"Servire" o "servirsi", non è il problema!
Erwan Castel,
AlawataIeri
mattina, un ufficiale dello Stato Maggiore ci ha portato i nostri
passaporti militari ufficiali della RPD, e ammetto che abbiamo ricevuto
questi piccoli libretti militari come bambini che aprono i regali di
Natale… Infatti questi piccoli passaporti militari da 10x8cm, al di
fuori dei vantaggi amministrativi e di movimento che rappresentano, sono
soprattutto un riconoscimento del nostro impegno sul fronte del Donbas.
Se questi documenti si facevano attendere, è perché un'indagine si era
svolta per convalidarli, e ciò a seguito delle esperienze negative con i
volontari francesi della prima unità continentale.
"Servirsi"? o...
Ciò non sembra una semplice formalità amministrativa, è in realtà il
punto di arrivo di un lungo percorso a ostacoli, molti dei quali, ho
amaramente notato, posti per lo più da persone provenienti dalla
Francia. Tali narcisisti ambiziosi che preferivano gli onori all'Onore,
immaginavano di trovare notorietà nel Donbas, impossibile da raggiungere
a causa dei loro vari errori o frustrazioni. Oggi, alcuni di questi
egocentrici, smascherate le intenzioni reali della loro presenza in
questa guerra (o intorno), cercano di dilagare impegno e azioni che non
riuscirono a compiere, coloro che non sono rimasti sul terreno... Gli
intriganti si riconosceranno, e vorrebbero che mi abbassi al loro
livello di meschinità degenerata nel difendermi
dalle loro calunnie...
Ma è tempo perso, perché non ho nulla da imparare da furfanti che
cercano nella calunnia la vendetta per essere stati denunciati arrivando
a sacrificare la lotta per la quale siamo giunti qui. (Ciò dimostra che
la guerra era solo un pretesto per seguire propri interessi egoistici).
Finché dura la guerra, lascio questi miserabili individualisti annegare
nei loro fiele e amarezza e nel frattempo continuo, anche se
lentamente, a fare progressi sulla strada tracciata un anno fa, il
giorno in cui decisi di venire semplicemente a servire nelle file
dell'esercito della Repubblica di Donetsk. Questo è ciò che ho fatto!
Ora consentitemi di discutere gli aspetti positivi, per fortuna molto
più numerosi e importanti, delle pose risibili dei falliti insabbiatisi
temporaneamente nel conflitto del Donbas.
"Servire"!
Un'avventura militare unica
Il nostro impegno qui è soprattutto un impegno militare con i difensori
del Donbas, i miliziani improvvisati sono diventati soldati
professionisti. È perciò che inizio da questa dimensione essenziale,
permettendo, sotto la protezione delle armi da fuoco repubblicane, altre
avventure umane e interiori fiorenti in questa terra del Donbas, fedele
al suo passato ed esempio per il nostro futuro. Quando la ribellione fu
improvvisata nel 2014, data la sproporzionata speciale operazione
lanciata da Kiev, rivelandone la natura genocida, mancanza di
organizzazione e mezzi ebbero la conseguenza vantaggiosa di aprire le
porte del Donbas a tutti i militari e civili disposti ad aiutare la
strenua resistenza di questo popolo coraggioso. La quota di volontari
stranieri provenienti da Russia, Cecenia, Serbia e altri Paesi
dell'Europa orientale è significativa, perché era una forza motivata e
con esperienza, che spesso non solo risparmiò ai santuari di Donetsk e
Lugansk la nuova occupazione fascista, ma confermava la vera e propria
identità comunitaria dei popoli slavi superstite alla mutevole
geopolitica degli Stati. Rapidamente, altri volontari si unirono ai
ranghi della milizia, come spagnoli, tedeschi, francesi, brasiliani e
anche statunitensi! Penso, senza esagerare, di poter indicare oltre
trenta nazionalità che bloccano oggi, sul fronte, l'avanzata dei
battaglioni di Kiev. (Solo nella nostra unità ne contiamo 9!)
Abbiamo confermato sul terreno, per otto mesi, ciò che sentivo seguendo le notizie in rete dalla Guyana:
- Il sacrificio disinteressato dei volontari giunti a combattere a loro
spese, lasciando i familiari a casa senza la speranza della certezza di
ritornare sani e salvi. Molti hanno accettato la sfida di venire in un
Paese senza parlarne la lingua.
