La questione morale e l’ipocrisia della politica

Un tratto distintivo di una buona parte della classe politica sarda è l’ipocrisia. Oggi tutti a stracciarsi le vesti per la questione morale, anche chi non avrebbe proprio titolo per farlo. Sino a qualche settimana fa tutti zitti, allineati e coperti. Anzi, se a qualcuno saltava in mente di sollevare la questione morale, veniva subito tacciato, con disprezzo, di giustizialismo. Adesso tutti a pontificare dall’alto di una autorità morale tutta da verificare.
C’è chi, dopo avere avvallato tutte le peggiori scelte della Giunta Cappellacci, dopo aver messo la testa sotto la sabbia di fronte a un governo regionale che ha fatto strame dell’etica e della moralità pubblica, rivendica una verginità morale che fa arrossire dalla vergogna. Dove erano questi Soloni quando il Presidente della Regione veniva indagato per abuso d’ufficio insieme a personaggi qualiDenis Verdini, Marcello Dell’Utri e a Flavio Carboni? Che dire poi del silenzio che ha accompagnato lo stillicidio di avvisi di garanzia, rinvii a giudizio e condanne, di cui sono stati fatti oggetto almeno quattro assessori regionali.
Dall’alto di quale autorità morale arriva il richiamo di chi, intercettato al telefono con un noto “benefattore” del nostro patrimonio archeologico, lo invita a “non fare prigionieri” e a “slegare i cani” contro gli assessori del governo regionale presieduto da Renato Soru, colpevoli di battersi per la tutela della necropoli fenicio-punica di Tuvixeddu. Ma non possono essere considerati dei mostri di coerenza neanche coloro che hanno avvallato la candidatura a Presidente della Provincia di Cagliari di chi era stato rinviato a giudizio e di lì a poco condannato per abuso d’ufficio: nessuno chiese allora al candidato indagato di fare un passo indietro.
La stessa ipocrisia che si poteva cogliere nelle dichiarazioni, grondanti sdegno, di autorevoli esponenti del P all’indomani della nomina di Antonello Cabras a Presidente della Fondazione del Banco di Sardegna. Quando Enrico Berlinguer, nei primi anni ’70, sollevò la questione morale e denunciò l’occupazione delle banche da parte dei partiti, pensava proprio a questo. Al di là dell’ipocrisia imperante, l’aspetto nuovo e sconcertante della questione morale è che sembra coinvolgere tutti: destra e sinistra, indistintamente.
Sembra oramai venuto meno quello che è stato storicamente un tratto distintivo della sinistra: la sua superiorità morale. Tutto sembra pervaso da una degenerazione omologante: la stessa idea della politica intesa come mero strumento di potere, lo stesso uso personale delle istituzioni, lo stesso tentativo di piegare le leve del potere per costruire fortune personali e carriere politiche posticce, la stessa spregiudicatezza.
Guai però a cadere nel tranello di chi va blaterando che non servono i distinguo, tanto son tutti uguali: tutti colpevoli, nessun colpevole. A dispetto di quanti vanno sentenziando che non esiste differenza tra destra e sinistra, le differenze esistono, eccome. Destra e sinistra non possono essere uguali di fronte all’illegalità, agli scandali, ai conflitti d’interesse, alla corruzione, al malgoverno. La differenza deve essere nel modo di affrontare le degenerazioni della politica, nel modo di reagire di fronte a chi si rende colpevole di tali nefandezze.
La sinistra deve far prevalere la buona politica. La sinistra deve essere capace di fare pulizia al suo interno: usi una robusta ramazza, spazzi via i disonesti, gli arrampicatori di scranni e di poltrone, i saltimbanchi, gli incoerenti, i mediocri. Ma deve fare in fretta, prima che il processo di omologazione la travolga definitivamente. Nessun Progetto di rinnovamento, nessuna idea nuova di Sardegna, può fare a meno della buona politica.
Massimo Dadea
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