La svolta di Grillo: basta euro, moneta sovrana o morte
«Il
teatrino dell’euro proseguirà fino a quando lo vorranno gli americani, e
cioè fino alla definitiva approvazione del Ttip con cui gli Usa assoggetteranno l’Europa
in modo non dissimile da come l’euro ha assoggettato la periferia alla
Germania». Otto anni dopo il crack di Wall Street, e a quattro anni di
distanza dal funesto avvento di Monti, Beppe Grillo oltrepassa il
Rubicone individuando finalmente il “nemico”, quello vero, cioè non la
“casta dei ladri, della mafia e degli evasori” con cui il Movimento 5
Stelle ha finora intrattenuto il pubblico italiano. Il nemico è l’euro,
l’Unione Europea che lo impone. Ma Bruxelles da sola non conta nulla. E
nemmeno la Germania, che è solo il kapò del nuovo ordine europeo fondato
sulla crisi,
sulla paura e sulla rassegnazione punitiva. Il cervello della piovra è
oltre oceano, dietro la maschera di quell’Obama che tanto preme, in
ossequio ai suoi padroni, per imporre al vecchio continente la
catastrofe del Trattato Transatlantico, grazie al quale gli Stati non
saranno più liberi neppure di tutelare la salute dei loro cittadini: se
la vedranno con tribunali di parte e avvocati d’affari, col potere
di imporre micidiali sanzioni, nel caso avessero la malaugurata idea di
proibire business velenosi e ostacolare industrie pericolose.
Solo
dopo lo schianto clamoroso della Grecia di Tispras, Beppe Grillo alza
la testa, avendo a lungo ignorato ogni appello a costruire
un’alternativa politica basata necessariamente su un’alternativa
economica, partendo quindi dalla denuncia dell’euro come abominio
monetario, puro strumento di dominazione congegnato da un’élite
oligarchica che tutto privatizza, cominciando dalla moneta, per togliere
allo Stato (e alla comunità pubblica dei cittadini) ogni residua ragion
d’essere. In un post sul suo blog, il leader del M5S rompe gli indugi
con un’analisi senza precedenti: dall’euro bisogna uscire di corsa,
perché dentro la moneta unica europea non esiste possibilità di
salvezza. Lo pensa anche Nigel Farage, il leader dell’Ukip, pronto a
guidare la campagna referendaria del 2017 per spingere la Gran Bretagna
fuori dall’Ue. Un altro referendum sarà indetto in Austria, sempre per
chiedere l’uscita del paese dall’Unione Europea. Per non parlare della
Francia, dove il Front National di Marine Le Pen minaccia l’uscita
dall’Ue se a Parigi non sarà accordata l’uscita “morbida” dall’euro.
Non
da oggi, un economista di sinistra come Emiliano Brancaccio accusa
l’Italia: non è stata mai neppure ventilata la minaccia di uscire dal
mercato comune europeo, argomento che sarebbe fortissimo per costringere
Germania e Ue ad accettare una revisione radicale dei terrificanti
trattati europei. Se “Syriza” in Grecia e “Podemos” in Spagna continuano
a fantasticare sulla possibilità di vivere nel benessere pur restando
nell’Eurozona, in tutti questi anni il Movimento 5 Stelle è rimasto in
silenzio, limitandosi a proporre il “reddito di cittadinanza” contro il
rigore sociale imposto da Bruxelles e poi un referendum consultivo sulla
moneta unica. Ora, di colpo, Grillo cambia marcia. Il premier greco?
«Rifiutare a priori l’Euroexit è stata la sua condanna a morte:
convinto, come il Pd, che si potesse spezzare il connubio “euro &
austerità”, Tsipras ha finito per consegnare il suo paese, vassallo,
nelle mani della Germania. Pensare di opporsi all’euro solo dall’interno
presentandosi senza un esplicito piano-B di uscita ha infatti finito
per privare la Grecia di ogni potere negoziale al tavolo dell’euro-debito».
