(17 Dicembre 2015)
Sabato 19 dicembre, nella sede di Schio del
Partito Comunista Internazionale, Via Porta di Sotto 43, si terrà una
riunione pubblica per esporre e discutere il recente lavoro (pubblicato sul sito) dal titolo 'Chaos Imperium'.
Le righe che seguono sono tratte dalla prefazione del suddetto lavoro.
Le righe che seguono sono tratte dalla prefazione del suddetto lavoro.
Prefazione
Il presente lavoro continua ad approfondire l'analisi delle dinamiche capitalistiche iniziata soprattutto nei due testi 'Is, stato islamico e politica americana del caos' e 'Dalla guerra come difesa e offesa, alla guerra come sterminio di forza-lavoro in eccesso'. Dopo la pubblicazione di questi due testi, nel 2014, abbiamo saltuariamente ripreso a scrivere
sull'argomento, sotto la spinta di vicende a tutti note (Ucraina, Siria...), tentando di cogliere gli elementi di causa invariante nel divenire dei fenomeni osservati. Ad una prima lettura i conflitti armati fra frazioni territoriali e le correlate disgregazioni di stati nazionali sono riconducibili a dinamiche interne ed esterne alle aree socio-economiche in cui si svolgono, cioè sono imputabili a lotte economiche interne alle singole borghesie nazionali, e anche,
in modo non secondario, all'intervento di centri capitalistici internazionali per la difesa e l'ampliamento dei propri interessi. La fase congiunturale attraversata dall'economia capitalistica globale intensifica gli attriti fra i 'fratelli coltelli' borghesi, e di conseguenza incrementa le tendenze allo scontro armato diretto fra le bande di parassiti che si contendono il bottino di plus-valore prodotto dai servi salariati. Nulla di nuovo sotto il sole si dirà, già Lenin nel 1916 aveva affrontato queste tematiche nel testo 'Imperialismo fase suprema del capitalismo'. Ebbene ci
accingiamo proprio a rileggere il
testo di Lenin, confrontando i dati numerici in esso contenuti con le
statistiche relative alle maggiori aziende multinazionali dei nostri
giorni. Vedremo come i processi di centralizzazione del capitale nel
settore industriale, commerciale e bancario-finanziario sono proseguiti
senza sosta, pur smentendo le previsioni di Hilferding sulla fine della
concorrenza fra capitali, e a maggior ragione le teorie sul
super-imperialismo di Kautsky. A proposito di questo ultimo argomento
dobbiamo constatare che nonostante tutto, cioè nonostante le controprove
fattuali storicamente documentabili, una certa parte di marxisti
'creativi' dei nostri giorni continua a baloccarsi con le teorie
dell'imperialismo unico egemone (alias impero americano). Anche per
confutare tali visioni distorte del divenire del modo di produzione
capitalistico cercheremo di riprendere i contenuti della polemica di
Lenin con Kautsky, mostrando come i dati geopolitici ed economici
contemporanei smentiscano più di prima l'ipotesi del cosiddetto
super-imperialismo, e in definitiva, quindi, smentiscano l'ipotesi
correlata di un passaggio graduale e automatico da un certo sistema
socioeconomico (capitalista) al suo opposto (socialista). Quando
parliamo di imperialismo non dobbiamo pensare a un fenomeno distaccato
dalle vicende generali della dinamica dei rapporti fra struttura
economica e sovrastruttura politica capitalistiche, viceversa andremo a
verificare, nel corso della nostra trattazione, proprio le concrete
interconnessione fra i due piani. La politica degli stati borghesi, o
meglio ancora, delle alleanze di stati espressione di blocchi
convergenti di interessi geo-economici, sono lo strumento attraverso cui
si realizza la spartizione conflittuale del bottino di plusvalore e la
correlata penetrazione degli investimenti di capitale delle imprese
multinazionali sui mercati globali.
