L'unità
meglio nota per l'omicidio di Usama bin Ladin è stata convertita in una
macchina da caccia all'uomo globale con scarso controllo
Mark Mazzetti, Nicholas Kulish, Christopher Drew, Serge F. Kovaleski, Sean D. Naylor e John Ismay, New York Times, 6 giugno 2015
Matthew Rosenberg e Richard A.Oppel Jr. hanno contribuito alla
segnalazione e alla ricerca hanno contributo Kitty Bennet, Alain
Delaquérière, Susan Campbell Beachy e William M. Arkin.
Obama e il Generale McChrystal
Hanno
eseguito missioni mortali da basi segrete nella selvaggia Somalia. In
Afghanistan, si sono impegnati in combattimento ravvicinati da cui
uscivano coperti di sangue altrui. Nelle incursioni clandestine nel
cuore della notte, le loro armi scelte spaziavano dalle carabine
personalizzate ai tomahawk primordiali. In tutto il mondo hanno gestito
stazioni di spionaggio camuffate da imbarcazioni commerciali, si
spacciavano da impiegati di società di copertura e da coppie sotto
copertura nelle ambasciate, monitorando chi gli Stati Uniti volevano
uccidere o catturare. Tali operazioni fanno parte della storia occulta
del Team 6 dei SEAL dell'US Navy, una delle più mitizzate
organizzazioni militari più segrete e meno controllate della nazione.
Una volta piccolo gruppo riservato a rare missioni specializzate, noto
per aver ucciso Usama bin Ladin, fu addestrato per oltre un decennio di
combattimenti in macchina per la caccia all'uomo globale. Il ruolo
riflette il nuovo tipo di guerra degli USA, in cui il conflitto si
distingue non per vittorie e sconfitte sul campo di battaglia, ma
dall'uccisione implacabile di sospetti militanti. Quasi tutto ciò che
riguarda il Team 6 dei SEAL, indicato come unità per Operazioni
Speciali, è avvolto nel mistero, il Pentagono non
riconosce
pubblicamente neanche quel nome, anche se alcune sue gesta sono emerse
in resoconti ampiamente ammirati negli ultimi anni. Ma l'esame
dell'evoluzione del Team 6, dovuta a decine di interviste con i membri
del team, attuali ed ex, opinioni di altri ufficiali e documenti
governativi, si rivela un molto più complesso racconto provocatorio.
Mentre si combattevano le guerre di logoramento in Afghanistan e Iraq,
il Team 6 effettuò missioni altrove offuscando la separazione tra
soldato e spia. L'unità dei cecchini della squadra fu ricostituita per
effettuare operazioni d'intelligence clandestine, ed i SEAL si unirono
agli agenti della Central Intelligence Agency in un'iniziativa chiamata Programma Omega,
che dava carta bianca alla caccia ai nemici. Il Team 6 ha effettuato
con successo migliaia di incursioni pericolose che i leader militari
ritengono abbiano indebolito le reti militanti, ma le sue attività hanno
suscitato preoccupazioni ricorrenti su eccessi omicidi e civili morti.
Gli abitanti dei villaggi afgani e un comandante inglese accusano i SEAL
di aver ucciso indiscriminatamente in un piccolo villaggio. Nel 2009, i
membri del team assieme a CIA e forze paramilitari afghane compì un
raid che uccise un gruppo di giovani e infiammò le tensioni tra
funzionari afghani e della NATO. Anche un ostaggio statunitense,
liberato in un drammatico salvataggio, l'ha messo in discussione perché i
SEAL uccisero tutti i suoi rapitori.
 Quando si ebbero sospetti sulla cattiva condotta, la sorveglianza esterna fu limitata. Il Joint Special Operations Command,
che sovrintende alle missioni del Team 6 dei SEAL, condusse delle
indagini su oltre mezza dozzina di episodi, ma raramente riferendo agli
investigatori dell'US Navy. " Il JSOC indaga il JSOC, e questo è parte del problema",
ha detto un ex-alto ufficiale esperto in operazioni speciali che, come
molti altri intervistati per l'articolo, ha parlato sotto anonimato
perché le attività del Team 6 sono classificate Anche i sorveglianti
civili dei militari non esaminano periodicamente le operazioni
dell'unità. " Questo è un settore in cui il Congresso notoriamente non vuole saperne troppo",
ha dichiarato Harold Koh, ex-consigliere superiore legale del
dipartimento di Stato, che ha fornito una guida sulla guerra clandestina
all'amministrazione Obama. Fiumi di denaro arrivano al Team 6 SEAL dal
2001, consentendogli di espandere significativamente le fila,
raggiungendo le 300 truppe d'assalto, chiamati operatori e 1500
personale di supporto, per soddisfare le nuove esigenze. Ma alcuni
membri del team si chiedono se il ritmo incessante delle operazioni
abbia eroso la cultura d'élite dell'unità e logorato la squadra in
missioni di combattimento di poca importanza. Il gruppo è stato inviato
in Afghanistan per cacciare i capi di al-Qaida, ma invece ha
trascorso anni a condurre battaglie contro taliban di medio e basso
livello e altri combattenti nemici. I membri del team 6, ha detto un
ex-operatore, erano come "riserve con i fucili". Il costo era alto: sono
morti più membri dell'unità negli ultimi 14 anni che in tutta la storia
precedente. Aggressioni ripetute, salti con paracadute, salite scoscese
e scoppio di esplosivi hanno lasciato molti malconci, fisicamente e
mentalmente. " La guerra non è quella bella cosa che gli Stati Uniti sono arrivati a credere", ha detto Britt Slabinski, ex-membro del Team 6 e veterano di Afghanistan e Iraq. " E' emozionante, un essere umano che ne uccide altri a lungo, tirando il peggio fuori di sè, ed anche il meglio di sé". Il Team 6 e la sua controparte dell' US Army, Delta Force,
hanno compiuto azioni così intrepide spingendo i due ultimi presidenti a
schierarli sempre più in lontani focolai di crisi, come Siria e Iraq,
ora minacciate dallo Stato Islamico, e Afghanistan, Somalia e Yemen,