Aggiunge Grillo: solo Vendola, il Pd e i media ispirati da Scalfari e «dai nostalgici del manifesto di Ventotene», cioè il miraggio degli Stati Uniti d’Europa,
«potevano credere ad un euro senza austerità». E oggi «sono costretti a
continuare a far finta di crederci, pur di non dover ammettere
l’opportunità di una uscita dopo sette anni di disastri economici». Lo
stesso Grillo non brilla per tempismo: oggi, nel 2015, abbraccia le tesi
sovraniste enunciate da Paolo Barnard a partire dal 2010. E lo fa dopo
aver rifiutato – durante la nera stagione di Monti e Fornero – la
consulenza di Warren Mosler e del team di ecomomisti della Modern Money
Theory, gli stessi che permisero all’Argentina di liberarsi del cambio
fisso col dollaro, che (esattamente come l’euro) condannava l’economia
del paese. Ora, Grillo riconosce che «la conseguenza di questa
catastrofe politica è davanti agli occhi di tutti». Ovvero: «Nazismo
esplicito da parte di chi ha ridotto la periferia d’Europa
a suo protettorato attraverso il debito, con ricorsi storici
allarmanti». E poi: «Mutismo o esplicito supporto alla Germania da parte
degli altri paesi europei vuoi per opportunismo (nord) o per
subalternità (periferia)». E ancora: «Mercati finanziari che celebrano
con nuovi massimi la fine della democrazia».
La
Grecia è tristemente eloquente: «Esproprio del patrimonio nazionale
attraverso l’ipoteca di 50 miliardi di euro sui beni greci finiti nel
fondo voluto da “Adolf” Schaeuble per passare all’incasso dei suoi
crediti di guerra». Nessuna sorpresa: era tutto «studiato, previsto,
pianificato nei minimi dettagli», perché «la Germania è sistematica
nella sua strategia: prima crea un nuovo precedente e poi lo utilizza
nella battaglia successiva imponendo decisioni via via più invasive
della democrazia
grazie al ‘chi tace acconsente’». Irlanda, Spagna e Portogallo
«dovevano dimostrare che il rigore paga, sia in termini di riforme
(tassazione per pagare gli interessi sul debito e svalutazione interna
attraverso la compressione dei diritti
dei lavoratori) che in termini di interessi sul debito riportati a casa
e pagati col sangue dei paesi debitori». Per non parlare di Cipro, che
«ha dimostrato che i depositi bancari, se serve, si possono attaccare,
attingendo così non solo alle tasse sul reddito in nome dell’austerità,
ma direttamente al patrimonio privato dei cittadini per ripagare il
debito contratto».
Con
la Grecia, aggiunge il blog di Grillo, l’asticella è stata posta ancora
più in alto, al punto di confiscare direttamente il patrimonio pubblico
in un fondo la cui sede giuridica Schaeuble voleva inizialmente
trasferire addirittura fuori dalla Grecia. «E’ l’Italia il destinatario
finale di questi precedenti seminati lungo il percorso dell’euro-debito
in nome della presunta irreversibilità dell’euro». E’ inutile far finta
di non vederlo, aggiunge Grillo: «La Grecia offre dunque una nuova
lezione per l’Italia, da cui faremmo bene ad imparare se vogliamo farci
trovare pronti quando arriverà il nostro turno di debitori». Renzi? In
questa fase storica è «una minaccia nazionale», perché è «un premier che
argomenta bene contro l’austerity, ma che resta negazionista nei fatti
sulla Euroexit, a digiuno di economia
monetaria e con una strategia politica improvvisata». In altre parole:
quello che è valso oggi per Tsipras «varrà domani per Renzi».
Attenzione: «Un piano-B di uscita è essenziale per l’Italia, chiunque
sia al governo», conclude Grillo. «Con un enorme debito pubblico e una economia
manufatturiera orientata all’export è da irresponsabili non farsi
trovare pronti ad una eventuale uscita, non necessariamente forzata da
noi, ma eventualmente subita da decisioni altrui, visto che nessuno può
prevedere il corso degli eventi».
Ed
è bene «non contare sugli altri», perché «quando arriverà il momento
saremo soli». Proprio com’è successo a Tsipras, «che ha sbagliato i suoi
conti sperando di trovare sostegno strada facendo dai cugini
periferici, che invece si nascondevano nell’ombra del ‘questa volta non
tocca a noi’». Secondo Grillo, il referendum proposto dal M5S tramite
una legge di iniziativa popolare è «uno strumento essenziale», dal
momento che «potrà servire a spiazzare l’avversario e a dare legittimità
democratica all’Euroexit». Il leader dei 5 Stelle propone di «usare il
nostro enorme debito come minaccia». Lo considera «un vantaggio che ci
consente di attaccare al tavolo di ogni negoziazione futura», e non «uno
spauracchio da subire per abbozzare alle richieste dei creditori».
