giovedì 25 ottobre 2012

LA FINE INGLORIOSA DI UN PARTITO DI PLASTICA



LA FINE INGLORIOSA DI UN PARTITO DI PLASTICA


“Era i l 1994 quando Silvio Berlusconi affermava di essere sceso in politica per amore dell’Italia, e oggi (ottobre 2012) abbandona il campo con la coda fra le gambe adducendone la stessa scandalosa motivazione.”

Quando questo paese, un giorno, resuscitato dai fumi narcotizzanti di un potente maleficio, riuscirà a guardare con la necessaria obiettività, serenità e disincanto ai trascorsi berlusconiani, prendendo così coscienza di una circostanza ai confini della realtà (inimmaginabile per qualsiasi democrazia occidentale), non potrà che porsi la domanda:” Ma come è potuto accadere tutto ciò?”, e di seguito, analizzare nel profondo i motivi, le cause e le interazioni che hanno prodotto una delle degenerazioni più virulente della nostra storia politica e sociale.
Lo stesso fascismo, al confronto, passa in secondo piano, in ragione di particolari circostanze e attenuanti addotte e motivate dal particolare momento storico, che in maniera trasversale, aveva marchiato a fuoco tutta l’Europa.
Una banda di delinquenti e mercenari sdoganata dall’anti/politica” di Silvio Berlusconi, ha ricoperto per anni le più alte cariche del potere politico, istituzionale ed economico, delegando alla criminalità organizzata, l’espletamento del “lavoro sporco”.
Il Popolo delle libertà, dunque, non è stata che una grottesca messinscena carnevalesca, che ha fatto del parlamento, una copertura. Una roccaforte del malaffare, dove si organizzavano oscure trame, complotti, dossier e si smistavano pizzini.

Il berlusconismo è l’esatta rappresentazione iconografica del peggio della società italiana che ha calamitato al suo interno la parte più marcia dell’imprenditoria italiana, dei reietti del sottobosco politico e la creme della peggiore feccia umana in circolazione. Un sottobosco culturale di quart’ordine, maestri di mistificazione e di contraffazione della realtà, che hanno tradotto la menzogna in una pratica consolidata, la licenza in un baluardo di libertà, e la dignità, in mercimonio.
Il berlusconismo (e sia chiaro a tutti), non è mai stato un movimento politico ma un problema sociale e ambientale. Una storia di monnezza, di rifiuti pericolosi dispersi sull’epidermide della società che, come polvere d’amianto, si è insinuata nella coscienza degli italiani. Un intero paese da bonificare dopo vent’anni di imbarbarimento!!

E oggi eccolo li, il nostro ometto italico, costretto a defilarsi in sordina da ogni velleità politica. Lui, con l’eterna mandibola in tensione, il mento proteso verso fuori, immaginando così, di assicurarsi l’aria del duro. Una imitazione deprimente, farlocca e poco rispettosa del Duce, Benito Mussolini. La sbiadita fotocopia di un personaggio grottesco da suburra, più verosimilmente attinente con la figura di un facoltoso transessuale al tramonto che perde i pezzi di quel lavoro di sistematica contraffazione del corpo, che ha mortificato ogni suo residuo barlume di dignità. Un uomo lacerato da un narcisismo paranoide e frustrante, e da una serie di complessi di inferiorità, mai risolti e sempre elusi. Un autentico traditore della patria che non ha mai affrontato le proprie responsabilità e la realtà dei fatti, trincerandosi dietro privilegi, impunità e il laido servilismo di un’orda di figuri (prossimi traditori) dei quali, presto, non se ne avrà più traccia.

Era i l 1994 quando Silvio Berlusconi affermava di essere sceso in politica per amore dell’Italia, e oggi (ottobre 2012) abbandona il campo con la coda fra le gambe adducendone la stessa scandalosa motivazione. Un’autentica fuga, che i suoi colonnelli e servi intendono trasfigurare in un atto di rara generosità e responsabilità, a conferma di una personalità integerrima connotata da valori e principi etici ineludibili.    
Proprio Lui, il capo di Governo più incompetente e cialtrone di tutta la storia repubblicana, che le vuole basse, con poco tacco e tante tette, come se stesse ordinando dal macellaio, il filetto di una giovenca argentina.
La diaspora del Popolo delle Libertà è in atto, fino alla sua totale dissoluzione.
La barca sta affondando definitivamente, inghiottita dal vortice di quel populismo becero e servilismo codardo che, per un lungo ventennio, ha connotato l’indole opportunista di questi analfabeti della vita, e vampiri del futuro dell’Italia.
Credere ancora che qualcuno/a possano salvare la “baracca”, è una pia illusione. Un pensiero che va oltre ogni più fervida immaginazione, ma coralmente condiviso dalle menti bacate di questi “signori” che hanno banchettato per 20 anni sulla pelle degli italiani, costretti poi a dovere pagare il conto. 
  
Che cosa resterà ai posteri, del cavaliere Berlusconi? Un monumento al centro di una piazza, un busto bronzeo a Palazzo Madama, il nome in calce ad una via del centro, o cos’altro? No! Niente di tutto questo! Solo l’imbarazzante insegna di un bordello di lusso (Palacio Berlusconi) nella città di Rosario, patria natia di Ernesto Che Guevara, a memoria del fallimento umano, morale e politico di un uomo che si è perso dentro il vaneggiamento vanesio di un potere rubato. Un uomo triste, solo, che nella luce soffusa della sua alcova, si appresta a calare il sipario sull’ultimo atto di una commedia, tragica e grottesca, fra i glutei in affitto di una giovincella depravata, nella spasmodica ricerca, di quell’orgasmo tradito che sancirà, per sempre, la sua sconfitta umana e morale.

Gianni Tirelli

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