Rassegnarci a perdere tutto: è lo scopo della crisi infinita
La lunga crisi
economica, e non solo economica ma anche sociale, costituzionale,
morale, culturale, sta letteralmente rieducando i popoli: questa è la
riforma delle riforme. Insegna loro una lezione importante e penetrante.
L’uomo impara ad interiorizzare una diversa e molto più modesta e
docile concezione di se stesso, dei suoi diritti fondamentali, delle sue prospettive esistenziali. Taglia pretese e aspettative. Accetta ciò che viene. Si rassegna. La crisi
prevedibilmente verrà portata avanti, con gli strumenti di
destabilizzazione descritti nei miei precedenti articoli (“Comunitarismo
e Realismo”, “Questa non è una Crisi
Economica”), finché questa lezione non sarà stata assimilata e finché
la precedente maniera di considerare il mondo, la società, i diritti
dell’uomo, non sarà stata dimenticata o perlomeno “sovrascritta” da una
nuova coscienza, imperniata sugli elementi seguenti. Il rating delle
agenzie finanziarie e le variabili “necessità” del mercato sono la fonte
normativa suprema, superiore ai principi costituzionali e prevalgono su
di essi; lo Stato di diritto e garanzia è finito. Conseguentemente, i diritti di partecipazione democratica e di rappresentanza del cittadino sono condizionati e comprimibili.
Le scelte di politica
economica, del lavoro, dei rapporti internazionali discendono da
fattori di mercato superiori alla volontà popolare e sono dettate ai
popoli dall’alto, da organismi tecnocratici sovranazionali, che non sono
responsabili degli effetti di tali scelte e possono mantenerle in
vigore quali che siano i loro effetti, mentre esse non sono rifiutabili
dai popoli e dai loro rappresentanti. Se così non fosse, si metterebbe
in pericolo il Pil, il rating, lo spread. In effetti, gli Stati sono
politicamente impotenti e subalterni, essendo indebitati in una moneta
che non controllano più essi, ma un cartello bancario, da cui essi
dipendono per rifinanziarsi. Il cittadino è essenzialmente passivo:
subisce senza poter reagire, interloquire, negoziare, le tasse, le
tariffe, i prezzi imposti dallo Stato, dei monopolisti dei servizi,
dell’energia, di molti beni essenziali. Subisce senza poter reagire il
tracciamento di tutte le sue azioni, spostamenti, incassi, spese,
consumi.
Lo
Stato, la pubblica amministrazione, le imprese private monopolistiche
che operano in concessione, lo governano e agiscono su di lui da
lontano, con mezzi telematici, senza che egli possa interagire con tali
soggetti. Come lavoratore, deve accettare una strutturale mancanza di
garanzie e pianificabilità, di stabilità dei rapporti e dei redditi, di
continuità occupazionale, di prospettiva di carriera e persino di una
pensione sufficiente a vivere.
Come
consumatore, deve accettare i prezzi e le tariffe fissate da monopoli
multinazionali o da monopoli locali ammanicati con la casta politica. Deve accettare senza discutere che lo Stato, pur potendo investire e rilanciare l’economia
e l’occupazione, scelga piuttosto di lasciare milioni e milioni di
persone senza lavoro e nella miseria, nonché senza servizi pubblici
decenti, per rispettare i parametri astratti e senza alcuna utilità
verificabile, o addirittura dannosi. Deve accettare che i suoi risparmi,
sia in valori finanziari che in beni immobili, siano posti in line e
gli vengano gradualmente sottratti con le tasse, le bolle, i bail-in, e
che non gli rendano più niente, e che i rendimenti siano solo per i
grandissimi capitali, quelli di coloro che comandano la società, e che
si muovono in circuiti finanziari off shore dove non si pagano le tasse.
In
fatto di ordine pubblico, deve accettare che la sicurezza sia garantita
in misura limitata e in modo pressoché occasionale, che molti delitti e
traffici criminali si svolgano in modo tollerato, che molti malfattori
non vengono perseguiti o vengano subito rilasciati. Deve rinunciare ad
essere tranquillo e padrone sul suo territorio. Deve rinunciare ad avere
un territorio suo proprio. Deve inoltre abituarsi a non considerarsi
portatore di diritti
inalienabili e propri di cittadino, in quanto vede gli immigrati anche
clandestini preferiti a lui nei servizi sanitari, nell’edilizia
popolare, nell’assistenza pubblica in generale, e protetti quando
commettono abitualmente reati. Deve capire che è lo Stato, dall’alto e
insindacabilmente, a dare e togliere diritti, a stabilire chi ha diritti,
chi non ne ha, chi ne ha di più, chi ne ha di meno. Deve accettare come
giusti, normali, inevitabili nonché benefici, i flussi di immigrazione
massicci che stravolgono la composizione etnica e culturale del suo
ambiente sociale.
Deve
accettare la fine delle comunità e delle formazioni intermedie, perché
tutti gli umani, indistintamente, sono resi per legge e per prassi
amministrativa omogenei, equivalenti, monadi solitarie e senza volto
davanti allo schermo, al fisco, agli strumenti di monitoraggio e, se
necessario, ai droni. Deve accettare la fine delle identità e dei ruoli
naturali: fine della famiglia naturale in favore di quella Fai Da Te,
fine della differenziazione tra i sessi in favore della scambiabilità
del gender, fine della nazione come comunità storica etico culturale in
favore del villaggio globale omogeneizzato, fine delle democrazie
parlamentari nazionali sovrane in favore di un senato mondialista,
bancario e massonico. Deve imparare che il suo ruolo è la passività
obbediente, che non ci sono alternative; e a rifiutare come populista,
infantile, fascista, comunista, retrivo qualsiasi pensiero
strutturalmente critico verso questo nuovo ordine di cose.
