giovedì 18 giugno 2015

Mobilitiamoci uniti contro la politica di austerità e di guerra Viva la solidarietà internazionalista!

Mobilitiamoci uniti contro la politica di austerità e di guerra
 
Viva la solidarietà internazionalista!
 
Da anni, l'UE ed i governi dei suoi differenti paesi impongono ai lavoratori ed alle masse popolari politiche di austerità. Come risultato della crisi del sistema capitalista, aggravata da queste politiche di austerità, sono ormai più di 25 milioni i disoccupati nell'UE; una disoccupazione di massa che colpisce soprattutto i giovani, condannati alla precarietà, ma anche lavoratori più anziani, minacciati di sprofondare nella miseria. Una miseria che si diffonde ovunque, nelle città e nelle campagne. Con queste politiche di austerità, la "crescita" distrugge sempre più l’occupazione e arricchisce sempre più i ricchi e i grandi azionisti. Essa è sinonimo di maggiore precarietà, di riduzione dei salari, di tagli drastici dei bilanci sociali: la salute, l'educazione, i trasporti pubblici…
Queste politiche neoliberiste sono attuate dai governi che applicano la "tabella di marcia" del grande capitale, dell'oligarchia finanziaria che vuole liquidare le conquiste  sociali e politiche che la classe operaia, i lavoratori e i popoli hanno strappato con  decenni di lotte, e che oggi resistono e lottano per mantenerle. I numerosi trattati e direttive europee, particolarmente il trattato di Maastricht (e i suoi "criteri di convergenza" che hanno dato vita all'euro), hanno perseguito ed approfondito questa politica antioperaia e antipopolare, in nome del dogma della “concorrenza libera e non falsata", sinonimo di concorrenza organizzata di tutti contro tutti, di dumping sociale, di "liberalizzazione del mercato del lavoro", sinonimo di libertà di licenziare per i padroni, di supesfruttamento dei lavoratori e di precarizzazione.
Che si chiamino "Legge di mobilità" di Rajoy, "Jobs act " di Renzi, "Legge Hartz " in Germania, "Legge Macron" in Francia… queste controriforme mirano tutte ad abbassare il prezzo della forza-lavoro, a facilitare i licenziamenti, a sviluppare ancor più la flessibilità, a rimettere in discussione i diritti collettivi dei lavoratori.
Negli ultimi anni, è stata la "crisi del debito" ad essere usata come pretesto per le politiche di privatizzazione, per tagli consistenti delle spese sociali, per la liquidazione dei meccanismi di protezione sociale, che sono invece più che mai necessari per le grandi masse impoverite. Sono anzitutto le donne degli strati popolari, le donne lavoratrici, ad essere le prime vittime della liquidazione dei servizi pubblici.
Non sono le masse popolari a essere responsabili di questi debiti. I debiti sono la conseguenza dei miliardi di denaro pubblico utilizzato per salvare le banche e aiutare i grandi monopoli a diventare sempre più potenti, per finanziare la corsa al riarmo, i "grandi progetti” inutili per le popolazioni, ma assai profittevoli per i monopoli che li realizzano e li gestiscono.
Il rifiuto di queste politiche nazionali e europee di austerità è generale. Si esprime nelle resistenze operaie e popolari, nelle mobilitazioni, negli scioperi… che hanno per obiettivo le conseguenze di tali politiche. Si traducono anche a livello elettorale, particolarmente attraverso l'astensione assai elevata negli strati popolari che rinnegano i partiti di governo, siano essi di destra o socialdemocratici.
Alcuni partiti populisti di destra, e di estrema destra, capitalizzano elettoralmente una parte di questa contestazione, per deviarla in "soluzioni" che evitano di prendere di mira il sistema capitalista e che sviluppano il nazionalismo, la divisione e la xenofobia. Se alcuni di questi partiti non nascondono i loro riferimenti parafascisti, o addirittura apertamente fascisti, altri si mascherano dietro discorsi che sembrano più "sociali".
Ma questo rifiuto si esprime anche in modo progressista, specialmente attraverso il sostegno dato alle forze che prendono posizione contro le politiche di austerità, contro il pagamento a vita del debito, contro i diktat del FMI, del BCE, dell'UE e dei poteri imperialisti in Europa.
 
