sabato 30 giugno 2012

LA GRANDE TRUFFA DELLE ASSICURAZIONI AUTO e DELLA TASSA SULLA SPAZZATURA



LA GRANDE TRUFFA DELLE ASSICURAZIONI AUTO e DELLA TASSA SULLA SPAZZATURA......di G.Tirelli

Se un cittadino che per 20/25/30 anni non ha mai causato alcun incidente stradale e corrisposto annualmente e regolarmente l’onere relativo alla polizza assicurativa, come è possibile che non abbia diritto alla restituzione (almeno in parte) del denaro versato per tutto questo lungo lasso di tempo? E non si pretendono gli interessi, ma che venga ameno rispettata la regola del, “do ut des”. Anche un bel panettone a Natale sarebbe apprezzabile!
E’ quindi inconcepibile, illogico e fuorilegge, il fatto che l’automobilista assicurato, rispettoso delle norme stradali, concorra sistematicamente al pagamento dei danni procurati da coloro che eludono ogni regola e civile comportamento, in virtù della garanzia totale accordata loro dalla compagnia assicuratrice.
Vista l’esorbitanza del premio assicurativo preteso, è plausibile credere che impugnare una tale istanza di fronte al TAR, produrrebbe i suoi sporchi risultati. Ma a mio parere, la soluzione più giusta consiste nel nazionalizzare le compagnie di assicurazione e, a seguire, autostrade e carburanti.

Vi siete mai chiesti, poi, per quale empirico motivo e singolare logica, ci viene addebitato l’onere relativo alla tassa sulla spazzatura? La risposta va ricercata nella nostra stupidità - nella supina accettazione di norme e regole imposte ad hoc (a fine di estorsivo), e in una vile e totale sudditanza verso il Sistema Potere. Ci troviamo costretti a pagare una tassa su qualcosa che non abbiamo mai prodotto, ne commercializzato e ne propagandato!! Siamo ritenuti colpevoli per avere consumato e pertanto, costretti a pagare il prezzo per un tale “crimine”, mentre loro, i Grandi Spacciatori di monnezza, godono di un’impunità totale.  
Siamo stati raggirati per decenni e, come nel gioco delle tre carte, ci hanno fatto credere di essere gli autori di una tale sciagura, e colpevolizzato dei disastri biblici, che la stessa ha causato, causa e che, in futuro, provocherà.
E’ arrivato il momento che i consumatori aprano gli occhi e inseriscano il cervello, per dare a Cesare le responsabilità di Cesare.
Alla luce della verità, è l’industria (Cesare), e non noi, a doversi accollare tutti costi, relativi alla produzione dei rifiuti e del loro smaltimento! Non puoi “buttare il sasso e nascondere la mano!” Tu li produci e tu li smaltisci; diversamente, ti adegui e non li produci!
Assolvere l’industria (sempre e in ogni caso), esimendola ed escludendola a priori, da ogni addebito, perché presupposto di sviluppo, occupazione e di benessere (quale!!!), è il più infame atto di ingiustizia, di ipocrisia e di raggiro sociale del quale, un paese che si definisce civile, si possa macchiare.

E’ triste e penoso il fatto che il consumatore accetti, senza obiettare, il pagamento dell’onere, relativo alla tassa sulla “monnezza”, ritenendolo giustificato e doveroso.
Questa, è una dimostrazione di illusionismo applicato alla realtà, indotto dal Sistema, che gioca sulla percezione falsata che ha il consumatore, di ritenersi responsabile (in prima persona), del problema dei rifiuti, per avere “impunemente” soddisfatto il suo bisogno di acquisto e le sue necessità. Il contenitore che, in seguito, trasfigurerà la sua originale funzione in quella di rifiuto, é il paradigma della colpa e, l’onere di pagarne lo smaltimento, interviene nel consumatore, come elemento di espiazione catartica. Un bel giochino davvero!!!

Questa idea che induce a ritenerci i diretti responsabili del rifiuto (involucro, contenitore o imballaggio che sia) per il solo fatto di avere acquistato il bene, non sta in piedi. E’ solo un ignobile trucco, per allocchi! Tutta questa immondizia che sta soffocando le nostre vite è, di gran lunga, più pericolosa e micidiale di qualsiasi altra droga!
Se vogliamo combattere il consumo di sostanze stupefacenti, dobbiamo risalire alla fonte e arrestare lo spacciatore - se ci limitiamo a penalizzare il consumatore, il problema rimarrà tale. Così l’industria, come lo spacciatore, non può esimersi dalle sue colpe accusando e puntando il dito contro il consumatore, per avere soddisfatto la sua necessità!  
I cittadini, di fatto, non sono che le ignare vittime di un grande imbroglio pianificato a tavolino dai soliti quattro papponi, ingordi e disonorati che, ancora una volta, addossano alla cittadinanza i costi derivanti dalle loro turpitudini. Della spazzatura, si deve fare carico chi la produce e non il cliente/consumatore che acquista il bene! E su questo, non si discute.
Noi, non siamo altro che dei semplici “consumatori” (clienti) ma gli “spacciatori”, sono loro: Industriali e imprenditori! Loro che producono tutta questa montagna merda infetta con il beneplacito delle istituzioni e delle organizzazioni deputate al controllo e a fare rispettare le regole. Loro, dagli stomaci famelici e senza fondo, con la botte piena e la moglie ubriaca e puttana – quelli concussi e collusi con la politica, con i banchieri e la criminalità organizzata - quelli che delocalizzano le fabbriche nei paesi poveri per sfruttare e schiavizzare una manovalanza di indigenti alla canna del gas - quelli con i capitali occultati nei paradisi fiscali che festeggiano a mignotte e cocaina alla faccia nostra.
Sono loro i responsabili della crescente disoccupazione e precarietà e della deriva etica, morale e culturale di questo paese! Loro, la peggiore razza che abbia mai calpestato il suolo terrestre.    

