Italia, i consumi ripartono solo nelle statistiche
Sarà pure il momento delle rivendicazioni di quanto fatto, a dispetto degli amici gufi che non passeranno un buon inverno, come ha detto Renzi all'avvio della Leopolda: eppure guardando il Paese reale, l'ottimismo del premier pare del tutto immotivato.
Anzi completamente fuori luogo, considerando che è passato solo qualche
giorno dal sucidio di un piccolo correntista che ha perso tutti i suoi
risparmi col crac di Banca Etruria; una tragedia che forse si sarebbe
evitata se le autorità competenti, Governo compreso, avessere vigilitato
di più. Ma Renzi gongola mentre partono i lavori della kermesse
fiorentina, si autoincensa persino di fronte ai dati appena emessi
dall'Eurostat, secondo cui nel 2014 l'Italia — insieme a Cipro — ha
registrato nell'UE il maggior calo dei consumi procapite, misurati
in Standard di potere d'acquisto (Spp). Nello stesso periodo è sceso
anche il Pil procapite, e questo è il dato più preoccupante perchè le
Leggi di Stabilità renziane, invece della tanto decantata
ridistribuzione sociale, stanno impoverendo i cittadini. Forse per Renzi
sono gufi pure quelli dell'Eurostat, chissà. Tanto il nostro giovane e
volenteroso premier si è guardato bene dal commentarne i dati,
limitandosi a snocciolare quelli nazionali, quelli di fiducia. Per
carità, non critichiamo l'Istat in sè, ma se si vuole effettuare la due
diligence per conoscere lo stato di salute di un'azienda di solito ci si
affida a terzi, non a enti stipendiati e nominati da quella stessa
azienda.
Ma una volta tanto Renzi dice la verità: alla Leopolda ha dichiarato che è giunto il momento della propaganda. Una
battuta provocatoria o un'esplicita ammissione? Comunque il nostro tace
anche sul Financial Times, sulle cui pagine l'economista
tedesco Wolfgang Munchau demolisce le politiche del Governo italiano
bollandole come "posizioni confuse".
Uno tsunami finanziario sta per travolgere
l'Italia e il governo Renzi non è attrezzato per reggere l'onda
devastante della nuova crisi. Per questo, l'Italia è destinata a uscire
dall'euro, con tutto quello che ne consegue. Ecco le ragioni per cui ciò
accadrebbe: i dati sul Pil, innanzitutto, poi la mancata
ristrutturazione del sistema bancario con i crediti deteriorati ormai il
10% del totale e molti istituti piccoli o medi di fatto insolventi e la
prospettiva di uno scarsissimo sostegno alla crescita da parte delle
stesse banche. Terzo punto, le scelte di politica fiscale di Renzi. E
ancora: La crescita del terzo trimestre inferiore alle attese dimostra
che la crisi di Cina e Paesi emergenti ha già iniziato a far sentire i
suoi gravissimi effetti.
Intermittenti segnali positivi si rintracciano solo nelle statistiche
fatte in casa. Facciamo fatica a capire la scelta comunicativa del
premier; se è vero che le elezioni amministrative della primavera 2016
si avvicinano, è anche vero che il rallentamento della ripresa
internazionale dovrebbe far scattare un segnale d'allarme prima che sia
troppo tardi. Se qualcuno avesse il dubbio che l'articolo del Financial
Times sia stato suggerito da Germania e Gran Bretagna per bacchettare
Renzi dopo che ha messo in discussione il proseguio delle sanzioni
anti-russe, sappia che così non è: infatti, il pezzo è uscito prima del
cambio di strategia del presidente del Consiglio rispetto ai rapporti
con la Russia. Ed è buffo che la bastonata arrivi da un giornale che il
Partito Democratico ha sempre portato ad esempio per abbattere i suoi
avversari politici, Berlusconi in primis. Questo fatto dovrebbe scuotere
molte coscienze. Una l'ha smossa, quella della Camusso, guida della
Cgil, che ha detto:
Tutti abbiamo di fronte il fatto che la ripresa
nel nostro Paese è stata prevalentemente determinata dai cosiddetti
fattori esogeni e non da una ripresa significativa degli investimenti e
dell'occupazione nel nostro Paese. Abbiamo un andamento che subisce
tutte le fluttuazioni di ciò che c'è intorno. E subirà anche i
contraccolpi di una nuova stagione molto complicata, con grandi paure
come quelle dopo i fatti di terrorismo. E riporta alla solita domanda:
quando il Governo deciderà di avere una politica economica che si
concentri su investimenti e occupazione? E quindi produce risposte
positive. Oggi non ci sono.
E per convincersi che l'attuale dirigenza politica del Belpaese vive
in una realtà parallela, si sentano le altre dichiarazioni arrivate
dalla Leopolda:
Essere di sinistra non significa parlare di
lavoro, ma creare lavoro e il lavoro lo creano le riforme. Con il Jobs
Act il vento comincia a girare.
In queste parole, che non è difficile attribuire al premier, si
scorge il limite della classe politica: il lavoro non lo creano le
riforme sul lavoro, ma quelle sul sistema fiscale, sul sistema
giudiziario, sul sistema bancario, sull'istruzione e sulla formazione.
Tutti campi dove — al netto della propaganda di cui il leader del Pd è
maestro, come egli stesso palesa — non si è visto alcun cambio di
marcia, anzi. Perciò è impossibile non provare angoscia quando si guarda
al futuro dell'Italia.
Nessun commento:
Posta un commento