lunedì 3 agosto 2015

Il Neturei Karta comunica



Il Neturei Karta comunica 

Redazione | 03-08-2015 Categoria: Guerra [Mondialismo]
“Noi ebrei palestinesi partecipiamo al lutto e al profondo dolore della famiglia Dawabsha, per l’orrendo assassinio del loro amato bambino Ali Saad – posa riposare in pace – commesso a sangue freddo da sionisti. Portiamo le più profonde condoglianze alla famiglia a nome della nazione ebraica. Condanniamo con forza l’omicidio crudele commesso, cosa che è assolutamente contraria alla religione ebraica, che in uno dei Dieci Comandamento ordina: Non ucciderai.
Constatiamo con il cuore che sanguina la costante e crudele soppressione dei nostri fratelli palestinesi senza difesa da parte dell’imperialismo sionista.
Il sangue dei nostri fratelli palestinesi grida dalla terra.
Dichiariamo di fronte al mondo che i sionisti non sono parte dellla nazione ebraica e il nome “Israele” è una terribile falsificazione. Pregiamo Allah che l’entità sionista scompaia dalla mappa. La sovranità deve tornare ai palestinesi di tutta la Palestina, con Al Quds come capitale
Noi speriamo che verrà il giorno in cui potremo vivere in pace coi nostri fratelli palestinesi, come vivevamo in Palestina prima dell’occupazione sionista. Possa Allah rivelare la sua gloria sul mondo, e portare un tempo in cui l’umanità lo serva in gioia ed armonia. Inshallah”.
Quando ho visto la firma, rabbi Meir Hirsh, ho avuto un tuffo al cuore: possibile? Quel rabbi Hirsh che intervistai una ventina d’anni fa nel quartiere di Mea Shearim , gran barba candida che un tempo era stata rossa (la percorreva ancora qualche lingua di fuoco), kippà nera di seta, tefillim, doveva essere già quasi ottantenne. Questo Meir sarà suo figlio – quella degli Hirsh è una ragguardevole linea rabbinica.
Quel rabbi Hirsh, dapprima sospettoso che un goy lo interrogasse, fu il primo da cui ricevetti la notizia – con l’accento di Manhattan – che i sionisti, venendo in Israele, avevano violato i Tre Giuramenti talmudici.
“I Tre giuramenti sono: il popolo ebreo giura di non ribellarsi contro le nazioni del mondo; secondo, ha giurato di non intraprendere azioni che accelerino la Fine dei Tempi; terzo, di non tornare in massa in Israele. Non prima della fine messianica dei tempi, il cui giorno è noto solo all’Altissimo”. Il ritorno non deve essere un atto di forza, ma mistico e sacro. Guai a ricostruire il Tempio. I nuovo Tempio, disse, scenderà dal Cielo. Allora la Gerusalemme terrestre diverrà tutt’uno con Gerusalemme celeste.
Quando gli ebrei trasgrediscono i Tre Giuramenti, l’Altissimo permette che “la carne giudaica sia lacerata” come da artigli di leone. Come è già avvenuto, mi disse, per opera dei nazisti.
Il movimento Neturei Karta è, originariamente, una scuola rabbinica haredi, di stretta ortodossia. Molte di queste scuole, o lignaggi di famiglie rabbiniche, sono state ostili al sionismo; le più adesso in qualche modo lo accettano, o approfittano dei vantaggi dello stato ebraico. Neturei Karta è rimasto contro, in modo militante.
Come mai? Rabbi Hirsh mi raccontò di un saggio ebreo, si chiamava Ahad Ha’Am, che negli anni ’20, fu rivoltato dalle prime notizie dei massacri di palestinesi da parte degli ebrei. “Sarebbe questo il sogno di ritorno a Sion: macchiare la sua terra di sangue innocente? Se questo è il Messia, non voglio assistere alla sua venuta”.
Eppure anche per i devoti di Neturei Karta “ebrei e non ebrei sono fondamentalmente differenti”: Il movimento non ne trae però la conclusione che siamo, noialtri, solo “animali parlanti”. Uno dei loro pensatori, rabbi Mayer-Schiller, ha tentato una teologia riguardo ai goym. Come si può dire che non avranno parte del mondo a venire? Che Dio giudicherà il Gentile, sia pur pio e sincero, come un idolatra? L’ipotesi, congetturale e provvisoria, è che i gentili buoni siano, agli occhi di Dio, dei ‘tinok shenishba’. Letteralmente, significa “bambino rapito”. I bambini ebrei, che “rapiti” ed allevati in famiglie cristiane, non conoscono i costumi ebrei, non sanno di essere ebrei, quindi il loro destino ulteriore è affidato alla misericordia divina. Nel linguaggio colloquiale ebraico, il locuzione assume colorito ironico, per indicare il sempliciotto, quello che non conosce l’abc della vita. Non mi pare che questa sia l’accezione in cui lo usa rabbi Mayer-Schiller. Se potessimo fare un paragone con la nostra fede, mi pare si potrebbe avvicinare “tinok shenishba” al senso di “bambini morti senza battesimo”.