- Un coraggio senza precedenti in battaglia, al limite dell'incoscienza a
volte, ma necessario per compensare la mancanza di mezzi materiali e
capacità tattiche di un addestramento improvvisato.
- Una speciale fratellanza dei combattimenti, saldando questi
combattenti provenienti da ogni dove contro un nemico comune. Questa
fiamma illumina ancora il cuore dei miliziani divenuti soldati
professionisti e che eleva ancora la capacità operativa forgiata dalla
prova del fuoco...
Integrare questo esercito non è stato facile, perché dovemmo essere
pazienti, farci forza e sottoporci alle inerziali procedure burocratiche
post-sovietiche ancora vigenti (ma che in ultima analisi, avanza
lentamente!) All'inizio di quest'anno, è stata la volta dei battaglioni
della Guardia Repubblicana nella necessaria transizione da gruppi di
autodifesa al Corpo di Difesa professionale in divenire... I volontari
francesi sono stati poi dispersi nel 3°, 4 ° e 8° battaglione della
Guardia e poi impegnati in diversi settori (Aeroporto, Marinka,
Aleksandrovka, Debaltsevo ecc...) I battaglioni della Guardia
Repubblicana ora sono l'anticamera del "Corpo Abarone", un esercito in
formazione e pieno di promesse, beneficiando di inquadramento
professionale, attrezzature moderne e varie, e dell'efficienza basata su
disciplina e addestramento quotidiano. Ci siamo riuniti e siamo stati
incorporati ad agosto nel Corpo, poche settimane dopo abbiamo aderito
alla compagnia ricognizione della 5.ta Brigata motorizzata, dove ora
addestriamo la terza sezione, composta per lo più da volontari
stranieri. E con piacere che ho trovato in questa unità un rigore
militare e procedure professionali molto vicine a quelle della NATO...
Ora siamo già operativi e sul fronte, in missioni d'intelligence molto
interessanti, per lo più infiltrazione nelle linee nemiche.
Un'avventura umana straordinaria
Il confronto armato è già un'intensa avventura umana, come ho appena
detto, ma senza la presenza della popolazione, tale impegno non è altro
che uno scontro inutile, al massimo il mercenario egocentrico che appare
su molte pagine personali dei combattenti che parlano solo di se stessi
con una successione di selfies narcisistici (purtroppo anche da noi,
come dimostra la "produzione" e le interviste dei fuggiaschi dell'Unità
continentale, per esempio). Un soldato, anche se può provare sensazioni
esilaranti in combattimento, non deve dimenticare il motivo per cui, o
più precisamente per chi, combatte, perché senza questa dimensione del
servizio verso gli altri, può perdersi nella foga del momento. Questo
lega segretamente la sua azione a un ideale superiore e gli dà coraggio e
moderazione, qualità che lo differenziano dalla soldataglia affamata e
ubriaca d'odio. Quando incontrai il popolo del Donbas, tolta l'immagine
veicolata dalla propaganda, rimasi sorpreso dalla sua bellezza e
nobiltà, mantenute con dignità sotto i bombardamenti... Infatti, la
popolazione continua a vivere secondo i costumi ereditati dal passato e
si sforza di mantenere attività normali e senza spavalderia a poche
centinaia di metri dal fronte... E' una popolazione coraggiosa dove i
minatori e i contadini incarnano i due pilastri radicati sulla terra, di
una società elevata alla memoria del grande vento della Storia che
spazzò diverse volte, dall'Orda d'Oro di Genghis Khan alle orde blindate
di Adolf Hitler...