impantanati nel caos. Come la campagna della CIA degli attacchi dei
droni, le operazioni speciali offrono ai responsabili politici
un'alternativa alle costose guerre di occupazione. Ma il baluardo della
segretezza intorno il Team 6 rende impossibile valutare pienamente
l'elenco e le conseguenze delle sue azioni, in particolare le vittime
civili o il risentimento profondo nei Paesi in cui operano. Le missioni
sono entrate nelle operazioni di combattimento statunitensi con poco o
senza dibattito pubblico. L'ex-senatore Bob Kerrey, democratico del
Nebraska e membro dei SEAL durante la guerra del Vietnam, avvertiva che
il Team 6 e le altre forze per Operazioni Speciali sono abusati. " Sono diventati una sorta di numero verde da fare in qualsiasi momento per qualcuno che vuole che qualcosa sia fatto",
ha detto. Ma affidarsi a loro così tanto, ha aggiunto, è inevitabile
ogni volta che i capi statunitensi si trovano ad affrontare "una di
quelle situazioni in cui la scelta che hai è tra una orribile e una
sbagliata, uno di quei casi in cui non si ha altra scelta". Mentre
rifiuta di commentare specificamente sul Team 6 dei SEAL, il Comando
Operazioni Speciali degli Stati Uniti ha detto che dall'11 settembre
2001 le sue forze " sono state coinvolte in decine di migliaia di
missioni e operazioni in molteplici teatri geografici, e mantenendo
coerentemente i più alti standard richiesti dalle Forze Armate degli
Stati Uniti". Il comando ha detto che i suoi operatori sono
addestrati ad operare in ambienti complessi e in rapida evoluzione e che
ha fiducia in un loro comportamento appropriato. " Le accuse di cattiva condotta sono prese sul serio", dice la nota, aggiungendo: " Fatti comprovati sono trattati dalle autorità militari o forze dell'ordine". I fautori dell'unità non hanno dubbi sul valore di tali guerrieri invisibili. " Se vuoi che queste forze facciano cose che a volte violano le regole del diritto internazionale",
ha detto James G. Stavridis, ex-ammiraglio ed ex-comandante supremo
alleato nella NATO, con riferimento alle azioni di guerra non
dichiarata, "certamente non vuoi che siano pubbliche", il Team 6 ha
aggiunto, " dovrebbe continuare a operare nell'ombra". Ma altri avvertono la seduzione di una campagna infinita di missioni segrete, lontano dalla vista del pubblico. " Se siete in un inconfessato campo di battaglia", ha detto William C. Banks, esperto di diritto della sicurezza nazionale presso la Syracuse University, " Non ne siete responsabili".
Combattimenti ravvicinati

Durante uno scontro caotico nel marzo 2002 sulla cima del monte Takur
Ghar, al confine con il Pakistan, il primo sottufficiale Neil C.
Roberts, specialista d'assalto del Team 6 dei SEAL, scese da un
elicottero su un terreno tenuto da al-Qaida. I combattenti
nemici l'uccisero prima che le truppe statunitensi potessero arrivare,
mutilandone il corpo nella neve. Fu la prima grande battaglia del Team 6
in Afghanistan, e il primo membro a morire. Il modo in cui fu ucciso
fece rabbrividire la comunità affiatata. La nuova guerra degli Stati
Uniti sarebbe stata ravvicinata e brutale. A volte le truppe
effettuarono i più orrendi compiti: tagliare dita o pezzi di cuoio
capelluto per l'analisi del DNA dai militanti appena uccisi. Dalla
campagna del marzo 2002 la maggior parte dei combattenti di Usama bin
Ladin fuggirono in Pakistan, e il Team 6 raramente ebbe altri
combattimenti in battaglie campali contro la rete terroristica in
Afghanistan. Il nemico che si doveva prendere era scomparso. A quel
tempo, alla squadra fu vietata la caccia ai taliban ed anche inseguire
al-Qaida in Pakistan per la preoccupazione di alienarsi il governo
pakistano. Per lo più limitati alla base aerea di Bagram, presso Kabul, i
SEAL erano frustrati. La CIA però non aveva restrizioni simili, e il
Team 6 alla fine collaborò con l'agenzia di spionaggio e sotto la sua
autorità, partecipò a più ampi combattimenti, secondo ex-ufficiali
militari e d'intelligence. Le missioni nell Programma Omega, permisero
ai SEAL di condurre "operazioni segrete" contro i taliban e altri
militanti in Pakistan. Omega era basato sul Programma Phoenix
in Vietnam, quando gli ufficiali della CIA e le truppe per Operazioni
Speciali conducevano interrogatori ed omicidi per cercare di smantellare
la guerriglia Vietcong nel Vietnam del Sud. Ma una vasta campagna di
operazioni letali in Pakistan era considerata troppo rischiosa, dicono i
funzionari, così il programma Omega si concentrava principalmente
sull'impiego dei pashtun afgani per lo spionaggio nelle aree tribali del
Pakistan, così come collaborare con le milizie afgane addestrate dalla
CIA nei raid notturni in Afghanistan. Un portavoce della CIA ha
rifiutato di commentare ciò. L'escalation del conflitto in Iraq attraeva
sempre più l'attenzione del Pentagono, richiedendo un continuo
accumularsi di truppe, tra cui il Team 6 dei SEAL. Con la relativamente
piccola presenza militare statunitense in Afghanistan, le forze taliban
si riorganizzarono. Allarmato, il Generale Stanley A. McChrystal, che
guidava il Joint Special Operations Command, nel 2006 ordinò a
SEAL e truppe di assumere un compito più ampio in Afghanistan: colpire i
taliban, portando ad anni di incursioni notturne o scontri del Team 6,
scelto come prima forza per le Operazioni Speciali negli anni più
violenti di ciò che è la guerra più lunga degli Stati Uniti. L'unità
segreta, creata per svolgere le operazioni più rischiose fu invece
impegnata in combattimenti pericolosi, ma sempre più di routine.
