martedì 31 luglio 2012

La Repubblica italiana dev’essere fondata non più sul lavoro, ma sulla persona umana.


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La Repubblica italiana dev’essere fondata non più sul lavoro, ma sulla persona umana. Ecco l’insegnamento che viene da Taranto. Il Novecento è finito, la contrapposizione industrialisti-ambientalisti non ha più senso. L’unica cosa che conta è non morire per lavorare.

by Carlo Vulpio
O non hanno capito, oppure fingono di non aver capito. O entrambe le cose, un po’ e un po’. Per Taranto – e non solo a causa dell’Ilva, ma anche degli altri colossi del suo polo industriale – la contrapposizione ambientalisti-industrialisti non funziona più. Non esiste più. Questa è ormai archeologia, industriale e della storia industriale. Una cosa che, forse, poteva andar bene nella mitologica Età dell’oro della Rivoluzione industriale, e fino all’altro ieri, nel Novecento, ma che oggi, e specificatamente per Taranto, non ha senso.
A Taranto il problema non è ambientale. A Taranto il problema è di una sottile linea rossa che separa la vita dalla morte. Al di qua di questa linea, si può ancora e ragionevolmente discutere di livelli di emissioni nocive e di compatibilità e di prezzi necessari da pagare. Ma al di là della medesima linea, ogni discorso è inutile, insensato, superato, e spesso anche in malafede, perché di fronte alla morte certa – per diossina, poi, o per le altre decine di sostanze cancerogene - non c’è nessuna mediazione possibile, nemmeno invocando il sacro totem del Lavoro. Perché se muori, o ti colpisce una malattia terminale, non puoi lavorare, e del Lavoro non sai che fartene.
Questo è il problema di Taranto, che ho affrontato ne “La città delle nuvole”, uscito tre anni fa e, purtroppo, oggi più attuale di allora.
Non volevo scrivere questa nota. “Ho già dato, leggetevi il libro”, ho detto in questi giorni a chi mi chiedeva di dire qualcosa sull’ordinanza di chiusura di stabilimenti non solo inquinanti, ma anche usurati, obsoleti, che saranno spremuti ancora per qualche anno e poi chiuderanno lo stesso, saranno “dismessi” lasciando l’aria, la terra e il mare irrimediabilmente contaminati.
Ma poi, leggendo i giornali e guardando la tv, e vedendoli tutti (tutti) dalla stessa parte , pur con argomenti e motivazioni apparentemente diversi - i giornalisti Ferrara e Sechi e il sindacalista Landini, il nuclearista Battaglia e il finto avversario della diossina Vendola, sindacati e padroni, Bersani e Casini, Fitto e Di Pietro, operai e sigle ambientaliste à la pàge – ho pensato che sì, altre due righe potevo dedicarle a questa porcheria tarantina, che è un problema europeo e mondiale: non di tutela ambientale, ma di tutela della salute di chi lavora in fabbrica e di chi vive (vive?) a Taranto . Perché quella di Taranto non è solo una storia di micidiali emissioni, ma è una vicenda di gigantesche omissioni. In cui nessuno ha mai controllato niente. Per esempio, per anni l’Ilva, e l’Eni, e l’Edison, non hanno pagato centinaia di milioni di Ici, l’imposta comunale sugli immobili, senza che nessuno controllasse e chiedesse conto. Allo stesso modo, per anni, i dati sull’avvelenamento di esseri umani e animali sono stati nascosti e taroccati, oppure si è diligentemente evitato di rilevarli. Cos’è, catastrofismo o catastrofe vera l’abbattimento di cinquemila pecore e agnelli contaminati da diossina, come le cozze (il vanto di Taranto) e il latte materno delle puerpere, come il sangue e le urine degli abitanti (non solo degli operai) di Taranto, come le leucemie dei bambini al quartiere Tamburi e in tutta la città?
Ecco, lo sapevo, mi son fatto prendere la mano e sto raccontando di nuovo ciò che ho già raccontato e non voglio più raccontare. C’è il libro, chi vuole lo legga. E smentisca e denunci, se vuole e se può.
Invece no, si scrive e si pontifica senza conoscenze dirette – proprio come quei magistrati che fanno le indagini solo per delega e sui luoghi dei delitti ormai non ci vanno più – e ci si scaglia senza ragione contro i pochi che non vogliono berla questa storia del Lavoro-che-è-sacro. Ma con chi ve la prendete? Siete la stragrande maggioranza, state tutti assieme - quelli che non hanno capito, quelli che fingono e quelli che hanno capito benissimo – e attaccate il gip che ha firmato l’ordinanza di chiusura degli stabilimenti? Ma se quel giudice avesse voluto fare carriera, avrebbe fatto come tanti suoi colleghi e puntato dritto, chessò, a Berlusconi, per citarne uno a caso, mica all’Ilva!
Bisogna prima o poi avere il coraggio di dire che il lavoro non è sacro. Sacra è la persona umana, non il lavoro. Questo è solo un fattore di produzione - sia nella impostazione capitalista, sia in quella marxista -, e un fattore di produzione, per quanto importante, fondamentale, non vale una sola vita umana.
Il senso ultimo di questa riflessione è dunque la modifica dell’articolo 1 della Costituzione italiana. E’ vero che la Carta tutela la salute come diritto assoluto , ma Taranto ci sta insegnando che è giunta l’ora di fondare la nostra Repubblica non più sul lavoro, ma sulla persona umana.

