A Drug War Against the Sick di Richard Brookhiser, giornalista
Nel 1992 mi fu diagnosticato un tumore ai testicoli. Iniziai una chemioterapia che prevedeva il ricovero in ospedale per cicli di cinque giorni, una volta al mese, per quattro mesi. Giunto a metà del trattamento notai che lo Zofran, un farmaco prescrittomi per combattere la nausea, iniziava a non farmi più effetto. Nel prosieguo della chemioterapia la marijuana mi è stata di grande aiuto per riuscire a non trascorrere le mie giornate con la testa dentro la tazza del cesso.
Nessuno dei medici dell'ospedale presso cui andavo per la terapia (New York University Medical Center) o per i controlli (Memorial Sloan-Kettering) mi scoraggiò dall'usare marijuana in caso di necessità. Molti mi confermavano di avere avuto pazienti che avevano tratto beneficio dal suo uso, anche quando altri farmaci non erano stati efficaci. Ma nessuno di essi potè prescrivermela, poichè usare marijuana era - e rimane tuttora - un crimine, nonostante i risultati di una mezza dozzina di referendum ne richiedano, dal 1992, la legalizzazione per l'uso medico. Le leggi federali perseguono ancora la marijuana altrettanto severamente che l'eroina.
Non che io sia stato realmente a rischio di arresto. Come membro della elite dei media, non risultavo un verosimile bersaglio di una operazione antidroga, e vivendo a Manhattan, potevo comprare facilmente ciò di cui avevo bisogno, sotto la copertura dell'anonimato urbano. Ma persone appartenenti a categorie meno privilegiate, o di differenti aree urbane, possono "passare guai" se comprano o coltivano marijuana per scopi medici. Una legge che non è uguale per tutti è una cattiva legge.
I rapporti degli esperti sollevano serie perplessità sulla tossicità del fumo di marijuana. Ma molte medicine sono tossiche. La domanda rilevante è: tossico rispetto a che cosa? I farmaci chemioterapici sono estremamente 'pericolosi'; e così pure la radioterapia; e i cocktails farmacologici impiegati nella cura dell' AIDS. Un malato di AIDS, a fronte del rischio di morte per denutrizione, potrebbe anche accettare di correre invece il rischio di un qualche danno ai suoi polmoni. Sarebbero opportuni ulteriori studi su vie di somministrazione alternative, tipo inalatori e 'cerotti'. Ma nel frattempo ci sono delle persone malate che potrebbero trarne giovamento immediato.
I sostenitori della war on drugs temono che riconoscere l'efficacia terapeutica della marijuana possa costituire un cattivo esempio. Ma allora perchè non fare lo stesso discorso per la morfina? Il rischio di indurre cattive abitudini nei pazienti è davvero trascurabile. Usare la marijuana per scopi medici, legando quindi l'esperienza della pianta agli odori ospedalieri e alle fleboclisi, potrebbe anzi avere effetti dissuasivi.
Quando l'utilizzo terapeutico della marijuana è stato messo ai voti, ha ottenuto il consenso degli elettori. I sostenitori andavano dai rainwater liberals dell' Oregon ai cowboy libertarians dell' Arizona. Scopriremo probabilmente che anche il District of Columbia ha approvato l'iniziativa nello scorso autunno, se il Congresso consentirà che i voti siano scrutinati. Su questo tema i votanti hanno dimostrato di essere più maturi della classe politica.
Per ovvie ragioni, su questo tema non si è avuta alcuna presa di posizione da parte del presidente Clinton, che iniziò la sua carriera di "bugie evasive" raccontandoci di aver fumato erba, ma senza inalare. Anche i Repubblicani conservatori, a me politicamente vicini, si sono dimostrati tenaci nemici. Hanno attaccato duramente il piano per la salute pubblica promosso da Hillary Clinton perchè questo si sarebbe frapposto tra i pazienti e i medici, e tuttavia sostengono il Generale Barry R.McCaffrey e l'Office of National Drug Control Policy quando fanno esattamente la stessa cosa. Il sostegno all'uso terapeutico della marijuana non è una eccezione ai principi conservatori, ma una loro estensione.
La mia chemioterapia ha funzionato, ed io non ho più fumato per tutto il periodo dell'amministrazione Clinton. Ma se dovessi averne nuovamente bisogno, mi piacerebbe poterlo fare senza correre il rischio aggiuntivo di dover violare la legge.
tratto dal New York Times del 22.3.99
si ringrazia Bernardo Parrella per la segnalazione |
mercoledì 1 febbraio 2012
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