venerdì 7 agosto 2015

Rigettare le politiche dell’austerità, costruire un movimento unitario delle lavoratrici e dei lavoratori


Rigettare le politiche dell’austerità, costruire un movimento unitario delle lavoratrici e dei lavoratori

Risoluzione del coordinamento nazionale di Sinistra Anticapitalista 9-10 novembre 2013
1.
Il coordinamento nazionale di Sinistra Anticapitalista valuta positivamente la nuova fase di fermento sociale apertasi in Italia con lo sciopero generale convocato dai sindacati di base e le manifestazioni del 18 e 19 ottobre scorsi. Nello sciopero si sono espressi settori diversi della classe, schiacciati dalle politiche di austerità. I lavoratori e le lavoratrici una volta considerati “garantiti” vedono oggi a rischio i propri diritti fondamentali, il salario è a livelli spesso al di sotto della sussistenza, il posto di lavoro è messo a rischio dalla crisi economica e dalle scelte di politica economica dei governi che si sono succeduti. La buona riuscita dello sciopero del 18 in alcuni settori, la presenza in piazza e altre manifestazioni parziali di lotta che si stanno manifestando sono segnali incoraggianti per la ripresa del conflitto di classe. Nel grande corteo del 19 ottobre si sono mostrati poi protagonisti altri settori della classe: i migranti, costretti in condizioni di ricatto ancora maggiore rispetto agli altri lavoratori, le persone che si vedono negato il diritto all’abitare, fasce di proletariato giovanile e studentesco cui è preclusa qualsiasi speranza sulle proprie condizioni economiche future.
La risposta dell’attuale governo Letta alla crisi
economica è completamente interna e funzionale agli interessi della borghesia. Tagliare i servizi pubblici, gli stipendi, comprimere il settore pubblico regalando sempre di più ai profitti privati (in questo senso vanno le misure sul cuneo fiscale chieste a gran voce dalla Confindustria, ma anche dai sindacati confederali) in applicazione delle politiche di austerità europee.
Il Servizio sanitario pubblico, già devastato da anni di politiche aziendalistiche e di privatizzazione, è sottoposto a una nuova serie di tagli pesantissimi che sta portando all’annullamento di un diritto che le lotte dei decenni scorsi avevano imposto come un diritto universale.
Anche sulla scuola il governo Letta ha confermato la direzione di marcia devastante intrapresa dal governo Berlusconi. Non solo non vengono restituiti i tagli di questi anni, si continua nel finanziamento delle scuole private e nella negazione dei diritti dei lavoratori precari, fino a non pagare le ferie maturate durante i contratti che terminano a giugno. Il blocco dei contratti pubblici e degli scatti di anzianità è inaccettabile e sta portando gli stipendi a livelli da fame.
La decurtazione delle detrazioni fiscali è una ulteriore beffa al sistema sanitario pubblico e ai redditi delle fasce più povere della popolazione. La legge di stabilità va rigettata in toto, non servono piccole modifiche come quelle chieste nella piattaforma assolutamente insufficiente dello sciopero di quattro ore dei sindacati confederali, previsto per la prima metà di novembre. Occorre un’altra politica economica, che rimetta al centro i diritti sociali, il salario e l’intervento pubblico nell’economia.
L’ideologia della contrapposizione tra i lavoratori più anziani “garantiti” dai contratti collettivi, da un posto di lavoro pubblico o da una pensione e i giovani, cui si vorrebbero offrire delle “opportunità” di essere sfruttati a condizioni sempre peggiori, è lo strumento con cui si cercano di legittimare nell’opinione pubblica le politiche di austerità. Nello stesso senso va la contrapposizione tra italiani e migranti, che viene rispolverata ad arte dagli stessi responsabili politici delle condizioni di miseria in cui versa la grande maggioranza della popolazione, alimentando un clima di razzismo e nazionalismo xenofobo. La Francia del Front National e la Grecia di Alba Dorata non sono lontane da noi. Il rischio di una ripresa dei movimenti fascisti e xenofobi è da tenere ben presente.
2.