A questo punto l’industria si deve attenere a tre regole fondamentali e ineludibili, che rientrano nelle logiche di un mercato etico e responsabile:

a) Concepire e realizzare contenitori biodegradabili.

b) Farsi carico, diversamente, dei costi relativi alla loro produzione e conseguente smaltimento.

c) Assumersi l’onere concernente la realizzazione di Inceneritori, discariche, trasporto dei rifiuti, bonifica del territorio e di tutto l’indotto.

Ergo, ci siamo rotti i coglioni di essere trattati alla pari di “bestie ammaestrate” e annuire ad ogni ordine del padrone! Tu li produci e tu li smaltisci; altrimenti, o ti adegui o chiudi bottega!

Gianni  Tirelli

giovedì 28 giugno 2012

AI NOSTRI FIGLI LASCIAMO MARI SENZA PESCI E CIELI SENZA UCCELLI..



AI NOSTRI FIGLI LASCIAMO MARI SENZA PESCI E CIELI SENZA UCCELLI.. fiumi in secca, falde contaminate, e milioni di ettari di territorio da bonificare..

La verità è che oggi, nessuna nuova classe politica, geniale riforma, o seducente e affascinante scoperta scientifica, ci potrà mai salvare dalla catastrofe economica, ambientale, sociale, umana e di valori che, come un’ombra nera, si sta addensando all’orizzonte, ad oscurare il futuro dei nostri figli.
A loro lasciamo mari senza pesci, cieli senza uccelli, inquietanti foreste senza vita - e fiumi in secca, falde contaminate, milioni di ettari di territorio da bonificare, deserti in cammino che divorano ogni cosa – e orrore, scempio urbanistico, dubbi, paure e ignoranza.
Il tempo stringe, e tutto volge al peggio! Per tanto, alla retorica e sterile indignazione deve seguire l’azione, perché la rabbia, si trasformi in vendetta, e la schiavitù in libertà.
Questa guerra tra poveri che ci divide sul Nulla, deve giungere al termine! La stessa, consolida il potere criminale che ci opprime e corrobora il suo progetto, di omologazione.
Solo uniti, si vince - solo uniti si cambia - solo uniti si spera; oltre ogni bandiera, retaggio, personalismo e insulsa dipendenza.
La sola e vera rivoluzione che può cambiare le sorti questo mondo alla deriva, deve nascere dal profondo del cuore dei suoi cittadini e, dalla consapevolezza che, ogni conquista di civiltà e di libertà, contemplano l’azione e un prezzo.

Affermare che passato e presente sono sovrapponibili, equiparando i crimini perversi della modernità, capitalista industriale, con quelli di ieri, è un esercizio di disonestà intellettuale e di pura ipocrisia, attraverso il quale il Sistema, intende sdoganare e giustificare le aberrazioni di quest’epoca, adducendone attenuanti di stampo storico e ciclico.
Sarebbe come asserire che le spade delle legioni romane uccidevano al pari di una bomba intelligente, al fosforo o nucleare - che le cadute da cavallo (mezzi di trasporto di un tempo), le potremmo serenamente paragonare (per numero e conseguenze), agli incidenti stradali e mortali che giornalmente, si consumano sulle nostre strade e autostrade. Che la percentuale di sostanze tossiche, inquinanti e mortali, disperse nelle acque di fiumi, laghi, mari e falde acquifere e sul territorio, non è un novità di oggi - che l’aria delle nostre città è la stessa di sempre - che l’estinzione di specie animale e vegetali è un fattore endemico alle ragioni della natura stessa - che poi si estinguano in milioni di anni o in pochi decenni, non fa alcuna differenza – e che il numero in crescita esponenziale di imbecilli in circolazione, sia fisiologico a tutte le civiltà passate e future. 

