venerdì 17 settembre 2010
PoLiTiCiZZa Le TuE iNQUiETuDiNI! iNQUiETeRAi i PoLiTiCaNTi!
*RaDiO CoNTRo*
Luciano Vasapollo è un caro amico de La SCiNTiLLA e di RaDiO CoNTRO. Intellettuale Militante Marxista. Professore di Economia Applicata della Facoltà di Filosofia all’Università La Sapienza di Roma. È Direttore della Rivista NuestrAmerica e dirigente della Rete dei Comunisti. Collabora attivamente con il Governo di Cuba e con la Repubblica Bolivariana del Venezuela.
In questi giorni Luciano era presente in qualità di Osservatore Internazionale alle elezioni Boliviane concluse con il trionfo delle Forze Rivoluzionarie. Il MAS (Movimento al Socialismo) partito guidato da Evo Morales ha preso, da solo, il 62% dei Voti. Abbiamo deciso di fargli qualche domanda anche a nome dei nostri lettori e simpatizzanti.
- Ciao Luciano, iniziamo subito parlando della Sinistra in Italia e in Europa e della relazione tra questa e la stagione rivoluzionaria che sta attraversando l'America Latina.In questi giorni Luciano era presente in qualità di Osservatore Internazionale alle elezioni Boliviane concluse con il trionfo delle Forze Rivoluzionarie. Il MAS (Movimento al Socialismo) partito guidato da Evo Morales ha preso, da solo, il 62% dei Voti. Abbiamo deciso di fargli qualche domanda anche a nome dei nostri lettori e simpatizzanti.
Sento una grande tristezza a parlare di questo tema, perché il marxismo teorico italiano e il ruolo del Partito Comunista Italiano (PCI) sono stati determinanti in Italia e nel mondo, riferimento forte per il movimento operaio internazionale, grazie allo sforzo di grandi teorici intellettuali organici, a partire da Gramsci.Fino alla fine degli anni ’70 esisteva in Italia un movimento operaio molto forte e un Partito Comunista che era il più grande d’Occidente, con il 35% dell’elettorato e un gran numero di organizzazioni comuniste di classe e rivoluzionarie , e un movimento sindacale storico che agiva nella e per la classe Ma tutto questo ha cessato di esistere circa trenta anni fa, a causa di una trasformazione lenta, graduale però definitiva del PCI e del movimento sindacale italiano, che è passato dall’essere un partito e un sindacato di classe,di lotta, a un partito e a un sindacato concertativo, consociativo, d’accordo con il neoliberismo e con l’impostazione socio-economica della destra.
Molte persone pensano che in Europa esista una sinistra matura e pronta a capire i processi rivoluzionari che stanno avvenendo in America Latina. Però non è così. La sinistra europea non esiste, è sparita. Oggi la sinistra europea è moderata, neoliberale e conservatrice; solo in alcuni casi può ancora al massimo definirsi riformista. Non ha idea del cambiamento o della trasformazione, ha rinunciato a lavorare politicamente verso l’orizzonte del superamento del capitalismo. E, attenzione, non stiamo parlando della destra, sono gli stessi dirigenti ma anche uomini di base della sinistra europea,che facendo riferimento a questi processi latinoamericani, parlano di dittatura, di democrazia limitata, di nazionalismo, di populismo, di mancanza di democrazia, perché l’idea è sempre eurocentrica. Ciò che si pensa in Europa deve essere pensato in Bolivia e nel resto del mondo. Esiste solo la democrazia europea come modello.
Perché i partiti della sinistra europea non trattano l’argomento in modo corretto? Quando parlano di Cuba affermano l’esistenza di uno Stato dittatoriale, la stessa cosa vale per il Venezuela e la Bolivia i cui processi politico-sociali vengono definiti nazional-populisti e non democratici. Lo fanno perché ormai in Europa le distinzioni politiche di fondo tra destra e sinistra sono quasi impercettibili.
Quando si parla di queste democrazie partecipative ci si aspetta rispetto, ma i partiti della sinistra europea lo rifiutano.L’unica condizione per capire questi processi è viverli, stare qui, rispettarli e non condizionarli. È doveroso rispettare l’autodeterminazione popolare e farla finita con la visione occidentale ed eurocentrica. È ora di dirlo: la sinistra europea non può insegnare nulla a Cuba, al Venezuela e alla Bolivia. Se prestasse attenzione a questi processi potrà rialzarsi una sinistra rivoluzionaria e di classe con una nuova prospettiva in Europa.
