venerdì 28 agosto 2015

Voce dal sen fuggita Rizzo e i marò


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Voce dal sen fuggita

Rizzo e i marò

28 Agosto 2015
rizzos
"Al di là delle responsabilità, una cosa appare chiara: l'Italia è un paese che non difende i propri soldati. In URSS non sarebbe successo."
Questa dichiarazione, che salvo il lunare riferimento all'URSS (verrebbe da chiedere quale URSS, per curiosità...) potrebbe star bene sulla bocca di un qualsiasi dirigente della fu Alleanza Nazionale, proviene invece da Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista (sic).
Verrà da pensare, ai più, che in fondo si sia trattato di un'improvvida esternazione, o di un pensiero espresso male, o al massimo di una infelice gaffe, causata dagli ultimi colpi di sole estivi, o magari dall'eccesso di euforia che ha ghermito il Rizzo nel suo commovente impeto di rispolverare le vecchie "glorie" staliniane, ivi comprese medaglie e lustrini dei marescialli zukoviani.
Ma in realtà quest'affermazione del buon Rizzo ha il solo difetto di essere fin troppo sincera e trasparente. Nel suo significato autentico, che è poi quello che la frase stessa esprime alla lettera, sta a ribadire l'essenza di classe che anima e racchiude la politica stalinista, di ieri e di oggi, in Italia e ovunque: l'alleanza con la borghesia e la subordinazione ai suoi interessi. Subordinazione che si spinge fino all'assunzione, in prima persona, degli stessi compiti e delle stesse rivendicazioni, e perfino della stessa attitudine e linguaggio. D'altra parte, la biografia politica di Rizzo parla chiaro, e non è il caso di ribadirla.
Il già comandante in seconda della brigata PdCI che sulla nave ammiraglia del governo D'Alema contribuiva a bombardare il Kosovo, passato a nuova vita come laudatore del kimilsungismo, non si smentisce neanche questa volta. Ma servirà ben altro che qualche nostalgico omaggio all'Armata Rossa a smentire i tanti omaggi al capitalisti tricolore (e al loro esercito).
Partito Comunista dei Lavoratori

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