Aleksandr Orlov New Eastern Outlook 14/01/2015
Il 5 gennaio mattina quattro militanti del SIIL hanno attraversato il confine dell'Arabia Saudita nella provincia settentrionale, presso la città di Arar, sulla via del pellegrinaggio alla Mecca da Iraq, Iran, repubbliche del Caucaso settentrionale e Transcaucasia. Pertanto questa zona non è un luogo deserto ma un incrocio trafficato del regno. Sul lato iracheno del confine la zona è abitata prevalentemente da sciiti, quindi vi sono numerose unità saudite dotate di velivoli armato, stanziato a difesa del confine; il gruppo è stato rafforzato quando il califfato islamico fu proclamato nel territorio dell'Iraq. Nel corso di una sparatoria con la pattuglia di confine saudita, scoppiata quando dei militanti hanno attaccato un posto di blocco, uno dei terroristi è stato ucciso, mentre l'altro ha fatto esplodere la cintura esplosiva uccidendo tre soldati sauditi, tra cui il Brigadier-Generale Audah al-Balawi, comandante della regione del confine settentrionale. Gli altri due militanti furono poi inseguiti e uccisi. I soldati trovarono armi automatiche, bombe a mano, cinture esplosive e ingenti somme di denaro sui cadaveri. L'attacco al valico di frontiera vicino la città di Arar, indica che il SIIL ha ufficialmente iniziato l'aggressione all'Arabia Saudita non solo effettuando attentati terroristici nel regno, come poco tempo prima, quando i militanti del ISIL sparavano agli sciiti sauditi uccidendoli davanti le moschee nella provincia orientale, ma impegnandosi militarmente sul territorio iracheno, nonostante il fatto che tali aree siano in teoria controllate dalle forze governative irachene. E' anche un fatto sconcertante che un generale saudita sia tra i soldati morti, dato che è assai dubbio che partecipasse a una tale operazione. Le autorità saudite nascondono chiaramente qualcosa. E' comprensibile dopo tutto, dato che re Abdullah sta per tirare le cuoia in ospedale, e la questione della successione nel Paese più importante per gli interessi regionali degli Stati Uniti nel mondo arabo, spinga affinché sia così. Allora, perché i media di tutto il mondo, soprattutto occidentali, minimizzano tali eventi? È un dato di fatto che l'attacco indichi che il califfato islamico ha praticamente violato il confine dell'Arabia Saudita, anche se per un paio d'ore. È una tendenza preoccupante in effetti, soprattutto ora che il regno gioca contro il mercato globale dell'energia, riducendo costantemente il prezzo del petrolio a favore di Washington per colpire le economie di Russia, Iran e Venezuela. Ma non sembra che le élite locali vi badino, mentre i ricavi si sbriciolano. L'attacco nel suo significato non si avvicina neanche ai colpi di mortaio caduti casualmente in territorio saudita, ma in realtà è una mossa ostile diretta all'Arabia Saudita dallo Stato islamico. Riyadh ha preso tutte le possibili misure di sicurezza per assicurare il confine con l'Iraq, che si estende per quasi 500 miglia. Nel dicembre 2014 l'Arabia Saudita ha creato una terra di nessuno profonda 12 miglia e inviato le guardie di frontiera con sistemi di sorveglianza per tenerla sicura. Di certo si potrebbe lodare la riuscita eliminazione dei militanti, ma erano riusciti ad attraversare la zona cuscinetto e il confine, in primo luogo, e senza temere la reazione dei soldati sauditi. In ogni caso, le cose peggiorano per le autorità saudite, dato che 5-7000 cittadini sauditi combattono sotto la bandiera dello Stato islamico, che inoltre trova molta simpatia tra la popolazione saudita, soprattutto tra i giovani. Secondo alcuni sondaggi, l'80% dei giovani sauditi simpatizza per lo Stato islamico. Ciò significa che in un dato momento, potranno entrare nelle fila del Califfato se lanciasse la grande invasione della RAS. E non ci vorrà molto, soprattutto se re Abdullah muore e gli eredi si combatteranno per occupare il trono. Non è un caso che un enorme gruppo di "consiglieri" degli Stati Uniti, cioè di agenti di NSA, CIA e Pentagono, sia arrivato in Arabia Saudita da due settimane, per cercare di escogitare un meccanismo che consenta il passaggio pacifico del potere. Quindi, tale storia puzza. Se il SIIL invadesse l'Arabia Saudita, mentre è priva del re, il risultato sarebbe certamente disastroso, dato che il Paese esploderebbe in 3-4 pezzi, come la separazione delle provincie orientali sciite confinanti con lo Yemen, dove la maggioranza della popolazione è sciita. Ma l'occidente ricorda lo struzzo che seppellisce la testa nella sabbia, cercando di nascondere la possibile offensiva del SIIL dietro la mega-marcia di Parigi. |
sabato 17 gennaio 2015
Lo Stato islamico viola i confini sauditi by sitoaurora
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