L'ondata di operazioni fu avviata d'estate quando il Team 6 e i Rangers dell' US Army
iniziarono a dare la caccia ai taliban di medio livello nella speranza
di trovare capi del gruppo nella provincia di Kandahar, il centro dei
taliban. Furono usate le tecniche sviluppate dalla Delta Force nelle
operazioni uccidi-e-cattura in Iraq. La logica della caccia all'uomo era
che le informazioni raccolte da un santuario dei militanti, insieme a
quelle raccolte da CIA e National Security Agency, avrebbe
portato a una fabbrica di bombe e infine a casa di un comandante dei
ribelli. Le truppe per Operazioni Speciali colpirono una serie infinita
di obiettivi. Non si hanno dati pubblici sul numero di incursioni che il
Team 6 ha effettuato in Afghanistan o il loro prezzo. Gli ufficiali
dicono che nessun colpo è stato sparato nella maggior parte dei raid. Ma
tra il 2006 e il 2008, gli operatori del Team 6 hanno detto che ci
furono intensi periodi in cui, per settimane, la loro unità era
coinvolta in 10-15 uccisioni a notte, e talvolta fino a 25. Il ritmo
accelerato "fece divenire i ragazzi feroci", ha detto un ex-ufficiale
del Team 6. " Queste stragi erano diventate routine". I
comandanti delle operazioni speciali dicono che i raid smantellarono le
reti dei taliban. Ma alcuni membri del Team 6 dubitano fossero di grande
utilità. Un ex-membro del SEAL, pressato sui dettagli su una missione,
disse, " Era così per molti di questi obiettivi, solo un altro nome.
Che fossero fiancheggiatori, subcomandanti, comandanti, finanziatori dei
taliban, non era più importante". Un altro ex-membro del Team 6, un ufficiale, fu ancora più sprezzante su alcune operazioni, " Entro il 2010, i ragazzi divennero dei teppisti di strada", ha detto. " La forza più altamente qualificata al mondo, seguiva i teppisti di strada".
L'unità fu spinta a compiere operazioni più veloci, silenziose e
letali, godendo di un budget gonfiatosi e dei progressi della tecnologia
dal 2001, il Team 6 dal blando nome di copertura Gruppo di sviluppo
della guerra speciale navale, accennando alla missione ufficiale per
sviluppare nuove attrezzature e tattiche per l'organizzazione SEAL,
comprendeva anche nove squadre non classificate. Gli armaioli dei SEAL
personalizzarono un nuovo fucile di fabbricazione tedesca e dotarono
quasi tutte le armi di silenziatori, riducendone suoni e lampi. I laser a
infrarossi, che permettono ai SEAL di sparare con maggiore precisione
di notte, sono diventati standard, come l'ottica termica per rilevare il
calore dei corpi. I SEAL sono dotati di una granata di nuova
generazione, un modello termobarico particolarmente efficace nel far
crollare gli edifici. Spesso gestiti in gruppi più grandi di quelli
tradizionali i SEAL, dotati di armi più letali, lasciano meno nemici
fuggire vivi. Alcuni del Team 6 hanno anche usato dei tomahawk realizzati da Daniel Winkler, produttore di coltelli del North Carolina che ha forgiato le lame per il film " L'ultimo dei Mohicani".
Per un periodo, i membri del Team 6, il Red Squadron, con nel logo il
volto di un guerriero nativo americano sovrapposto da un tomahawk,
ricevettero una scure Winkler nel primo anno in squadra, secondo due
membri. In un'intervista, Winkler si rifiutava di discuterne ma ha detto
che molti furono pagati da donatori privati. Le armi non sono state
solo un ornamento. Diversi ex-membri del Team 6 hanno detto che alcuni
uomini andavano in missione con le asce, e almeno uno uccise un
combattente nemico con tale arma. Dom Raso, ex-operatore del Team 6, che
lasciò l' US Navy nel 2012, ha detto che le accette furono utilizzati " per sfondare porte, manipolare serrature, combattimenti corpo a corpo e altre cose", aggiungendo che asce e lame furono usate per uccidere quando era nei SEAL. " Qualunque strumento necessario per proteggere te stesso e i tuoi fratelli, se sia una lama o una pistola, viene usata",
ha detto Raso, che ha collaborato con Winkler nella produzione di una
lama. Molti operatori SEAL respinsero un qualsiasi uso dei tomahawks
dicendo che erano troppo ingombranti per i combattimenti e inefficaci
come armi, anche se comprendono il disordine in guerra. " E' un affare sporco", ha detto un ex-operatore del Team 6, " Qual è la differenza tra sparargli come mi è stato detto, e tirare fuori un coltello e accoltellarli?"
Dam Neck Annex, la base dei SEAL
La Cultura
Il quartier generale del Team 6 dei SEAL è un recinto presso il Dam Neck Annex della Naval Air Station Oceana,
a sud di Virginia Beach, che ospita una base militare segreta
dell'esercito. Lontano dalla vita pubblica, la base ospita non solo i
300 operatori della squadra (che disdegnano il termine "commandos"), i
loro ufficiali e comandanti, ma anche piloti, costruttori Seabee,
artificieri, ingegneri, medici e un'unità d'intelligence dotata di
sofisticati sistemi di sorveglianza e tracciamento globale. I Navy SEAL, acronimo per Sea, Air, Land forces,
nascono dai sommozzatori della seconda guerra mondiale. Il Team 6
nacque decenni più tardi, con la fallita missione del 1980 per salvare
53 ostaggi statunitensi sequestrati nell'ambasciata di Teheran. Scarsa
pianificazione e errate previsioni costrinsero i comandanti ad abortire
la missione, e otto militari morirono quando due aerei entrarono in
collisione sul deserto iraniano. L'US Navy poi chiese al
comandante Richard Marcinko, un duro veterano del Vietnam, di costituire
un'unità SEAL che potesse rispondere rapidamente alle crisi
terroristiche. Il nome stesso è un tentativo di disinformazione da
guerra fredda: Solo due squadre SEAL erano esistenti al momento, ma il
comandante Marcinko chiamò l'unità SEAL Team 6 sperando che gli analisti
sovietici sovrastimassero la dimensione della forza. Disattese le
regole e favorì l'immagine anticonformista dell'unità. (Anni dopo aver
lasciato il comando, fu condannato per frode in un contratto militare).
