilibrio e persino di «scarsa produttività». Ma nemmeno questa avversione nei confronti della Forleo poteva autorizzarli a non trasmettere gli atti al gip naturale.
E tuttavia, nel cristallino palazzo di Giustizia di Milano gli atti giunti dal Senato il 29 maggio vengono trasmessi direttamente alla procura, dove rimangono chiusi nel cassetto fino al 29 luglio. Saranno tirati fuori, «per l’urgenza a provvedere» due mesi dopo (l’urgenza? due mesi dopo?), quando è di turno il gip supplente Piero Gamacchio. E proprio quando la Forleo si assenta per malattia per alcuni giorni, a causa di un piccolo incidente domestico (rientrerà il 2 agosto). […]La richiesta di Gamacchio, sostenuta dalla procura di Milano (la firmano in cinque: il capo Minale, l’aggiunto Bruti Liberati, e i pm Orsi, Perrotti e Fusco) non si discosta granché da quella della Forleo, salvo in un paio di righe in cui si dice che le intercettazioni per cui si sta chiedendo l’autorizzazione «rimangono la sola fonte di innesco di una investigazione», ossia l’unico elemento per iscrivere Latorre tra gli indagati.
Ma allora, se è così, perché tutta questa perdita di tempo? Perché trattenere le carte per due mesi e poi sventolare l’urgenza a provvedere? Se Gamacchio non avesse fatto ciò che con ogni probabilità non avrebbe fatto la Forleo (qualora le avessero trasmesso gli atti che le spettava avere), a quest’ora le cose starebbero diversamente. Non ci sarebbero state tutte le danze inutili tra Roma e Strasburgo, tra parlamento italiano ed europeo, e Latorre, D’Alema e gli altri telefonisti, anche a loro garanzia si capisce, come per ogni altro cittadino, risulterebbero iscritti nel registro degli indagati.
Ma questo, in Italia, non si può dire. Non si può dire che il «caimano» Berlusconi, bene o male, nelle aule di giustizia ci è entrato (giustamente) affinché alcuni processi a suo carico fossero celebrati. Mentre per il «caimano» D’Alema (e compagni) non ci può essere nemmeno la semplice iscrizione in un registro degli indagati. […] Per la cronaca, resta l’esito finale: Forleo trasferita e Gamacchio promosso presidente di sezione.”
http://carlovulpio.wordpress.com/

giovedì 28 ottobre 2010

BASTA NON SE NNE PUO' PIU', UCCIDENDO LORO, STANNO UCCIDENDO NOI. METTIAMO FINE ALLA POLITICA NAZIUSASIONISTA.


di Enrico Piovesana – 27/10/2010 * Fonte: Peace Reporter
Decine di civili morti nel bombardamento aereo di una madrassa in Helmand. Altri uccisi dalle forze alleate a Wardak

Un massacro: gli americani hanno bombardato una madrassa uccidendodecine di civili. Non si sa ancora quanti, perché la gente del villaggio sta ancora estraendo i cadaveri dallemacerie.

Queste sono le voci che giravano lunedì aLashkargah, capoluogo della provincia afgana meridionale dell’Helmand, riguardo a un raid aereo compiuto la notte precedente dall’aviazione Nato sul villaggio di Maigal, distretto di Baghran, nell’estremo nord dell’Helmand dominato dagli aridi picchi rocciosi degli ultimi contrafforti meridionali dell’Hindu Kush.

Voci che, con il passare delle ore, hanno lasciato il posto alle denunce ufficiali delle autorità locali.
Fazal Barì, presidente del Consiglio provinciale di Helmand, ha parlato di almeno 25 civili uccisi a Baghran in un bombardamento aereo che ha raso al suolo una moschea e danneggiato le abitazioni circostanti, specificando che si trattava di un bilancio provvisorioperché ”molti corpi sono ancora sepolti sotto le macerie”.

Secondo i comandante talebano mullah Muhammad Hassan, le vittime civili sono statealmeno 50, tra cui molti bambini.
”La gente del villaggio ha scavato tra le macerie con gli attrezzi agricoli, vanghe e picconi. C’è molta rabbia per quello che è successo”, ha dichiarato un testimone locale, il ventiseienne S
alah Ayap, all’agenzia Associated Press.

In serata è arrivato il comunicato del comando militare Isaf, che ha confermato un bombardamento aereo in quella zona, specificando però che ad essere colpite sono state unafabbrica di ordigni esplosivi e un vicino deposito di armi e che i civili erano stati tutti messi al sicuro prima dell’intervento dell’aviazione. Le vittime, una quindicina, sarebberotutti ‘insorti’ secondo la Nato: nessun ‘danno collaterale’.

Domenica mattina, un altro raid aereo della Nato aveva ucciso almeno quattro civiliafgani, tra cui un bambino, nella provincia centrale di Wardak, a ovest della capitale Kabul.
Nella stessa zona, 24 ore prima,
due studenti universitari che viaggiavano su una moto erano stati uccisi dalle raffiche di mitra partite da un convoglio di blindati americani che era appena stato attaccato dai talebani. ”Dopo aver subito un agguato, le truppe Usa hanno aperto il fuoco in maniera indiscriminata colpendo i due ragazzi che passavano di lì”, ha dichiarato Shahedullah Shahed, portavoce del governatore locale.

Sul bombardamento aereo di domenica a Wardak, nemmeno una parola dal comando Isaf , che invece, sulla morte dei due studenti sabato, ha rilasciato un comunicato in cui si legge che ”due civili potrebbero essere stati uccisi quando un gruppi di insorti ha attaccato una pattuglia Nato nel distretto di Maidan”.
”Le indagini che abbiamo condotto dimostrano che i due ragazzi sono stati uccisi dalle
pallottole della Nato, non da quelle dei talebani”, ha poi dichiarato alla Reuters il capo provinciale della polizia, Nawas Haqyar.

I civili afgani continuano a venire uccisi ogni giorno dalle truppe Nato venute a liberarli(dalla vita) e a portare loro la pace (eterna). Una verità che continua a essere negata da militari, politici e mass media governativi. Almeno fino alle prossime ‘rivelazioni’ diWikiLeaks

Un Commento a “Macerie afgane. Un massacro: gli americani hanno bombardato una madrassa uccidendo decine di civili.”

  • maurizio scrive:

    anche nel 44 e nel 45 uccisero i nostri nonni con gli aerei, ma di questo è vietato parlarne; non c’è libertà nemmeno di sollevare dubbi sul sionismo.

  • Concordo pienamente con cio’ che scrive Maurizio, non c’e’ bisogno di alcuna prova, cio’ nonostante, si continua con la favola USA portatori di pace e democrazia, Questi sono atti che vedono responsabili non solo chi materialmente ordina i massacri, ma, anche chi volta lo sguardo da una altra parte e non
    ha il coraggio di cambiare questo sistema di morte che ci spinge sempre piu’ all’autodistruzione.
    Grazie alla poltica NAZIUSASIONISTA E A CHI LA SOSTIENE.