UNA
SOCIETA’ SEDENTARIA - CAUSA PRIMA DI PATOLOGIE INVALIDANTI
Tutta
quell’infinita gamma di tossine chimiche che sistematicamente ingeriamo
attraverso l’alimentazione, l’assunzione di liquidi, bevande di ogni genere e
la respirazione, si sedimenta all’interno delle cellule dei nostri organi
compromettendone la loro funzione. Lo stile di vita assunto da noi occidentali,
è terreno di coltura per l’insorgere di sempre più nuove e inquietanti
patologie (tumori, ictus, infarti, sclerosi, malattie genetiche e neurologiche,
ecc..), causa di infermità, di handicap e di morte. Un quadro drammatico che,
per via dei costi esorbitanti che richiede il suo mantenimento, costringe la
sanità pubblica a ridimensionare radicalmente il proprio organico e
l’investimento, perché nell’impossibilità di soddisfare e sostenere l’alto
numero di richieste, di interventi, di cure e degenza ospedaliera, di una
società sempre più malata, a causa di un’inattività cronica e invalidante.
In
passato, il movimento fisico quotidiano (un fondamentale delle società
contadine, motivato dalla soddisfazione del bisogno primario), non solo
garantiva la sopravvivenza del nucleo famigliare, ma era deputato a quel
processo di disintossicazione, funzionale all’espulsione di ogni sostanza
incompatibile con il metabolismo del nostro corpo e la funzione primigenia dei
nostri organi.
Evitare
il depositarsi delle tossine all’interno dell’organismo, è la prima regola per
rimanere in buona salute, e il movimento fisico motivato, ne è la panacea: la
personificazione della guarigione universale.
Per esempio, le persone obese corrono un
rischio quasi un milione di volte maggiore di morire prematuramente per il loro
eccesso di peso che non per un incidente aereo, e tutti noi siamo almeno 50.000
volte più esposti alla possibilità di essere colpiti da un tumore che da un
fulmine nel corso della nostra esistenza, e ancora di più se adottiamo un
comportamento a rischio, come il fumo.
Fra tutti i pericoli che dobbiamo
fronteggiare, il cancro costituisce una reale minaccia: questa patologia, infatti,
colpirà una persona su 2 prima dei 75 anni e una su 3 soccomberà alle
complicazioni ad essa correlate.
La situazione non è destinata a migliorare,
anzi, si stima che con il progressivo invecchiamento della popolazione si diagnosticheranno
annualmente 20 milioni di nuovi casi di cancro. Soltanto nell’America del Nord,
attualmente vivono 13 milioni di individui affetti da un tumore e 700.000 di
essi moriranno di questa malattia entro l’anno.
Senza contare il costo relativo alle cure di
questi pazienti, che è valutato annualmente in 200 miliardi di dollari - stima
che è destinata a crescere nel corso dei prossimi anni. Queste cifre illustrano
l’ampiezza del problema di salute pubblica rappresentato dal cancro (una
patologia fra le tante di quest’epoca infernale) e testimoniano la necessità di
riconvertire i nostri comportamenti irrazionali in altri di natura etica, tali
ridimensionare l’impatto negativo di questa malattia sulla società. Se la quasi
totalità dei tumori sono causati
da fattori estranei ai nostri geni e sono piuttosto collegati alle nostre
abitudini di vita, non significa forse che potremmo evitare una tale
carneficina, semplicemente modificando il nostro modo di vivere?
Dobbiamo dunque assolutamente recuperare quel
rapporto simbiotico con la natura di un tempo e che, oggi, abbiamo svenduto
alle logiche del Sistema Potere per
inseguire i canti delle seducenti sirene della modernità.
L’essere
umano, al pari di tutte le altre forme di vita, ha da sempre caratterizzato la
sua originaria natura su un elemento principe e fondamentale che era alla base
di ogni sua funzione: il movimento fisico. Il movimento costante e metodico del
corpo, ha il comito di rigenerare, depurare e di catarsi, atta all’espulsione e
alla sintesi di tutte quelle scorie e tossine organiche e psicologiche che il
nostro metabolismo produce quotidianamente.
La cura
farmacologica, poi, é una ulteriore mazzata alle già precarie condizioni del
malato che, oltre al rischio di assuefazione, dovrà pagare gli effetti
devastanti delle sue controindicazioni.
In
verità, la fatica fisica, applicata ai bisogni primari ed essenziali dell’uomo,
ha l’originaria funzione di produrre gioia, appagamento, salute, e concorre
all’interazione creativa con il resto del mondo e delle sue ragioni, generando
conoscenza e spiritualità. Ogni problema di natura psicologica e neurologica,
non può accampare alcun diritto nell’ambito dell’attività dell’individuo
mobile, essendo lo stesso, per sua natura, repellente, impermeabile e incompatibile
con intromissioni di natura psicotica. Lo scollamento dalla natura, sommato
all’infiacchimento deresponsabilizzante innescato dal processo industriale
liberista, hanno prodotto quello che è, oggi, l’uomo immobile; una larva molle
e viscida, priva e privata da ogni capacità reattiva, consapevolezza e senso
della realtà.
Noi, che
dovremmo essere api e formiche, ci siamo ridotti a cicale e termiti. Comunque
sia, e da qualsiasi lato la si voglia vedere, le nostre società occidentali
dovranno pagare il prezzo della loro immobiltà, inadeguatezza e presunzione.
Siamo gente spenta, incapace di interpretare gli avvenimenti, la storia e,
quindi, i possibili vantaggi derivanti da alcune circostanze che, a priori,
abbiamo già giudicato negativamente; impegnati, come sempre siamo, nascosti
dietro le barricate della nostra stupidità, a difendere le ragioni di una
coscienza ammaestrata ai miserabili interessi di un’esistenza relativa, avulsa
da ogni concetto di bene comune, umana solidarietà e vantaggio morale.
Gianni Tirelli
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