Nella sua autobiografia, "Rogue Warrior", Marcinko descrive le
grandi bevute in solidarietà al Team 6 SEAL; le sue interviste per
reclutare spesso erano chiacchiere da ubriachi in un bar. Nel Team 6 vi
erano inizialmente due gruppi d'assalto chiamati Blu e Oro, dai colori
dell'US Navy. Il Blu della bandiera dei pirati Jolly Roger usata come insegna gli diede subito il soprannome di "Bad Boys in Blue"
per la serie di arresti per guida in stato di ubriachezza,
tossicodipendenza e incidenti con auto a noleggio nelle esercitazioni,
in quasi impunità. I giovani ufficiali a volte furono cacciati dal Team 6
per aver cercato di ripulire ciò che percepivano come cultura
dell'incoscienza. L'Ammiraglio William H. McRaven, divenuto capo del
Comando Operazioni Speciali e che supervisionò il raid contro Bin Ladin,
fu cacciato dal Team 6 e assegnato ad un'altra squadra SEAL quando
Marcinko ne era il comandante, dopo le lamentele sulle difficoltà nel
mantenere la disciplina delle truppe. Ryan Zinke, ex-ufficiale del Team 6
e ora deputato repubblicano del Montana, ha ricordato un episodio dopo
una missione di addestramento della squadra a bordo di una nave da
crociera, in preparazione della potenziale liberazione di ostaggi alle
Olimpiadi del 1992 a Barcellona, Spagna. Zinke scortò un ammiraglio in
un bar nei ponti in basso della nave. "Quando aprimmo la porta, mi sembrò si essere tra i 'Pirati dei Caraibi'", disse Zinke, ricordando che l'ammiraglio era sconvolto da capelli lunghi, barbe e orecchini degli operatori. "La mia Navy?", l'ammiraglio gli chiese. "Questi tizi sono nella mia Navy?" Fu l'inizio di ciò che Zinke definì "la grande strage", quando l'US Navy
epurò la leadership del Team 6 per professionalizzarla. Attuali ed ex
operatori del Team 6 hanno detto che la cultura era diversa da quella di
oggi. Ora si è più istruiti, atletici, vecchi e maturi anche se alcuni
si spingono ai limiti. "Sono stato buttato fuori dai Boy Scout", dice un
ex-ufficiale. La maggior parte del Team 6 SEAL, ha aggiunto, "era come me".
I membri della Delta Force, che hanno la reputazione di essere
rigidi, spesso iniziano come fanteria regolare per divenire Ranger
dell'Esercito ed entrare nelle squadre delle Forze Speciali prima di
entrare nei Delta. Ma il Team 6 dei SEAL è isolato dal resto
dell'US Navy, con molti degli uomini che passano la brutale trafila dei
SEAL esterna a quella militare. Dopo diversi anni nelle squadre regolari
SEAL, dai numeri pari in Virginia Beach, dispari a San Diego, e
un'unità nelle Hawaii dedita ai mini-sommergibili, i SEAL possono
tentare per il Team 6. Molti sono desiderosi di raggiungere l'unità
d'élite, ma circa la metà non ci arriva. Gli Ufficiali ruotano nel Team
6, a volte tornando dopo diversi turni, ma i SEAL in genere rimangono
molto più a lungo, avendo un'influenza smisurata. "Molti ragazzi arruolati pensano che in realtà daranno spettacolo", ha detto un ex-membro. "Questo fa parte dello stile Marcinko".
E tendono alla spavalderia, dicono critici e difensori. Mentre le altre
squadre SEAL (chiamate "bianche" o "vaniglia" nelle forze armate)
compiono attività simili, il Team 6 persegue obiettivi di maggior valore
e la liberazione di ostaggi nelle zone di combattimento. Opera di più
con la CIA e compie più missioni clandestine fuori dalle zone di guerra.
Il Team 6 è l'unica squadra a ricercare le armi nucleari se cadono
nelle mani sbagliate. Il ruolo del Team 6 nell'incursione del 2011
contro Bin Ladin ha prodotto un'industria casalinga di libri e
documentari, lasciando a denti stretti le Delta Force a roteare gli
occhi. I membri del Team 6 sono tenuti a rispettare il silenzio sulle
missioni, e molti membri, attuali ed ex, sono arrabbiati dai due che
hanno parlato del loro ruolo nella morte del capo di al-Qaida. Matt
Bissonnette, autore di due best seller sulla sua permanenza nel Team 6
dei SEAL, e Robert O'Neill, che ha detto in uno special televisivo di
aver ucciso Bin Ladin, sono indagati dal Naval Criminal Investigative Service
per aver rivelato informazioni classificate. Altri sono stati
tranquillamente cacciati per uso di droga o per conflitti d'interesse
con aziende militari o lavori collaterali. L'US Navy ha
cacciato 11 operatori, nel 2012, per divulgazione su tattiche dei Team 6
o consegna di video classificati per l'addestramento, per promuovere il
videogioco "Medal of Honor: Warfighter". Con diversi
schieramenti negli ultimi 13 anni, pochi membri dell'unità sono illesi.
Circa tre dozzine di operatori e personale di supporto sono morti in
missioni di combattimento, secondo un ex-membro del team, tra cui i 15
membri del Gold Squadron e due artificieri uccisi nel 2011, quando un
elicottero con il nominativo Extortion 17 fu abbattuto in Afghanistan,
il giorno più devastante della storia del Team 6. Esplosioni per violare
edifici nei raid, assalti ripetuti e percosse guidando barche d'assalto
ad alta velocità nei salvataggi marittimi o per addestramento,
richiedono un prezzo. Alcuni uomini hanno subito lesioni cerebrali
traumatiche. "Il mio corpo è finito", ha detto un operatore da poco in pensione. "Il cervello anche". "I SEAL sono un po' come i tizi del NFL, non vogliono mai dire 'me ne esco'",
ha detto il dottor John Hart, medico direttore scientifico presso il
Centro di salute mentale dell'Università del Texas a Dallas, che ha
molti pazienti tra i SEAL. "Se rispediscono ragazzi già affetti da
commozione cerebrale, non fanno altro che pestare costantemente su una
condizione cerebrale già esistente. Il cervello ha bisogno di tempo per
guarire".