- Ma perchè quanto di straordinario sta avvenendo in America Latina non viene capito dalla sinistra italiana?
Non è che non viene capito, è che non si vuole capire. La politica è lotta, è sacrificio; significa mettersi a disposizione del popolo e avere coscienza di dover vivere momenti di forte contraddizione anche nella tua vita personale, è vivere per la e nella continua resistenza. Il problema della sinistra europea non è un problema di tattica, perché se fosse questo si potrebbe discutere, affrontarla la contraddizione nella tattica, indirizzarla e cambiarla. Il problema è che la strategia complessiva del cambiamento radicale e della transizione in grado di farci superare il capitalismo non esiste più nelle diverse sinistre europee, poiché la politica è diventata pratica di interessi giochi personali di potere, ossia mera gestione del denaro, dei favori elettoralistici e dei posti dirigenziali per il dominio sociale.
Non è che non viene capito, è che non si vuole capire. La politica è lotta, è sacrificio; significa mettersi a disposizione del popolo e avere coscienza di dover vivere momenti di forte contraddizione anche nella tua vita personale, è vivere per la e nella continua resistenza. Il problema della sinistra europea non è un problema di tattica, perché se fosse questo si potrebbe discutere, affrontarla la contraddizione nella tattica, indirizzarla e cambiarla. Il problema è che la strategia complessiva del cambiamento radicale e della transizione in grado di farci superare il capitalismo non esiste più nelle diverse sinistre europee, poiché la politica è diventata pratica di interessi giochi personali di potere, ossia mera gestione del denaro, dei favori elettoralistici e dei posti dirigenziali per il dominio sociale.
Quando le imprese e la destra hanno cooptato la sinistra offrendogli di detenere i luoghi di potere – creando così condizioni di favore personale nella gestione della società del capitale – è iniziata, in modo assai lenta, una visione differente da quella socialista rivoluzionaria, per approdare alle compatibilità di gestione della società capitalista con la concertazione e la pratica consociativa.
In Italia all’idea forte del comunismo e di forzare l’orizzonte della transizione al socialismo si è preferito dare vita ad una nuova concezione politica: l’accettazione del sistema capitalista in modo consociativo, abolendo così dal suo programma politico la conquista del socialismo attraverso la lotta di classe. Tutto ciò ha fatto sì che i comunisti che erano la forza politicamente e culturalmente egemone nella società e , che prima raggiungevano, come abbiamo visto, anche il 35% dei voti nelle elezioni, attualmente contano a mala pena il 3% dell’elettorato.
Quando il neoliberismo crea le condizioni, con la complicità di cogestione assunta a modello dalla sinistra e dal sindacato storico, dell’assenza di un’opposizione forte, può intraprendere manovre politiche senza trovare nessun ostacolo, come ad esempio, tagliare la spesa pubblica per la scuola e la sanità, decurtare gli stipendi e portare avanti l’assurdità del lavoro precario e della precarietà del vivere sociale. Sotto questi aspetti la sinistra europea moderata e cosiddetta radicale si è comportata nello stesso modo della destra. Dal 1990, in Italia, i governi di centro-sinistra – non stiamo assolutamente parlando quindi solo dei governi Berlusconi – sono stati i primi ad accettare anzi a proporre e legiferare per il lavoro precario, la privatizzazione della sanità, lo sviluppo dei fondi pensione e lo smantellamento della scuola pubblica. Il processo neoliberista in Italia non lo ha cominciato Berlusconi ma il governo Prodi negli anni ‘90. La Legge Treu, che ha destabilizzato e destrutturato totalmente il mondo del lavoro, è stata appunto approvata dal governo di centro-sinistra dell’onorevole Prodi. La prima forma di privatizzazione dell’istruzione universitaria è stata fatta dalla sinistra. In Europa, l’Italia è stato punto di riferimento per gli altri paesi a intraprendere questi percorsi liberisti e contro gli interessi dei lavoratori.
Un altro dato importante, a questo proposito, è il fatto che, sia in Francia che in Spagna, così come in Italia, in pratica non esistono più i partiti comunisti e ciò che rimane è nel migliore dei casi riformista e compatibile con il sistema del capitale e stiamo parlando di tre partiti che avevano una forza e un consenso popolare molto ampio.