SCHIAVI DI COMODITA’ INVALIDANTI


SCHIAVI DI COMODITA’ INVALIDANTI
Anche l’essere umano al pari di tutte le altre forme di vita, caratterizza la sua originaria natura su un elemento principe e fondamentale che è alla base di ogni sua funzione: il movimento fisico. Il movimento costante e metodico del corpo, ha una funzione rigenerante, catartica ed equilibrante, atta all’espulsione e alla sintesi di tutte quelle scorie e tossine organiche e psicologiche che il nostro metabolismo produce quotidianamente
Stitichezza, allergie, mal di testa, mal di schiena, problemi digestivi, cardio/vascolari, tumori e compagnia bella, non sono che gli effetti collaterali e le conseguenze logiche di un’immobilità cronica e sistematica, che hanno trasformato l’individuo moderno in un handicappato, paradigma di un’esistenza svuotata da ogni volontà, intraprendenza, personalismo e slancio rivoluzionario. La cura farmacologica, poi, é una ulteriore mazzata alle già precarie condizioni di questo singolare “soggetto” che, oltre al rischio di assuefazione, dovrà pagare gli effetti devastanti delle sue controindicazioni. L’omologazione al ribasso della dignità umana, è il risultato indotto dell’inattività fisica e della supina accettazione del dogma liberista. Quelle che oggi sono definite “le comodità” e che, diversamente dai propositi, si sono rivelate come l’inedita schiavitù di un inferno quotidiano, hanno drasticamente e drammaticamente azzerato la soglia di sopportazione del “dolore” e tradotto ogni atto e pensiero in dipendenza e inettitudine morale, terreno di cultura del vizio, dell’ozio e della perversione.
Ma noi vogliamo questo e quello: l’aspirapolvere, il frullatore, il vibratore, la lava piatti, l’inceneritore, il trattore, il reattore, il miscelatore, il ricettore, il motore, il condizionatore, il lettore e il traduttore, a fronte di una comodità invalidante, causa di obesità e delle conseguenti patologie da immobilismo cronico. Esiste per tanto un alimento indispensabile e vitale per l’uomo che sempre viene disatteso; IL MOVIMENTO FISICO MOTIVATO.
Questo fattore X interagisce modificando, scomponendo, filtrando ed espellendo tuto ciò che di nocivo incameriamo sotto forma di cibo e di liquidi all’interno del nostro corpo. Ragione in più di questi tempi, dove ogni cosa è contraffatta, contaminata, manipolata, dopata, alterata e pompata. Senza l’apporto di questo “Elemento Alimento”, nessun’altra suggestiva dieta sbandierata dalla propaganda liberista, potrà mai dare seri risultati sotto il profilo della salute (che è anche bellezza), della gioia e di un equilibrio psico/fisico costante nel tempo.
In verità, la fatica fisica, applicata ai bisogni primari ed essenziali dell’uomo, ha l’originaria funzione di produrre gioia, appagamento, salute e concorre all’interazione creativa con il resto del mondo e delle sue ragioni, generando conoscenza e spiritualità. Ogni problema di natura psicologica e neurologica, non può accampare alcun diritto nell’ambito dell’attività dell’individuo mobile, essendo lo stesso, per sua natura, repellente, impermeabile e incompatibile con intromissioni di natura psicotica.
Noi, che dovremmo essere api e formiche, ci siamo ridotti a cicale e termiti. Questa condizione, protratta nel tempo, è trasfigurata in una vera e propria patologia incurabile, cronica e degenerativa, esente da ogni possibile cura o terapia, che non sia l’azzeramento dell’uomo moderno relativista.
Lo scollamento dalla natura, sommato all’infiacchimento deresponsabilizzante innescato dal processo industriale liberista, hanno prodotto quello che è, oggi, l’uomo immobile; una larva molle e viscida, priva e privata da ogni capacità reattiva, consapevolezza e senso della realtà.
Questa condizione, per stringente e logica conseguenza, ha prodotto, inoltre, un individuo incapace di veri sentimenti, costringendolo ad uno stato di dissociazione perenne e alterando ogni confine fra la follia e la realtà.
Del resto, anche la qualità e la forza delle emozioni sono il risultato di impegno, di consapevolezza e discernimento e, tutte, fanno capo a quell’impulso rigeneratore e rivoluzionario che trasforma l’uomo in credente, l’immobilità in azione: la volontà.
Le inette, pavide e rammollite società liberiste occidentali, incancrenite e imbrigliate fra le nodosità di una burocrazia carceraria e da uno stile di vita parassitario, sono destinate (a breve) a soccombere di fronte all’invasione delle popolazioni dei paesi più poveri, individui mobili, forti, volenterosi, sani, passionali e pronti a ogni tipo di difficoltà e di sacrificio.

