sabato 23 maggio 2015

Anche il Papa sulla Freedom Flotilla?

Non è mai un caso che la Santa Sede pro­clami santi o beati pro­ve­nienti da un Paese sul quale desi­dera porre l’attenzione. Lo è ancor meno quando il tito­lare del soglio petrino si chiama Ber­go­glio e le sante in que­stione (Maria Ghat­tas di Geru­sa­lemme e Mariam Baouardy di Naza­ret) sono le prime Pale­sti­nesi insi­gnite di que­sto titolo, da quando parte della loro terra d’origine viene chia­mata Ter­ri­tori Occu­pati Palestinesi.
Il papa venuto «quasi dalla fine del mondo», infatti, per la ceri­mo­nia di cano­niz­za­zione del 17 maggio, ha invi­tato a Roma il pre­si­dente pale­sti­nese Abu Mazen, men­tre il giorno precedente è dedicato alla discussione di un trat­tato in virtù del quale, di fatto, il Vati­cano rico­no­sce lo Stato palestinese.
Sem­pre papa Fran­ce­sco, nel suo primo viag­gio in Terra Santa, ha voluto sof­fer­marsi, fuori pro­to­collo, a pre­gare sul muro di sepa­ra­zione costruito uni­la­te­ral­mente dal governo israe­liano attorno alla Pale­stina occu­pata.
La pre­ghiera silen­ziosa del papa, in quel con­te­sto, ha la stessa valenza diplo­ma­tica di un discorso di un capo di Stato sul valore uni­ver­sale della Pace, e sicu­ra­mente mag­giore incisività.
Nel frat­tempo lo stato occu­pante ha varato un nuovo governo; dalla debole mag­gio­ranza par­la­men­tare, certo, ma, anche per ciò, più deciso del pre­ce­dente a per­pe­tuare il regime di ille­ga­lità riguar­dante i diritti pale­sti­nesi, con­di­zione più volte sot­to­li­neata dalle riso­lu­zioni delle Nazioni Unite. Quando il diritto non è rispet­tato dagli Stati, in man­canza di orga­ni­smi super par­tes che per­se­guono atti­va­mente la giu­sti­zia tra i popoli, è la soli­da­rietà inter­na­zio­nale che deve farsi carico delle ingiustizie.
Di fronte alla spre­giu­di­cata mio­pia con cui ven­gono gestiti i con­flitti regio­nali, spicca per lun­gi­mi­ranza il monito di chi vede una «terza guerra mondiale».
Non ci sor­pren­de­remmo più di tanto se il pros­simo segnale di papa Fran­ce­sco fosse quello di salire a bordo della «Free­dom Flo­tilla 3», la mis­sione inter­na­zio­nale non vio­lenta che si pre­figge, il pros­simo giu­gno, di supe­rare dal mare l’illegale blocco che Israele impone da 9 anni alla Stri­scia di Gaza.
È un invito ufficiale.

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