Quando il neoliberismo crea le condizioni, con la complicità di cogestione assunta a modello dalla sinistra e dal sindacato storico, dell’assenza di un’opposizione forte, può intraprendere manovre politiche senza trovare nessun ostacolo, come ad esempio, tagliare la spesa pubblica per la scuola e la sanità, decurtare gli stipendi e portare avanti l’assurdità del lavoro precario e della precarietà del vivere sociale. Sotto questi aspetti la sinistra europea moderata e cosiddetta radicale si è comportata nello stesso modo della destra. Dal 1990, in Italia, i governi di centro-sinistra – non stiamo assolutamente parlando quindi solo dei governi Berlusconi – sono stati i primi ad accettare anzi a proporre e legiferare per il lavoro precario, la privatizzazione della sanità, lo sviluppo dei fondi pensione e lo smantellamento della scuola pubblica. Il processo neoliberista in Italia non lo ha cominciato Berlusconi ma il governo Prodi negli anni ‘90. La Legge Treu, che ha destabilizzato e destrutturato totalmente il mondo del lavoro, è stata appunto approvata dal governo di centro-sinistra dell’onorevole Prodi. La prima forma di privatizzazione dell’istruzione universitaria è stata fatta dalla sinistra. In Europa, l’Italia è stato punto di riferimento per gli altri paesi a intraprendere questi percorsi liberisti e contro gli interessi dei lavoratori.
Un altro dato importante, a questo proposito, è il fatto che, sia in Francia che in Spagna, così come in Italia, in pratica non esistono più i partiti comunisti e ciò che rimane è nel migliore dei casi riformista e compatibile con il sistema del capitale e stiamo parlando di tre partiti che avevano una forza e un consenso popolare molto ampio.
- Luciano, per concludere, parlaci dell'Università e dello stato della scuola in Italia.
In questo momento in Italia la scuola e l'università stanno soffrendo per l’involuzione della cultura e dell’accademia europea, e non solo per sua colpa, poiché, in questo periodo di neoliberismo anche sul piano dei saperi, tutte le università hanno adottato una cultura tecnicista e informatica che fa perdere la tradizione culturale, storica,la centralità della formazione a carattere sociale e politico, la distruzione del ruolo centrale formativo delle materie classiche e quelle umanistiche, ormai rimpiazzate dall’informatica e dai modelli matematici, senza spiegare agli studenti il significato sociale ed economico a cui porta ciascuno dei suddetti modelli. Per questo penso che l’università pubblica debba dare allo studente una visione completa ad esempio delle scuole economiche del capitalismo – la scuola ricardiana, keynesiana, liberale, neoliberale, - ma dare il giusto peso anche ai metodi scientifici di impostazione marxista , lo studio dell’economia alternativa che proviene dalle popolazioni indigene originarie, di tutto quello che è avvenuto in America Latina negli ultimi 50 anni, dalla Rivoluzione cubana ai suoi modelli di pianificazione economica, alla Bolivia, al Venezuela, fino al progetto dell’ALBA, perché così si potrà dare ai professori e agli studenti europei una visione di un mondo differente che agisce e costruisce la sua via autodeterminata al socialismo in una transizione che va abbandonando il capitalismo distruggendo le sue diseguaglianze e nefandezze.
In questo momento in Italia la scuola e l'università stanno soffrendo per l’involuzione della cultura e dell’accademia europea, e non solo per sua colpa, poiché, in questo periodo di neoliberismo anche sul piano dei saperi, tutte le università hanno adottato una cultura tecnicista e informatica che fa perdere la tradizione culturale, storica,la centralità della formazione a carattere sociale e politico, la distruzione del ruolo centrale formativo delle materie classiche e quelle umanistiche, ormai rimpiazzate dall’informatica e dai modelli matematici, senza spiegare agli studenti il significato sociale ed economico a cui porta ciascuno dei suddetti modelli. Per questo penso che l’università pubblica debba dare allo studente una visione completa ad esempio delle scuole economiche del capitalismo – la scuola ricardiana, keynesiana, liberale, neoliberale, - ma dare il giusto peso anche ai metodi scientifici di impostazione marxista , lo studio dell’economia alternativa che proviene dalle popolazioni indigene originarie, di tutto quello che è avvenuto in America Latina negli ultimi 50 anni, dalla Rivoluzione cubana ai suoi modelli di pianificazione economica, alla Bolivia, al Venezuela, fino al progetto dell’ALBA, perché così si potrà dare ai professori e agli studenti europei una visione di un mondo differente che agisce e costruisce la sua via autodeterminata al socialismo in una transizione che va abbandonando il capitalismo distruggendo le sue diseguaglianze e nefandezze.
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