Carta bianca per uccidere
 All'inizio
della guerra in Afghanistan, il Team 6 SEAL fu assegnato a protezione
del leader afghano Hamid Karzai; uno fu sfiorato durante un attentato al
futuro presidente. Ma negli anni seguenti, Karzai divenne un aspro
critico delle truppe per Operazioni Speciali degli Stati Uniti,
lamentandosi che abitualmente uccidevano civili nei raid. Considerava
l'attività del Team 6 ed altre unità come una manna per il reclutamento
dei taliban e infine ha cercato di bloccare del tutto le incursioni
notturne. La maggior parte delle missioni non era letale. Diversi membri
del Team 6 hanno detto che donne e bambini venivano ammassati insieme e
buttavano fuori gli uomini con una spinta o il calcio del fucile, per
perquisirne le case. Spesso presero dei prigionieri; numerosi detenuti
ebbero il naso rotto dopo che i SEAL li picchiavano per sottometterli,
ha detto un ufficiale. Il Team 6 spesso operava sotto gli occhi attenti
dei comandanti, ufficiali dei centri operativi d'oltremare e del Dam
Neck che di routine sorvegliavano in tempo reale le incursioni con i
droni, ma ebbero anche carta bianca. Mentre le truppe per Operazioni
Speciali adottano le stesse regole d'ingaggio degli altri militari in
Afghanistan, i membri del Team 6 eseguivano missioni notturne, decidendo
vita e morte in stanze buie con pochi testimoni e fuori dalla portata
di una vieocamera. Gli operatori potevano usare armi silenziate per
uccidere tranquillamente i nemici mentre dormivano, un atto che
difendono non essere diverso dal far cadere una bomba su una caserma
nemica. " Mi intrufolavo nelle case della gente mentre dormiva", Bissonnette dice nel libro " No Hero", scritto con lo pseudonimo di Mark Owen. " Se li trovavo con un'arma, li uccidevo, proprio come tutti i ragazzi del commando".
E nelle loro decisioni tendono ad essere netti. Notando che sparano per
uccidere, un ex-sottufficiale ha aggiunto che gli operatori sparavano
"colpi di sicurezza" su quelli abbattuti, per assicurarsene la morte.
(In una missione del 2011 su uno yacht dirottato al largo delle coste
africane, un membro del Team 6 accoltellò un pirata 91 volte, secondo un
medico legale, dopo che l'uomo e gli altri attaccanti avevano ucciso
quattro ostaggi statunitensi. Gli operatori sono addestrati " per tagliare e mutilare tutte le principali arterie", ha detto un ex-SEAL). Le regole si riducono a questo, ha detto un sottufficiale: “ Se nella vostra valutazione vi sentite minacciati, in una frazione di secondo uccidete qualcuno".
Ha descritto come un cecchino dei SEAL uccise tre persone inermi, tra
cui una ragazzina, in diversi episodi in Afghanistan, e disse ai
superiori che sentiva rappresentare una minaccia. Legalmente ciò
bastava. " Ma questo non funziona" nel Team 6, ha detto il sottufficiale. "Bisogna davvero essere minacciati",
aggiungendo che il cecchino fu cacciato dal Team 6. Una mezza dozzina
di ex-ufficiali e soldati intervistati ha dichiarato di sapere di civili
uccisi dal Team 6. Slabinski, ex-membro del Team 6 dei SEAL, ha detto
che ha visto membri del Team 6 uccidere erroneamente civili " probabilmente quattro o cinque volte"
durante le sue missioni. Diversi ex-ufficiali hanno detto che gli
operatori del Team 6 venivano regolarmente interrogati quando si avevano
sospetti su omicidi ingiustificati, ma di solito non ne trovavano
chiare prove. " Non c'era alcun incentivo a scavare a fondo", ha
detto un ex-alto ufficiale delle Operazioni Speciali. "Cosa penso quando
ci accadono cose brutte?" Chiese un altro ex-ufficiale, " Penso che ci siano state più uccisioni del dovuto? Certo". " Penso
che l'inclinazione naturale era, se si tratta di una minaccia, uccidere
e poi controllare. 'Oh, forse ho esagerato la minaccia'", ha detto. " Se penso che i ragazzi abbiano intenzionalmente ucciso persone che non lo meritassero? Ho difficoltà a crederlo".
La morte di civili è inevitabile di ogni guerra, ma nei conflitti senza
fronti distinti e dove i combattenti nemici sono spesso indistinguibili
dai non combattenti, alcuni esperti di diritto militare dicono che le
regole tradizionali della guerra sono obsolete e nuovi protocolli per la
Convenzione di Ginevra sono necessari. Ma altri sobbalzano all'idea,
dicendo che da tempo chiare norme di comportamento dovrebbero governare i
torbidi combattimenti moderni. " Sottolineare queste linee e regole diventa ancora più importante quando si combatte un nemico spietato e senza legge",
ha detto Geoffrey S. Corn, ex-esperto di diritto di guerra per
l'ufficio del procuratore generale dell'US Army ed ora professore al
South Texas College of Law. " Questo è quando l'istinto di vendetta è forte. E la guerra non è vendetta".
 Verso la fine del dispiegamento afgano del Blue Squadron
del Team 6, all'inizio del 2008, degli anziani si lamentarono dal
generale inglese le cui forze controllavano la provincia di Helmand.