Le mobilitazioni del 18 e 19, con l’unità di settori diversi della classe lavoratrice, forniscono un’indicazione preziosa della direzione in cui sviluppare un ampio movimento unitario contro le politiche di austerità. False concezioni politiche sono presenti anche nei settori più politicizzati dei movimenti sociali, che tendono a subire l’ideologia della divisione tra garantiti e non garantiti, limitando le proprie parole d’ordine e la comprensibilità delle rivendicazioni del movimento a livello di massa. E’ invece necessario più che mai costruire una piattaforma rivendicativa ampia, che parli a tutte e tutti i proletari, unificando le mobilitazioni in un programma di emergenza contro l’austerità, che rimetta al centro i diritti sociali: il diritto all’abitare, il diritto al reddito per i disoccupati e precari, ma anche il diritto al lavoro e ad un salario dignitoso.
Sel e in misura minore il Prc hanno scelto in questa fase di continuare a mendicare dal Partito Democratico la difesa dei diritti democratici di base, centrando la mobilitazione sulla difesa della Costituzione. La velleità della piattaforma del 12 ottobre si è dimostrata nel giro di pochi giorni, con l’approvazione della modifica dell’articolo 138. Deve essere chiaro che non c’è margine di mediazione con il Partito Democratico neanche sulla tenuta del quadro democratico. Dopo le larghe intese con Berlusconi e il Pdl, i salvataggi in extremis dei personaggi più impresentabili (da Berlusconi alla Cancellieri), il sostegno incondizionato alla torsione presidenzialista operata da Napolitano, cos’altro deve fare il PD per far capire da che parte sta?
Diritti sociali e diritti democratici sono quanto mai legati in questa fase. E’ chiaro che la compressione della democrazia è il contraltare all’applicazione di ricette di politica economica estremamente antipopolari, sancite in trattati internazionali che intervengono direttamente sul dettato costituzionale, come il Fiscal Compact. E’ un’illusione pensare di allearsi con i “democratici” che applicano le ricette dell’austerità europea. Il PD ha ampiamente dimostrato il carattere borghese della sua politica in questi anni di governo. Occorre oggi costruire un’alternativa politica indisponibile al compromesso con la borghesia.
3.
Sul piano sindacale, dopo l’antidemocratico accordo del 31 maggio, la recente firma di Genova di un patto sociale tra le Confederazioni sindacali e la Confindustria basato su una piattaforma che contiene larga parte degli obiettivi padronali di questa fase, segna oltre che sul piano politico anche sul piano simbolico la subordinazione degli apparati burocratici alle politiche di austerità e alle regole del capitalismo. La CGIL dopo i distinguo degli anni scorsi, per altro privi di iniziativa di mobilitazione, si è allineata completamente, evidenziando così la scelta che l’ha portata prima ad accompagnare la politica economica del governo Monti, poi di quello Letta proponendo rivendicazioni sulla riduzione (sempre più minimale) del danno (sempre più ingente) derivante dalle politiche di austerità. La finta opposizione alla legge di stabilità e l’indizione di scioperi con modalità tali da renderli del tutto inefficaci e anche su alcuni contenuti negativi sono l’espressione di queste scelte di fondo delle direzioni burocratiche delle Confederazioni.
Ma quel che è non meno negativo è che, all’interno della CGIL, è venuta meno una reale opposizione perché, di fronte alle difficoltà e sconfitte subite, la direzione della Fiom insieme a “La CGIL che vogliamo” ha scelto la strada del riallineamento con la Camusso. Si apre così nella Cgil una fase congressuale difficile, proprio quando la linea del sindacalismo complice, praticato di concerto con Cisl, Uil e Confindustria rende oggi più che mai necessaria la costruzione di una corrente sindacale di classe all’interno del più grande sindacato italiano, per sostenere le lotte delle lavoratrici e dei lavoratori in difesa del posto di lavoro e dei diritti elementari che si vedono negati. Una corrente che non si limiti alla polemica interna agli organismi dirigenti, ma che pratichi un altro modo di fare sindacato nei luoghi di lavoro, costruendo una rete di delegati e delegate combattive/i anche insieme al sindacalismo di base, senza alcun settarismo. L’appello “Riprendiamoci la Cgil” per la costruzione di un documento alternativo nel prossimo congresso che sta già riscuotendo adesioni significative, trasversali rispetto alle appartenenze politiche e che vanno al di là dell’appartenenza alla Rete 28 aprile, prova a rispondere a queste necessità ed obiettivi.