“La volontà di Dio come si manifesta nella Rivelazione e negli eventi della nostra vita, ci lasciano perplessi. Ma questo non deve per nulla diminuire la nostra emunah (obbedienza). (…) Se noi (ebrei), per esempio, insistiamo a credere che i gentili sono secondari agli occhi di Dio, aderiamo con ciò stesso ad una visione che giustifica le accuse che gli antisemiti ci levano contro. E’ impossibile sfuggire alla questione: chi sono i gentili e cosa fanno nel mondo? L’ebreo ha diritto a reclamare dei diritti uguali, se non è pronto a condividere i sacrifici di tutti?”.
Così, faticosamente, essi salgono dall’esclusivismo talmudico all’universalità di Dio. “Ogni approccio restrittivo” alla questione della salvezza di ebrei e goym “ossia limitato alla sola comunità (ebraica) deve essere necessariamente erroneo”, per Mayer Schiller. Rifiuta l’idea che “Il Gentile è secondario agli occhi del Signore”.
Essi sono perché la Terrasanta venga governata dai palestinesi, come era governata dagli ottomani, sotto i quali gli ebrei pii vivevano a Gerusalemme in pace, in attesa del Messia. Il Sionismo, rabbi Hirsh fu chiaro, è peggio di un sopruso: è un sacrilegio, una contraffazione dell’ebraismo e del suo carattere sacerdotale. Vuole ridurre il popolo ebraico a “termini puramente naturalistici”, farne “un popolo che si evolve nella materialità come tutti gli altri popoli”. Invecce, “l’esistenza del popolo ebraico si fonda sulla fede. La fede che risale all’Avvenimento del Sinai. Nient’altro lega gli ebrei fra loro. La sola cosa che possiedono gli ebrei, è la fede”, consegnata nella Torah.
Quando pubblicai quel colloquio con rabbi Hirsh su Avvenire, il consolato israeliano protestò con Dino Boffo. I Neturei Karta sono spesso picchiati da altri ebrei quando insegnano le loro scarne manifestazioni.
Molte delle cose che avete letto fin qui le ho già raccolte nel mio “Fanatici dell’Apocalisse” (Il Cerchio, ripubblicato da Effedieffe). Le ho riprese qui perché, come diceva Missiroli, cinico direttore del Corriere, “niente è più inedito della carta stampata”, e pochissimi hanno letto il libro. Ma soprattutto perché in questi giorni ad Israele altri fanatici fondamentalisti hanno bruciato vivo il bambino palestinese e Netanyahu ha condannato l’atto come “terroristico” – lui che tiene i palestinesi sotto il Terrore continuo, a Gaza, e i Cisgiordania strappa terreni agli arabi per darli ai “coloni” ebrei, della stessa genìa che brucia bambini nelle case palestinesi, insulta e aggredisce le donne arabe, e scrive sui muri “Viva il Messia”. Una parte di sionisti si accorge di aver allevato un mostro dentro di sé, in quell’haredim che ha accoltellato una ragazzina partecipante al Gay Pride di Gerusalemme; ovviamente adesso si prenderanno provvedimenti, mica si può lasciare che Gerusalemme sia esentata dalla sua parte di esibizioni sodomitiche.
Quindi mi par giusto ricordare che c’è un piccolo resto fedele, tra quegli ebrei in kippà e palandrana polacca nera, coi tefillim. I Neturei Karta hanno emanato il comunicato qui sopra. Non è strano che nessun giornale lo pubblichi, che nessun governo gli dia il minimo credito, che nessun Papa li riceva e li abbracci pubblicamente. E che tutti continuino a fingere Israele stato legittimo degli ebrei, della razza, che legittimamente uccide e opprime, che legittimamente facci Israele con la violenza e con l’astuzia. Papi e governanti stanno con la contraffazione della fede ebraica, armata di 200 bombe atomichee protetta dalla superpotenza più armata della storia. Gli sembra rispettabile questo Israele.
Forse non tutti sanno perché questo movimento ebraico ha preso il nome di Neturei Karta. Il termine risale ad un raccontino talmudico. Un giorno, tanto tempo fa’, rabbi Ray Slokish, giunto in una metropoli, chiese: chi sono, qui, i guardiani della città? Gli risposero: “Abbiamo i soldati, gli arcieri”.. Rabbi Slokish si agghiacciò: “E sarebbero quelli i guardiani della città? Sono i distruttori della città! I veri guardiani della città sono gli uomini pii dediti alla preghiera”. In aramaico, “Guardiani della Città” suona Neturei Karta.
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