Chiamò subito il capitano Scott Moore, comandante del Team 6 SEAL,
dicendo che due anziani avevano riferito che i SEAL avevano ucciso dei
civili in un villaggio, secondo un ex-membro del Team 6. Il capitano
Moore affrontò i responsabili della missione, che aveva lo scopo di
catturare o uccidere una figura dei taliban dal nome in codice Obiettivo
Pantera. Quando il capitano Moore chiese cosa fosse successo, il
comandante dello squadrone, Peter G. Vasely, negò che gli operatori
avessero ucciso dei non combattenti, ma di aver ucciso tutti gli uomini
che incontrarono perché erano tutti armati, secondo l'ex-membro del Team
6 e ufficiale. Il capitano Vasely, che ora sovrintende le squadre SEAL
regolari della costa orientale, ha rifiutato di commentare. Il capitano
Moore chiese al Joint Special Operations Command d'indagare
l'episodio. In quel periodo, il comando ebbe rapporti da decine di
testimoni su un villaggio in cui le forze statunitensi effettuarono
esecuzioni sommarie. Un altro ex-operatore del Team sosteneva che
Slabinski, al comando del Blue Squadron, indicò prima della
missione che ogni maschio nel mirino doveva essere ucciso. Slabinski
l'ha negato dicendo che non c'era una politica del genere. " Non ho mai detto questo ai ragazzi",
ha detto in un'intervista. Disse che nel periodo dell'incursione era
turbato dopo aver visto uno degli operatori più giovani tagliare la gola
di un talib morto. " Sembrava mutilasse il corpo", ha dichiarato Slabinski, aggiungendo che subito gridò: " Smettila!" Il Naval Criminal Investigative Service
poi concluse che l'operatore potrebbe aver tagliato l'equipaggiamento
dal torace del combattente morto. Ma i capi del Team 6 si dissero
preoccupati da alcuni operatori fuori controllo, e il protagonista
dell'episodio fu rispedito negli Stati Uniti. Slabinski, sospettando che
i suoi uomini non avessero seguito le regole d'ingaggio correttamente,
li radunò per quello che ha definito un " discorso molto severo". " Se qualcuno di voi sente il bisogno di punire, mi dovrebbe chiamare", gli aveva ricordato. " Non c'è nessuno che possa autorizzarlo se non io",
disse che il suo messaggio era volto a comunicare che l'autorizzazione
non sarebbe mai arrivata, perché tale comportamento non era appropriato.
Ma ammise che forse alcuni dei suoi uomini l'avrebbero frainteso. Il
JSOC scagionò lo squadrone dell'operazione Pantera, secondo due
ex-membri del team 6. Non è chiaro quanti afghani furono uccisi nel raid
o esattamente dove accadde, anche se un ex-ufficiale ha detto di
ritenere fosse a sud di Lashkar Gah, capitale della provincia di
Helmand. Ma le uccisioni indussero una discussione ad alto livello su
come, in un Paese dove molti uomini girano armati, il Team 6 potesse " garantire che siamo solo contro i veri cattivi",
ha detto uno degli ex-capi del team. In altre inchieste, di solito
gestite dal JSOC e non da investigatori dell'US Navy, nessuno è stato
condannato. In genere, gli uomini venivano rimandati a casa quando
preoccupazioni sorgevano; tre per esempio furono rispediti a Dam Neck
dopo ilo pestaggio di un detenuto durante un interrogatorio, secondo un
ex-ufficiale, così come alcuni membri del team coinvolti in uccisioni
dubbi. Più di un anno dopo, un'altra missione creò forti proteste degli
afghani. Appena dopo la mezzanotte del 27 dicembre 2009, decine di
truppe statunitensi e afghane sbarcarono dagli elicotteri a parecchie
miglia dal piccolo villaggio di Ghazi Khan, nella Provincia di Kunar, e
camminarono verso i villaggio nel buio. Quando se ne andarono, 10
residenti erano stati uccisi.
Ciò che successe quella notte è ancora discusso. Lo scopo della missione
era catturare o uccidere un operativo dei taliban, ma fu subito
evidente che nessun capo talib erano presente. La missione si basava su
informazioni errate, un problema che ha tormentato le operazioni degli
Stati Uniti per anni in Afghanistan. Un ex-governatore della provincia
indagò e accusò gli statunitensi di aver ucciso degli studenti. La
missione delle Nazioni Unite in Afghanistan rilasciò una dichiarazione
dicendo che una prima indagine concluse che " otto delle vittime erano studenti iscritti nelle scuole locali".
Il portavoce militare statunitense inizialmente disse che i morti
facevano parte di una cellula di insorti che costruiva ordigni esplosivi
improvvisati. Alla fine, abbandonarono tale spiegazione. Ma alcuni
militari statunitensi ancora insistono che i giovani erano armati e
legati ai taliban. Una dichiarazione della NATO affermò che gli autori
del raid "non erano militari", apparentemente un riferimento alla CIA, a
capo dell'operazione. Ma i membri del Team 6 avevano partecipato a
quella missione. Nell'ambito del programma segreto Omega, si unirono a
una forza d'assalto composta da agenti CIA, paramilitari e soldati
afgani addestrati dall'agenzia di spionaggio. Da allora, il programma
iniziato con la guerra afghana era cambiato. Le incursioni in Pakistan
furono limitate perché difficile operarvi senza essere notati da soldati
pakistani e spie, così le missioni furono per lo più limitate alla
parte afghana del confine. Nel tempo, il Generale McChrystal, divenuto
comandante in capo statunitense in Afghanistan, rispose alle lamentele
di Karzai sui morti civili serrando le norme sui raid notturni e
ridimensionando il ritmo delle operazioni speciali. Dopo anni di
raffinazione delle tecniche per infiltrarsi nelle sedi del nemico, il
Team 6 veniva spesso chiamato " per invitare alla resa" prima di attaccare un sito, come lo sceriffo che annuncia con il megafono, " Vieni fuori con le mani in alto".
Slabinski ha detto che le vittime civili si ebbero più spesso durante
l'"appello alla resa", che avrebbe dovuto mitigare proprio tali perdite.
I combattenti nemici, ha detto, a volte inviavano i famigliari per poi
sparare da dietro di loro, o davano ai civili torce per farsi segnalare
posizioni degli statunitensi. O'Neill, ex- membro del Team 6, conveniva
che le norme potessero essere frustranti. " Ciò che abbiamo capito
era che maggiore è il margine di manovra nei danni collaterali, più
efficaci eravamo non perché ce ne avvantaggiavamo, ma sapendo che non ci
avremmo ripensato", ha detto in un'intervista. " Quando c'erano più regole, era più difficile".