Per questo le/i militanti di Sinistra Anticapitalista iscritte/i in Cgil saranno impegnate/i a fondo in questa battaglia nei prossimi mesi nel quadro della nostra concezione di fondo della ricostruzione di un sindacato di classe e del costante impegno di costruire l’unità tra tutte le componenti ( minoranze confederali e sindacati di base) e tra tutti i militanti che lavorano per questa finalità. Il radicamento nella classe lavoratrice costituisce uno degli assi politici della nostra organizzazione, e il congresso del più importante sindacato italiano è una occasione per confrontarsi con le lavoratrici e i lavoratori su proposte radicali di costruzione di un movimento di lotta contro l’austerità capitalistica.
4.
Il coordinamento nazionale di Sinistra Anticapitalista propone e impegna l’organizzazione nella realizzazione di una vasta campagna di agitazione e propaganda politica di rigetto delle politiche di austerità per la difesa dell’occupazione, dei salari e più in generale del reddito della classe lavoratrice.
Per garantire il lavoro bisogna distribuire il lavoro esistente tra tutti quelli che ne hanno bisogno a parità di salario e un piano di intervento pubblico per garantire la continuità produttiva delle aziende e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Per garantire il reddito serve la rivalorizzazione del contratto nazionale, un salario minimo intercategoriale, un salario sociale per i periodi di disoccupazione.
È una campagna quindi incentrata sulla parola d’ordine della nazionalizzazione delle banche e delle imprese strategiche (a partire dalla Fiat e dall’Ilva), perché lo Stato si faccia occupatore di prima istanza per il rilancio dell’economia, e del recupero salariale attraverso il rilancio di una proposta di legge che stabilisca un minimo salariale, ripristini la scala mobile, restituisca il fiscal drag e istituisca un salario sociale per gli studenti e i disoccupati che consenta di vivere dignitosamente a tutte e tutti. Sono i contenuti di un disegno di legge di iniziativa popolare su cui alcuni anni fa abbiamo raccolto le firme e che vogliamo rivalorizzare.
Per queste finalità produrremo una serie di materiali, uno o due manifesti, locandine da affiggere sui posti di lavoro, uno specifico numero del giornale, assemblee pubbliche, dibattiti da costruire nelle diverse città e cittadine dove la nostra organizzazione è presente.
5.
Questi contenuti vanno collocati dentro la più generale campagna di rifiuto dei trattati europei che fondano le politiche economiche e sociali di austerità, strozzando i lavoratori e le lavoratrici europee con la dismissione dei servizi pubblici essenziali, la compressione salariale e la precarizzazione ulteriore dei rapporti di lavoro.
Bisogna approfondire e chiarire l’approccio verso l’Europa sottolineando la necessità della costruzione di un movimento su scala internazionale contro queste politiche, che porti la resistenza delle donne e degli uomini sfruttate/i e oppresse/i a respingere il ricatto del debito e tutti gli strumenti padronali neoliberisti messi in piedi dalle istituzioni al servizio delle imprese private dei padroni e delle banche: il Fiscal compact, il two packs, il pareggio di bilancio e i programmi della Troika e della commissione europea. Occorre contrapporre a quel progetto un programma di emergenza fondato sulla risoluzione dell’emergenza sociale, sulla distribuzione del lavoro esistente, il recupero salariale e la nazionalizzazione delle banche e delle imprese strategiche.
Il nostro angolo di approccio, l’asse politico è il rigetto delle politiche di austerità nella loro valenza europea e nazionale dei singoli stati, il rifiuto di pagare il debito, l’unità dei lavoratori su scala nazionale ed europea contro ogni ripiegamento nazionalista e di contrapposizione soggettiva ma anche obiettiva con la classe operaia di altri paesi.