La nostra è una nazione di vecchi rimbambiti e di tanti giovani refrattari ad ogni sforzo fisico (retoriche eccezioni a parte) che pianificano la loro vita di fronte a beceri programmi televisivi di intrattenimento, computer e video giochi, la cui portata diseducatrice e destabilizzante, è totale.
Comunque sia, e da qualsiasi lato la si voglia vedere, le nostre società occidentali dovranno pagare il prezzo della loro immobiltà, inadeguatezza e stupidità.

E’ tempo di alzare il culo dal divano delle libertà e impugnare la zappa per produrre vera energia. Non siamo che un branco di debosciati al servizio delle nostre debolezze, paure e dipendenze

Gianni Tirelli  

lunedì 30 luglio 2012

LA GRANDE DEPRESSIONE DEL 29 – LE PROVE PRIMA DEL DEBUTTO!


LA GRANDE DEPRESSIONE DEL 29 – LE PROVE PRIMA DEL DEBUTTO!

La grande depressione del 29 non è stata altro che un tiepido avvertimento, un monito verso un Sistema che stava prendendo una brutta piega. Le prove prima del debutto!
Un Sistema che si credeva miracoloso e miracolato, i fondamentali del quale basavano la loro esistenza sul profitto dei soliti quattro stronzi, e sull’investimento massiccio dell’ignoranza, dell’ingenuità e della buona fede delle persone.

Nel 1929, la gran parte della popolazione viveva nelle campagne, e in maniera del tutto autonoma. Per questo motivo, la grande crisi colpì un numero limitato di individui - i soliti boccaloni metropolitani di sempre che, già allora, vedevano nel nuovo mondo la soluzione di ogni problema.
Oggi, in maniera diametralmente opposta da quel periodo, ogni singolo individuo del mondo occidentale, dipende in toto dal sistema stesso, e ha perso in modo definitivo ed assoluto ogni forma di autosufficienza. Se il Sistema va in crisi, ogni singola tessera del sistema va in crisi, con nessuna possibilità di un’alternativa individuale.
È come una enorme roulette, dove tutti puntano tutto sul rosso.
In verità, il Sistema Liberista Relativista, è molto più simile ad un gioco d’azzardo; e non voglio dilungarmi parlando delle sue infinite controindicazioni, anche quando si ha l’illusoria sensazione che la pallina stia cominciando a girare.

La recessione è un momento di stagnazione, più o meno lungo, dell’economia in genere, e dei consumi in modo particolare. Se non consumi per mancanza di soldi, le aziende producono meno, e gli operai restano a casa.
Nel 29 c’era ancora tutto da produrre; eravamo solo all’inizio.
Oggi siamo alla totale saturazione. Le nostre case, i nostri solai, cantine, armadi, armadietti, discariche, cassonetti ed ogni spazio possibile, che siano mari, fiumi, laghi, ecc. straripano di ogni inutile e diabolica merda industriale, soffocando i nostri sogni e bruciando i cervelli dei nostri inconsapevoli ragazzi.
Che cazzo vuoi ancora produrre? Quale altro nuovo tumore?

Così, per gli stessi motivi e con gli stessi strumenti, attraverso i quali, il Sistema Liberista Relativista si é imposto e insediato, così si spegnerà.
Quando questo accadrà, i territori industrializzati, che hanno fatto del progresso tecnologico, la loro bandiera (noncuranti delle conseguenze e controindicazioni di una tale scelta insensata), pagheranno il prezzo della loro ignoranza e stupidità.
Gli individui ancora integri, non contaminati (per ragioni di circostanze e di opportunità), diversamente, approfitteranno della loro condizione (un tempo derisa e vilipesa) per mettere a frutto la loro conoscenza, terreno di cultura di una nuova rinascita.

Oggi il Sistema è saturo; bloccato. Ogni tentativo di rianimarlo, immettendo sul mercato nuova mercanzia, non fa che peggiorare il suo stato. Sarebbe come se un medico, per curare una pericolosa indigestione, costringesse il suo paziente ad una solenne abbuffata.
Il Sistema, come il paziente indigesto, in preda a crampi, conati e nausee, sarà più propenso a vomitare, per liberarsi dalla schiavitù di un disagio non più sopportabile, e dal rischio di collassare.
L’indigestione, in questo caso, è simbolica di un consumismo selvaggio e senza regole che ha congestionato ogni settore della nostra società. Nel bisogno di espellere per liberarsi, possiamo individuare l’ineludibile necessità del ritorno ad un passato, regolato dall’impianto etico originario, dalla consapevolezza e ragionevolezza.
Quando, oggi, sento ancora parlare di sviluppo e crescita, come i soli strumenti idonei per combattere la crisi del capitalismo, mi vengono i brividi e, ancora di più, prendo coscienza di quanto, le conquiste di questo secolo, siano state nefaste per tutta l’umanità.

Quella di oggi non è una recessione, ma solo l’inizio della fine del Sistema, che non ha tenuto conto dell’uomo in quanto tale, e della sua spiritualità, ma ha perseverato in maniera codarda e blasfema, in un atteggiamento di sfida e di provocazione, di violazione e profanazione, contro le logiche, le regole e i meccanismi eterni di un disegno assodato dall’alba dei tempi.
Scappare e pregare è tutto ciò che ci resta. Io ringrazio il cielo che sia finalmente giunto il momento della resa dei conti, e lo imploro perché tutto, abbia fine nel tempo più breve. Che lui abbia pietà di noi!

