mercoledì 17 marzo 2010

CHI SI ONORA DI STARE SOTTO L'OMBRELLO DELLA - N A T O,- SI RENDE PARTECIPE DI QUESTO SCHIFO !


I M P E R I A L I S M O--E--D I N T O R N I

Il sito internet noto per la pubblicazione di documentazioni riservate rende noto un rapporto del 2008 stilato dal Pentagono che ne pianificava la soppressione

La pubblicazione di documentazioni riservate che accertino l'uso di armi chimiche da parte dell'esercito statunitense in Iraq dev'essere considerato una violazione del segreto militare o l'espressione della libertà d'informazione? Dalla risposta a questa domanda dipendono le sorti di Wikileaks un sito internet famoso per editare fascicoli confidenziali, volti a far luce sugli illeciti commessi dai governi o dalle organizzazioni criminali operanti a livello internazionale. La filosofia del "non ci sono segreti" costituisce, insieme a quella che consente a chiunque di pubblicare una storia, l'ossatura di Wikileaks. Il progetto è stato fondato nel 2007 da dissidenti cinesi, giornalisti, matematici e tecnici provenienti da Stati Uniti, Cina, Taiwan, Europa, Australia e Sud Africa. Lo spirito che muove i giornalisti che attualmente vi lavorano è sancito nello stesso statuto dell'organizzazione che si pone come primo obiettivo quello di "esporre le pratiche non etiche, i comportamenti illegali, le irregolarità all'interno dei gruppi corrotti e dei regimi oppressivi in Asia, nei paesi dell'ex blocco sovietico, in Africa sub-sahariana e in Medio Oriente".

Attacco dagli Usa. È svelato in un rapporto di 32 pagine stilato dal controspionaggio statunitense che già dal 2008 studiava il fenomeno Wikileaks nel tentativo di porvi fine. Il dettaglio dei carteggi pubblicati sul portale giornalistico ha fatto credere agli 007 del Pentagono che non sia da escludere, si legge nel rapporto, "la possibilità che gli attuali dipendenti o talpe all'interno del dipartimento della Difesa, o in qualsiasi settore governativo degli Stati Uniti, forniscano informazioni riservate a Wikileaks.org". La fuga di notizie, puntualmente pubblicate dai reporter del portale, è valsa agli stessi numerosi premi giornalistici internazionali e ha fatto scrivere al "The National" : "WikiLeaks probabilmente ha prodotto più scoop nella sua breve vita di quanto abbia fatto il Washington Post in 30 anni". Ed è forse per quest'ampio riscontro che l'intelligence Usa non ci sta e cerca, invano e da due anni, di minare l'essenza stessa del sito: la protezione delle "fonti". Julian Assange, uno dei curatori del progetto, ha infatti rivelato che "dal momento che Wikileaks usa la fiducia come un centro di gravità, proteggendo l'anonimato e l'identità dei membri e di coloro che fanno trapelare notizie, la relazione raccomanda l'identificazione, l'esposizione, il licenziamento, l'incriminazione penale e una serie di azioni legali contro gli attuali o ex informatori [che] potenzialmente potrebbero danneggiare o distruggere questo centro di gravità e di dissuadere gli altri valutando azioni di lavoro analoghe a quelle del sito web Wikileaks.org".

Scheletri nell'armadio. Sarebbero circa 1 milione e 200 mila e corrispondono al numero di protocolli segreti che lo staff di Wikileaks ha dichiarato di aver in preparazione per la pubblicazione sulle pagine del proprio sito. L'attuale rapporto dei servizi segreti ha ricordato l'esclusiva giornalistica della pubblicazione di un fascicolo di 2000 pagine stilato dal Pentagono e riportante la tabella dell'equipaggiamento militare usato dalle truppe statunitensi, e dagli alleati in Iraq. Dall'incartamento si apprendeva anche dell'autorizzazione all'uso di armi chimiche firmata dall'ex presidente George W. Bush prima dell'attacco su Baghdad nel 2003. Oltre ogni giudizio di merito sull'uso di armi chimiche la documentazione si rese famosa perchè accertava la violazione da parte degli Stati Uniti della Convenzione sulle armi chimiche sottoscritta in Gran Bretagna nel 1997. In Iraq invece gli Stati Uniti usarono - continua il rapporto che cita il fascicolo top secret - "munizioni al CS (orto-cloro-benzal-malononitrile. Gas che dopo prolungata esposizione provoca enfisema polmonare con emorragia, nausea e conati di vomito ndr), e attrezzature di distribuzione e di armi in grado di sparare gas. Nella stessa relazione gli autori hanno sostenuto che anche l'uso del fosforo bianco da parte dell'esercito degli Stati Uniti durante l'assalto del 2004 a Falluja dovrebbe essere considerato una violazione della Convenzione" .

Guantanamo. È un altro dei tabù che l'establishment statunitense ha cercato di mantenere tale. La relazione ricorda che "In un articolo scritto da Wikileaks.org [...] il 7 novembre 2007, si espongono i metodi sistematici per impedire che i prigionieri detenuti nell'impianto Joint Task Force di Guantanamo a Camp Delta di incontrare la Croce Rossa Internazionale, così come l'uso di estremo di stress psicologico come strumento di tortura contro i prigionieri. Il rilascio non autorizzato del SOP (standard operating procedures) ha spinto gli autori del post sul sito web a sostenere che il documento dimostra che l'esercito degli Stati Uniti ha torturato i detenuti a Guantanamo Bay e violato i loro diritti umani".

Conseguenze. Dopo l'ennesima fuga di notizie, quelle sul rapporto appunto, sembrerebbe ormai difficile per il Pentagono azzardare un colpo di spugna e oscurare WikiLeaks senza che ciò si ripercuota sull'immagine democratica dell'attuale amministrazione statale. Già Cina, Israele, Nord Corea, Russia, Thailandia e Zimbawe hanno bloccato l'accesso al portale avanzando il loro diritto a indagare e perseguire la testata informativa. Il 14 febbraio del 2008 un giudice californiano aveva apposto i sigilli al sito dopo aver accolto una denuncia della banca svizzera Julius Baer coinvolta, secondo quanto denunciato da Wikileaks, in un affare di evasione fiscale e riciclaggio di denaro sporco. Dopo due settimane e un ricorso in appello i giornalisti del portale erano di nuovo all'opera. Oggi, a tre anni dalla sua fondazione, sembra che l'unico pericolo per il portale sia costituito da una mancanza di finanziamenti. La cifra necessaria alla sopravvivenza è di 600mila dollari - 200mila senza giornalisti - e fino ad ora la raccolta fondi via internet ha portato solo 130 mila dollari nelle casse del giornale. A chi gli chiede perchè non chiedano finanziamenti pubblici editori e responsabili rispondono che è necessario mantenere l'indipendenza economica dagli Stati per evitare ogni ingerenza nel proprio lavoro.

Antonio Marafioti



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