DI VITO BOLCHINI
vitobiolchini.wordpress.com
Resterà la visita delle proteste, dei cori ingiuriosi, delle contestazioni. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non dimenticherà molto facilmente l’accoglienza che una parte della Sardegna gli ha riservato nella sua due giorni nell’isola. I giornali nazionali se ne sono accorti, ed è una notizia. Perché il tabù è stato violato. La figura del Capo dello Stato finora era sempre rimasta immune da contestazioni, oppure erano state ben celate dalla potentissima macchina del Quirinale. Stavolta no, stavolta non è stato possibile.
Il primo ce lo racconta Sardegna Quotidiano di ieri. In un pezzo uscito a pagina 2 e dal titolo “La strana caccia al sulcitano”, il giornale ci informa che
“Dopo il blocco del corteo non autorizzato partito da piazzale Trento, alcuni manifestanti hanno cercato di raggiungere il Municipio (dove si trovava Napolitano, ndr) in pullman. Inutile: sono stati fermati da agenti della polizia saliti a bordo dei mezzi di linea e invitati a scendere, nonostante avessero in mano il biglietto”.
Gli agenti hanno chiesto i documenti a tutti i passeggeri per identificare chi veniva dal Sulcis. Scrive Sardegna Quotidiano:
“Giampaolo Muntoni, Giuliano Marongiu e Simona Pastorini sono indignati. “Ci hanno chiesto da dove venivamo e gli abbiamo risposto: Da Carbonia. A quel punto ci hanno fatto andare giù dall’autobus”.
Il secondo episodio ce lo racconta il sito Democrazia Oggi, che in un post di Andrea Pubusa dal titolo Presidente, anch’io sono “inkazzato”! si chiede
“Perché è stato soppresso il treno che da Carbonia-Villamassargia-Domusnovas e Siliqua porta a Cagliari? Perché è stata violata la fondamentale libertà di circolazione sancita dall’art. 16 della Costituzione? E con essa altri diritti costituzionali come la libertà di riunione e di manifestazione del pensiero? E tutto questo proprio davanti al Presidente della Repubblica che di queste libertà è il primo custode e garante. Si vuole mettere la mordacchia ad un’intera zona, la più povera d’Italia? Si vuol far tacere un’intera Isola?”.
Il motivo della soppressione del treno è semplice: anche in questo caso, si voleva evitare che dal Sulcis arrivassero centinaia di persone a contestare Napolitano, in quanto rappresentante dello Stato italiano.
Ma l’ultimo episodio è sicuramente il più paradossale. I giornali hanno evitato di approfondirlo, è proprio il caso di dirlo, per carità di patria. Lunedì mattina il presidente ha partecipato al Teatro Lirico ad un incontro sulla Sardegna e i 150 anni dell’Unità d’Italia. In programma era prevista anche l’esecuzione dell’Inno di Mameli. Ma proprio lunedì l’Unione Sarda ci informa che “l’esecuzione dell’Inno di Mameli da parte del coro e dell’Orchestra del Teatro Lirico è saltato per motivi di sicurezza”.
Sì, avete capito bene: “motivi di sicurezza”. La versione ufficiale dice che sarebbe stato difficile gestire l’entrata e l’uscita del coro e dell’orchestra in teatro, che più di cento persone sarebbero dovute restare dietro le quinte per troppo tempo, e via cavillando. La verità “più” ufficiale è invece un’altra: pochi giorni prima della visita di Napolitano, il Quirinale ha preteso che le autorità politiche isolane garantissero che nessuno tra gli orchestrali e i cantanti avrebbe approfittato della situazione per protestare contro i tagli alla cultura e per spiegare in quale difficile situazione versi oggi il Teatro Lirico di Cagliari.
Ma questa garanzia ovviamente nessuno l’ha potuta dare, e così il Quirinale ha preferito fare a meno dell’Inno di Mameli! Straordinario, no?
L’inno ovviamente è stato eseguito regolarmente il giorno dopo a Sassari. Dove però non c’è una fondazione lirica, e quindi nessuno aveva niente da ridire sui tagli alla cultura da parte del governo.
Napolitano si è sorpreso delle contestazioni. Ha risposto a chi lo ha fischiato sia a Cagliari che a Sassari, affermando che lui non è il “rappresentante delle banche” (quello è Monti…) e che “non si contesta con grida futili”.
Sarà anche così. Ma che un Presidente della Repubblica arrivasse a temere un coro, un’orchestra e addirittura l’Inno di Mameli dà l’idea di quanto oggi la politica italiana sia terrorizzata dalle contestazioni, di quanto sia necessario continuare a far credere agli italiani che va tutto bene e che la situazione è sotto controllo. Anche a costo di bloccare treni, pullman e impedire l’esecuzione dell’inno nazionale. Manco fossimo nella Sudamerica degli anni ’70.
Vito BolchiniFonte: vitobiolchini.wordpress.com/
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