Di quale benessere, progresso e civiltà, potranno mai beneficiare, individui costretti a lavorare otto ore ogni santo giorno (che piova o tiri vento), per quarant’anni della loro vita al chiuso di una fabbrica malsana, caotica e assordante, per miserabili 1000 euro al mese?? Questo, vale anche per le otto ore svendute di fronte ad un computer, o alla guida di un Tir, o alla cassa di un supermercato. Questa non è la vita, o estrema condizione di sopravvivenza: ma puro stato vegetativo. Le risorse necessarie per uscire da tutta questa merda e restituire dignità e decoro alle gente, sono chiuse nei forzieri e nei fortilizi bancari dei Grandi Ricchi del crimine legalizzato, che hanno dissanguato le masse per decenni, raggirandole, derubandole e spremendole sull’onda di promesse e speranze, sbandierate dalla propaganda mediatica del Regime Democratico! Non c’è niente di sensato e ragionevole in tutto questo Luna Park dell’orrore, e niente, che non sia un’insurrezione popolare, sarà mai in grado di restituire alle masse il loro diritto alla felicità, e a credere in un futuro.   
“L’uomo ragionevole, muore per un calcio sferrato dal suo cavallo – muore per essere caduto ubriaco dal fienile o, colpito da un fulmine in una notte di tempesta, mentre cerca di radunare il suo gregge di pecore. L’uomo ragionevole, muore annegato, dopo essere caduto con la sua bicicletta in un fossato, di notte, tornando dall’osteria verso casa. L’uomo ragionevole, muore soffocato dall’ultimo boccone della sua cena o, avvelenato dalla puntura di una vipera – muore per un colpo di pugnale al cuore, sferratogli dal suo acerrimo nemico, per una parola di troppo - muore di fatica, dopo avere dissodato, con la sola forza delle sue braccia, un campo di patate. L’uomo ragionevole, muore da uomo, sereno, fra le quattro mura della sua casa di pietra, circondato dall’affetto dei suoi cari, perché la memoria delle sue azioni, sia da conforto per tutti quelli che lo hanno amato. L’uomo ragionevole cerca l’autonomia e la libertà, in una condizione d’autenticità, e di qualità della vita. Diversamente, meglio sarebbe per lui, vivere di espedienti e trovare ristoro, nel freddo di una baracca di lamiera e cartone, e che fosse la carità, a soddisfare i suoi bisogni, e le notti stellate, i suoi sogni” JT
L’uomo di quest’epoca maligna si deve ribellare, e riappropriare dell’unica cosa che è capace di produrre miracoli, e in grado di riesumare autentiche passioni e vere motivazioni: la Terra. La Terra, è il vero potere! Il solo potere al quale possiamo serenamente sottometterci sapendo che domani, per noi sarà un altro giorno. Un giorno nuovo, pieno di aspettative e di speranze, di sana fatica e di sereno riposo.
Un giorno da vivere senza rimpianto!
Gianni Tirelli

IL PRINCIPIO DISTRUTTIVO DELL’ORDINE DELLE COSE



IL PRINCIPIO DISTRUTTIVO DELL’ORDINE DELLE COSE ...di G.Tirelli

Era il 2017 e il pianeta terra stava morendo per sempre, schiacciato dall’arroganza, dall’arsura di potere di “quattro stronzi” e dall’infamia di una moltitudine infinita di servi. Gli “stronzi” erano stati tutti impiccati e tutti i servi, arrostiti sopra gigantesche graticole poste al centro di infinite piazze in tutto il mondo, un tempo chiamato civile.
Gli stronzi in questione, appartenevano alla specie “topominide”, che si credeva estinta.
Brevi cenni biografici sui topominidi.
Dopo milioni di anni di segregazione nelle profondità della terra, i topominidi sono risaliti alla luce (si ipotizza la loro comparsa durante i primi anni trenta), forse attraverso i profondi fori prodotti dalle trivellazioni, per poi rintanarsi nelle fognature, e da li fino a noi. I due particolari morfologici più evidenti, che caratterizzano il topominide, sono: la bassa statura e le due grandi orecchie, ma per tutto il resto, condividono con gli umani, gli stessi caratteri somatici, con i quali, in seguito, si accoppiarono, dando origine ad una nuova specie idiotopomorfa. 
L’ideologia topominide, è finalizzata alla distruzione sistematica di ogni cosa, che abiti il suolo terrestre. Fino a pochi anni prima, rivestivano le più alte cariche del potere, politico, economico, militare e mediatico. Il loro fine ultimo è la vendetta; contro gli uomini, per invidia, e contro il Dio Creatore, per avere loro negato ogni capacità cognitiva e, in fine, per averli relegati all’origine, al confine con gli inferi nel sottosuolo terrestre. Non hanno una pur pallida idea di cosa sia la gioia e il dolore, il passato e il futuro, il bene e il male ma, come automi, si muovono meccanicamente dentro un presente immobile, alimentando il loro essere, di acredine, invidia, di menzogna e maldicenza. Non possono essere definiti, diabolici, essendo stata a loro negata, anche la più elementare forma di intelligenza. L’arma letale di cui sono in possesso, è relativa ad un livello di ignoranza fuori dal comune, che li rende fieri, orgogliosi ed intraprendenti, e una capacità di mentire, straordinaria, affinata a tal punto, da essere contrabbandata per verità.
Queste due prerogative, unite insieme, hanno dato vita ad una reazione a tal punto devastante, nel cuore e nella mente degli umani che, ben presto, persero per sempre ogni forma di consapevolezza, di capacità critica e di buon senso: l’Incantatrice poi, fece il resto.
All’inizio, il mondo occidentale li aveva sostenuti ed acclamati come i nuovi benefattori del moderno Sistema Potere, credendo alle lusinghe e alle promesse di felicità e immortalità.
Ben presto - ma troppo tardi - gli uomini compresero di essere stati ingannati e fu allora, che una rivolta senza quartieri, esplose in tutto il mondo. Ma i giochi oramai erano fatti, e nulla si poté più salvare; solo la rabbia, la frustrazione e la vendetta trovarono il degno riscatto dentro quel massacro infernale, fra crudeltà inenarrabili, dolore, lamenti e fiumi di sangue. Era il 2015, e fuoco e macerie, coprivano la terra. J.T
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L’inferno, solitamente identificato con un mondo oscuro dominato dalle fiamme e dalle tenebre e sotterraneo, è collegato all’operato del Dio e della creatura superiore che ha originariamente introdotto nella Creazione l’errore, la menzogna, il peccato, e, in definitiva, “il principio distruttivo dell’ordine delle cose”. Tale creatura superiore si identifica nel diavolo – nella divinità del male. Il paradiso, diversamente, indica un luogo di piacere finale, sereno e non soggetto al trascorrere del tempo caratterizzato da pace e felicità.


