venerdì 16 maggio 2014

Come smascherare le bufale d'occidente..Le donne mussulmane come pretesto. di Vanessa Rivera, scrittrice, femminista mussulmana spagnola

Domi Sbiroli ha condiviso la foto di Anita Silviano.
17 h · 
Come smascherare le bufale d'occidente...


Le donne mussulmane come pretesto.
di Vanessa Rivera, scrittrice, femminista mussulmana spagnola
Questa foto è stata pubblicata nella pagina del Britain First, un’organizzazione del Regno Unito, nazionalista di destra con pretese di supremazia razziale con il testo:
ATTENZIONE DONNE LIBERALI OCCIDENTALI
" Ragazze musulmane sono portate in catene per adempiere i matrimoni forzati”.
Fate questo esperimento: Con il mouse sulla foto, selezionate, "Ricerca questa immagine in Google” Quante notizie sui mezzi di comunicazione trovate sul fatto? Solamente note simili sui blogs o post di face book.
Se questo fosse successo realmente, le grandi reti delle comunicazioni transnazionali, soprattutto islamofobiche, come Fox News o il giornaliero anti- persone- nere –del -terzo –mondo - Daily Mai,l non avrebbero già registrato l’evento? Solo per citare alcuni siti esperti nel non perdere occasione per parlare male dell’Islam.
Allora, a cosa si riferisce la foto?
Quest’atto commemora il tempo in cui la famiglia del Profeta Muhammad, composta per lo più da donne, fu fatta prigioniera, comprese le giovani nipoti e bambine e fu obbligata a camminare incatenata per molto tempo. La storia registra e celebra il coraggio delle donne della casa del Profeta, che non si umiliarono di fronte ai loro carcerieri e preferirono questo doloroso pellegrinaggio, piuttosto che la sottomissione. Un evento, quindi, che celebra, rende visibile e ricrea il coraggio di un gruppo di donne mussulmane, è utilizzato per riprodurre stereotipi e generare risentimenti che ricadono, in larga misura, su altre donne mussulmane (che, ovviamente, “ devono essere salvate”).
Questo del Britain First non è il solo caso. Le donne musulmane sono la grande “Bufala” o inganno dell’era della comunicazione digitale. Quello che si dice su di noi, sulle reti sociali, dal femminismo tradizionale, quasi mai corrisponde a ciò che siamo, pensiamo o vogliamo esprimere.
La maggior parte delle cose che circolano sulle donne mussulmane è fatto sulla base del parere di persone, che non hanno alcun interesse ad ascoltare le nostre voci, né riconoscerci come uguali.
La nostra passività e inferiorità sono solo immaginari culturali. Noi siamo le “ vittime”, le “altre” e il “problema”di genere più strumentalizzato dell’epoca globale. Il vero conflitto è con gli stereotipi su di noi che ci rendono un oggetto e una questione discutibile.
Va detto. Sebbene gli stereotipi e le verità assunte provengano dal Patriarcato, nelle sue diverse versioni, la cosa fastidiosa è che questi cliché sono usati da altre donne, soprattutto quelle femministe con il pallino dell’attivismo cooperativistico, i cui paradigmi, lavoro e stipendio sono giustificati, mentre noi continuiamo ad apparire silenziose, sottomesse, schiavizzate dagli uomini, soffocate dal velo, incatenate a tradizioni di cui nulla sanno ma che credono di poter spiegare.
Molte “ Donne libere occidentali” hanno bisogno di queste storie fabbricate per giustificare la loro ideologia del “ Salvatore bianco” e raccontarsi la favola del “ Io sì sono libera, non come queste povere donne!” Quelle stesse che si dichiarano atee e credono, però a tutto ciò che vedono, senza analizzare o guardare più in là. Le attiviste sfidano tutto, meno i loro schemi!
Quando appaiono informazioni di questo genere, la concorrenza consiste nel vedere chi ottiene più “condivisioni” su Facebook, per erigersi a eroina del giorno, senza prendersi la briga di mettere in discussione i propri colonizzati saperi. L’unica cosa che si virilizza sono gli stereotipi. Ciò che si potenzia è la violenza simbolica e le subalternità a beneficio del vincitore di sempre: il patriarcato.
L’Imperialismo occidentale ci usa come un pretesto per invaderci. L’Islam politico ci utilizza come scusa per disciplinarci. I femminismi di stile coloniale ci usano come pretesto per aggiudicarsi fondi pubblici e guadagnare prestigio nel mercato della “Cooperazione allo Sviluppo”. La globalizzazione ingloba le ingiustizie sociali, con tutta la sua carica simbolica.
(…) L’utilizzazione delle Donne Mussulmane per creare impatto mediatico è un gioco di manipolazione patriarcale che si riproduce, principalmente, mediante altre donne (che non mettono in discussione il loro patriarcato interno) che non avvantaggia nessuna delle coinvolte.
Nessuna civiltà ha il primato della Misoginia. Oggi, tutte le donne del mondo, devono affrontare da un lato, una recrudescenza della violenza e il regresso delle conquiste dei nostri diritti; dall’altro, molte stanno alzando le loro voci per mettere in dubbio il sistema in cui vivono e la loro condizione in esso. Questo clamore per una maggiore giustizia sociale, questa resistenza alla reazione patriarcale ha molti scenari e voci: differenti e altrettanto rilevanti.
Ci sono è vere vicende atroci che accadono nei paesi con popolazione mussulmana. E’ anche vero però, che in questi stessi paesi, ci sono donne che rischiano la vita, lottando per cambiare le cose e resistendo. In questo contesto dobbiamo riconoscerci come parte dello stesso movimento variegato. Qui non si tratta di chi salva più donne o di chi è più emancipata, ma di porsi la domanda del come articoliamo gli sforzi in tutti gli ambiti per decostruire, re-significare e rispondere in modo coordinato contro la nostra oppressione a tutti i livelli: interno, domestico, comunitario,sociale, nazionale e internazionale.
A questo proposito , i social network sono uno strumento fondamentale per il cambiamento sociale, l’incontro e il posizionamento di saperi nuovi e di approcci inclusivi in tema di diritti, diversità e multiculturalismo. Anche se penso che, a volte, li sprechiamo ponendoli al servizio del Patriarcato e dei suoi stagnanti significati del femminile.
Affinché i femminismi servano davvero a qualcosa, devono avere strategie di decolonizzazione interna, forze rivoluzionarie interne; solamente così possiamo costruire un “Noi” multidimensionale, inclusivo e forte, che faciliti le azioni collettive.
Come ha detto Gloria Anzaldúa:” la lotta è sempre stata interiore e si manifesta dall’interno verso l’esterno. La consapevolezza della nostra situazione deve venire da un cambiamento interno, che inneschi trasformazioni nella società. Nulla accade nel mondo reale , a meno che non passi per prima nell’immaginario delle nostre teste”.
Il giorno in cui le mussulmane, le native, le puttane, e le trans, altre tra altre, saremo riconosciute come soggetti con capacità di potenziamento e considerate fonti legittime d’informazione ed esperienza delle nostre realtà, proveremo che, per vincere il Patriarcato, è necessario com-battere per prima la propria superbia.

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