IL POPOLO DEGLI AMORFI SEMPRE ALLA RICERCA DI
UN CAPO BRANCO
Fra le varie categorie umane di questo inizio
di secolo, c’è n’è una in particolare degna di nota, che necessiterebbe, di
un’analisi approfondita a sfondo psicologico e psichiatrico, in virtù dei suoi
comportamenti bizzarri, e scelte alquanto discutibili. Questo movimento di
persone in forte espansione, è caratterizzato da individui amorfi, totalmente
privi di carattere e di personalità che, come un branco smarrito, si muove fra
le pieghe della società alla ricerca costante di un capo guida che li
rappresenti, e sul quale riversare ogni loro responsabilità, decisione e
scelta.
Questi soggetti, benché accomunati fra loro
da un intrinseco scopo, si disprezzano reciprocamente, ritrovando, l’uno negli
occhi nell’altro, lo specchio della propria miseria morale e le spoglie della
loro anima defunta.
I soggetti di questo singolare popolo di
amorfi, sono distribuiti in maniera omogenea all’interno del mondo del lavoro,
privilegiando tutte quelle attività e mansioni a incarico impiegatizio che
esulano da ogni impegno concreto, motivo di una caratteriale riluttanza
connaturata per tutto ciò che richieda immaginazione, manualità, creatività,
capacità e responsabilità – sforzo fisico e mentale.
Molti di loro, sono occupati nel pubblico
impiego, fra le fila dei bancari, tantissimi fra i vigili urbani, o come
galoppini
di notai e avvocati, non che porta borse di politici malandrini.
Questi ultimi, confidano nella possibilità di potere un giorno sedere fra gli scranni
del parlamento, così da riversare sulla società civile tutta la frustrazione da
impotenza accumulata nel tempo - una vera e propria vendetta per essere stati
esclusi (a buon diritto), da ogni carica e posto di responsabilità.
Oggi però qualcosa è cambiato, e a questa
sempre meno rara specie umanoide, non pare vero che uno della loro risma abbia
raggiunto un tale potere. Questa circostanza li esalta, sentendosi finalmente
sdoganati da quello stato di perenne emarginazione e di ignavia che, da sempre,
li aveva relegati ai margini dell’umanità, dando così loro, una visibilità
insperata. Per conservare un tale privilegio, combatteranno con le unghie e con
i denti, disertando ogni concetto di giustizia, di equità, di bene comune,
stato di diritto e di verità.
Un tempo, la feccia strisciante della
politica italiana, era spalmata in maniera omogenea e trasversale, all’interno
di un cospicuo numero di partiti, grandi e piccoli, e questo evitava forme di
degenerazione. Oggi, con il bipolarismo, i confini che relegavano la feccia
all’interno di piccole aree, depotenziate da un potere reale, non esistono più
(sono stati superati) e tutte le varie correnti degli amorfi invisibili, sono
convogliate in una sola casa (o solo popolo), dando origine al grande Partito della
Feccia Unita.
Ed è proprio in momenti straordinari come
questi, che gli amorfi cercano conforto fra le braccia del proprio carnefice,
ma non solo; lo sostengono e lo acclamano al fine di esorcizzare la loro
miserabile e miserevole condizione di reietti.
Il significato di acclamare e osannare le
gesta del Padrone Cialtrone, sta nel condividere con lui lo sprezzo per le
istituzioni, la pratica alla menzogna come regola relazionale, la volgarità,
l’illegalità e la totale assenza dei concetti di vergogna, di etica e di
morale; caratteri distintivi e peculiari degli amorfi invisibili al potere.
Il meccanismo che innesca un tale
comportamento, è relativo a una ipotetica serie di vantaggi economici,
psicologici e privilegi, che l’amorfo invisibile moderno, nella sua grezza
primordiale logica opportunista, si prefigge di conseguire a fronte del suo
becero servilismo e piaggeria.
Il fatto poi, che il Capo Branco non mantenga
le sue promesse, non fa alcuna differenza per il moderno amorfo che, in maniera
del tutto ovvia, giustifica come fattore ininfluente, pur di garantirsi quel
privilegio assodato e da sempre agognato, che lo ha riscattato da una
condizione di emarginazione coatta.
Le donne
in carriera di questa singolare specie umana di amorfi invisibili, è possibile
incontrarle ai comizi privati e monotematici del Grande Nano o fuori dai
tribunali, riconoscibili dalle acconciature biondo platino o rosso Tiziano,
ispirate al mito della dea forzista - cervelli obnubilati dalle infinite tinte
e visi levigati dal botulino “fino alla soglia della cancellazione espressiva”.
Vecchie befane ossigenate e cotonate, contraffate dal bisturi di un improbabile
chirurgo di quart’ordine, inceronate come maschere di un perenne carnevale
fuori stagione e addobbate come alberi di natale di luccicanti bigiotterie di
cattivo gusto.
All’origine, l’amorfo invisibile è un giovane
privo di charme, solitamente bassino – veste come un manichino di provincia, ha
un linguaggio banale, e la sua introiezione proiettiva lo porta ad attribuire
agli altri tutti i suoi difetti, a cominciare dalla menzogna.
Non è in grado di costruirsi una carriera,
solo in rari casi, e grazie all’intervento di terzi in virtù di speciali
raccomandazioni o attraverso il mercimonio della dignità.
Ama stare in società, chiacchierare,
spettegolare, sempre ossequioso e riverenziale, e come una remora stare con
fiato sul collo al soggetto più forte, più ricco e influente del gruppo,
immaginando un giorno di essere ricambiato della cortigianeria e piaggeria.
Ma in realtà nessuno lo vede, ne sa che
esiste, e nel migliore dei casi viene automaticamente rimosso da ogni ipotetica
possibilità di avere fatto breccia, colpo o indotto a stupore, nel cuore o
nell’animo di chicchessia. E’
quello che corre a comprarti le sigarette, che tifa per la tua squadra - ti
ricorda un appuntamento, e conosce il giorno del tuo compleanno. E’ lui che
ordina le consumazioni in discoteca, e a volte paga per tutti. Tutti bevono,
escono dal locale chiedendosi chi mai abbia saldato il conto – sono gli
inconcludenti individui senza volontà, i parassiti, non che fautori dei
meccanismi che regolano le moderne società liberiste, sempre pronti ad
accodarsi al primo mitomane di turno in ricerca di visibilità e consenso per
placare i morsi di una forma repressiva lancinante, relativa a una incapacità
di dare risposte secche e imparziali ai motivi del loro disagio esistenziale
cronico e in fase degenerativa.
Sono gli amorfi, gli inetti, gli ignavi di
questo ultimo decennio, partoriti dai fumi narcotizzanti di un’imbecillità
umana assurta a status e modus vivendi. Sono i giovani e meno giovani, gli “yes
man dell’ultima ora, facili da comprare, indottrinare, intimidire e corrompere
– cultori del sensazionalismo sotto il quale celano ad arte un minimalismo di valori,
miseria morale e una dignità in saldo - Individui apatici e indolenti, in
attesa di quel miracolo divino che li esimi da ogni sforzo e personale scelta -
increduli, di fronte all’eventualità che il mondo sia sul punto di deflagrare.
GJTirelli
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