Gianni Tirelli

Non hanno limiti. Sarà anche peggio di così.


[Alcune considerazioni su...]


Non hanno limiti. Sarà anche peggio di così.

Emergono i dettagli, la penna Bic sta unendo i puntini sul foglio e sta emergendo la figura completa, se di completo esiste qualcosa nella perfidia dei tecnocrati europei, che sembra non avere fondo.
Nei corridoi della UE sta trapelando la seconda parte del piano Draghi-Merkel di ieri. Vi pareva che si accontentassero di intrappolarci nell’Eurozona per altri 5 o 10 anni senza, fin da subito, spremere sangue concreto?
Inutile che il giornalista dia i dettagli tecnici, vengo al sodo. Adesso salta fuori che prima di attivare il programma SMP bond purchasesdella BCE, quello che può calmare i mercati abbassando i tassi sui nostri titoli di Stato e quindi allontanando la fine dell’agonia (http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=416), la Germania pretenderà da noi Maiali/PIIGS il ricorso al Fondo Salva Stati (ESFS o MES) per una prima trance di prestiti a noi concessi. Ciò significa che già da subito l’Italia e la Spagna dovranno caricarsi di ancora più debito, ma attenzione, di quel tipo di debito mortale che non solo va restituito dissanguando cittadini e aziende, ma comporta la resa nazionale alla schiavitù della micidiale Troika (Commissione UE, BCE, FMI) che è oggi freneticamente all’opera nella camere di tortura in Grecia.
Infatti è il ministro delle Finanza tedesco Wolfgang Schäuble oggi a introdurre il discorso delle “precondizioni” all’intervento del SMP/BCE. Dice “la precondizione è che i politici facciano i necessari passi per le riforme”, e sappiamo noi pensionati, scuole, pompieri, ammalati, dipendenti e aziende cosa sono le “riforme”. Infatti è un anonimo alto ufficiale della Commissione oggi a parlare al Financial Times di un “memorandum” che il Paese in crisi dovrà firmare per ottenere i soldi del Fondo Salva Stati prima, e successivamente quelli del SMP/BCE. Ma guarda, e chi è stato il giornalista che pochi giorni fa scrisse qui che Monti aveva mentito al ritorno da Bruxelles nel dire che l’Italia aveva strappato la concessione di non doverli firmare quei tragici memorandum di schiavitù.
Ma certo. Ci terranno in galera, ma non senza prima averci mozzato una caviglia così da esser veramente certi che urleremo, ma stavolta arrampicati sul tetto della prigione nella speranza che la piena ci consenta di fuggire non ci arriveremo di sicuro.

Grimaldismo, malattia senile del campismo


Ominicchi
Mi sono già occupato troppo di un ominicchio, tra il poveretto e il nauseabondo, che ha fallito tutti i suoi tentativi di fare il galletto in un qualsiasi pollaio (a partire dalla trotzkisteria della buonanima del pazzariello erudito Livio Maitan e a finire con un Forum Palestina che, alla sua ennesima sviolinata a Nato e petrodittatori del Golfo sulla Siria, lo ha mandato dove deve stare). Ora bercia parole d’ordine alla Hillary e lancia bombette puzzolenti, con prosa trasparentemente squadrista, su coloro che smascherano le balle siriane dei carnefici imperialreazionari. Li imbratta di rossobrunismo, lui peggio addirittura di costoro, che diffonde il disco delle “verità” dei monarchi del Golfo e dei necrofori occidentali. Riporto brani indicativi di una sua ennesima intemerata contro di me, ma la risposta la affido a una persona che, da una vita di lotta per la pace nella giustizia ha, più di me, acquisito il diritto e il prestigio d
i rispondere ai latrati dei botoli di servizio. Ma avete visto quanti para-trotzkoidi finiscono così? La conventicola di Bush ne era piena. E pure in Italia, pensate alla Sinistra Critica o al PCL… Eccovi il libello. 