Missioni di salvataggio
Anni fa, prima dei raid notturni afghani e delle missioni di guerra, il
Team 6 dei SEAL si addestrava costantemente nel salvataggio degli
ostaggi, missioni pericolose e difficili in cui non ebbero mai la
possibilità di esibirsi prima del 2001. Da allora, il gruppo ha tentato
almeno 10 salvataggi che furono tra i successi più celebri e i
fallimenti più amari. Gli operatori dicono che i salvataggi sono
considerati missioni "in cui non si sbaglia", dove muoversi velocemente
ed esporsi a rischi maggiori rispetto a qualsiasi altro tipo di
operazione, per proteggere gli ostaggi colpiti o altrimenti feriti. I
SEAL spesso finiscono per uccidere la maggior parte dei rapitori. Il
primo saavataggio di alto profilo avvenne nel 2003, quando il Team 6 dei
SEAL recuperò la soldatessa Jessica Lynch, ferita, catturata e tenuta
in un ospedale nei primi giorni della guerra in Iraq. Sei anni più
tardi, i membri del Team 6 balzarono da un aereo cargo nell'Oceano
Indiano con le loro barche d'assalto appositamente progettate prima
della missione di salvataggio di Richard Phillips, il capitano della
Maersk Alabama, nave portacontainer dirottata da pirati somali. Gli
operatori ripresi da un video mostrato da O'Neill, si paracadutarono con
le pinne legate agli stivali dopo aver lanciato le quattro piccole e
veloci barche dalle caratteristiche stealth per eludere i radar, legate a
più paracaduti. I cecchini dei SEAL infine uccisero tre pirati. Nel
2012, gli operatori si tuffarono dal cielo in Somalia per liberare una
cooperante statunitense, Jessica Buchanan, e il collega danese Poul
Hagen  Thisted.
Il JSOC considera alte prestazioni come standard per tali missioni. I
SEAL usarono una tecnica di paracadutismo a caduta libera chiamata " Haho",
per alta apertura a quota alta con cui, saltando da alta quota e
guidati dal vento per molte miglia, si attraversa una frontiera di
nascosto, un'azione così rischiosa che negli anni molti uomini sono
morti addestrandovisi. Buchanan ha ricordato che quattro dei
sequestratori erano a 5 metri da lei, quando il Team 6 si avvicinò col
favore delle tenebre. Uccisero i nove rapitori salvando i cooperanti. " Fin quando non si identificarono, non credevo che un salvataggio fosse possibile",
ha detto la signora Buchanan in un'intervista. Nell'ottobre 2010, un
membro del Team 6 commise un errore durante il tentativo di salvare
Linda Norgrove, cooperante inglese di 36 anni prigioniera dei taliban.
Il disastro si ebbe nei primi due minuti dopo che gli operatori erano
saltati dagli elicotteri nelle montagne della provincia di Kunar,
scivolando giù per 20 metri di corda intrecciata per un ripido pendio,
secondo due alti ufficiali. Mentre scendevano nel buio verso la sede dei
taliban, il nuovo membro del team si confuse, ha poi detto agli
investigatori. La sua arma s'era inceppata. " Pensare a un milione di miglia di un minuto"
ha detto, gettò una granata su coloro che credeva fossero dei
combattenti nascosti in un fosso. Ma dopo lo scontro a fuoco che uccise
diversi taliban, i SEAL trovarono l'ostaggio, con abiti scuri e una
sciarpa testa, morta nel fosso. Inizialmente, l'operatore che lanciò la
granata e un altro membro dell'unità riferì che Norgrove fu uccisa da un
giubbotto esplosivo suicida, ma la storia andò subito a pezzi. Il video
di sorveglianza mostra che morì quasi istantaneamente da ferite di
frammentazione su testa e schiena causate dall'esplosione della granata,
osservava il rapporto investigativo. L'inchiesta congiunta dei governi
statunitense ed inglese concluse che l'operatore che aveva gettato la
granata aveva violato le procedure per la liberazione di ostaggi. Fu
espulso del Team 6, anche se ebbe il permesso di rimanere in un'altra
unità SEAL. Un'operazione di salvataggio, due anni dopo, riuscì a
liberare un medico statunitense, anche se a caro prezzo. Una notte nel
dicembre del 2012, un gruppo di operatori del Team 6 che indossavano
occhiali per la visione notturna irruppe in una villetta in Afghanistan,
dove i taliban detenevano il dottor Dilip Joseph, che lavorava con
un'organizzazione umanitaria. Il primo operatore ad entrare fu abbattuto
da un colpo alla testa, gli altri risposero con efficienza brutale,
uccidendo tutti e cinque i rapitori. Ma il dottor Joseph e altri
ufficiali diedero dei resoconti nettamente diversi sul raid. Il medico
ha detto in un'intervista che un 19enne, di nome Wallakah, fu il solo
sequestratore a sopravvivere all'assalto. Fu catturato dagli operatori
SEAL e si sedette a terra, le mani intorno le ginocchia, la testa in
basso, ha ricordato il medico. Wallakah, secondo lui, aveva sparato
all'operatore del Team 6. Pochi minuti dopo, in attesa di salire a bordo
di un elicottero per la libertà, il dottor Joseph disse a uno dei suoi
soccorritori SEAL di riportarlo in casa, dove vide alla luce della luna
Wallakah giacere in una pozza di sangue, morto. " Ricordo queste cose chiaramente come il giorno",
ha detto il medico. Ufficiali delle forze armate, parlando solo in base
all'operazione classificata, hanno sostenuto che tutti i rapitori
furono uccisi subito dopo che la squadra SEAL era entrata e xhw Wallakah
non era mai stato fatto prigioniero. Hanno anche detto che il dottor
Joseph sembrava disorientato, al momento e non rientrò nella casa, né
poteva vedere quello che accadeva nella notte buia. Due anni dopo, il
dottor Joseph è grato per il salvataggio e il sacrificio del
sottufficiale Nicolas D. Checque, il membro del team ucciso in missione.
Ma ancora si chiede cosa sia successo a Wallakah. “ Ci misi settimane a venire a patti con l'efficienza del soccorso", ha detto il dottor Joseph. " Fu così chirurgica".