Questa differenziazione di merito fra le due dimensioni metafisiche (distinzione relativa, alla loro diversa funzione), non è casuale ma, terribilmente profetica, individuando nel sottosuolo terrestre (inferno - posto in basso) la causa della nostra condanna, mentre, nella zona aerea celeste, le ragioni, della nostra salvezza.

Per tanto, l’errore (o peccato originale), che ha innescato questo processo degenerativo della coscienza umana, si consuma agli albori della Rivoluzione Industriale quando, in virtù delle nuove invenzioni e dell’Energia necessaria al loro funzionamento, l’uomo (in maniera del tutto innaturale) ha rivolto la sua attenzione alle profondità della terra, mettendo così in atto quell’opera di profanazione e di violazione che, in seguito, ne ha determinato la sua condanna.
Se siamo in grado di dare un’interpretazione logica, corretta e conseguente alla narrazione biblica riguardo a questo tema, possiamo dedurne il suo significato più remoto: l’Energia profonda è di natura maligna e quindi distruttiva, l’Energia alta, è di natura divina, creatrice e salvifica. L’inferno quotidiano che, oggi, sta divorando i residui barlumi di felicità e di speranza di un’umanità smarrita (defraudata da ogni principio etico e morale e avvolta dalle tenebre di una persistente paura esistenziale), è l’ovvia conseguenza indotta dal superamento dei ragionevoli limiti, fuori dai quali, ogni felicità trasfigura in orrore. Questa subdola “modernità “ne è la conferma inopinabile – la prova del nove che prescinde da ogni altra considerazione.
Petrolio, gas, carbone e minerali/materiali radioattivi che, come in preda ad un’arsura nevrotica abbiamo sottratto senza sosta al sottosuolo terrestre, sono la rappresentazione iconografica dello “sterco del Diavolo”, in cambio del quale abbiamo barattato la nostra anima e il futuro delle nuove generazioni.
Abbiamo scoperchiato il “vaso di Pandora” e liberato quella maledetta energia, che la Volontà creatrice aveva da sempre sotterrato e imprigionato sotto i nostri piedi.
Così ogni cosa è stata contaminata e violata; ogni acqua, ogni terra e ogni aria. Il cuore dell’uomo si è incenerito sotto la luce rovente della modernità e, le passioni, i sogni, i sentimenti, atmosfere ed emozioni, si sono dissolte come fumo nel vento. Avremmo dovuto rivolgere il nostro sguardo al cielo, sull’esempio delle grandi e illuminate civiltà del passato, e seguirne il cammino intrapreso, con la necessaria umiltà, deferenza e il dovuto timore.
La Rivoluzione Industriale, si è presto trasformata in una rovente fucina dove, Satana in persona, a forgiato a sua immagine e somiglianza, l’originaria natura umana, depotenziandola da ogni slancio creativo e passionale.
Il problema dell’uomo “moderno” sta nell’ordinamento sociale non adeguato alle sue reali e naturali potenzialità e aspirazioni, negandone così la sua autenticità e lo scopo.
È interessante la conclusione di Erich Fromm quando afferma che, così come esiste una “follia a due”, esiste anche una “follia a milioni”. Il fatto che milioni di individui condividano gli stessi vizi non fa di questi delle virtù e quindi, nel caso, milioni di persone condividono la stessa società e le stesse patologie.

Una società sana deve insomma sviluppare quelle condizioni che possano promuovere la salute mentale e quindi favorire prospettive, progetti ed obiettivi, sostenendo la tendenza dell’uomo ad amare i propri simili, anziché creare condizioni di divisione e di competizione.
L’aggressività maligna, è quella pulsione irrefrenabile che induce alla spinta distruttiva, ben spiegata, da Fromm, nell’atteggiamento del sadico, il cui desiderio è trasformare una persona in un oggetto, in un elemento di possesso, su cui esercitare la propria volontà dispotica e oppressiva. Per il sadico, l’annientamento dell’altro, è la gioia più grande che va oltre il piacere di infliggere sofferenza. In quest’ottica si delinea quindi, quello che Fromm definisce, un atteggiamento necrofilo dove, la tendenza di vita (insita nel biofilo) viene progressivamente ridotta fino a farla diventare inanimata; questo amore e questo tendere verso l’inanimato viene definito da Fromm, necrofilia.

Quello che emerge dall’analisi di Fromm è che l’aggressività e la distruttività umana risentono delle condizioni ambientali in cui l’individuo nasce, cresce, matura e, della struttura, del sistema sociale stesso. Da qui le risposte potenziali sono due: la prima è la sindrome alla vita; ma quando l’uomo viene soppresso, frustrato e alienato, l’altra risposta che è in grado di dare, è di tipo distruttivo, regredendo verso stadi inferiori e volgendo alla necrofilia che porta inesorabilmente alla sindrome che ostacola la vita.

Lo stesso “Futurismo” si offre all’era elettromeccanica e aderisce alla storicizzata avversione, di stampo “barocco”, verso una “natura” naturale in trasformabile. Sarà proprio l’amore incondizionato verso la natura artificiale (in qualche modo privata dei suoi attributi vitali), a far insorgere, in uno studio di Erich Fromm “Anatomia della distruttività umana” (assolutamente da leggere!!), il sospetto che Marinetti, insieme ad altri famosi casi analizzati come Hitler o Churchill, fosse affetto da tensioni necrofile.

