venerdì 22 novembre 2013

UN ATTO DI CODARDIA DI MASSA


UN ATTO DI CODARDIA DI MASSA

Ciò che oggi accomuna e aggrega i soggetti sociali, è la condivisione della solitudine e dell’apatia. Un atto di codardia di massa, una condizione di dipendenza psicologica che nel “male comune mezzo gaudio” trova la risposta a un disagio esistenziale patologico. In verità tali soggetti, si detestano, si odiano e si disprezzano reciprocamente, non sopportandosi per definizione e proiettando sugli altri tutti quelli che sono in realtà i loro difetti.

Tutto ciò è molto singolare se partiamo dal fatto che si tratta di individui omologati appiattiti sull’idea dominante e condivisa, imposta dal Sistema Potere. Ci si aspetterebbe diversamente, comportamenti e atteggiamenti volti alla solidarietà, alla comune comprensione, ad una cristiana accettazione delle circostanze, contrariamente da quello stato di astio e livore che li caratterizza.

Solitamente, in tempi “normali”, la condizione di schiavitù, di
subalternità sociale e di emarginazione, compattava gli individui dentro una sorta di patto non scritto, sancito dalle comuni intenzioni di riscatto che si esprimevano in una lotta di classe (armata o civile che fosse) al fine di ripristinare i diritti violati o elusi, l’equità sociale e il valore della dignità.
Ma di questi tempi (tempi bui), dove tutto è ribaltato e relativizzato, ogni concetto di logica, raziocinio e di capacità critica, tradiscono ogni loro autentico e più profondo significato. E per tanto, i nuovi e moderni soggetti sociali, ben lungi dall’idea di vivere un’esistenza solitaria e autonoma, si adeguano a coabitare spalla a spalla in caotiche, velenose e assordanti metropoli, allo scopo di condividere la loro frustrazione e repressione, le fobie, le angosce, e quel pungente tormento depressivo che scandisce ogni attimo della loro triste vita.

Siamo uomini incompiuti, perché privi della forza di volontà, costantemente riversi su noi stessi, relegati dentro un labirinto di parole in virtù delle quali immaginiamo (attraverso un’analisi introspettiva di natura opportunistica), di trovare una motivazione logica alla nostra condizione di parassiti della società. L’uomo senza volontà, ha sostituito all’azione e ai fatti, le attenuanti e l’auto-commiserazione, al fine di prescrivere ed assolvere la sua indolenza fisica e morale e rendere legittime ogni debolezza, dipendenza e paura.

Questo soggetto (privo di volontà), è incline al servilismo, alla diffamazione e al tradimento, tratti caratteriali di un’indole epurata da ogni oggettivo parametro di riferimento, scale di valori e buon senso.
Per questo tipo di individui, in stato di dissociazione perenne, il confine fra la finzione e la realtà (con il tempo e la pratica costante) viene azzerato, incorrendo, così, nel serio rischio di non sapere più distinguere l’una dall’altra.
Del resto, anche la qualità e la forza delle emozioni sono il risultato di impegno, di consapevolezza e discernimento, e tutte, fanno capo a quell’impulso rigeneratore e rivoluzionario che trasforma l’uomo in credente: la volontà.


Gianni J. Tirelli

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