La cannabis per uso medico blocca i processi degenerativi dei neuroni
Ormai da diversi anni ricercatori e medici discutono sul possibile uso della canapa indiana e dei suoi derivati per scopi terapeutici in diverse patologie neurologiche come, ad esempio la sclerosi multipla ed i traumi cranici e del midollo spinale.
Nonostante le evidenze cliniche, tuttavia, non sono stati adeguatamente chiariti i meccanismi attraverso cui i principi attivi contenuti nella Cannabis svolgano un’azione neuroprotettiva. Nuova luce sulle effettive capacità terapeutiche di questa sostanza e dei meccanismi su cui agisce arriva da uno studio, di matrice italiana, pubblicato di recente su The Journal of Neuroscience, rivista ufficiale della Società Americana di Neuroscienze. Lo studio ha permesso di distinguere, per la prima volta, gli effetti psicotropi della Cannabis dall’azione neuroprotettiva che essa può svolgere. Da tempo si sa che le conseguenze psichiche dell’uso di cannabinoidi sono prevalentemente legate ad uno specifico recettore: il recettore cannabico di tipo 1. In presenza di danno cerebrale, tuttavia, i neuroni sono in grado di esprimere anche un secondo recettore, non presente in condizioni di normalità: il recettore cannabico di tipo 2.
La ricerca della Fondazione Santa Lucia di Roma, in collaborazione con l’Università di Teramo, ha dimostrato che stimolando questo secondo recettore si induce un aumento della sopravvivenza neuronale.
Lo studio, coordinato da Marco Molinari e da Mauro Maccarrone, si è avvalso di avanzate tecniche di biochimica, neuromorfologia funzionale in microscopia confocale, test farmacologici e valutazione comportamentale del recupero nel modello animale dopo un danno al sistema nervoso centrale. Un nuovo ed importante passo avanti è stato compiuto rispetto agli studi precedenti che miravano ad indagare l’efficacia del ricorso alla canapa indiana in ambito medico. Le nuove informazioni scientifiche, infatti, potrebbero contribuire all’individuazione di farmaci che siano in grado di stimolare l’azione neuroprotettiva evitando contemporaneamente gli effetti psicotropi e dannosi.
Si aprono così interessanti prospettive in ambito clinico per il trattamento di patologie a grande diffusione, come ictus e sclerosi multipla, con approcci farmacologici capaci di bloccare anche i processi degenerativi secondari ad eventi traumatici del cervello e del midollo spinale. In particolare, i ricercatori hanno evidenziato che, a seguito di una lesione cerebrale, i neuroni del Sistema Nervoso Centrale danneggiati in modo diretto nella struttura di trasmissione delle informazioni, denominata assone, sono in grado di esprimere il recettore cannabico di tipo 2. Lo studio italiano ha fornito la prima dimostrazione che la stimolazione selettiva di questo recettore, ad opera di derivati della canapa indiana, permette di bloccare i processi degenerativi delle cellule neuronali innescati da una lesione cerebrale o midollare, migliorando significativamente i recupero neurologico.
Nonostante le evidenze cliniche, tuttavia, non sono stati adeguatamente chiariti i meccanismi attraverso cui i principi attivi contenuti nella Cannabis svolgano un’azione neuroprotettiva. Nuova luce sulle effettive capacità terapeutiche di questa sostanza e dei meccanismi su cui agisce arriva da uno studio, di matrice italiana, pubblicato di recente su The Journal of Neuroscience, rivista ufficiale della Società Americana di Neuroscienze. Lo studio ha permesso di distinguere, per la prima volta, gli effetti psicotropi della Cannabis dall’azione neuroprotettiva che essa può svolgere. Da tempo si sa che le conseguenze psichiche dell’uso di cannabinoidi sono prevalentemente legate ad uno specifico recettore: il recettore cannabico di tipo 1. In presenza di danno cerebrale, tuttavia, i neuroni sono in grado di esprimere anche un secondo recettore, non presente in condizioni di normalità: il recettore cannabico di tipo 2.
La ricerca della Fondazione Santa Lucia di Roma, in collaborazione con l’Università di Teramo, ha dimostrato che stimolando questo secondo recettore si induce un aumento della sopravvivenza neuronale.
Lo studio, coordinato da Marco Molinari e da Mauro Maccarrone, si è avvalso di avanzate tecniche di biochimica, neuromorfologia funzionale in microscopia confocale, test farmacologici e valutazione comportamentale del recupero nel modello animale dopo un danno al sistema nervoso centrale. Un nuovo ed importante passo avanti è stato compiuto rispetto agli studi precedenti che miravano ad indagare l’efficacia del ricorso alla canapa indiana in ambito medico. Le nuove informazioni scientifiche, infatti, potrebbero contribuire all’individuazione di farmaci che siano in grado di stimolare l’azione neuroprotettiva evitando contemporaneamente gli effetti psicotropi e dannosi.
Si aprono così interessanti prospettive in ambito clinico per il trattamento di patologie a grande diffusione, come ictus e sclerosi multipla, con approcci farmacologici capaci di bloccare anche i processi degenerativi secondari ad eventi traumatici del cervello e del midollo spinale. In particolare, i ricercatori hanno evidenziato che, a seguito di una lesione cerebrale, i neuroni del Sistema Nervoso Centrale danneggiati in modo diretto nella struttura di trasmissione delle informazioni, denominata assone, sono in grado di esprimere il recettore cannabico di tipo 2. Lo studio italiano ha fornito la prima dimostrazione che la stimolazione selettiva di questo recettore, ad opera di derivati della canapa indiana, permette di bloccare i processi degenerativi delle cellule neuronali innescati da una lesione cerebrale o midollare, migliorando significativamente i recupero neurologico.
Nessun commento:
Posta un commento