(Marco Della Luna, “Pedagogia della crisi continua”, dal blog di Della Luna del 26 maggio 2015).
La lunga crisi
economica, e non solo economica ma anche sociale, costituzionale,
morale, culturale, sta letteralmente rieducando i popoli: questa è la
riforma delle riforme. Insegna loro una lezione importante e penetrante.
L’uomo impara ad interiorizzare una diversa e molto più modesta e
docile concezione di se stesso, dei suoi diritti fondamentali, delle sue prospettive esistenziali. Taglia pretese e aspettative. Accetta ciò che viene. Si rassegna. La crisi
prevedibilmente verrà portata avanti, con gli strumenti di
destabilizzazione descritti nei miei precedenti articoli (“Comunitarismo
e Realismo”, “Questa non è una Crisi
Economica”), finché questa lezione non sarà stata assimilata e finché
la precedente maniera di considerare il mondo, la società, i diritti
dell’uomo, non sarà stata dimenticata o perlomeno “sovrascritta” da una
nuova coscienza, imperniata sugli elementi seguenti. Il rating delle
agenzie finanziarie e le variabili “necessità” del mercato sono la fonte
normativa suprema, superiore ai principi costituzionali e prevalgono su
di essi; loStato di diritto e garanzia è finito. Conseguentemente, i diritti di partecipazione democratica e di rappresentanza del cittadino sono condizionati e comprimibili.
Le scelte di politica economica, del lavoro, dei rapporti internazionali discendono da fattori di mercato superiori alla volontà popolare e sono dettate ai popoli dall’alto, da organismi tecnocratici sovranazionali, che non sono responsabili degli effetti di tali scelte e possono mantenerle in vigore quali che siano i loro effetti, mentre esse non sono rifiutabili dai popoli e dai loro rappresentanti. Se così non fosse, si metterebbe in pericolo il Pil, il rating, lo spread. In effetti, gli Stati sono politicamente impotenti e subalterni, essendo indebitati in una moneta che non controllano più essi, ma un cartello bancario, da cui essi dipendono per rifinanziarsi. Il cittadino è essenzialmente passivo: subisce senza poter reagire, interloquire, negoziare, le tasse, le tariffe, i prezzi imposti dallo Stato, dei monopolisti dei servizi, dell’energia, di molti beni essenziali. Subisce senza poter reagire il tracciamento di tutte le sue azioni, spostamenti, incassi, spese, consumi. Lo Stato, la pubblica amministrazione, le imprese private monopolistiche che operano in concessione, lo governano e agiscono su di lui da lontano, con mezzi telematici, senza che egli possa interagire con tali soggetti. Come lavoratore, deve accettare una strutturale mancanza di garanzie e pianificabilità, di stabilità dei rapporti e dei redditi, di continuità occupazionale, di prospettiva di carriera e persino di una pensione sufficiente a vivere.
Come consumatore, deve accettare i prezzi e le tariffe fissate da monopoli multinazionali o da monopoli locali ammanicati con la casta politica. Deve accettare senza discutere che lo Stato, pur potendo investire e rilanciare l’economia e l’occupazione, scelga piuttosto di lasciare milioni e milioni di persone senza lavoro e nella miseria, nonché senza servizi pubblici decenti, per rispettare i parametri astratti e senza alcuna utilità verificabile, o addirittura dannosi. Deve accettare che i suoi risparmi, sia in valori finanziari che in beni immobili, siano posti in line e gli vengano gradualmente sottratti con le tasse, le bolle, i bail-in, e che non gli rendano più niente, e che i rendimenti siano solo per i grandissimi capitali, quelli di coloro che comandano la società, e che si muovono in circuiti finanziari off shore dove non si pagano le tasse.
In fatto di ordine pubblico, deve accettare che la sicurezza sia garantita in misura limitata e in modo pressoché occasionale, che molti delitti e traffici criminali si svolgano in modo tollerato, che molti malfattori non vengono perseguiti o vengano subito rilasciati. Deve rinunciare ad essere tranquillo e padrone sul suo territorio. Deve rinunciare ad avere un territorio suo proprio. Deve inoltre abituarsi a non considerarsi portatore di diritti inalienabili e propri di cittadino, in quanto vede gli immigrati anche clandestini preferiti a lui nei servizi sanitari, nell’edilizia popolare, nell’assistenza pubblica in generale, e protetti quando commettono abitualmente reati. Deve capire che è lo Stato, dall’alto e insindacabilmente, a dare e togliere diritti, a stabilire chi ha diritti, chi non ne ha, chi ne ha di più, chi ne ha di meno. Deve accettare come giusti, normali, inevitabili nonché benefici, i flussi di immigrazione massicci che stravolgono la composizione etnica e culturale del suo ambiente sociale.
Deve accettare la fine delle comunità e delle formazioni intermedie, perché tutti gli umani, indistintamente, sono resi per legge e per prassi amministrativa omogenei, equivalenti, monadi solitarie e senza volto davanti allo schermo, al fisco, agli strumenti di monitoraggio e, se necessario, ai droni. Deve accettare la fine delle identità e dei ruoli naturali: fine della famiglia naturale in favore di quella Fai Da Te, fine della differenziazione tra i sessi in favore della scambiabilità del gender, fine della nazione come comunità storica etico culturale in favore del villaggio globale omogeneizzato, fine delle democrazie parlamentari nazionali sovrane in favore di un senato mondialista, bancario e massonico. Deve imparare che il suo ruolo è la passività obbediente, che non ci sono alternative; e a rifiutare come populista, infantile, fascista, comunista, retrivo qualsiasi pensiero strutturalmente critico verso questo nuovo ordine di cose.
(Marco Della Luna, “Pedagogia della crisi continua”, dal blog di Della Luna del 26 maggio 2015).
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