mercoledì 14 marzo 2012

IL MIO PADRONE SI CHIAMA TERRA di G.Tirelli


IL MIO PADRONE SI CHIAMA TERRA di G.Tirelli
Milioni di lavoratori dipendenti e di famiglie, per decenni sono sopravvissute acquistando e consumando tutti quei beni (o meglio, i mali) che gli stessi lavoratori hanno prodotto. Un perverso meccanismo, un circolo vizioso e diabolico in virtù del quale, se intendi sopravvivere, devi acquistare ciò che hai prodotto – risultato ultimo di una condizione delirante di moderna schiavitù a piede libero, che ha defraudato l’individuo del suo sacrosanto tempo libero e di una vita degna, omologandolo all’idea dominante di sfruttamento sistematico, imposta dal Sistema Potere Relativista. Partendo dal televisore, play station e cellulare, passando per tutto quel luna park di tecnologia ludica e infantile, fino all’ultimo più schifosissimo yogurt snellente e cremina rassodante, rappresentano tutti quanti insieme, il frutto di un lavoro derivante da un’occupazione che ha privato l’uomo di ogni barlume di dignità e di prospettiva culturale - una macchina che respira, senza un’anima e una logica!
Nel frattempo gli imprenditori delocalizzano le loro fabbrichette di merda nei paesi poveri, per incrementare i loro profitti speculando sui bisogni primari e ineludibili della gente. Il tasso di occupazione nazionale sale di ora in ora e molto presto, quando la cassa di integrazione, la mobilità, i sussidi assistenziali e ammortizzatori sociali, avranno prosciugato le ultime speranze di sopravvivenza dei lavoratori, il Sistema Bestia dichiarerà candidamente che il lavoro è un ritorno al passato, e la morte per inedia, il futuro.
Nel preciso momento in cui, l’individuo libero del passato, ha perduto la sua autonomia, autosufficienza e indipendenza economica, consegnandosi spontaneamente nelle mani del Sistema Bestia, ha tradotto e trasformato la sua esistenza nella peggiore delle schiavitù: “LA DIPENDENZA DAL BISOGNO”.
Fino a 60 anni fa (praticamente ieri) la forza lavoro occupata in agricoltura, superava il 65% dell’intera popolazione, mentre oggi ci siamo ridotti ad un miserabile 2,70%. Cosa possiamo mai aspettarci da una tale calamità? Crediamo davvero di potere continuare e perseverare su questa strada, basando la nostra economia sulla produzione di invalidanti macchinette tecnologiche e velenose merendine industriali? Una società priva di quei fondamentali su cui ha fondato le sue ragioni, è destinata all’estinzione. Un epilogo così drammatico e catastrofico che non risparmierà nessuno e niente.
Quel processo di semplificazione, che ha traghettato l’uomo da un passato industrioso a un presente industriale, è miseramente fallito: l’autonomia di un tempo, fonte di libertà e decoro, è degenerata in dipendenza dal Sistema e, la salutare e appagante fatica dell’uomo contadino, in lavoro meccanico e frustrante. E quel che è di peggio, ci ha imbruttito e incattivito, rendendoci refrattari ai bisogni degli altri e, sempre più vulnerabili, al dolore e alla malattia.
Meglio restare chiusi in casa, fermi, immobili, nella trepidante attesa della grande implosione del Sistema. Così, non c’è più niente da comprare, da consumare, niente su cui investire, niente da dire, a cui credere e in cui sperare. Quale politica, quali manovre, quali beni di rifugio!!  Sviluppo, crescita, ricerca, sono le parole vuote di un ritornello dissonante e fastidioso che, gli stessi autori non hanno più il coraggio di intonare.  
L’individuo cosciente e responsabile di un tempo, si è involuto in umanoide robotizzato; un automa che si attiene alle regole stereotipate di un libretto di istruzioni che il Sistema gli consegna al momento della sua venuta al mondo. A un tale uomo è negata la felicità.
IL lavoro industriale dunque, non paga più: non è più conveniente! E sotto ogni punto di vista: che sia la salute, il benessere, il futuro o la felicità. Meglio restarsene in casa ad intagliare un pezzo di legno al caldo di un camino, mentre fuori la pioggia disseta il nostro orto e alimenta il pozzo. Finalmente con i nostri figli per restituire loro il tempo dell’amore e dell’attenzione – l’imprinting che modellerà il loro carattere e deciderà le loro scelte future.
“Un uomo che non può disporre e decidere del suo tempo, è un uomo morto”. Ma se non si è in grado di rinunciare a ciò che in realtà non serve, omologati all’interno di un sistema che alimentiamo quotidianamente in virtù di necessità virtuali indotte dalla propaganda liberista, ogni nostra parola, indignazione e protesta, vanificano ogni buona intenzione.
Il Sistema Bestia, già da tempo, ha programmato un piano di sterminio globale, per contrastare le inevitabili rivoluzioni e sommosse che si accenderanno su tutto il pianeta, per via dell’acqua, dell’energia e della cibo. Per questo, il Sistema Bestia, non va combattuto, ma isolato in attesa che si spenga per esaurimento. Dobbiamo dunque aiutarLo a morire, in una sorta di benevola e cristiana eutanasia, recidendo di netto i suoi canali di alimentazione.
Tornare al passato, è il percorso più praticabile e meno utopico, contrariamente del perseverare in questa direzione. Solo con un radicale intervento di riconversione del Sistema Liberista Relativista, potremo limitare i danni di una tragedia annunciata dai contorni apocalittici.
L’uomo di quest’epoca insensata si deve ribellare, e riappropriare dell’unica cosa che è capace di produrre veri miracoli, e in grado di riesumare autentiche passioni e sane motivazioni: la Terra. La Terra, è il vero potere! Il solo potere al quale possiamo serenamente sottometterci sapendo che, domani, per noi sarà un altro giorno. Un giorno nuovo, pieno di aspettative e di speranze, di sana fatica, sereno riposo e felicità.
Gianni Tirelli

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