Una Forza di Spionaggio Globale
Da una serie di basi lungo il confine con l'Afghanistan, il Team 6
regolarmente invia locali nelle aree tribali del Pakistan per
raccogliere informazioni. Il team ha trasformato i grandi e variopinti
camion "tintinnanti", popolari nella regione, in stazioni di spionaggio
mobili, nascondendo sofisticate apparecchiature d'intercettazione nei
camion, utilizzando dei pashtun per guidarli oltre il confine. Fuori
dalle montagne del Pakistan, il team si è anche avventurato nel
sud-ovest del deserto del Paese, compresa la regione instabile del
Baluchistan. Una missione quasi finì in un disastro quando i militanti
spararono una granata a razzo sfondando il tetto della loro villetta e
facendo finire la sovrastante squadra di 6 cecchini in mezzo al piccolo
gruppo di combattenti, che un cecchino statunitense vicino uccise
rapidamente, ha raccontato un ex-operatore. Oltre Afghanistan e
Pakistan, i membri del Team 6 Black Squadron sono sparsi in tutto il mondo in missioni di spionaggio. Originariamente l'unità dei cecchini del Team 6, il Black Squadron,
fu riconfigurato dopo gli attacchi dell'11 settembre per condurre
"operazioni d'avanguardia", gergo militare per la raccolta di
informazioni e altre attività clandestine in preparazione di una
missione speciale. Era un concetto particolarmente popolare nel
Pentagono dell'ex-segretario alla Difesa Donald H. Rumsfeld. A metà
dello scorso decennio, il Generale McChrystal aveva designato il Team 6 a
un ruolo più ampio nelle missioni di raccolta a livello mondiale, e gli
operatori del Black Squadron sono schierati nelle ambasciate
statunitensi dall'Africa sub-sahariana all'America Latina e al Medio
Oriente. Il Team 6 dei SEAL usa valigie diplomatiche per inviare
regolarmente documenti classificati e altro materiale diplomatico
statunitense, e avere le armi per gli operatori del Black Squadron di
stanza all'estero, secondo un ex-membro. In Afghanistan, gli operatori
del Black Squadron indossano abiti tribali, di nascosto piazzano
telecamere e dispositivi di ascolto nei villaggi ed interrogano i
residenti nei giorni o settimane precedenti le incursioni notturne,
secondo molti ex-membri del Team 6. L'unità adotta società di copertura
per gli operatori del Black Squadron in Medio Oriente, e gestisce
stazioni di spionaggio galleggianti camuffate da navi mercantili al
largo delle coste di Somalia e Yemen. Membri del Black Squadron
lavoravano nell'ambasciata statunitense a Sana, capitale yemenita, al
centro della caccia ad Anwar al-Awlaqi, il religioso radicale e
cittadino statunitense affiliato ad al-Qaida nella penisola arabica. Fu
ucciso nel 2011 da un drone della CIA. Un ex-membro del Black Squadron ha
detto che in Somalia e Yemen gli operatori non sono autorizzati a
sparare, a meno che obiettivi di alto valore siano nel mirino. " Al di fuori di Iraq e Afghanistan non gettiamo alcuna rete", ha detto l'ex-membro. " Facciamo tutt'altro". Il Black Squadron ha qualcosa che il resto del Team 6 dei SEAL non ha: le operatrici, donne dell' US Navy
ammesse al Black Squadron e inviate all'estero per raccogliere
informazioni, di solito nelle ambasciate con controparti maschili. Un
ex-ufficiale del Team 6 ha detto che i membri maschili e femminili del
Black Squadron spesso lavorano in coppia. Si chiama "profilo
d'ammorbidimento", rendendo la coppia meno sospetta ai servizi segreti
ostili o ai gruppi militanti. Il Black Squadron ora ha più di
100 membri, la sua crescita coincide con l'espansione delle minacce
percepite nel mondo. Riflette inoltre il cambio tra i responsabili
politici statunitensi. Dall'ansioso utilizzo dei guerrieri ombra negli
anni seguenti la debacle del 1993, il " Black Hawk Down" di
Mogadiscio in Somalia, i funzionari del governo oggi sono disposti a
mandare unità come il Team 6 dei SEAL nei conflitti, che gli Stati Uniti
ne riconoscano il ruolo o meno. " Quando c'ero io, eravamo sempre a caccia di guerre", ha dichiarato Zinke, deputato ed ex-operatore del Team 6. " Questi ragazzi le hanno trovate".
sitoaurora | giugno 10, 2015 alle 15:29 | Etichette: Afghanistan, afpak, al-Qaida, atlantismo, Barack Obama, black operation, Blocco americanista occidentalista, Blocco BAO, Central Intelligence Agency, CIA, complotti, cospirazioni, covert operation, Covert Operations, crimini contro l'umanità, crimini di guerra, Dam Neck Annex, Defence Intelligence Agency, Delta Force, disinformazione strategica, egemonia, egemonismo, electronic intelligence, esercitazioni, Europa, False flag, forze armate USA, Forze speciali, Geopolitica, Geostrategia, globalismo, globalizzazione, guerra a bassa intensità, guerra asimmetrica, guerra coperta, guerra d'influenza, guerra d'informazione, guerra d'intelligence, guerra di 4.ta generazione, guerra elettronica, guerra mediatica, guerra per procura, Imperialismo, infiltrazione, intelligence, intelligence community, Joint Special Operations Command, JSOC, manovre, mass media, mercenari, National Intelligence Council, National Security Agency, NATO, Naval Criminal Investigative Service, nazi-atlantismo, neocon, neoconservatori, neoimperialismo, North Atlantic Treaty Organization, NSA, operazioni coperte, operazioni occulte, operazioni psicologiche, operazioni speciali, Pakistan, Pentagono, Phoenix, Programma Omega, Programma Phoenix, Propaganda, psy-war, psyop, psyops, rete spionistica, riforma militare, sabotaggio, sabotatori, SEAL, servizi segreti, Signals Intelligence, sovversione, sovversivismo, special operation, special operations, spionaggio, Stati Uniti, strategia, Team 6, terrorismo, terrorismo di Stato, truppe speciali, UK, United States European Command, US Air Force, US Army, US Navy, USA, Usama bin Ladin, Washington, Washington Consensus, Washington DC
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