La necrofilia può essere descritta come l’attrazione per tutto quanto è morto, putrido, marcio, malato; l’impulso volto a trasformare quel che è vivo in qualcosa di non vivo; di distruggere per il piacere di distruggere, l’interesse esclusivo per tutto quanto è puramente meccanico – la passione di “lacerare le strutture viventi”.
Secondo Erich Fromm la necrofilia si manifesta con l’amore per le macchine, per tutto ciò che non è vivo – l’avversione per le persone, gli odori, i sapori, i colori, e per tutto ciò che ricorda la vita. 
La tecnica, che rappresenta la base su cui poggia l’organizzazione dei sistemi industrializzati, è strettamente legata alla spinta distruttiva della necrofilia. L’escalation della capacità distruttiva delle armi e la possibilità di evitare il contatto fisico con la vittima offerta dal progresso scientifico, rende profondamente impersonale il dare la morte ad un altro essere umano, specialmente in caso di guerra.
Fromm ipotizza il caso estremo di un soldato addetto a sganciare una bomba nucleare da un aeroplano: la consapevolezza dell’atto di uccidere è quasi inesistente, e la differenza fra la morte di una, dieci o un milione di persone (non essendo percepibile dall’esecutore), non ha nessuna rilevanza; il compito del soldato si riduce all’utilizzo corretto di una macchina (la macchina viene servita), senza che scrupoli di altro genere interferiscano a livello della coscienza.
Con la “tecnicizzazione della distruzione” avviene la rimozione del “riconoscimento affettivo completo per quello che si sta facendo” e perciò la sua razionalizzazione.
All’interno della società di massa, la necrofilia subisce una specie di evoluzione. La sua correlazione con le percezioni sensoriali dirette come l’olfatto, il tatto, il gusto diventa sempre più modesta, fino a scomparire del tutto. Gli interessi dell’uomo si trasferiscono da ciò che è naturale, spontaneo, vivo ed umano, a ciò che è artificiale, meccanico, divertente ma non gioioso. La sessualità diventa una capacità tecnica, i sentimenti sono appiattiti e talvolta sostituiti col sentimentalismo.
Il controllo assoluto dell’ambiente circostante, bramato dal necrofilo, finalmente è raggiunto, grazie alla tecnica, ma esso si espande a tal punto da inglobare la vita stessa dell’individuo, che a sua volta verrà controllato dalle macchine da lui create. Il carattere distruttivo dell’uomo, assume dimensioni planetarie, paradossalmente proprio per colpa dell’aumentare della sua conoscenza tecnica. Una distruttività che non si limita al presente, ma che è rivolta a un ipotetico futuro.

L’uomo cibernetico sviluppa ulteriormente il suo narcisismo, diventando egli stesso uno strumento per raggiungere il successo, e quindi, intensificando verso l’interno, l’investimento libidico ma, allo stesso tempo, egli allarga il proprio Sé, su una realtà solo virtuale (come diremmo oggi), su cui riversare gli impulsi narcisistici.
Si instaura così un altro rapporto simbiotico di dipendenza in cui, la madre dell’uomo non è più la natura, ma quella ‘seconda natura’ che egli si è costruito; le macchine che lo nutrono e lo proteggono” – un quadro perfetto della nostra realtà.
La biblica mela che, in maniera subdola e seducente, il serpente demone offre alla coppia Adamo ed Eva, venendo meno, così, ad un patto verbale stipulato con il loro Creatore, è la metafora inequivocabile dei nostri tempi. Il mondo moderno, è l’ovvio risultato della profanazione del mistero della vita, sulle cui basi ha edificato il suo impero perverso fatto di menzogna, contraffazione, paura e relativismo. Il mistero violato è paradigma di infedeltà verso l’impianto etico, e di vanesio narcisismo di un Ego corrotto, che nell’incomprensione arbitraria del Disegno Divino e delle attenuanti addotte, degenera, da peccato, in reato grave per alto tradimento. Un peccato dunque imperdonabile che, per la sua unicità e la straordinaria gravità, ha contemplato una pena esemplare e senza sconti. Il bisogno di amore e di amare di Cristo, é certamente di natura divina, logico risultato di una sensibilità sconfinata che, in ogni gesto, in ogni soffio di vento e in ogni parola, poteva cogliere, leggere e interpretare in forma profetica, futuri accadimenti, eventi e catastrofici mutamenti.

Questa Energia che tanto esaltiamo e che contro ogni logica e ragionevolezza, vorremmo imprigionare, imbrigliare per soddisfare debolezze, perversioni e dipendenze, è il paradigma della fine di un’umanità snaturata, svuotata della sua originaria essenza.
La sola Energia di cui abbiamo bisogno, va ricercata nella nostra volontà, nella forza, delle nostre braccia, nello spirito di solidarietà e nel comune buon senso. Siamo privi di quella passione che, da sempre, ha motivato e caratterizzato ogni azione umana, liberandoci dalla paura e riconciliandoci con il mistero della vita.
Il futuro dei nostri figli, non risiede negli inferi del sotto suolo terrestre, ma è li, sopra le nostre teste: nel vento che accarezza le foglie degli alberi e nella sorprendente luce del sole che riscalda i nostri cuori.
Gianni Tirelli

mercoledì 27 giugno 2012

Si accomodi nel comodo studio, imprenditore… (@imprenditori)


[Alcune considerazioni su...]