Il presente lavoro continua ad approfondire l'analisi delle dinamiche capitalistiche iniziata soprattutto nei due testi 'Is, stato islamico e politica americana del caos' e 'Dalla guerra come difesa e offesa, alla guerra come sterminio di forza-lavoro in eccesso'. Dopo la pubblicazione di questi due testi, nel 2014, abbiamo saltuariamente ripreso a scrivere
sull'argomento, sotto la spinta di vicende a tutti note (Ucraina, Siria...), tentando di cogliere gli elementi di causa invariante nel divenire dei fenomeni osservati. Ad una prima lettura i conflitti armati fra frazioni territoriali e le correlate disgregazioni di stati nazionali sono riconducibili a dinamiche interne ed esterne alle aree socio-economiche in cui si svolgono, cioè sono imputabili a lotte economiche interne alle singole borghesie nazionali, e anche,
in modo non secondario, all'intervento di centri capitalistici internazionali per la difesa e l'ampliamento dei propri interessi. La fase congiunturale attraversata dall'economia capitalistica globale intensifica gli attriti fra i 'fratelli coltelli' borghesi, e di conseguenza incrementa le tendenze allo scontro armato diretto fra le bande di parassiti che si contendono il bottino di plus-valore prodotto dai servi salariati. Nulla di nuovo sotto il sole si dirà, già Lenin nel 1916 aveva affrontato queste tematiche nel testo 'Imperialismo fase suprema del capitalismo'. Ebbene ci
Nel corso della trattazione affronteremo anche il problema dei nuovi strumenti di intervento economico-monetario messi in cantiere da Russia e Cina, il peso dello YUAN, e il rimescolamento delle alleanze fra i vari attori/giocatori presenti sullo scacchiere internazionale. L'imperialismo dei nostri giorni è una modalità di realizzazione dell'economia capitalistica che a un certo grado di sviluppo e di centralizzazione dei capitali investiti, per ottenere la valorizzazione del capitale (principalmente nel settore finanziario-bancario e industriale) è costretta a cercare sbocchi di rapina di risorse energetiche e forza-lavoro al di fuori delle aree economiche di crescita 'native'. Tuttavia, come dimostrato nel testo 'Dalla guerra come difesa e offesa, alla guerra come sterminio di forza-lavoro in eccesso', la caduta storica, tendenziale, del saggio di profitto,determinata dalla variazione nella composizione tecnica del capitale aziendale (variazione a favore della parte costante, e a discapito della parte variabile) produce infine le condizioni potenziali per alcuni successivi sviluppi che dovremo inevitabilmente affrontare (crisi economiche, esigenza di distruzione di capitale tecnico e umano in eccesso, conflitti inter-imperialistici, distruzione quotidiana di 'capitale vivo' attraverso le malattie, la fame e in generale le nocive condizioni di vita derivate dal capitalismo). In modo particolare i conflitti inter-imperialistici per il controllo di vaste risorse energetiche e lo sfruttamento di forza-lavoro a buon mercato (il bottino di plus-valore) diventano molto virulenti in questa fase, e in presenza di processi di declino delle precedenti posizioni di forza di uno degli attori internazionali - blocchi economico-militari di interessi sovra-nazionali – si sviluppa il fenomeno reattivo della politica del caos.
Abbiamo già descritto questo fenomeno (ad esempio in 'ISIS e politica americana del caos'), individuando nella strategia della 'terra bruciata', tipica degli eserciti in ritirata, il tratto saliente dell'azione politico-militare del blocco capitalistico che ruota intorno al colosso americano, mirante innanzitutto a rallentare e danneggiare l'avanzata del blocco avversario. In medio oriente (Siria,Iraq, Libia...) osserviamo gli sviluppi di questa politica in termini di partecipazione alla disgregazione degli stati nazionali/centrali preesistenti, e nei successivi tentativi di condizionamento delle milizie territoriali (generalmente caratterizzate da una ideologia religioso/fondamentalista) in cui si frammenta e riversa, più o meno intatta, l'energia di dominio (politico-militare) delle rispettive borghesie arabe. Un Chaos Imperium, da intendere come finanziamento, addestramento e utilizzazione dissimulata di una parte delle forze emerse dai precedenti processi disgregativi degli stati centrali/nazionali, al fine principale di preservare in qualche modo il controllo delle risorse energetiche e delle loro vie di trasferimento e commercializzazione.
Partito Comunista Internazionale - Schio
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