sabato 10 ottobre 2015

Obama se ne esce dalla guerra civile in Siria...........SARA'?

Obama se ne esce dalla guerra civile in Siria

by sitoaurora
MK Bhadrakumar Indian Punchline 10 ottobre 2015
16448Il Pentagono ha praticamente annunciato che gli Stati Uniti si ritirano dalla guerra civile in Siria, eliminando reclutamento e addestramento dei gruppi ribelli per rovesciare il governo del Presidente Bashar al-Assad, invece concentrando energie e risorse sulla lotta allo Stato islamico. L'annuncio del Pentagono, qui, fa seguito alla decisione del presidente Barack Obama. Non vi è alcun segno che Obama abbia parlato agli omologhi di Turchia, Israele e Stati arabi. Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Giordania in particolare, prima di prendere questa decisione importante. Se è così, indica un nuovo modo di pensare le priorità tra gli interessi principali e le preoccupazioni vitali degli Stati Uniti, coinvolti negli ultimi 2-3 anni in una joint venture con gli alleati regionali per addestrare le forze ribelli siriane. La decisione di Obama di uscirsene, per così dire, è meglio tardi che mai, basandosi su una valutazione realistica dei limiti alla capacità degli Stati Uniti d'influenzare gli eventi in Siria. Gli Stati Uniti non accettano l'intervento russo in Siria. Ma significativamente spostano le attività dal nord-est della Siria al confine con l'Iraq. Obama ha ereditato la decennale politica degli Stati Uniti d'imporre un 'cambio di regime' in Siria che non ha inventato lui. La precedente amministrazione Bush, intrisa d'ideologia neocon, prevedeva di indebolire e infine distruggere l'Iran installando prima un regime ostile a Damasco, isolandolo e negandogli 'profondità strategica' prima di attaccarlo frontalmente e rovesciarne il regime islamico. Tuttavia, con l'accordo nucleare iraniano, il 'co-rapporto di forze' nella politica mediorientale è mutato drammaticamente e i neocon sembrano appartenere all'era glaciale. Gli Stati Uniti ora sono pronti ad approfondire il loro impegno con l'Iran. Ma infine l'audace intervento russo in Siria s'è dimostrato decisivo. Obama non rischierà che gli Stati Uniti appoggino le mosse militari russe in Siria e resta scettico sulla saggezza della decisione di Mosca, ma non bloccherà o saboterà la via dei russi. Questa è la reale importanza dell'annuncio del Pentagono. In altre parole, Obama da corda alla Russia e prende l'omologo russo Vladimir Putin sulla parola, e cioè che la progressione logica dell'intervento russo sarà volta a un'autentica transizione siriana. Inoltre, Obama vede anche venti di cambiamento spazzare il pensiero europeo, come risulta dalla dichiarazione sbalorditiva dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker a Berlino, quando ha detto, “Dobbiamo fare sforzi verso un rapporto pratico con la Russia. Non è attraente, ma va fatto, non possiamo andare avanti così... La Russia va trattata decentemente. Noi (Europa) non possiamo lasciare che le nostre relazioni con la Russia siano dettate da Washington”.
In effetti, l'arena siriana è fortemente affollata e di conseguenza la grande domanda resta: che faranno gli alleati regionali degli Stati Uniti ora, dopo la decisione di Washington di disimpegnarsi dall'agenda per rovesciare il regime di Assad con la forza? A mio parere è improbabile che gli alleati regionali degli Stati Uniti possano unirsi, date le circostanze emergenti, dati i loro vari interessi in gioco e le contraddizioni nei rispettivi rapporti. Questa è una cosa. Tali Paesi, Turchia, Israele, Giordania e Stati del CCG, non avranno il coraggio di affrontare la Russia per conto proprio. Non commetteranno errori, Putin non ha sparato impulsivamente i missili da crociera in Siria da 1500 chilometri sul Caspio. E' stata una spettacolare esibizione di potenza nel Grande Medio Oriente inviando un serio messaggio politico alle primedonne attive in Siria. Detto questo, la Russia è una grande professionista della diplomazia e ora si muoverà velocemente 'impegnando' gli alleati regionali degli Stati Uniti, spiegandogli le motivazioni di Mosca, affrontandone le preoccupazioni autentiche (se presenti), tranquillizzandoli e mettendoli 'a loro agio' e, infine, se arriva il momento critico, dissuaderli dall'inasprire la situazione. Nei calcoli russi, Israele e Turchia sono su posizioni diverse perché interferiscono direttamente in Siria (a differenza degli sceicchi), e un certo grado di diplomazia coercitiva è necessario per fargli capire ciò che è bene per essi. Ma gli Stati del Golfo (e la Giordania) sono un altro paio di maniche. Sono disorientati senza gli Stati Uniti che li guidano in Siria. Mosca ha anche costruito ponti con essi negli ultimi anni. Non sorprende che la diplomazia russa sia proattiva nel Golfo. (National). Così, una delegazione militare s'è recata da Mosca a Israele. Mosca ha offerto consultazioni analoghe anche con la Turchia. Israele è insolitamente tranquillo. Anche la Turchia ha abbassato la propria retorica. Il viceprimo ministro Numan Kurtulmus è stato citato dall'agenzia ufficiale turca Anadolu dire, “La Turchia non deve perdere le relazioni con la Russia per i vantaggi politici in Siria. Turchia e Russia hanno vissuto in pace per anni. I due Paesi hanno relazioni politiche, economiche e commerciali molto forti. Ma la Turchia è un Paese che difenderà i suoi confini. È per questo che ci aspettiamo che la Russia si ritiri e smetta di violare le nostre frontiere, se dice che sia un errore”. Naturalmente, l'argomento decisivo sarà l'Arabia Saudita. Da un lato vi è l'ossessione saudita a 'contenere' l'Iran e il grave nesso tra Teheran e Damasco, mentre dall'altro Riyadh non può sostenere ancora a lungo finanziariamente e politicamente l''eccessiva ambizione imperiale'. È difficile capire fin dove Obama sente che l'arcaico regime saudita si sia sovraesteso. (Vedasi l'eccellente analisi, qui, su Foreign Policy).

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