Si accomodi nel comodo studio, imprenditore… (@imprenditori)

Immagini, amico imprenditore, amica imprenditrice: la vostra azienda in crisi ha perso due terzi del suo valore. Deve trovare una montagna di liquidità a breve, se no chiude. Mario Monti vi fa accomodare in un comodo studio e vi dice: “Emettete titoli per il valore necessario, ve li compriamo noi al Tesoro. Non temete, ci restituirete la somma solo se prima sarete riusciti a saldare ogni vostro debito coi privati; ci pagherete gli interessi sul prestito solo se i vostri conti torneranno in attivo; ma cari imprenditori – dice sempre l’affabile Monti – se proprio le cose dovessero comunque andarvi male, cioè se la vostra azienda perderà comunque valore di mercato, bè, anche il vostro debito con lo Stato perderà di valore. Non vi angustiate. Ci siamo noi”.
Questa scena è grottescamente impossibile se di rimpetto a Mario Monti immaginiamo una qualsiasi azienda italiana, un qualsiasi vostro omologo, caro imprenditore, cara imprenditrice, cioè quella gente che fa quella cosa inutile che si chiama creare ricchezza reale e posti di lavoro. Ma se immaginiamo una banca, cioè quei ‘rentiers’ che non creano nessuna ricchezza reale e che sfasciano il mondo, bè no, è totalmente reale, talmente reale che è accaduto ieri.
Il Monte dei Paschi di Siena, più propriamente Monte dei debiti di Siena, aveva l’anno scorso perduto due terzi del suo valore. La European Banking Authority ha detto no, vi facciamo chiudere. Monti ha detto no, li teniamo aperti. Alessandro Profumo si è accomodato nel comodo studio del Monti e gli accordi, alla lettera, sono quelli di cui sopra. Rileggeteli. Unica differenza, la cifra. A voi le banche oggi non danno 100.000 euro, alla banca di Siena Monti darà due miliardi di euro. A quelle condizioni. Rileggetele.
Tanto, se la banca di Siena non pagherà, o pagherà solo un quinto con tutti quegli sconti al teflon, Monti il denaro lo verrà a prendere da voi aziende e famiglie con le sue tasse dell’Economicidio italiano. Deve, perché ogni euro che emette va restituito ad altre banche, quelle che oggi posseggono l’euro. Noi come Stato non abbiamo più moneta sovrana, ve l'ho spiegato.
Imprenditori, perché vi fate ammazzare da questo 'rentier' senza reagire?