Grimaldismo, malattia senile del campismo

(16 Luglio 2012)
Il drammatico aggravamento della situazione 
siriana, congiuntamente all’instabilità e alle
 contraddizioni attuali degli esiti delle rivoluzioni
 della “primavera araba”, ha come effetto il 
riecheggiare sempre più insistente e sempre
 più molesto di posizioni di quei settori della 
sinistra che nell’attuale scontro dell’UE e
 degli USA con la Siria si sono schierati senza
 indugio e acriticamente dalla parte di Assad,
 considerandolo guida illuminata ed amica del
 «penultimo paese sovrano e antimperialista del
 mondo arabo». Sono gli stessi settori che già
 un anno fa, allo scoppio delle tumultuose
 sollevazioni maghrebine, mettevano in guardia
 da pretese “cospirazioni”, da “manovre 
preordinate” e da “burattini” delle
 intelligences occidentali, e che oggi sembrano 
compiacersi dello sbocco insoddisfacente
 (Egitto) che stanno trovando le rivoluzioni arabe. 
Particolarmente affezionato al suo ruolo di 
ambasciatore e flabelliere dei despoti d’ogni
 risma (purché non siano simpatici agli
 americani) è ormai da tempo Fulvio Grimaldi, 
l’eroico freelance sempre in mimetica e sempre
 in trincea. E sempre embedded, 
appunto. Nelle sue incessanti e furiose 
paturnie causategli dai «saputelli, zerbini 
dell’informazione imperial-colonialista, di ogni 
sinistra» (cioè praticamente tutti, tranne 
Grimaldi in persona), non pochi strali 
vengono riservati a quelli che egli definisce
 «decerebrati», «cretini totali», «tossico 
sciame dei tafani trotzkisti» (da notare il 
linguaggio schiettamente e classicamente 
stalinista, in perfetto stile anni Trenta): il PCL,
 insomma, reo di rivendicare addirittura,
 a proposito della Siria (così come, a suo 
tempo, della Libia) nientemeno che la più 
irriducibile opposizione di classe al governo 
di quel Paese, fino alla cacciata di Assad, e,
 CONSEGUENTEMENTE e contestualmente,
 il sostegno più assoluto alla resistenza
 all’ingerenza imperialistica, diretta o indiretta. 
Il succo della posizione di Grimaldi è questo: 
1) Assad ha ragione e la sua “difesa” è 
pienamente legittima. 2) L’opposizione 
siriana non esiste. Ciò che viene chiamato
 opposizione è in realtà un irrilevante 
canagliume indistinto di pericolosi qaedisti, 
wahabiti e predoni assortiti che vogliono
 impossessarsi della Siria e farne un regime
 teocratico. E in questo obbiettivo sono
 appoggiati e diretti da… USA, Europa ed
 Israele! 3) Chi, in Italia, solidarizza con 
l’opposizione siriana e vuole la destituzione di 
Assad è nel migliore dei casi un ingenuo 
credulone che, in balia delle centrali della
 disinformazione imperialista, nulla sa e nulla 
ha capito; nel peggiore, un odioso complice
 dell’attacco congiunto imperialista-qaedista 
all’”umanista” (secondo Chavez) Assad. In 
ogni caso, un classico “utile idiota”, che 
consapevolmente o inconsapevolmente sta dalla 
parte degli imperialisti.
Deve sembrare quindi, a Grimaldi, una ben
 strana pretesa quella di rivendicare una 
rivoluzione anticapitalista e un governo dei 
lavoratori in Siria, e allo stesso tempo una difesa
 della Siria dalla morsa strangolatoria del capitale
 internazionale.
Grimaldi, come tutti i non comunisti, non
 ragiona in termini di classe. Non accetta
 il principio dell’autonomia politica ed 
organizzativa del proletariato, nazionale ed 
internazionale. Come tutti i non comunisti, non 
riesce a vedere la centralità strategica di un 
fronte proletario che, nell’impugnare la bandiera
 della PROPRIA lotta antimperialista, pone le 
basi per una PROPRIA lotta sociale “interna”, 
contro il “suo” capitale. Come tutti i non 
comunisti, non riesce a considerare il conflitto
 antimperialista come parte integrante
 e continuazione del conflitto anticapitalista.
 Per
 Grimaldi, come per tutti i non comunisti,
 l’imperialismo perde qualsiasi contenuto e 
connotazione di carattere storico ed 
economico, per divenire nient’altro che un
 combattimento fra una parte e l’altra. 
Fra buoni e cattivi. La macchiettistica 
interpretazione che ne deriva è propria di un
 fumetto di supereroi, più che di una lettura
 marxista della realtà.
Questo punto di vista è coincidente con quello
 del “campismo”, posizione secondo cui la 
collocazione e l’atteggiamento proprio del 
proletariato dev’essere quello di supporto ad 
un “campo” statuale antimperialista (che si 
contrappone al campo statuale imperialista) 
attraverso blocchi politici con le borghesie o
 con le burocrazie post-staliniste dei propri 
rispettivi stati. Questa posizione, logicamente
 conseguente alla teoria staliniana del
 “socialismo in un Paese solo”, ha suggellato,
 a partire almeno dagli anni Trenta-Quaranta
 del secolo scorso, la fine della tradizione 
internazionalista del marxismo, ripudiata da
 Stalin e dai partiti comunisti stalinizzati nella
 loro demolizione controrivoluzionaria teorica 
e programmatica della III Internazionale di 
Lenin.
Nell’ottica campista successiva, il rifiuto di
 analizzare non solo la natura sociale ma anche
 quella politica dei vari sistemi ai quali le lotte 
anticoloniali e in larga parte antimperialiste 
