martedì 27 gennaio 2015

Il Grande Illusionista all’opera

Il Grande Illusionista all’opera
Il fatto che un simile giornale sia indotto a sospettare un falso – o un false flag – e a render note le sue osservazioni, la dice lunga sul pervadente, continuo Grande Spettacolo delle Illusioni che è in atto per convincere noi spettatori delle varie «versioni ufficiali» che ci vengono propinate sui tragici eventi in corso, siano l’eccidio di Charlie Hebdo attribuito ai terroristi islamici, le sparatorie di questi medesimi terroristi franco-islamici e la loro uccisione per mano della polizia, siano le decapitazioni del Califfato, la «violenza» in Ucraina, i bombardamenti americani in Siria contro l’IS (in realtà contro Assad).
Che cosa sappiamo di questi eventi? Solo ciò che ci viene mostrato ed asseverato in televisione. Da queste immagini e dai commenti dei telegiornalisti traiamo la convinzione che sono “cose vere”. E come dubitarne? Le telecamere, i giornalisti, erano “presenti”, ci hanno raccontato quel che hanno visto coi propri occhi.
Come per esempio questa storica immagine:

I 56 capi di Stato e di Governo che marciano in testa alla immane manifestazione dell’11 settembre a Parigi, fieri, col petto in fuori e l’aria dei grandi momenti della storia, a formare la prima linea davanti ai tre milioni di anonimi cittadini partecipanti.
Che ve ne pare? Non vi sembra di vedere dietro di loro la grande folla? Ebbene, sì, perché fotografi e cameramen hanno avuto l’accortezza – o forse l’istruzione – di riprendere la scena dal basso verso l’alto.
Ma qualcuno ha ripreso la scena dall’alto, probabilmente da una finestra di un appartamento, ed ecco che tutto cambia:
I grandi capi politici europei (più Netanyahu, Poroshenko, africani vari…) non sono affatto alla testa del corteo vero. Dietro di loro c’è un lieve cordone di agenti, e poi il vuoto. In realtà, si sono radunati qualche minuto in una strada adiacente – presso la stazione del métro Voltaire – prima che il corteo dei 3 milioni cominciasse, e hanno posato per i mediae le telecamere del mondo intero. Le quali si sono ben guardate dallo smascherare il trucchetto. Pochi minuti per la photo opportunity, e gli abbracci fra Hollande e Merkel; poi si sono messi in posa, hanno fatto qualche passo in avanti in formazione a falange per sembrare quelli che avanzano prima e davanti ai popolo… e poi tanti saluti e ciascuno è corso a prendere il jet di servizio che lo aspettava. La manifestazione vera s’è tenuta dopo, senza la partecipazione dei «grandi».

Da qui si constata come ciò che vi fanno vedere, che «vedete con i vostri occhi in tv», e che i reporter «presenti sulla scena» vi assicurano essere reale, non è realtà. Al massimo è una inquadratura della realtà. Un preciso taglio d’immagine, che ne esclude molte altre.
Che cosa ci hanno fatto vedere sulla strage di Charlie Hebdo? Nessuna foto della redazione dopo l’assalto, nessuna immagine se non quelle prese, dal tetto, dal giornalista che si trovava lì per caso. Da certe immagini, si vede che tra quelli che erano sul tetto ce n’è uno che indossa un giubbotto antiproiettile blu, che pare quello della polizia: israeliani e poliziotti sui tetti di Parigi?…
Non abbiamo visto i corpi dei quattro uccisi nel negozio kosher (Netanyahu ha detto che li hanno portati in Israele per seppellirli). Non abbiamo visto i cadaveri dei 17 uccisi nella redazione. Non abbiamo visto nemmeno, a ben pensarci, nemmeno i corpi dei due fratelli Kouachi: ci hanno detto che le forze dell’ordine hanno dovuto ucciderli, come hanno ucciso Coulibaly nel negozio di cibi kosher. Ma cosa ne sappiamo? Crediamo che sia vero: lo è? Siamo così sicuri che i fratelli Kouachi siano morti? E di come sia morto Coulibaly, siamo proprio sicuri? L’abbiamo visto «coi nostri occhi» precipitarsi contro la vetrina, e poi cadere crivellato di colpi dagli agenti che si affollavano fuori: ma abbiamo visto che quella grossa ombra, mentre cadeva, pareva avere le mani legate o ammanettate?
Singolare discrezione dei giornali francesi, o singolare incapacità dei giornalisti: non sono andati a intervistare le famiglie di tanti morti ammazzati. Non scavano sugli eventi di contorno, tremendamente sospetti.
Helric Fredou
  Helric Fredou
Per esempio, il suicidio di Helric Fredou, vice-commissario di polizia di Limoges, incaricato dell’indagine sull’eccidio di Charlie Hebdo. Ricevuto l’incarico, il commissario si sarebbe ritirato nel suo ufficio e sparato un colpo in testa. Incredibilmente, la curiosità dei giornali francesi non si è spinta oltre. Fatto ancor più stupefacente è stata una tv indiana,Zee News, nel suo speciale Daily News & Analysis (DNA), a indagare sulla morte del commissario e a parlare con i suoi familiari.
Né la sorella né la madre dell’agente Fredou credono affatto al suicidio. La sorella: «Mio fratello era a casa quella sera, e siccome era reperibile, l’hanno chiamato ed è andato al commissariato verso le 23.30… la giornata era stata tesa secondo i colleghi… erano presenti dei poliziotti da Parigi quella sera… (Mio fratello) doveva redigere un rapporto, ma c’erano state delle frizioni, non so perché. Ha detto che doveva fare una telefonata urgente e, quando dopo un po’ non era ancora tornato… hanno mandato un collega a cercarlo… elo hanno trovato morto! Non ha lasciato nessuna lettera né il distintivo sulla scrivania» (molti dei poliziotti che si suicidano, lasciano il loro distintivo in vista). Dei personaggi sono venuti da Parigi per spiegarci come era successo…Ci hanno portato via i computer e il suo cellulare privato; ci hanno preso tutto e questo ci ha colpito, ma ci hanno detto che era la procedura».
Nel pomeriggio dell’8 gennaio, gli agenti hanno frugato il domicilio del defunto collega in presenza di madre e sorella. Le due donne hanno dovuto insistere perché fosse consentito loro di vedere il corpo del loro caro alla morgue: «Aveva una benda sulla fronte. Sul lato, trapanato a causa dell’autopsia. Dietro il cranio, non c’era niente».
Ma che relazione aveva scritto o doveva scrivere il vice-commissario? Sembra certo che si dovesse occupare non degli assassini, ma della convivente di un assassinato: Jeannette Bougrab, la compagna del direttore di Charlie Hebdo, al secolo Stephane Charbonnier detto Charb. La convivente, un’avvocata di affari, ex segretaria di Stato, «araba atea» per sua ammissione, ha pianto in tutti i talk shows proclamando che il suo amato Charb doveva essere inumato nel Pantheon delle glorie nazionali. E indicativo pero che la famiglia del morto neghi questa relazione e convivenza… strano. Strano.

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