IL MIO PADRONE
SI CHIAMA TERRA di G.Tirelli
Milioni di
lavoratori dipendenti e di famiglie, per decenni sono sopravvissute acquistando
e consumando tutti quei beni (o meglio, i mali) che gli stessi lavoratori hanno
prodotto. Un perverso meccanismo, un circolo vizioso e diabolico in virtù del
quale, se intendi sopravvivere, devi acquistare ciò che hai prodotto –
risultato ultimo di una condizione delirante di moderna schiavitù a piede
libero, che ha defraudato l’individuo del suo sacrosanto tempo libero e di una
vita degna, omologandolo all’idea dominante di sfruttamento sistematico,
imposta dal Sistema Potere Relativista. Partendo dal televisore, play station e
cellulare, passando per tutto quel luna park di tecnologia ludica e infantile,
fino all’ultimo più schifosissimo yogurt snellente e cremina rassodante,
rappresentano tutti quanti insieme, il frutto di un lavoro derivante da
un’occupazione che ha privato l’uomo di ogni barlume di dignità e di
prospettiva culturale - una macchina che respira, senza un’anima e una logica!
Nel frattempo
gli imprenditori delocalizzano le loro fabbrichette di merda nei paesi poveri,
per incrementare i loro profitti speculando sui bisogni primari e ineludibili
della gente. Il tasso di occupazione nazionale sale di ora in ora e molto presto,
quando la cassa di integrazione, la mobilità, i sussidi assistenziali e
ammortizzatori sociali, avranno prosciugato le ultime speranze di sopravvivenza
dei lavoratori, il Sistema Bestia dichiarerà candidamente che il lavoro è un
ritorno al passato, e la morte per inedia, il futuro.
Nel preciso
momento in cui, l’individuo libero del passato, ha perduto la sua autonomia,
autosufficienza e indipendenza economica, consegnandosi spontaneamente nelle
mani del Sistema Bestia, ha tradotto e trasformato la sua esistenza nella
peggiore delle schiavitù: “LA DIPENDENZA DAL BISOGNO”.
Fino a 60 anni
fa (praticamente ieri) la forza lavoro occupata in agricoltura, superava il 65%
dell’intera popolazione, mentre oggi ci siamo ridotti ad un miserabile 2,70%.
Cosa possiamo mai aspettarci da una tale calamità? Crediamo davvero di potere
continuare e perseverare su questa strada, basando la nostra economia sulla
produzione di invalidanti macchinette tecnologiche e velenose merendine
industriali? Una società priva di quei fondamentali su cui ha fondato le sue
ragioni, è destinata all’estinzione. Un epilogo così drammatico e catastrofico
che non risparmierà nessuno e niente.
Quel processo
di semplificazione, che ha traghettato l’uomo da un passato industrioso a un
presente industriale, è miseramente fallito: l’autonomia di un tempo, fonte di
libertà e decoro, è degenerata in dipendenza dal Sistema e, la salutare e
appagante fatica dell’uomo contadino, in lavoro meccanico e frustrante. E quel
che è di peggio, ci ha imbruttito e incattivito, rendendoci refrattari ai
bisogni degli altri e, sempre più vulnerabili, al dolore e alla malattia.
Meglio restare
chiusi in casa, fermi, immobili, nella trepidante attesa della grande
implosione del Sistema. Così, non c’è più niente da comprare, da consumare,
niente su cui investire, niente da dire, a cui credere e in cui sperare. Quale
politica, quali manovre, quali beni di rifugio!! Sviluppo, crescita, ricerca, sono le parole vuote di un
ritornello dissonante e fastidioso che, gli stessi autori non hanno più il
coraggio di intonare.
L’individuo
cosciente e responsabile di un tempo, si è involuto in umanoide robotizzato; un
automa che si attiene alle regole stereotipate di un libretto di istruzioni che
il Sistema gli consegna al momento della sua venuta al mondo. A un tale uomo è
negata la felicità.
IL lavoro
industriale dunque, non paga più: non è più conveniente! E sotto ogni punto di
vista: che sia la salute, il benessere, il futuro o la felicità. Meglio
restarsene in casa ad intagliare un pezzo di legno al caldo di un camino,
mentre fuori la pioggia disseta il nostro orto e alimenta il pozzo. Finalmente
con i nostri figli per restituire loro il tempo dell’amore e dell’attenzione –
l’imprinting che modellerà il loro carattere e deciderà le loro scelte future.
“Un uomo che
non può disporre e decidere del suo tempo, è un uomo morto”. Ma se non si è in
grado di rinunciare a ciò che in realtà non serve, omologati all’interno di un
sistema che alimentiamo quotidianamente in virtù di necessità virtuali indotte
dalla propaganda liberista, ogni nostra parola, indignazione e protesta,
vanificano ogni buona intenzione.
Il Sistema
Bestia, già da tempo, ha programmato un piano di sterminio globale, per
contrastare le inevitabili rivoluzioni e sommosse che si accenderanno su tutto
il pianeta, per via dell’acqua, dell’energia e della cibo. Per questo, il
Sistema Bestia, non va combattuto, ma isolato in attesa che si spenga per
esaurimento. Dobbiamo dunque aiutarLo a morire, in una sorta di benevola e
cristiana eutanasia, recidendo di netto i suoi canali di alimentazione.
Tornare al
passato, è il percorso più praticabile e meno utopico, contrariamente del
perseverare in questa direzione. Solo con un radicale intervento di
riconversione del Sistema Liberista Relativista, potremo limitare i danni di
una tragedia annunciata dai contorni apocalittici.
L’uomo di
quest’epoca insensata si deve ribellare, e riappropriare dell’unica cosa che è
capace di produrre veri miracoli, e in grado di riesumare autentiche passioni e
sane motivazioni: la Terra. La Terra, è il vero potere! Il solo potere al quale
possiamo serenamente sottometterci sapendo che, domani, per noi sarà un altro
giorno. Un giorno nuovo, pieno di aspettative e di speranze, di sana fatica,
sereno riposo e felicità.
Gianni Tirelli
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