avevano dato luogo, portò a non riconoscere 
ciò che essi effettivamente furono e sono
 tuttora: regimi bonapartisti (a volte militari)
 piccolo-borghesi. Non solo. Il campismo
 stalinista condusse ad identificare quei regimi 
con Paesi socialisti (ancora oggi Grimaldi parla 
ridicolmente di «Jamahiriya socialista»!), e 
alla conseguente disastrosa subordinazione 
del proletariato alle varie borghesie e ceti 
dominanti nazionali e ai loro interessi.
Il copione campista è sempre lo stesso.
 Niente di nuovo, quindi, per quanto riguarda
 Libia e Siria. Ma Grimaldi va oltre. Non si tratta
 più, come nel caso della politica staliniana del
 secolo scorso, di appoggio e subordinazione ai
 governi nazionali borghesi aventi funzioni 
antimperialiste e ruoli progressivi all’interno 
dei rispettivi stati. Con la fine della Guerra
 Fredda e la scomparsa del potere di 
bilanciamento e di “garanzia” dell’URSS, 
quel contesto storico-politico che vedeva 
un’esposizione globale, diretta 
dell’imperialismo al “campo”, appunto, 
dell’”Impero del male” è stato soppiantato
 dalla presenza residuale, regressiva ed
 impotente dei vari orfani -più o meno 
"legittimi"- di Breznev. In assenza del “vecchio
 campo”, i campisti del XXI secolo si sono 
quindi in molti casi trovati al fianco di leaders 
che non solo non rappresentano (ormai da 
tempo) più niente di progressivo (checché ne
 dica il turiferario Grimaldi), ma i cui fattori di 
contrasto e di attrito con l’imperialismo si sono 
spesso gradualmente ridotti fino a svanire 
(riabilitazione occidentale del «creatore della 
libertà libica» Gheddafi, miglioramento dei
 rapporti tra dinastia siriana e USA a partire 
dalla prima guerra del Golfo, ecc.) 
Libia, Siria, ma anche - per quanto casi diversi 
- Cuba, Venezuela, Serbia, (Iran? Corea del
 Nord?) il mitico grimaldello di Grimaldi e dei 
campisti è sempre uguale: se l’imperialismo 
americano sta (cioè: sembra stare) da una
 parte, io sto ORGANICAMENTE dall’altra parte. 
Se poi, guardacaso, l’”altra parte” 
dovesse essere naturalmente, stabilmente e 
organicamente ben affollata e presidiata da 
burocrati, bonapartisti, fantocci, despoti, 
rottami ammuffiti del post-baathismo, 
nazionalisti, falangisti, sionisti, “bulangisti”, 
reazionari d’ogni fatta; questo, al nostro, 
non desta sorpresa né disturbo (salvo poi 
accusare il PCL di andare a braccetto con gli 
integralisti islamici siriani e libici). Sembra
 importargli molto, invece, che i suddetti
 compagni di ventura siano tutti accomunati
 dall’essere formidabili massacratori del 
proletariato, magari in nome e per conto del…
 proletariato!
La negazione accanita dei minimi e più 
evidenti elementi di realtà -metodologicamente,
 quanto di più staliniano possa esserci- porta 
Grimaldi ad escludere in partenza perfino la 
possibilità che le masse di alcuni paesi arabi
 possano improvvisamente insorgere contro i 
propri oppressori. Da questo punto di vista, si
 può dire che Grimaldi e soci siano stati 
spiazzati dalla potenza della “primavera araba” 
quanto e più dei benpesanti borghesi delle 
diplomazie occidentali. Vittime prime della
 propria frustrazione impotente, non riescono a 
farsi una ragione della testa dura dei fatti, come
 direbbe Lenin, che fanno piazza pulita di tutti i
 loro paradossi e incoerenze.
Ciò che non si spiega con la fallacia logica di un
 ragionamento, se così lo si può definire, 
fondato sulla paranoia (tratto distintivo dello
 stalinismo) può trovare giustificazione 
solamente nella più aurea malafede. Dire 
ad esempio che il PCL ha «sostenuto 
l’annientamento Nato-Al Qaida della libera 
Libia» vuol dire falsificare completamente e 
sistematicamente la posizione assunta dal PCL
 riguardo alla Libia e a tutte le rivoluzioni arabe. 
Dev’essere fatalmente l’ormai sempre più 
stretta e vergognosa contiguità, nella difesa
 di Assad e Gheddafi, con gli ambienti
cosiddetti rossobruni (ambienti nei confronti 
dei quali, va riconosciuto, Grimaldi conserva 
ancora qualche istintiva repulsione, ma che 
sarà forse presto addomesticata) uno degli
 effetti più catastrofici di un così 
formidabile daltonismo politico unito ad una così
 sorprendente disonestà intellettuale.
Grimaldi e i variegati gruppi dei campisti e dei 
complottisti non rappresentano, purtroppo, 
opinioni minoritarie e “ai margini” della sinistra
 che si vorrebbe di classe. Tutt’altro. Il loro
 approccio e le loro argomentazioni sono capaci
 di far breccia tanto più oggi, in presenza di un
 terreno politico in larghissima parte e da 
molti decenni bonificato dalla teoria 
marxista rivoluzionaria (“formulette astratte e 
autoreferenziali”, secondo Grimaldi). E’ per 
questo motivo che il presupposto principale 
di una VERA militanza antimperialista, e cioè
 marxista e rivoluzionaria, non può non 
essere la rottura con il campismo e con lo 
stalinismo. Anche per evitare di continuare a 
prendersela con il solo Grimaldi e di essere
 costretti a rispondergli, come Petrolini al
loggionista che lo importunava sguaiatamente:
 “Non ce l'ho con te, ma con quello di fianco a te 
che non ti butta di sotto”....Sergio Leone ( sez. PCL Roma 

