sabato 5 ottobre 2013

La strategia di logoramento di Obama

La strategia di logoramento di Obama
 
Un articolo di Fawaz A. Gerges, "Barack il cauto", sintetizza le illusioni che su Obama i media spargono a piene mani: un politico realista, che rifugge dalle avventure e cerca di riparare i guasti determinati dalla politica aggressiva di Bush. E vengono avallate come indubitabili le dichiarazioni ufficiali o ufficiose della Casa Bianca.
"Perché l'amministrazione Obama si mostra riluttante a intervenire direttamente nel conflitto siriano o anche solo ad armare i ribelli?".(1) A smentire ciò basterebbe
l'articolo de "La Stampa": "Siria, gli USA impongono la linea dura", che parla della scelta del nuovo leader Ghassan Hitto, siriano vissuto a lungo in Texas e longa manus di Washington, nonché del crescente ruolo della Cia a sostegno del ponte aereo di 160 cargo per rifornire di armi i ribelli.(2)
Sempre Gerges scrive: "Il Medio Oriente non rappresenta (più) una priorità per gli Stati Uniti. L'amministrazione ha spostato il baricentro della sua politica estera ed economica sull'Asia e sulla regione pacifica, dove Obama e i suoi consiglieri credono risieda il futuro dell'America".(3)
Ma è proprio così? Non si tratta solo di fare la tara delle dichiarazioni propagandistiche, ma anche confrontare i progetti di un governo con la loro realizzazione effettiva. Da tutto ciò si arguisce che il Medio Oriente ha e avrà ancora un'importanza enorme per gli USA. Per esempio, lo stesso articolo c'informa della vendita di armi per oltre 60 miliardi di dollari all'Arabia Saudita.
In passato gli USA, in occasione di grosse vendite di armi ai sauditi, tranquillizzavano Israele con la fondata affermazione che i destinatari non le sapevano usare, e che sarebbero arrugginite. Ora non è più così. Le forze armate del paese sono strettamente controllate da militari e tecnici americani, per evitare che si sbarazzino della monarchia ultrareazionaria e diano vita a una repubblica nazionalista. Con la nuova gigantesca vendita, questa sorveglianza dovrà crescere ancora.
In apparenza, le azioni militari nel Mediterraneo centrale e orientale vengono delegate a Francia e Inghilterra, ma poiché questi paesi non hanno forze sufficienti per andare fino in fondo, sono costretti a ricorrere all'aiuto USA.
Tutto ciò fa a pugni con la teoria del disimpegno americano dal Medio Oriente e in Europa. La tutela americana, anzi, è sempre più asfissiante.
Anche ammesso e non concesso che il maggior avversario degli USA sia la Cina, la si combatte efficacemente in Medio Oriente, bloccando le vie dei rifornimenti energetici, a cominciare dal petrolio iraniano. Con mezzi politici e militari, inoltre, si cerca di contrastare la penetrazione economica commerciale e finanziaria cinese in Africa. Interventi come quello in Libia hanno costretto 30.000 cinesi ad abbandonare il paese.
Ma è davvero la Cina il nemico n.1 degli USA? L'ex ambasciatore israeliano in Russia Zvi Magen ha un'opinione più condivisibile. La Russia ha ereditato l'enorme potenziale atomico dell'URSS: "Mentre Cina e Iran - contro i quali Usa e il resto dell'occidente investono enormi energie - sono tutto sommato nemici potenziali, la Russia è l'unica nazione al mondo a rappresentare una minaccia tangibile per Washington. Era in passato e rimane ancora oggi il nemico numero uno degli Stati Uniti".(4)
Se questo è vero, ne possiamo trarre le seguenti conclusioni: anche se gli USA hanno dichiarato di voler risolvere la questione siriana d'intesa con Mosca, si tratta di pura propaganda. Il vero scopo è il logoramento della Russia, che vogliono costringere a difendere una posizione difficile, esaurendo le forze, come avvenne per l'URSS in Afghanistan. Rispetto ad allora è meno probabile che la Russia cada nella trappola. Il mascheramento delle vere posizioni è più arduo: Reagan poteva chiamare tranquillamente "combattenti per la libertà" Bin Laden e consoci, Obama deve fare distinzioni, dare assicurazioni che le armi toccheranno ai moderati, non agli estremisti, ma sono solo chiacchiere. Non ha nessun interesse a far finire presto la guerra siriana.
Gli Stati Uniti stanno sviluppando rapidamente sul loro territorio la produzione di gas da scisti. Le sanzioni contro l'Iran rendono difficile per questo paese l'esportazione di gas e di petrolio. Il tentativo di creare il “gasdotto sciita”, che porti questo gas attraverso l'Iraq alla Siria e da qui all'Europa, è frustrato dalla guerra. La caduta di Assad potrebbe rendere possibile il gasdotto alternativo, che dal Qatar, passando sotto il Golfo persico arrivasse in Iraq, poi in Siria e Turchia ( e questo la dice lunga sulle vere motivazioni dell'impegno di questi ultimi due paesi per la “liberazione” della Siria). Nel frattempo, tutti questi possibili concorrenti del gas americano si scannano fra di loro, con grande vantaggio di Washington.
La posizione del governo americano è resa più facile dall'attivismo colonialistico senile di Francia e Inghilterra, che non sono in grado di riuscire da sole senza l'aiuto americano, palese o nascosto, e che così ribadiscono "a loro insaputa" la loro soggezione all'America. Quanto all'Italia, in molti casi, si dimostra meno autonoma dei governi fantoccio di Iraq e Afghanistan.
La politica americana è chiarissima, almeno per chi la vuol vedere: salvo verso i cosiddetti stati canaglia, affetta un atteggiamento di collaborazione con tutti. L'Europa è “l'alleata di sempre”. In realtà cerca di scaricare su di essa i costi della crisi. Le agenzie di rating americane attendono al varco i paesi europei, formulando giudizi negativi nei momenti più pericolosi. Nella questione di Cipro, il Fondo Monetario Internazionale premendo per il forte prelievo sui depositi nelle banche cipriote, crea il panico che favorisce lo spostamento dei capitali dall'euro al dollaro. La colpa viene addossata tutta alla Germania, mentre gli USA escono dalla vicenda più candidi che mai.
In Africa, la vasta rete di esperti militari statunitensi per addestrare i militari prepara legami golpisti alla maniera dell'America latina. Sotto l'apparenza di una politica estera "cauta e saggia", si sviluppa una guerra contro il mondo intero, condotta in certi casi con mezzi militari, in altri casi con mezzi diplomatici o finanziari.
Michele Basso

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