Siamo solidali con la lotta del popolo greco e denunciamo il ricatto dei dirigenti dell'UE
È quello che è successo in Grecia, con la vittoria di Syriza al momento delle elezioni dello scorso gennaio.
Il semplice fatto di aver manifestato la volontà di "rinegoziare" il debito, di aver annunciato la fine della politica di mega-austerità imposta dalla Troika, ha scatenato un'intensa campagna di intromissioni, di ricatti… da parte di tutti i capi dei paesi dell'UE, dei responsabili del FMI e delle istituzioni europee per imporre i proseguimento della politica di austerità.
L'odio di questi dirigenti si spiega con il fatto che non vogliono in nessun caso che un popolo si rifiuti di continuare a subire quella politica di austerità che impongono ai “loro” stessi popoli. Non vogliono che la lotta dei lavoratori, del popolo e della gioventù di Grecia possa servire da esempio per gli altri popoli. Devono evitare a tutti i costi l'effetto del "contagio" che questa resistenza può determinare. Questo è il motivo per cui vogliono piegare il governo greco.
Non è possibile resistere a questa torchiatura senza la mobilitazione dei lavoratori e del popolo greco. E’ indispensabile svilupparla!
Ma occorre anche che la solidarietà dei lavoratori e dei popoli, particolarmente in Europa, cresca. A tal fine lavoriamo, assieme a tutte le forze politiche, sindacali, sociali che condividono questo obiettivo.
Dobbiamo denunciare e dobbiamo aumentare la pressione sui governi dei paesi dell'UE, particolarmente quelli delle potenze imperialiste, come la Germania e la Francia, per far cessare questa politica di ricatto nei confronti della Grecia.
Dobbiamo esigere l'annullamento dei debiti della Grecia.
Dobbiamo sviluppare la lotta contro le stesse politiche di austerità in tutti i paesi.

Abbasso "l'Europa fortezza"!
Ogni giorno, barconi carichi di migranti provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente si rovesciano, provocando decine di morti. Se riescono ad entrare in una UE che non smette di erigere muri, barriere poliziesche e militari… si ritrovano perseguitati e assediati da tutte le polizie dei paesi dell'UE. Sono obbligati a nascondersi e a vivere in condizioni disumane. Sono anche il bersaglio dei partiti e delle organizzazioni di estrema destra e fascisti che organizzano campagne razziste e xenofobe, sul tema del pericolo dell’ “invasione" dei rifugiati.
Questi rifugiati, uomini, donne, bambini, fuggono dalla miseria e dalle guerre. Vengono dalla Siria, dal Corno d’Africa, dai paesi del Sahel… in breve, dai paesi dove le grandi potenze imperialiste conducono le guerre. Dietro il pretesto della "lotta contro il terrorismo", c'è la guerra per il controllo delle risorse minerarie e petrolifere, il controllo di zone strategiche, ci sono le rivalità tra le grandi potenze e i loro alleati locali.
In altre parole, i guerrafondai sono i principali responsabili di questa immigrazione.
Mentre le popolazioni danno prova di solidarietà, come in Italia, accogliendo i migranti, i governi mettono in atto politiche sempre più reazionarie, mirando a "prevenire l'immigrazione" e a criminalizzare tutti coloro che sono solidali con i migranti.

No alla politica di tensione e di guerra!