I MODERNI SFIGATI DEL NOSTRO TEMPO


I MODERNI SFIGATI DEL NOSTRO TEMPO
Il fatto che oggi lavorare non sia più conveniente, più di quanto non lo sia il rimanersene chiuso in casa, ci dice in maniera esaustiva della drammaticità di una situazione socio/economica, e si pone come elemento significativo a sancire la fine del Capitalismo.
E mentre io arrivo al succo della questione, alla radice del problema, gli intelligentoni di turno continuano a svolazzare fra le foglie secche e i frutti bacati e caduchi di un albero che sta per tirare le cuoia ed esalare il suo ultimo respiro. Questo perché, hanno smarrito quella consapevolezza e capacità di discernimento, che un tempo hanno mercificato a fronte di interessi particolari, vizio e inettitudine - sperando in questo modo, di liberarsi da quel tormento esistenziale e solitudine, causa prima di una condizione di subalternità, di vuotezza morale e di emarginazione culturale che li contraddistingue all’origine.
Come potrei mai rinunciare alla mia missione di lotta, senza fronti e senza sconti, per assecondare le debolezze, le omissioni e le stramberie di questi citrulli che infangano la dignità altrui per nascondere quella trave marcia che oscura ogni loro orizzonte?  Non troveranno mai ragione alla loro condizione di parassiti della vita, infangando l’operato e il sacrificio dei giusti!
Spesso gli altri ci ricordano le nostre miserie e questo non ci piace e ci incattivisce – ma la realtà rimane evidente e sacrosanta!!
Del resto, l’immagine del mondo che abbiamo di fronte é la logica e inevitabile conseguenza di una moltitudine di parassiti in balia della propria coltivata ignoranza che nel tempo ha trasfigurato in astio, odio, solitudine, intolleranza e fascismo.!
Il mondo ci sta crollando addosso e nel frattempo i grandi capitalisti sono intenti a studiare nuove forme di speculazione mentre, dall’altra parte, un branco di stupidi indefessi, in veste di novelli Sheelock Holmes si limitano a denunciare le cause di un tale tracollo economico, ambientale, umano e di valori - tutto questo senza muovere un dito – senza volere rinunciare a nulla per cambiare lo stato delle cose, anteponendo un fastidioso chiacchiericcio all’azione pragmatica. In verità, tutta questa gente, sguazza nel torbido di una coscienza mortificata da nobili intenzioni che poi sfumano all’alba di un nuovo giorno, e da promesse giurate e subito sconfessate in tempo reale, dai fatti. Hanno smarrito quella forza di volontà che consentirebbe loro di avere il polso esatto dell’attuale condizione in cui versa l’umanità, costringendoli così ad avventurarsi nei meandri di una realtà che lo stesso Dio onnipotente non sarebbe in grado di decifrare.
La cosa davvero singolare, è vederli inalberarsi a sostegno delle loro tesi e scoperte nel nome i di una verità rivelata che hanno trafugato fra le pieghe di una sotto cultura dominante assurta oggi a mero e plateale pettegolezzo - loro che sono i primi e veri responsabili di questa “brutta storia” e che adesso si ergono a cavalieri di giustizia e di libertà! Sono i moderni sfigati del nostro tempo, gente senza spina dorsale e volontà - larve umane avulse da ogni più remoto barlume di dignità e coerenza; riversi costantemente su debolezze e sempre pronti a soddisfare i loro pruriti più miserabili e beceri.     
E secondo questi poveri tapini invertebrati, io dovrei mettermi sul loro stesso piano per puro pietismo e assecondarne eccentricità e compulsioni, attento a non urtare la loro suscettibilità e quel malsano amor proprio, che li costringe in un perenne stato di dissociazione.?!!?
Ma io non mi occupo di pubbliche relazioni (e nel caso mi farei pagare profumatamente), ma di scelte radicali e coerenza. Vivo arroccato all’interno di un fortilizio, dal quale, a mie spese, sparo bordate a raffica sulla stupidità umana perché risorga da quello stato letargico e di demenza, al fine che riacquisti la ragione - ma tutto è vano!
Gianni Tirelli

sabato 28 luglio 2012

LA FINE INGLORIOSA DI UN’UMANITA’ SNATURATA


LA FINE INGLORIOSA DI UN’UMANITA’ SNATURATA

“..Un Sistema che sa fare tutto, tranne ciò che serve veramente all’uomo - un Sistema cancerogeno che da cinquant’anni chiede soldi ai cittadini per la ricerca, e ti ammazza ancora con il cobalto, la chemio e la radio-terapia. Nessuno vuole sconfiggere il cancro. A sti prezzi!
In un tale mondo, non c’é posto per la giustizia e la libertà poiché, entrambi, possono solo germogliare al sole di quelle società, epurate da ogni potere...”  