Questo, aggiunge Grillo, vuol dire «non consentire alcuna ingerenza
tedesca nel nostro legittimo diritto di ridenominare il nostro debito in
un’altra valuta, se e quando arriverà il momento». Grillo pensa sia
anche necessario rafforzare, sa subito, gli istituti di credito
italiani, perché «la minaccia di fallimento delle banche e la chiusura
dei rubinetti della liquidità è ciò che alla fine ha fatto capitolare
Tsipras».
Grillo
raccomanda addirittura di «prepararsi alla nazionalizzazione delle
banche», oltre che «al passaggio ad un’altra moneta». Lo ritiene «il
modo per non perdere la prima battaglia che dovremo affrontare quando
arriverà il momento di staccarci dal bocchettone della Bce». Ogni
piano-B, aggiunge, dovrà quindi prevedere l’introduzione di una moneta
parallela, che all’evenienza potrà essere adottata per avviare il
processo di uscita in maniera soft. Ancora più insolita l’analisi
geopolitica di Grillo, che chiede di «tenere un occhio a Francoforte e
l’altro a Washington», accusando direttamente l’élite statunitense di
voler tenere in vita l’euro fino all’approvazione europea del Ttip, il
trattato con gli Usa ridurranno in schiavitù l’Europa,
così come ha finora fatto la Germania con l’arma della moneta unica
creata su misura per Berlino. «L’euro e’ ormai una guerra esplicita tra
creditori e debitori», chiosa Grillo, ormai allineato – meglio tardi che
mai – alla lucida e solitaria denuncia di Barnard, rimasto inascoltato
per molti anni.
«E’
inutile che il nostro governo si sforzi di apparire schierato dalla
parte virtuosa dei vincitori euristi e riformisti: l’euro – insiste il
leader del Movimento 5 Stelle – non si può riformare dal suo interno e
va invece combattuto dall’esterno, abbandonando questa camicia di forza
anti-democratica». Il nostro debito è stato gonfiato dal ricorso alla
finanza privata dopo il divorzio fra Tesoro e Bankitalia e poi è
definitivamente esploso, restando fuori controllo, con l’adozione
rovinosa della moneta “straniera”. La nostra assenza di crescita unita
alla deflazione ci collocano a pieno titolo nella categoria degli
sconfitti del debito? «Faremmo dunque bene a prepararci, con un governo
esplicitamente anti-euro, all’assalto finale del patrimonio degli
italiani», conclude Grillo. Patrimonio di famiglie e aziende ormai
«sempre più a rischio, se non ci riprendiamo la nostra sovranità
monetaria».
«Il teatrino dell’euro proseguirà fino a quando lo vorranno gli
americani, e cioè fino alla definitiva approvazione del Ttip con cui gli
Usa assoggetteranno l’Europa
in modo non dissimile da come l’euro ha assoggettato la periferia alla
Germania». Otto anni dopo il crack di Wall Street, e a quattro anni di
distanza dal funesto avvento di Monti, Beppe Grillo oltrepassa il
Rubicone individuando finalmente il “nemico”, quello vero, cioè non la
“casta dei ladri, della mafia e degli evasori” con cui il Movimento 5
Stelle ha finora intrattenuto il pubblico italiano. Il nemico è l’euro,
l’Unione Europea che lo impone. Ma Bruxelles da sola non conta nulla. E
nemmeno la Germania, che è solo il kapò del nuovo ordine europeo fondato
sulla crisi,
sulla paura e sulla rassegnazione punitiva. Il cervello della piovra è
oltre oceano, dietro la maschera di quell’Obama che tanto preme, in
ossequio ai suoi padroni, per imporre al vecchio continente la
catastrofe del Trattato Transatlantico, grazie al quale gli Stati non
saranno più liberi neppure di tutelare la salute dei loro cittadini: se
la vedranno con tribunali di parte e avvocati d’affari, col potere
di imporre micidiali sanzioni, nel caso avessero la malaugurata idea di
proibire business velenosi e ostacolare industrie pericolose.Solo dopo lo schianto clamoroso della Grecia di Tispras, Beppe Grillo alza la testa, avendo a lungo ignorato ogni appello a costruire un’alternativa politica basata necessariamente su un’alternativa economica, partendo quindi dalla denuncia dell’euro come abominio monetario, puro strumento di dominazione congegnato da un’élite oligarchica che tutto privatizza, cominciando dalla moneta, per togliere allo Stato (e alla comunità pubblica dei cittadini) ogni residua ragion d’essere. In un post sul suo blog, il leader del M5S rompe gli indugi con un’analisi senza precedenti: dall’euro bisogna uscire di corsa, perché dentro la moneta unica europea non esiste possibilità di salvezza. Lo pensa anche Nigel Farage, il leader dell’Ukip, pronto a guidare la campagna referendaria del 2017 per spingere la Gran Bretagna fuori dall’Ue. Un altro referendum sarà indetto in Austria, sempre per chiedere l’uscita del paese dall’Unione Europea. Per non parlare della Francia, dove il Front National di Marine Le Pen minaccia l’uscita dall’Ue se a Parigi non sarà accordata l’uscita “morbida” dall’euro.