Partiamo da questo orientamento politico di fondo e non dalla coda, cioè dalla proposta di uscita dall’euro, che molti sostengono pensando di aver trovato la parola d’ordine grimaldello e di massa per aprire la porta ad una risposta nazionale (ma per molti è anche una risposta nazionalista apertamente o potenzialmente di destra) alla politica delle istituzioni europee.
Qualsiasi idea di una soluzione nazionale dentro un quadro capitalista, variamente colorata dalla speranza di un ritorno ai vecchi tempi del keynesismo, un amarcord dei tempi “felici” dell’età dell’oro del dopoguerra, è del tutto utopica perché non corrisponde a questa fase dell’economia mondiale della globalizzazione. Non è un caso che chi sostiene questa posizione non precisa mai quale classe e quale governo dovrebbe portare avanti questa politica. Non sarebbe un’ idea particolarmente geniale, né interesse della classe lavoratrice chiedere alla borghesia di dotarsi di una moneta nazionale, piuttosto che rimanere nel quadro monetario europeo, sempre restando nel quadro dato delle attuali politiche liberiste.
L’idea che l’austerità si possa sconfiggere con la svalutazione e il ritorno alle monete nazionali è una illusione, come è stato dimostrato dalla svalutazione della lira nel 1992 e dall’austerità economica senza precedenti con cui quella politica è stata accompagnata. Siamo stati contrari all’entrata dell’Italia nell’Euro con il trattato di Maastricht perché quel trattato prevedeva l’austerità economica, ma non è automaticamente con l’uscita da quel quadro che possiamo mettere fine a quelle stesse politiche.
Nello stesso tempo è chiaro e molto probabile che nelle resistenze sociali in corso in Europa la rottura sociale si porrà prima in un paese piuttosto che in un altro; se una rottura sociale portasse, come è nei nostri obiettivi, a un governo di sinistra dei lavoratori, basato sulla mobilitazione popolare, quest’ultimo dovrebbe prendere tutte le misure di emergenza necessarie per difendere gli interessi della classe lavoratrice di fronte all’aggressione padronale e delle istituzioni europee, compreso se necessario, l’uscita dell’Euro, come misura di ultima istanza, avendo la capacità di usare questa minaccia, come elemento di condizionamento e di prova di forza con il padronato e l’Unione europea. Questi potrebbero anche assumersi la responsabilità di decretare l’uscita dall’euro di quello stato che pratica politiche alternative, ma i rischi sociali ed economici per gli altri stati, soprattutto se si stesse parlando anche solo di Italia o Spagna, non sarebbero irrilevanti.
Il nostro approccio strategico si basa dunque su cinque pilastri:
Una impostazione internazionalista e di unità dei lavoratori a livello europeo; rigetto delle politiche di austerità e dei suoi strumenti; l’uscita dall’euro non è esclusa a priori, ma può in determinati casi essere utilizzata come arma dissuasiva da un governo di vera sinistra; qualsiasi rottura unilaterale con l’attuale Unione europea deve essere accompagnata da un progetto di rifondazione democratica, cooperativistica e socialista dell’Europa; la rottura con le politiche liberiste europee deve accompagnarsi fino in fondo con la rottura di ogni politica liberista nel paese dato.
Solo in questo modo è possibile anche contrastare la pericolosa crescita dei sentimenti nazionalisti e xenofobi e dell’estrema destra La costruzione della solidarietà delle resistenze sociali a livello europeo è quindi un compito non rinviabile.
6.
E’ con questa impostazione che ribadiamo con forza la necessità di costruire un ampio schieramento anticapitalista e libertario, di cui il progetto di Ross@ si è fatto carico e che noi sosteniamo pienamente attraverso una forte partecipazione.
In particolare sosterremo concretamente la campagna che Ross@ ha lanciato per il rigetto del fiscal compact e degli accordi europei, per chiedere il pronunciamento democratico delle cittadine e dei cittadini su questioni decisive per la loro vita e il loro futuro. E’ uno strumento utile e necessario per discutere a livello di massa e far comprendere e maturare in strati più ampi della popolazione i concreti meccanismi delle politiche neoliberiste e contrastare la propaganda massmediatica che nasconde la natura delle scelte e costruisce costantemente, la paura, la rassegnazione, le false speranze e la divisione.
