giovedì 5 giugno 2014

BRASILE NEL PALLONE...I MONDIALI DI CALCIO, TRA POVERTÁ E REPRESSIONE (BREVE RIFLESSIONE).

Lorenzo Mugnaini ha taggato Mariano Orrù in una nota.

I MONDIALI DI CALCIO, TRA POVERTÁ E REPRESSIONE (BREVE RIFLESSIONE).

5 giugno 2014 alle ore 4.02
Ultimamente, nei canali televisivi nazionali (peruviani) vedo, sempre piú spesso, immagini di violenti scontri tra la polizia brasiliana ed abitanti delle cosiddette "favelas" (quartieri poveri e precari, spesso baraccopoli, in genere situati presso le piú grandi cittá brasiliane).
La televisione -brasiliana e peruviana- parla di scontri tra "forze dell'ordine" e "delinquenti". In realtá le favelas non sorgono come una forma di organizzazione della delinquenza, ma perché offrono ad una parte della popolazione la vicinanza alle metropoli: al lavoro, al commercio, alla scuola e, in generale, all'ambiente urbano.
Ma questo non é il principale aspetto del problema: tutti gli scontri di questi ultimi mesi, si verificano solo nelle favelas situate in prossimitá degli stadi dove -tra il 12 giugno ed il 13 luglio- si svolgeranno i mondiali di calcio...
Giá alla fine del 2011, il ministro brasiliano dello sport Orlando Silva -del Partito Comunista Brasiliano (PCB)- aveva rinunciato al proprio incarico, denunciando irregolaritá e violazioni nei programmi sociali e sportivi. Le sue dimissioni arrivarono a generare una crisi nel governo brasiliano, giá che Silva era uno degli organizzatori dei mondiali di calcio 2014 ed anche dei giochi olimpici di Rio de Janeiro 2016.
I "padroni del calcio" (la FIFA) ne hanno immediatamente approfittato per alzare la voce, manifestando pubblicamente "inquietudine" e "preoccupazione" sulla crisi del governo brasiliano (fatto politico o sportivo?), sulla "sicurezza" (fatto sociale o calcistico?) e sullo "stato delle opere negli stadi brasiliani". Tutto questo fino al punto di obbligare la Presidente del Brasile ad un incontro ed un'intervista, giá alla fine del 2012, con Joseph Blatter (presidente della FIFA o statista?) sulle "difficoltá dell'organizzazione brasiliana".
Non pochi maturarono l'idea che, secondo la FIFA, l' "arretrato Brasile" ed il "povero Sudamerica" giá non fossero all'altezza di organizzare mondiali di calcio (che oggi richiedono tappeti rossi e videocamere, non favelas ed ultras!).
A quanto sembra, il governo "progressista" di Dilma Roussef si é mostrato assai piú attento alle "richieste" (o pressioni?) della FIFA e dei padroni, che non alle necessitá (reali) del popolo brasiliano. Invece di dotare le favelas delle elementari strutture sanitarie e delle infrastrutture di cui necessitano, si é deciso di eliminare il problema... eliminando le favelas (ovviamente solo quelle in prossimitá degli stadi)!
In realtá, la polizia (e l'esercito!) del Brasile, non sono oggi alla ricerca di "delinquenti" annidati nelle favelas, ma stanno realizzando lo sgombero e la demolizione -sistematica e brutale- di interi quartieri marginali.
Questa operazione ha una duplice finalitá: da un lato si reprimono una parte della popolazione e possibili "ultras", allontanandoli dagli stadi e da probabili luoghi di scontro; ma dall'altro lato si cerca di nascondere, agli occhi del mondo ed al suo "pubblico pagante", un aspetto della realtá brasiliana: lo sviluppo diseguale del capitalismo, la realtá -cruda e vergognosa- della povertá, della disoccupazione, dello sfruttamento, dell'emarginazione e della miseria.
A questo punto, peró, catalogare come "delinquenti" tutti gli abitanti delle favelas che si oppongono allo sgombero in difesa del proprio "quartiere", della propria casa (o baracca), della propria famiglia, dei propri figli e del semplice diritto all'esistenza, appare un'evidente mostruositá, cinica ed infame.
A tutti coloro che in questi giorni, in Brasile, resistono e lottano, va tutto il mio rispetto.
Ad una societá dove la libertá ha il colore del denaro e le fattezze di un manganello, va tutto il mio disprezzo!

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