sabato 3 agosto 2013

L’IO MINCHIA


L’IO MINCHIA

Ed eccolo ancora qui, guardatelo il nostro ometto italico, impegnato nel suo ennesimo monologo monotematico a beneficio degli imbecilli! Lui, fasullo, finto, indecoroso e patetico, sullo sfondo di una quanto squallida scenografia da avanspettacolo, a recitare il requiem della sua fine.
Lui, con l’eterna mandibola in tensione, il mento proteso verso fuori, immaginando così, di assicurarsi l’aria del duro. Un’imitazione deprimente, farlocca e poco rispettosa del Duce, Benito Mussolini. La sbiadita fotocopia di un personaggio grottesco da suburra, più verosimilmente attinente con la figura di un facoltoso transessuale al tramonto, che perde i pezzi di quel lavoro di sistematica contraffazione del corpo, che ha mortificato ogni suo residuo barlume di dignità. Un uomo lacerato da un narcisismo paranoide e frustrante, e da una serie di complessi di inferiorità, mai risolti e sempre elusi. Un autentico traditore della patria che non ha mai affrontato le proprie responsabilità e la realtà dei fatti, trincerandosi dietro privilegi, impunità e il laido servilismo di un’orda di figuri (prossimi traditori) dei quali, presto, non se ne avrà più traccia.
Non c’è nulla di più sporco, sudicio e laido, di un ometto chiatto e attempato, senza dignità e autostima, che si trapianta e pittura i capelli di un nero corvino, anteponendo il trucco a una decorosa pelata – un Nano con l’eterno cerone, le scarpe rialzanti  e le pompette stimolanti – il buffone dalle mille cravatte a pallini e gli eterni doppio petto blu. Un vero trattato ambulante di psicopatia, frustrazione e perverso e morboso narcisismo, paradigma di un luridume interiore, che nemmeno cento docce al giorno potranno mai detergere.
Un uomo sporco nel più profondo dell’anima, circondato e osannato da uno stuolo di accattoni, servi, papponi e baldracche, che hanno mercificato gli ultimi residui di dignità, a fronte di privilegi, impunità ed effimero potere.

Un uomo stupido, con poco charme, che veste come un manichino di provincia, con un linguaggio banale volto a negare tutto ciò che è evidente. Uno per cui, la bugia, costituisce una regola relazionale e la sua introiezione proiettiva, lo porta ad attribuire, a quelli che ritiene i suoi avversari e nemici, tutti suoi difetti, a cominciare dalla menzogna.

Questa sottospecie di omuncolo, è così marcio, infame e codardo, che volere ridurre le sue responsabilità penali sulla base dell’età anagrafica delle puttane ingaggiate dalla sua rete di papponi, è mortificante per lo stesso significato di Giustizia. Sarebbe come stendere un velo di omertà sui fatti.
Un perdente sotto ogni punto di vista, un fallito a tutti gli effetti, accerchiato e circondato da cortigiani senza attributi della sua stessa risma, e con i quali condivide un reciproco disprezzo, diffidenza, e la propensione al tradimento.
Un folle, più volte a capo del governo, osannato e acclamato da una massa di ritardati senza patria - uno che ha sdoganato la prostituzione, a moderno ammortizzatore sociale, relativizzando così ogni principio etico e morale, e riducendola ad un Tabù dal quale liberarsi. Un modello distorto sulla percezione di cosa sia giusto o sbagliato, legale e non, vero o falso.
La portata diseducatrice ascrivibile a tali comportamenti (e perdurata nell’arco di un ventennio), ha prodotto forme di emulazione fra i giovani più fragili, indifesi e meno abbienti, esimendoli da ogni responsabilità oggettiva e senso della legalità.
I danni, di varia natura prodotti da questo signore all’Italia e agli italiani, sono incalcolabili, e solo dopo la sua dipartita potremo avere un’idea chiara ed esaustiva della loro portata. Come affermava Montanelli, “dopo Berlusconi dovranno passare almeno 50 anni prima di pronunciare la parola “destra” e, io aggiungo, democrazia.

E cosa dire delle “bellezze al bagno”, di questa singolare e moderna destra delle libertà? E’ possibile incontrarle ai comizi privati e monotematici del Grande Nano, o fuori dai tribunali, riconoscibili dalle acconciature, biondo platino, o rosso Tiziano, ispirate al mito della dea forzista - cervelli obnubilati dalle infinite tinte e visi levigati dal botulino “fino alla soglia della cancellazione espressiva”. Vecchie befane ossigenate e cotonate, contraffate dal bisturi di un improbabile chirurgo di quart’ordine, inceronate come maschere di un perenne carnevale fuori stagione e addobbate come alberi di natale di luccicanti bigiotterie di cattivo gusto. Sono queste le fedelissime del Premier Nano, attanagliate da un feroce complesso di inferiorità verso ogni forma di sobrietà, gusto, intelligenza e cultura.

E in fine, cosa resterà ai posteri di un tale esemplare umano? Un monumento al centro di una piazza, un busto bronzeo a Palazzo Madama, il nome in calce ad una via del centro, o cos’altro? No! Niente di tutto questo! Solo l’imbarazzante insegna di un bordello di lusso (Palacio Berlusconi), nella città di Rosario, patria natia di Ernesto Che Guevara, a memoria del fallimento umano, morale e politico di un uomo che si è perso dentro il vaneggiamento vanesio di un potere rubato. Un uomo triste, infelice e solo, che nella luce soffusa della sua alcova, si appresta a calare il sipario sull’ultimo atto di una commedia, tragica e grottesca, fra i glutei in affitto di una giovincella depravata, nella spasmodica ricerca di quell’orgasmo tradito, che sancirà per sempre, la sua sconfitta umana e morale.

Il folle narcissico, scriveva Emilio Gadda, è incapace di analisi psicologiche, non arriva mai a conoscere gli altri: né i suoi, né i nemici, né gli alleati. Perché? Perché in lui tutto viene relato alla erezione perpetua e alla prurigine erubescente dell'Io-minchia, invaghito, affocato e affogato di sé medesimo.


GJTirelli

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