Nella prossima fase il progetto di Ross@ è chiamato a realizzare dei passaggi decisivi in cui tutte/i le/i militanti della nostra organizzazione saranno coinvolti. L’assemblea nazionale di Ross@ prevista a metà dicembre è chiamata a sciogliere alcuni nodi e a rilanciare il progetto di costruzione di questo movimento. E’ un appuntamento su cui chiamiamo i nostri iscritti ad essere presenti.
7.
Come deciso nell’assemblea fondativa di Chianciano, Il Coordinamento nazionale conferma la campagna di sottoscrizione con l’obiettivo di raccogliere 30.000 euro entro la fine del 2013, per sostenere i costi dell’attività politica di Sinistra Anticapitalista nel prossimo anno. Dopo il lancio sul sito internet e attraverso il primo numero del volantone / giornale, la campagna “30.000 euro contro il capitale, 30mila schiaffi alla rassegnazione” sarà condotta in tutti i circoli locali con la vendita dei tagliandi di sottoscrizione, secondo la ripartizione degli obiettivi per ogni circolo, che la commissione organizzativa ha proposto e che questo organismo assume. I circoli potranno trovare le forme di finanziamento più adeguate, predisponendo cene sociali, feste, estrazione di premi. La campagna è rivolta soprattutto all’esterno della nostra organizzazione, a chi pur condividendone alcuni obiettivi e apprezzandone l’impegno, non può o non vuole impegnarsi nella militanza, ma vuole comunque sostenerla finanziariamente.
A partire da oggi comincia anche la campagna per l’adesione a Sinistra Anticapitalista, con la sottoscrizione della tessera per il 2014. Chiediamo un’adesione militante, ma ci rivolgiamo non solo alle compagne e ai compagni che hanno animato l’esperienza di Sinistra Critica negli anni passati, ma anche ad una area più vasta di militanti dei movimenti sociali, sindacali, internazionalisti e anticapitalisti che non trovano ancora una collocazione nella situazione di crisi generale dell’estrema sinistra, giovani studentesse e studenti, lavoratrici e lavoratori che vogliono impegnarsi in un progetto rivoluzionario e libertario. Per chiedere l’adesione è stato predisposto un breve testo programmatico su pochi punti caratterizzanti della nostra organizzazione, da diffondere sia attraverso il sito e le pubblicazioni nazionali, sia in forma di volantino nelle scadenze di lotta e negli incontri del prossimo periodo.
Con l’assemblea fondativa di Chianciano ci siamo impegnati in un progetto ambizioso e controcorrente: costruire una organizzazione politica rivoluzionaria per contrastare e invertire la tendenza alla rassegnazione dominante dopo le sconfitte degli ultimi anni. La stessa partecipazione a quella assemblea, il gran numero di visite al nuovo sito anticapitalista.org in appena due mesi di attività, i consensi che abbiamo riscontrato nelle manifestazioni, sui luoghi di lavoro e nei territori, nelle tante iniziative locali che si sono organizzate nell’ultimo mese, dimostrano che il nostro progetto non solo era necessario, ma è anche realizzabile.
Siamo più che mai convinti che non si regge di fronte all’offensiva a tutto campo, compresa quella ideologica, della borghesia, senza lo sforzo costante per creare un collettivo di donne e uomini, che discuta , lavori, che faccia propaganda ed agitazione, che sia interno ai movimenti e che nello stesso tempo formi i propri militanti, senza alterigie, ma anche nella consapevolezza che serve una coscienza di classe complessiva. Né si rende un buon servigio ai movimenti di massa reali se non si tesse anche questa tela: rimandarla ad altro tempo potrebbe essere fatale come è stato molte volte nella storia; e questa costruzione oggi non può che essere aperta, pubblica, democratica, verificata da tutti e tutti, una organizzazione politica che non si nasconde, ma che difende e confronta la sua proposta politica con coloro che si mobilitano e lottano.
Per questo la nostra organizzazione, nel quadro anche dell’attività di Ross@, sarà fortemente presente nelle due grandi iniziative di lotta contro le Mafie e le politiche padronali e governative di distruzione dei territori in Val di Susa e a Napoli.

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