Non da oggi, un economista di sinistra come Emiliano Brancaccio accusa l’Italia: non è stata mai neppure ventilata la minaccia di uscire dal mercato comune europeo, argomento che sarebbe fortissimo per costringere Germania e Ue ad accettare una revisione radicale dei terrificanti trattati europei. Se “Syriza” in Grecia e “Podemos” in Spagna continuano a fantasticare sulla possibilità di vivere nel benessere pur restando nell’Eurozona, in tutti questi anni il Movimento 5 Stelle è rimasto in silenzio, limitandosi a proporre il “reddito di cittadinanza” contro il rigore sociale imposto da Bruxelles e poi un referendum consultivo
sulla moneta unica. Ora, di colpo, Grillo cambia marcia. Il premier greco? «Rifiutare a priori l’Euroexit è stata la sua condanna a morte: convinto, come il Pd, che si potesse spezzare il connubio “euro & austerità”, Tsipras ha finito per consegnare il suo paese, vassallo, nelle mani della Germania. Pensare di opporsi all’euro solo dall’interno presentandosi senza un esplicito piano-B di uscita ha infatti finito per privare la Grecia di ogni potere negoziale al tavolo dell’euro-debito».
Aggiunge Grillo: solo Vendola, il Pd e i media ispirati da Scalfari e «dai nostalgici del manifesto di Ventotene», cioè il miraggio degli Stati Uniti d’Europa, «potevano credere ad un euro senza austerità». E oggi «sono costretti a continuare a far finta di crederci, pur di non dover ammettere l’opportunità di una uscita dopo sette anni di disastri economici». Lo stesso Grillo non brilla per tempismo: oggi, nel 2015, abbraccia le tesi sovraniste enunciate da Paolo Barnard a partire dal 2010. E lo fa dopo aver rifiutato – durante la nera stagione di Monti e Fornero – la consulenza di Warren Mosler e del team di ecomomisti della Modern Money Theory, gli stessi che permisero all’Argentina di liberarsi del cambio fisso col dollaro, che (esattamente come l’euro) condannava l’economia del paese. Ora, Grillo riconosce che «la conseguenza di questa catastrofe politica è davanti agli occhi di tutti». Ovvero: «Nazismo esplicito da parte di chi ha ridotto la periferia d’Europa a suo protettorato attraverso il debito, con ricorsi storici allarmanti». E poi: «Mutismo o esplicito supporto alla Germania da parte degli altri paesi europei vuoi per opportunismo (nord) o per subalternità (periferia)». E ancora: «Mercati finanziari che celebrano con nuovi massimi la fine della democrazia».
La Grecia è tristemente eloquente: «Esproprio del patrimonio nazionale attraverso l’ipoteca di 50 miliardi di euro sui beni greci finiti nel fondo voluto da “Adolf” Schaeuble per passare all’incasso dei suoi crediti di guerra». Nessuna sorpresa: era tutto «studiato, previsto, pianificato nei minimi dettagli», perché «la Germania è sistematica nella sua strategia: prima crea un nuovo precedente e poi lo utilizza nella battaglia successiva imponendo decisioni via via più invasive della democrazia grazie al ‘chi tace acconsente’». Irlanda, Spagna e Portogallo «dovevano dimostrare che il rigore paga, sia in termini di riforme (tassazione per pagare gli interessi sul debito e svalutazione interna attraverso la compressione dei diritti dei lavoratori) che in termini di interessi sul debito riportati a casa e pagati col sangue dei paesi debitori». Per non parlare di Cipro, che «ha dimostrato che i depositi bancari, se serve, si possono attaccare, attingendo così non solo alle tasse sul reddito in nome dell’austerità, ma direttamente al patrimonio privato dei cittadini per ripagare il debito contratto».