Fulvio Grimaldi


martedì 26 giugno 2012

IL LIBERISMO: UNA DEGENERAZIONE DELL’ILLUMINISMO



IL LIBERISMO: UNA DEGENERAZIONE DELL’ILLUMINISMO....di G.Tirelli
La vostra anima è sovente un campo di battaglia, dove il giudizio e la ragione fanno guerra all’appetito e alla passione.
Potessi io conciliarvi, e mutare in voi rivalità in unione e discordia in armonia!
Ma come potrò farlo, se voi non siete i mediatori e gli amanti di ogni vostro elemento? La ragione e la passione sono il timone e la vela di quel navigante che è l’anima vostra. Se il timone e la vela si spezzano, sbandati, andrete alla deriva o resterete fermi in mezzo al mare. Poi che, se la ragione domina da sola, è una forza che imprigiona - e la passione, se incustodita, è una fiamma che brucia e si distrugge. Perciò la vostra anima esalti la ragione fino alla passione, affinché essa canti. E con la ragione diriga la passione, affinché questa viva in resurrezione quotidiana, e sorga come la fenice dalle ceneri.
Vorrei che l’appetito e il giudizio fossero per voi come due amici invitati a casa vostra. L’onore non andrebbe certo all’uno più che all’altro; giacché se hai più riguardi verso un ospite solo, perdi l’affetto e la fiducia di entrambi. Quando, sui colli, sedete all’ombrosa frescura dei pallidi pioppi, ed è vostra la pace serena e lontana dai campi e dei prati, allora vi sussurri il cuore: ”Nella ragione riposa Dio”. E quando scoppia la tempesta e il vento titano scuote la foresta, e lampi e tuoni annunciano la maestà del cielo, allora dite nel cuore con venerata paura: “Nella passione si muove Dio”.
Così, essendo un alito nella sfera di Dio e nella sua foresta una foglia, la ragione sarà il vostro riposo e la passione il vostro moto.
Da “Il Profeta” di Gibran Kahlil Gibran
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Sull’onda dell’entusiasmo e di una novità fatta di promesse, aspettative e speranze, per una qualità di vita migliore e più felice, è stata definito, rivoluzionario, quel processo di industrializzazione che, nel solo arco di un secolo, ha sbaragliato dal campo le società contadine per imporsi come parametro assoluto di riferimento.
Ma le rivoluzioni, sono portatrici di fratellanza, uguaglianza e libertà (sinonimi di felicità), in netta antitesi con quella “industriale”, equivalente di, omologazione, licenza, schiavitù e catastrofe ambientale.
Tutte le promesse e le speranze, sbandierate in questo secolo, sono state disattese e umiliate. L’autonomia di un tempo, presupposto di libertà, dignità e decoro, è degenerata in dipendenza dal Sistema e, la salutare e appagante fatica dell’uomo contadino, in lavoro meccanico, frustrante e senza dignità. Per tali motivi, l’individuo umano del passato, cosciente e responsabile, si è involuto in umanoide robotizzato; un automa che si attiene rigidamente alle regole stereotipate di un libretto di istruzioni che il Sistema gli consegna al momento della sua venuta al mondo. A un tale uomo è negata la felicità.
L’illuminismo, nonostante la relativa fede e i nobili presupposti dei suoi fautori, ha dato inizio a quel processo di omologazione che, nel tempo, ha prodotto quello che oggi è il liberismo consumista relativista delle società occidentali.
Nella vita di ogni giorno, da sempre, esiste una componente dominante in grado di ribaltare e mortificare ogni supposta logica, ragione e preventiva conclusione, in virtù delle quali crediamo di controllare ogni cosa ed evento.
Sto parlando del “Caso” che, a mio giudizio, esula da ogni comprensione umana per attestarsi nella sfera del divino in virtù della sua imperscrutabile volontà. Non c’è dubbio che un uso corretto della ragione, migliori l’esistenza umana, ma in nessun caso, può essere strumento di proselitismo etico, politico, religioso e culturale.
Definire l’illuminismo, un movimento filosofico, sarebbe una forzatura in quanto, il pensiero che lo ha prodotto (generato), è viziato da fattori tecnici e tecnicismi, intrinseci alla Rivoluzione Industriale. Le grandi filosofie fondano l’autenticità del loro pensiero, proprio perché sganciate e liberate dai condizionamenti, luoghi comuni e dogmi, endemici alla realtà presente, e ancor più se la loro natura è di tipo scientifico e meccanico.
Il concetto cardine dell’Illuminismo è l’affermazione dell’autonomia della ragione, da ogni autorità esterna ad essa. In pratica, secondo l’illuminismo, l’uomo deve imparare a ragionare con la propria testa e a ritenere valide solo quelle verità che egli riesce ad appurare grazie alla ragione, indipendentemente da ciò che afferma la religione, l’autorità, la politica o la tradizione. In altre parole, sono ritenuti veritieri, solo quei fenomeni che possono essere dimostrati, attraverso la ragione, i sensi e un costrutto logico. Niente di più errato! Un tale ragionamento, per la sua natura utopica avventuristica, può trovare corrispondenze nel singolo o in un gruppo di eccentrici intellettuali dai nobili ideali ma, in nessun modo, trovare applicazione in un contesto di massa. Tanto più in quel preciso momento storico dove, i canti suadenti delle seducenti sirene della neo-modernità, inebriavano di aspettative un’avventura che stava cambiando radicalmente la storia dell’umanità, ma per il peggio.
Prendere poi a misura delle proprie supposte convinzioni, gli umori e i pruriti della metropoli (colta, vanesia e intellettuale), come parametro di riferimento e piattaforma di lancio verso il futuro, è stato, nella storia dell’uomo, il grande errore originale e per questo, imperdonabile. Escludere da tali intendimenti e dal processo di sviluppo tutto il resto del mondo, delegando a una minoranza le sorti del pianeta, ha prodotto quel disastro globale (umano, di valori, culturale e ambientale) che caratterizza le moderne società liberiste e consumiste di oggi. La modernità, metastasi della Rivoluzione Industriale, ha separato e codificato, il passato, il presente e il futuro, in tre entità assestanti svincolate da ogni interazione e comuni finalità. Nel mondo contadino di un tempo, al contrario, queste tre entità erano fuse fra loro dentro un’unica realtà, sostanzialmente immutabile e, la proiezione del futuro era scandita dal raccolto delle messi, mentre il presente, dalla semina.
Il passato, relativamente simile al presente, si esprimeva nelle commemorazioni dei propri defunti, nel ricordo, nella tradizione e nelle ricorrenze. Altro che separasse fra loro in modo netto e autonomo queste tre condizioni temporali, non esisteva. Era il disegno logico e perfetto di un eterno presente.
Nelle città industriose e industriali europee, questo meccanismo imperituro cominciava a venir meno, per aprirsi alle nuove teorie dell’illuminismo, e a una radicale svalutazione della realtà, postulata dal movimento nichilista russo. La Rivoluzione Industriale dunque, segna lo spartiacque fra due mondi, opposti e contrapposti, lontani da ogni confronto e parallelismo. Così, è improprio parlare di una storia del mondo e dell’umanità, ma bensì, di due storie, di due mondi e di due umanità. Una che ha origine nella notte dei tempi e termina il suo viaggio agli albori della Rivoluzione Industriale - la seconda, generata dagli umori mefistofelici del neo industrialesimo rampante e schizofrenico che, in pochi decenni, ha fatto piazza pulita di ogni ragione, passione, tradizione e conoscenza, confinando la verità in una dimensione relativa.