Ciò che sorprende l'Europa occidentale sono queste azioni quotidiane
praticamente scomparse in occidente, ma qui si osservano tutto il giorno
intorno a noi: uomini che lasciano i loro posti alle donne e agli
anziani sugli autobus affollati, dove il denaro passa senza paura di
mano in mano fino all'autista, alle nonne che alimentano con tenerezza
cani e gatti randagi tra innumerevoli giardini e parchi curati, il segno
della croce alla vista delle chiese dalle cupole dorate scintillanti
come fari nel mezzo della notte, ai mazzi di rose portati dagli uomini
che escono dal lavoro, dalle rughe della fatica cancellate dal sorriso
della gioia di vivere nonostante tutto... Questa popolazione è nobile
nel senso della nobiltà naturale, forgiata nel cuore di tutti da storia e
cultura trasmesse e memorizzate di generazione in generazione... Qui
gli uomini sono virili e forti, le donne graziose ed eleganti e i
bambini innocenti ed allegri. In questo Paese tradizionale ciascun resta
sé stesso, senza inganno o artificio ipocrita imposti da una società
schiavista del consumo e amorale. Descrivere l'ammirazione che ho per le
donne e gli uomini del Donbas sarebbe troppo lungo, ma ringrazio con
tutto il mio cuore la loro ospitalità e soprattutto l'esempio semplice
ed eroico che s'è inciso con umiltà nel mio cuore. Sono venuto animato
da una fede meta-politica e anti-mondialista, offrendo i miei servizi
alla Repubblica di Donetsk. Se questa motivazione è intatta, nel
frattempo il mio impegno s'è rafforzato di questo amore condiviso e
portato dal popolo coraggioso di Novorossija.
Un'emozionante avventura personale
Discutere la dimensione personale di un'avventura come questo impegno
nel Donbas, non è facile, soprattutto quando non è finito... ma sento
questo impegno più come elemento fondamentale che mero passo di un già
lungo viaggio. Giungere nel Donbas non era una cosa semplice, né
viverci, perché non conoscendo la lingua russa, avendo difficoltà
normali o dovute ad altri, correndo i rischi di guerra, dato il tempo
trascorso, creano uno strano miscuglio di singolarità, tra attesa
infinita e intensità continua... L'impegno nel Donbas è infatti più per
me culmine e realizzazione mentale che un'esperienza iniziatrice (anche
se emozionante), come nel caso dei volontari più giovani presenti
intorno a me. Non ho nulla da dimostrare giungendo qui, ma continuo ad
imparare ogni giorno cercando di conservare lo sguardo candido
affrontando senza pregiudizi nuove esperienze...
Impegnato nell'esercito francese alla fine della "guerra fredda”, per
più di 10 anni guardai ad est da ufficiale dell'intelligence... Quando
la cortina di ferro e il mondo sovietico caddero, confesso di non aver
capito immediatamente la realtà della strategia statunitense,
lobotomizzato dalla propaganda della NATO. Nel 1999, il conflitto in
Jugoslavia m'inquietò, soprattutto quando raccolsi in Guyana le
testimonianze di alcuni miei ex-compagni che vi parteciparono... Il
ventesimo secolo si concluse bene come era post-moderna delle nuove
minacce. A poco a poco, il velo della propaganda statunitense fu
strappato, e ogni nuovo conflitto tracciava i contorni geopolitici della
strategia aggressiva degli Stati Uniti al servizio degli interessi
militari-industriali definiti dalla plutocrazia internazionale...
Accanto a tale escalation guerrafondaia che ogni anno incendiava un
nuovo Paese, l'indifferenza dell'opinione pubblica, lobotomizzata dalla
propaganda del Nuovo Ordine Mondiale, confermava che la schiavitù nel
mondo moderno era una realtà, perfino oltre le visioni orwelliane... Da
all'ora sono un osservatore più attento, ma questa volta osservando
verso ovest, sulla nuova grande scacchiera che andava formandosi agli
inizi del XXI secolo. Quando parallelamente alla guerra in Siria, la
crisi ucraina degenerò in conflitto armato, decisi d'impegnarmi con i
ribelli del Donbas che rifiutano l'egemonia degli Stati Uniti,
senz'altra ambizione che meglio testimoniare la verità di questa prima
battaglia europea della terza guerra mondiale...
Gli ultimi otto mesi passati sul campo hanno ancorato le mie convinzioni
in modo appassionato, convintomi più che mai che il futuro dell'Europa
appartiene ancora ai suoi popoli, a condizione che mantengano la libera
consapevolezza della propria identità naturale. Dopo il Donbas, la lotta
continuerà con o senza di me, perché qui un movimento di liberazione è
nato nel 2014, indicando con l'esempio della resistenza di un popolo
sovrano, il percorso di una vera e propria rivoluzione conservatrice che
sbarazzi il giogo del pensiero unico. Il Donbas ha vinto la guerra
lanciatagli contro nel 2014, ora dobbiamo affrontare una sfida più
grande: svegliare le coscienze dal sonno...
Grazie alla lotta, qui sappiamo che è possibile... Nel frattempo
dobbiamo completare la vittoria liberando i territori occupati da
Kiev...
La lotta continua...
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