Con la Grecia, aggiunge il blog di Grillo, l’asticella è stata posta ancora più in alto, al punto di confiscare direttamente il patrimonio pubblico in un fondo la cui sede giuridica Schaeuble voleva inizialmente trasferire addirittura fuori dalla Grecia. «E’ l’Italia il destinatario finale di questi precedenti seminati lungo il percorso dell’euro-debito in nome della presunta irreversibilità dell’euro». E’ inutile far finta di non vederlo, aggiunge Grillo: «La Grecia offre dunque una nuova lezione per l’Italia, da cui faremmo bene ad imparare se vogliamo farci trovare pronti quando arriverà il nostro turno di debitori». Renzi? In questa fase storica è «una minaccia nazionale», perché è «un premier che argomenta bene contro l’austerity, ma che resta negazionista nei fatti sulla Euroexit, a digiuno di economia monetaria e con una strategia politica improvvisata». In altre parole: quello che è valso oggi per Tsipras «varrà domani per Renzi». Attenzione: «Un piano-B di uscita è essenziale per l’Italia, chiunque sia al governo», conclude Grillo. «Con un enorme debito pubblico e una economia manufatturiera orientata all’export è da irresponsabili non farsi trovare pronti ad una eventuale uscita, non necessariamente forzata da noi, ma eventualmente subita da decisioni altrui, visto che nessuno può prevedere il corso degli eventi».
Ed è bene «non contare sugli altri», perché «quando arriverà il momento saremo soli». Proprio com’è successo a Tsipras, «che ha sbagliato i suoi conti sperando di trovare sostegno strada facendo dai cugini periferici, che invece si nascondevano nell’ombra del ‘questa volta non tocca a noi’». Secondo Grillo, il referendum proposto dal M5S tramite una legge di iniziativa popolare è «uno strumento essenziale», dal momento che «potrà servire a spiazzare l’avversario e a dare legittimità democratica all’Euroexit». Il leader dei 5 Stelle propone di «usare il nostro enorme debito come minaccia». Lo considera «un vantaggio che ci consente di attaccare al tavolo di ogni negoziazione futura», e non «uno spauracchio da subire per abbozzare alle richieste dei creditori». Questo, aggiunge Grillo, vuol dire «non consentire alcuna ingerenza tedesca nel nostro legittimo diritto di ridenominare il nostro debito in un’altra valuta, se e quando arriverà il momento». Grillo pensa sia anche necessario rafforzare, da subito, gli istituti di credito italiani, perché «la minaccia di fallimento delle banche e la chiusura dei rubinetti della liquidità è ciò che alla fine ha fatto capitolare Tsipras».
Grillo raccomanda addirittura di «prepararsi alla nazionalizzazione delle banche», oltre che «al passaggio ad un’altra moneta». Lo ritiene «il modo per non perdere la prima battaglia che dovremo affrontare quando arriverà il momento di staccarci dal bocchettone della Bce». Ogni piano-B, aggiunge, dovrà quindi prevedere l’introduzione di una moneta parallela, che all’evenienza potrà essere adottata per avviare il processo di uscita in maniera soft. Ancora più insolita l’analisi geopolitica di Grillo, che chiede di «tenere un occhio a Francoforte e l’altro a Washington», accusando direttamente l’élite statunitense di voler tenere in vita l’euro fino all’approvazione europea del Ttip, il trattato con cui gli Usa ridurranno in schiavitù l’Europa, così come ha finora fatto la Germania con l’arma della moneta unica creata su misura per Berlino. «L’euro e’ ormai una guerra esplicita tra creditori e debitori», chiosa Grillo, ormai allineato – meglio tardi che mai – alla lucida e solitaria denuncia di Barnard, rimasto inascoltato per molti anni.
«E’ inutile che il nostro governo si sforzi di apparire schierato dalla parte virtuosa dei vincitori euristi e riformisti: l’euro – insiste il leader del Movimento 5 Stelle – non si può riformare dal suo interno e va invece combattuto dall’esterno, abbandonando questa camicia di forza anti-democratica». Il nostro debito è stato gonfiato dal ricorso alla finanza privata dopo il divorzio fra Tesoro e Bankitalia e poi è definitivamente esploso, restando fuori controllo, con l’adozione rovinosa della moneta “straniera”. La nostra assenza di crescita unita alla deflazione ci colloca a pieno titolo nella categoria degli sconfitti del debito? «Faremmo dunque bene a prepararci, con un governo esplicitamente anti-euro, all’assalto finale del patrimonio degli italiani», conclude Grillo. Patrimonio di famiglie e aziende ormai «sempre più a rischio, se non ci riprendiamo la nostra sovranità monetaria».
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