Numerosi Stati dell'UE partecipano alle guerre imperialiste in Africa e in Medio Oriente.
La volontà dei dirigenti delle potenze imperialiste europee di integrare l'Ucraina nella sfera di influenza economica e politica dell'UE, l'ingerenza diretta dell'imperialismo USA attraverso l’aumento della forza della NATO alle frontiere della Russia, e il sostegno dato al governo reazionario di Kiev e alle forze reazionarie e fasciste in Ucraina, hanno portato a una situazione di grande tensione alle frontiere stesse dell'UE.
Attualmente si assiste a un "reimpegno" della NATO in Europa, sostenuto con forza dai capi di molti paesi dell'est europeo, particolarmente la Polonia e i paesi baltici. Ciò si accompagna all'incremento dei loro bilanci militari.
Da diversi anni l'imperialismo USA fa pressione sui suoi alleati affinché essi "condividano il peso della difesa". 
Il pericolo di guerra in Europa è reale.
Esigiamo l'annullamento del trattato che lega l'Ucraina all'UE, un trattato che sottomette i lavoratori ed i popoli dell'Ucraina ai diktat economici e politici dell'UE.
Denunciamo la politica di confronto militare con la Russia ed esigiamo il ritiro dei mezzi dispiegati dalla NATO in questa regione.
Chiamiamo a sviluppare la mobilitazione per l'uscita dalla NATO, braccio armato dell'imperialismo USA e dei suoi alleati, un passo importante versa la sua  dissoluzione.
Chiamiamo ovunque a sviluppare la mobilitazione contro l’aumento delle spese di guerra.

Denunciamo la realizzazione di Stati sempre più polizieschi
L'implicazione di numerose potenze imperialiste d'Europa nelle "guerre contro il terrorismo", dal Medio Oriente al Sahel, si accompagna alla messa a punto di meccanismi di sorveglianza e controllo di massa, al coordinamento sempre più stretto tra i servizi di polizia, i servizi di spionaggio civili e militari, in legame coi servizi USA, particolarmente attraverso la NATO.
In tutti i paesi, si assiste al rafforzamento della criminalizzazione della "contestazione sociale", alla rimessa in discussione delle libertà democratiche, soprattutto nel campo del diritto di sciopero, del diritto di organizzazione e di manifestazione. Gli attacchi si concentrano contro le organizzazioni e i sindacalisti combattivi che denunciano la collaborazione di classe dei dirigenti che "negoziano" col padronato ed il governo l’applicazione delle politiche di austerità.
Facciamo appello a denunciare ed a combattere la fascistizzazione degli Stati, che si sta sviluppando.

Crolla il mito dell'Europa della pace e della prosperità condivisa

La crisi in Europa acutizza le contraddizioni al suo interno: tra gli Stati, all’interno di ogni paese, e più in generale, tra le classi sociali. Le disuguaglianze crescono, le tensioni si esasperano.
I meccanismi economici messi in atto dall'UE e l’eurozona, amplificano lo sviluppo ineguale e pongono sempre più, in maniera aperta, la questione del mantenimento dell’eurozona esistente.
Nei paesi dove i popoli si sono espressi contro l'entrata nell’eurozona, o contro l'entrata nell'UE, questa opposizione non smette di crescere.
Paesi che avevano intenzione di integrarsi nella UE, rinunciano, come nel caso dell’Islanda.
Dovunque si sviluppa l'opposizione all'UE, alla sua politica, al suo funzionamento antidemocratico, e, in settori sempre più importanti, questa contestazione investe anche la sua volontà di porsi come blocco imperialista, in concorrenza sempre più acuta con altre grandi potenze, sempre più aggressivo sul piano economico e politico nei confronti dei paesi dominati dell’Africa, dell'Asia, dell'America Latina…
Cresce ovunque anche la coscienza che non è possibile cambiare l'UE dall'interno per farne una cosiddetta istituzione progressista, al servizio dei popoli.
Questo è il motivo per cui difendiamo, senza riserve né condizioni, il diritto dei popoli a rompere con l'UE, l'euro e tutti i suoi meccanismi politici ed economici.
 
Parigi, giugno 2015.
 
Organizzazione per la Costruzione del Partito Comunista degli Operai di Germania
Partito Comunista degli Operai di Danimarca - APK
Partito Comunista di Spagna (marxista-leninista) – PCE (m-l)
Partito Comunista degli Operai di Francia - PCOF
Movimento per la riorganizzazione del Partito Comunista di Grecia (1918-1955)
Piattaforma Comunista - per il Partito Comunista del Proletariato d'Italia
Organizzazione Marxista-Leninista Revolusjon di Norvegia
Partito del Lavoro (EMEP) di Turchia

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