UOMINI COME
POLLI IN GABBIA di G. Tirelli
L’uomo
partorito dalla rivoluzione industriale è soggetto ad una particolare
schiavitù, unica per eccezionalità nella storia dell’uomo e, in particolare,
l’individuo iper tecnologico degli ultimi decenni, che è totalmente dipendente
dal Sistema Bestia. Quest’uomo, affetto da *infantilismo, non è in grado
di procurarsi il cibo, di scaldarsi, di produrre alimenti, di soffrire e di
decidere. E’ privo della più remota forma di volontà, e come un infante egoista
ed egocentrico, rifiuta ogni fatica fisica, responsabilità individuale e
ragione di consapevolezza, essendosi consegnato anima e corpo fra le grinfie
del Sistema padrone. Un uomo monco che interpreta alla lettera le indicazioni
di un libretto di istruzioni che il Sistema gli consegna al momento della sua
venuta al mondo. Le comodità che il Sistema ha messo ha sua disposizione,
lo hanno rammollito, fino a ridurlo ad uno stato di invalidità permanente.
Etica, deontologia, morale e umanità si sono, in lui, estinte per sempre, privandolo
così della spiritualità; un essere completamente manipolabile, ricattabile e
corruttibile.
L’individuo
iper/tecnologico, dunque, è il risultato di una perversa operazione di lavaggio
mentale che, in breve tempo, si è attestata come carattere genetico. La
maggior parte del suo cervello, che per milioni di anni gli ha consentito di
sopravvivere, di adattarsi e produrre vera conoscenza, non solo è rimasta
inattiva, ma nella gran parte degli individui occidentali (nuove generazioni in
particolare), è totalmente assente.
L’habitat che
circonda il bambino moderno fin dall’alba della sua venuta al mondo, condiziona
per sempre il suo domani, ed é l’imprinting che modellerà la sua futura
personalità. Televisione, video giochi, telefonino, play station e una montagna
di sterile e invadente tecnologia (futuri rifiuti da discarica), lo
deresponsabilizzano da ogni sforzo di analisi introspettiva e di immaginazione
– esattamente all’opposto della propaganda sbandierata dal Sistema, che afferma
“in questo modo sviluppano la fantasia!!!”.
Quelle che
poi, insistono a volere chiamare “comodità” (ma che in realtà sono un inferno
quotidiano), lo costringono a declinare ogni ragionevole sforzo, adattandosi ad
una sorta di baby prepensionamento e trascorrendo il resto della sua vita di
fronte ad un computer, ingrassando a dismisura e precarizzando la sua salute,
fisica e mentale.
Poi, arriva il
momento della scuola materna, con gli infiniti giocattoli morti, di plastica e
l’onnipresente televisione e da li, fino al conseguimento dell’insulsa e sempre
più inutile laurea. Nel frattempo il Sistema si sfrega le mani, sapendo che un
altro pollo è entrato nella gabbia, e che fuori da quella prigione non è più in
grado di sopravvivere.
Gli individui
omologati della nostra epoca, non sono che polli in batteria. In questa gabbia,
ci sono entrati volontariamente, dopo averla loro stessi costruita, recidendo
ogni rapporto con il mondo degli spiriti. La loro conoscenza, è limitata
all’area occupata all’interno del loculo metallico, dove tutti, trascorrono una
vita apparente. Disperazione e solitudine regnano sovrane nella loro anima e,
contrariamente a quanto si potrebbe pensare, aspirano
all’immortalità. Questo tipo di particolare schiavitù, (eccezionale nella
storia dell’umanità) priva “l’uomo pollo” senza volontà, dell’alba e del
tramonto, costringendolo ad un’esistenza limbica, a mezz’aria fra una presente
assente e un domani inesistente.
Definire tutto
ciò come “follia”, non renderebbe giustizia alle ragioni di una tale
degenerazione della coscienza, e la collocherebbe dentro i confini dell’umano.
Una circostanza del genere, si è venuta a creare, si, per dei fattori tecnici
dipendenti dall’essere umano ma, inattiva, senza l’intervento di una forza
soprannaturale negativa; il Maligno. In virtù di un tale tecnicismo, si
sono venute creare, le condizioni ideali, perché ciò accadesse. Tornare
indietro è impossibile. Solo dalle ceneri della sua smisurata vanità,
l’umanità, riuscirà lentamente a risorgere. Forse!
Per tanto,
dobbiamo riappropriarci della conoscenza del passato, delle certezze, e dei
parametri di giudizio necessari per l’autodeterminazione, come espressione di
libertà positiva. Diversamente, il relativismo dilagante, ci sommergerà come
uno tsunami, e non ci sarà un domani, ne per noi, ne per i nostri figli e
nipoti.
Gianni Tirelli
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