Le teorie illuministe, sono state il terreno di coltura dell’odierno liberismo che nella contraffazione della realtà e nella mistificazione della verità (assunte a pratiche relazionali) incarnano il germe malefico dell’ossimoro al potere, riducendo la verità, ad un inquietante esercizio di relativismo.
I modelli teorici dell’illuminismo, guardavano al passato, come ad un cumulo di errori, responsabile di avere prodotto una società barbara ed arretrata. Gli illuministi, si immaginano proiettati verso il futuro – un futuro di luce e di progresso. Per garantire una tale innovazione e dare forma alle moderne teorie era però necessario liberare l’umanità dalla pesante “schiavitù culturale” (e spesso anche “materiale”) ereditata dal passato.
L’avere demonizzato il passato, mortificandolo nella sua sostanza, sull’onda delle proiezioni futuribili indotte dalle nuove scoperte scientifiche che promettevano, giustizia, felicità e libertà per tutti, è il falso storico del pensiero illuminista.
L’obiettivo dell’illuminismo era di porre alla base della morale e della politica, la ragione umana atemporale. Credere di rinnovare la società, spiegando alle masse che la povertà e la sopraffazione erano dovute all’ignoranza e alla superstizione, è stato un grande errore di ingenuità e di presunzione, relativo ad una scarsa comprensione di quel disegno sovrannaturale che, proprio in virtù del valore imprescindibile e imperituro della diversità, suggella la sua ragione d’essere.
A più diversità corrisponde più libertà! E questo è un principio indiscutibile!
L’illuminismo, nonostante la relativa fede e i nobili presupposti dei suoi fautori, ha dato inizio a quel processo di omologazione che, nel tempo, ha prodotto quello che oggi è il liberismo consumista relativista, delle società occidentali.
Voltaire sostiene che, “esiste un Dio ma i dogmi religiosi, e le raffigurazioni della sua immagine, sono invenzioni umane”. Diversamente da Voltaire, trovo, questa tesi, alquanto riduttiva e poco avveduta, ritenendo le suddette “invenzioni”, la rappresentazione iconografica del divino e della divinità; un’espressione artistica di natura spirituale, in forma di dono votivo e commemorativo che, da sempre, ha caratterizzato l’individuo, le comunità e le grandi civiltà del passato, come momento di aggregazione, comunione e tradizione della storia del mondo. Dio esiste, in quanto baluardo di speranza e di auspicio e, per tanto, non può accampare alcun diritto all’interno della sfera del razionalismo e della ragione illuminata – salvo l’eccezione di volere interpretare la natura e le sue leggi, come la sua espressione ultima e la più evidente.
Se gli uomini, in nome della religione, si perseguitano e si uccidono, (continua Voltaire), questo succede per la loro ignoranza e stupidità. L’illuminismo, in realtà, è stato un inedito movimento politico, tendenzialmente ateo e materialista che, per una semplificazione, ha coniugato (anticipandoli in forma profetica), il pensiero marxista con l’odierno liberismo, dentro un sussulto anarcoide. Tale alchimia, prodotta dalla convergenza di principi e fattori inconciliabili fra loro, ha prodotto un sincretismo gelatinoso che, nell’arco di due secoli, è mutato in perverso relativismo, trasfigurando la licenza in libertà, la furbizia in intelligenza e la menzogna in regola relazionale.
Dio, in quanto puro spirito (entità trascendente, concetto astratto) non era considerato dagli illuministi una verità assoluta, così come non godevano di molta fortuna gli altri misteri delle fedi e delle religioni. La maggior parte degli illuministi, infatti, era convinta che l’universo funzionasse, non grazie all’intervento divino, ma in virtù di un preciso meccanismo di autoregolamentazione: il ciclo perenne della natura: nascita, crescita, morte e trasformazione della materia.
Promuovere, imporre e volere “globalizzare” i lumi della ragione (pur apprezzandone le buone intenzioni), è un esercizio di illusionismo che non tiene in nessun conto le imprescindibili esigenze individuali e gli equilibri sincroni e vitali dell’esistenza essendo, la stessa ragione, per definizione, soggetta e relativa alla consapevolezza, alla capacità di discernimento, alla forza di volontà, a fattori culturali, religiosi, geografici e, più in breve, al libero arbitrio. Quando la ragione diventa razionalità e logica, e le parole che presumono spiegarla, i numeri infiniti di un’equazione algebrica, il risultato finale sarà un materialismo omologante e un appiattimento culturale verso il basso, scevro da ogni individualismo, personalismo, giudizio critico e sentimento di passione.
Per non dare adito a fraintendimenti (vista la delicatezza dell’argomento trattato e il rischio di diversa interpretazione), il mio giudizio critico sulle teorie illuministe non entra nel merito del suo ambizioso quanto utopico programma, ma sugli effetti postumi che, il processo industriale e in seguito, tecnologico, hanno prodotto. Per brevità, se il mitico Voltaire potesse “buttare un’occhiata” sulla realtà odierna, si rivolterebbe nella tomba.
“Si può dunque affermare che la tolleranza della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana. Come si è potuta esercitare tale repressione? Attraverso due rivoluzioni, interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema di informazione…” Pasolini – Scritti Corsari 1975 –
Avere previsto o più semplicemente immaginato un mondo alla mercé dei mezzi di comunicazione e mediatici, e future società che sul consumo sistematico di beni voluttuari accreditavano la loro sopravvivenza, sarebbe stato troppo anche per Voltaire e illuminati seguaci.
“Gli italiani, continua Pasolini, hanno accettato con entusiasmo questo nuovo modello che la televisione impone loro secondo le norme della Produzione creatrice di benessere (o, meglio, di salvezza dalla miseria). Lo hanno accettato: ma sono davvero in grado di realizzarlo? No! O lo realizzano materialmente, diventandone la caricatura, o non riescono a realizzarlo che, in misura così minima, da diventare vittime. Frustrazione o addirittura ansia nevrotica, sono ormai stati d’animo collettivi.
La responsabilità della televisione, in tutto questo, è enorme. Non certo in quanto mezzo tecnico, ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un certo elaboratore di messaggi. È il luogo dove si fa concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo – un virus letale e globale.  Il fascismo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre….”
Quel processo di semplificazione “ragionato” che ha traghettato l’uomo da un passato industrioso a un presente industriale, è dunque miseramente fallito.
 GIANNI TIRELLI