Gli individui moderni non riescono ad immaginare, neppure per un momento, una realtà diversa da quella che quotidianamente conducono. Questo, è il vero dramma. Sempre impegnati a pulire casa con intrugli chimici dai nomi più “pittoreschi” e riversare sull’ambiente, il loro carico di morte e distruzione. Al primo freddo,via con il riscaldamento, a un accenno di caldo, condizionatore a palla. E poi farmaci, pillole di ogni genere, forma e colore, diete , creme, cremine, rassodanti, rigeneranti, snellenti, sbiancanti – una per cagare, un’altra per digerire una terza per dormire, l’ultima per trombare. Pillole contro ogni dolore, fisico, morale e psicologico – integratori, vitamine, proteine, anti-ossidanti, ormoni, estrogeni, antibiotici, beveroni magici, intrugli mortali, costosi, inutili e tutti dannosi: dipendenze e debolezze che caratterizzano l’umanoide moderno, senza volontà e consapevolezza.
Il lavacro, poi, sistematico e metodico del loro corpo, si attesta a paradigma di un luridume interiore che nemmeno cento docce al giorno potranno mai detergere. Come bestie ammaestrate, girano, per ore, intorno alla loro gabbia, alla ricerca di quello spazio insperato, che metterà fine (almeno per una notte) alla commedia tragi-comica del posteggio. Tempo prezioso buttato nel cesso, dopo otto ore di lavoro sacrificate sull’altare di un’esistenza svuotata da ogni autentica gioia - unica per cazzonaggine, nella storia dell’uomo. La loro esistenza è frenetica e sudaticcia. Hanno un aspetto malato e malinconico, intervallato da schizzi improvvisi di ilarità che subito dirada, per fare posto ad uno stato depressivo cronico, più consono alla circostanza. Il loro sguardo è allucinato e smarrito in contrasto con l’abnorme numero di parole che la loro bocca è in grado di emettere, senza un vero motivo logico e comprensibile. Parlano di tutto senza dire niente. Hai fatti hanno anteposto le intenzioni, prese a prestito da qualche affabulatore televisivo o rivista di gossip. Trascorrono la loro vita fra un “gratta e sosta” e un “eco pass”. Cappuccino e cornetto farcito di marmellata, la mattina e, per pranzo, il triste e stomachevole panino vegetariano, accompagnato da una mezza acqua in bottiglia. Unico vero momento di relax dove, finalmente appagati e ristorati, si concedono ai succulenti pettegolezzi di uno fra i quotidiani più inutili e stupidi del panorama giornalistico: La Gazzetta dello Sport. E’ questo, di tutta la giornata, il momento più alto e significativo dove, il piacere di esistere, rasenta le vibrazioni dell’orgasmo sessuale.
                           
Un oceano di menzogne, dalle profondità incommensurabili, finalizzate al profitto e al privilegio, riproducono, le sabbie mobili dentro le quali, le società moderne stanno sprofondando.
Vermi aggrovigliati l’un l’altro, dentro un auto-compiacimento morboso e nauseabondo; uomini senza palle - donne senza figli - vite senza vita.
In pochi decenni, l’homo sapiens, si è trasformato in una specie di larva, molle e viscida. Mutazione degenerativa. Migliaia di anni di evoluzione buttati nel cesso - il male, lavora in discesa!
 
Quella che oggi, chiamano scienza e conoscenza, é il più estremo atto di profanazione che mai sia stato perpetrato nella storia dell’umanità.
L’uomo senza radici del ventunesimo secolo, ha demonizzato e ripudiato quello che era il suo passato, ritenendolo obsoleto, privo di dignità e poco igienico. In verità, non c’é nulla di più lercio e raccapricciante dell’uomo senza radici. Un uomo che ha chiamato libertà la licenza, furbizia l’intelligenza e civiltà la sua schiavitù. Una forma di vita che ha devastato il proprio habitat e incenerito il suo spirito – un essere schizofrenico che espianta gli organi dai suoi simili, per ricucirseli addosso - un imbecille che ingurgita le merendine della pubblicità, fatte, dice, come quelle di una volta!! - un maniaco ossessivo che sa tutto sui pesci, e tutto sui mari quando, di pesci non ce ne sono più e, ì mari, sono cloache a cielo aperto – sa tutto dei ghiacciai, quando gli stessi marciscono e si squagliano - tutto di ogni cosa, quando ogni cosa si estingue – un mentecatto che manda giocattolini miliardari su marte, in nome di qualcosa che chiama progresso, e aggiunge  “presto lo colonizzeremo”  –  un idiota che chiama conquiste le atrocità, e bombe intelligenti, le armi di distruzione di massa – un paranoico  che viola ogni principio etico e si sottopone ad interventi di chirurgia estetica, per colmare il vuoto della sua infinita solitudine – masse di poveri invasati e idolatri sottomessi ai miti dell’intrattenimento, e operai dell’Ilva di Taranto che schiattano di tumore per mille euro al mese, nella più totale indifferenza di tutti. Un Sistema che sa fare tutto, tranne ciò che serve veramente all’uomo - un Sistema cancerogeno che, da cinquant’anni, chiede soldi ai cittadini per la ricerca, e ti ammazza ancora con il cobalto, la chemio e la radio-terapia. Nessuno vuole sconfiggere il cancro. A sti prezzi!
In un tale mondo, non c’é posto per la giustizia e la libertà poiché, entrambi, possono solo germogliare al sole di quelle società, epurate da ogni potere.  
Nel frattempo, la pubblicità mente, la politica mente, la chiesa mente, la scienza mente, ì giornali mentono, e ì padri mentono ai figli, in un’orgia di relativismo parossistico dove, gli egoismi e le dipendenze, non trovano ragione, e la paura, generatrice di ogni male e di ogni dolore, ebbra di sangue, sancisce il suo trionfo.


Gianni Tirelli