sabato 30 novembre 2013

UN PROCESSO SOGGETTO A COPYRIGHT UNIVERSALE


UN PROCESSO SOGGETTO A COPYRIGHT UNIVERSALE

Ma dall’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché,
quando tu ne mangiassi, certamente moriresti. Genesi 2,17

Abbiamo scoperchiato il vaso di Pandora, e di nuovo, la metafora profetica ritorna, come uno spettro ad oscurare l’orizzonte del nostro futuro. Abbiamo profanato il mistero della vita per scopiazzarne le sue logiche e i suoi imperscrutabili meccanismi, e in seguito riprodurli in forma sintetica a scopo di mercificazione e di profitto! Il risultato finale, è quell’orrore sotto i nostri occhi.
Possiamo si comprendere il funzionamento elementare di alcuni meccanismi biologici e tentare infantilmente di duplicarli, ma in assenza di spirito, anima e coscienza – che sono i cardini di ogni autentica scoperta – il risultato non sarà che una fotocopia sbiadita dell’originale, che per quanto riguarda gli elementi della vita, è un processo inimitabile soggetto a Copyright universale.
I motivi per cui la scienza moderna non ha prodotto nulla di buono, sta in questa mia considerazione!!
La moderna scienza, miope e cialtrona, ha voluto ridurre e tradurre ogni cosa animata e non, a mera formula chimica, equazione algebrica e principio fisico, perché di fatto incapace di compenetrare i misteri dell’anima, della
coscienza e dello spirito, che ritiene “fattori” inconciliabili e incompatibili con il suo progetto necrofilo di omologazione di massa. Queste tre entità del resto, sono sconosciute ai cervelloni della ricerca, che hanno investito ogni loro risorsa, umana e materiale, nel sondare l’infinitesimale – infinitesimale a sua volta.
E così ci si occupa di geni, di strutture genetiche, di codici genetici, anfratti genetici, manipolazioni genetiche, microscopiche entità visibili soltanto con l’ausilio di diabolici marchingegni dai costi inimmaginabili, ma che “fino in fondo”, non potranno mai vedere ne scorgere il più remoto barlume di verità.
La vita, ogni forma di vita, non è la risultante della combinazione di geni, cromosomi e affini, ne l’effetto ultimo di un fattore tecnico, ma si esprime dall’incontro di due anime, di due spiriti, di due coscienze, in assenza delle quali nulla potrebbe mai esistere.
Per tanto, tutto l’investimento riversato sulla bio/tecnologia si è rivelato un vero e colossale fallimento. Avremmo dovuto occuparci dell’anima e dello spirito – delle autentiche ragioni dell’uomo e dei motivi dell’esistenza: la sola scienza che avrebbe potuto e saputo guarirci da ogni male e tormento psicologico aprendo le porte a quel mondo che porta all’armonia, alla felicità e alla comprensione del Mistero.
Abbiamo guardato il dito evitando che il nostro sguardo incrociasse il chiarore della luna, e così imboccato la via più breve e più facile; quella strada a senso unico che porta dritti all’inferno.
Credere dunque che l’individuo umano sia la logica conseguenza prodotta dall’incontro di due fattori meramente organici, è una bestialità – un’idea malsana, talmente minimalista e approssimativa, che ci da uno spaccato esaustivo del livello di ignoranza e di incoscienza in cui versa oggi, il moderno sapere occidentale. L’Incontro, non è che un tecnicismo (se pur necessario), ma se la vita non incrocia una seconda vita che ne condivida il destino, nessuna scintilla potrà mai esplodere.
Potremmo seminare buoni semi di grano fra le sabbie del deserto o fra le nevi perenni della catena himalayana, ma nulla potrà mai germogliare e crescere in una condizione inanimata. Potremmo seminare aghi di pino fra le fertili pianure del Rajasthan alle pendici dei monti Aravalli bagnate dalle acque pure e fresche del Chambal, che niente che assomigli alla vita potrà mai generarsi, da un elemento di sterilità.

Lo spettacolo desolante di questo mondo alla fine, le montagne di rifiuti e scorie tossiche che stanno seppellendo le nostre esistenze, l’inquinamento dell’aria e la contaminazione delle acque, ci danno un quadro chiaro ed esaustivo di quanto la scienza moderna sia stata nefasta per l’umanità tutta, e del cammino intrapreso. La sua imminente fine, è per tanto un atto dovuto, perché ogni cosa rientri nel suo alveo naturale e tutto si ricomponga come all’origine.


Gianni Tirelli

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