lunedì 16 novembre 2015

Davvero la Russia rappresenta il "nemico" Per tutta l'Europa si estende l'impressione che (noi europei) ci troviamo dalla parte sbagliata. La politica nordamericana oggi risulta la più pericolosa per l'Europa che non la politica russa.

Davvero la Russia rappresenta il "nemico"

Per tutta l'Europa si estende l'impressione che (noi europei) ci troviamo dalla parte sbagliata. La politica nordamericana oggi risulta la più pericolosa per l'Europa che non la politica russa.

Questa stessa settimana, il capo di Stato maggiore dell'Esercito nordamericano, il generale Mark Milley, prendeva la parola nel vertice della "Difense One", a Washington, e segnalava la Russia come "la principale minaccia per gli Stati Uniti".
Le azioni della Russia — dice il generale —"sono aggressive e contrarie agli Stati Uniti". "Essendo questo l'unico paese del mondo" — argomenta Milley — "con capacità nucleare sufficiente per distruggere il Nord America, la Russia rappresenta, agli occhi di Washington, una "minaccia esistenziale".
Cosa sta accadendo? Essenzialmente che la mappa del potere mondiale è cambiata in forma sensibile in soltanto tre anni. Fino a poco tempo fa, gli Stati Uniti avevano creato un percorso spedito per realizzare il loro progetto di un grande spazio trasparente su scala mondiale, alimentato dalle relazioni commerciali e finanziarie globali e con epicentro, naturalmente, a Washington. La NATO rimaneva ed ancora rimane sotto questa orbita. Tuttavia a questo punto è avvenuto che la Cina e la Russia hanno fatto le loro mosse, si sono costruite i loro progetti ed in nessun modo sono disponibili ad accettare l'egemonia mondiale nordamericana. Questo era prevedibile? In realtà, si. Quello che non risultava tanto prevedibile era che gli europei scoprissero immediatamente che, in questa specie di nuova guerra fredda, quelli che sono perdenti siamo noi europei. E che forse, alla meglio, conviene non assecondare del tutto la politica del blocco totale che Washington insiste a voler mantenere nei confronti della Russia.
L'ungherese Viktor Orban dichiara che la Russia sta facendo in Siria quello che avrebbe dovuto fare l'Europa. Sarkozy — lo stesso che era tornato a collocare la Francia nella NATO — viaggia a Mosca ed elogia il ruolo di Putin nell'ordine internazionale. Simultaneamente, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese, François Hollande, viaggiano a Pechino e manifestano il loro desiderio di stringere legami con la Cina. L'Ungheria, la Francia, la Germania formano parte dell'Alleanza Atlantica. Gli ultimi paesi hanno appoggiato inoltre le operazioni di cambiamento di potere in Ucraina, istigate da Washington. Tuttavia le esigenze nordamericane stanno andando troppo lontano. La guerra di Siria ha aperto molti occhi.A livello di base, è un fatto obiettivo che chi sta difendendo i cristiani siriani ed iracheni e chi sta attaccando la tirannia rabbiosamente antidemocratica dello Stato Islamico è Mosca. Al contrario, i paesi della NATO ed i loro alleati hanno appoggiato la creazione di milizie islamiste nel Medio Oriente e questo è anche un fatto obiettivo. Ossia che gli occidentali hanno armato in Siria gli stessi che qui in Europa incarceriamo. È strampalato ma questa è la situazione reale.
Per tutta l'Europa si estende l'impressione che siamo dalla parte sbagliata. Non è soltanto una impressione: è un fatto che la politica nordamericana, oggi, risulta più pericolosa per l'Europa che non la politica russa.
Intendiamoci: Mosca non ci salverà. Mosca non sta difendendo la "Cristianità". Tanto meno la "democrazia". Mosca sta difendendo i suoi interessi geopolitici che sono anche i nostri. La chiave di volta sta nel fatto che questi interessi russi, che Washington vede come nemici, non sono necessariamente avversi ai nostri, con gli occhi degli europei.
Spesso sentiamo dire dagli analisti faziosi che Putin stia cercando di ricostruire lo spazio geopolitico sovietico. No: in realtà si sta cercando di ricostruire il tradizionale spazio geopolitico russo, che è lo stesso dai tempi di Pietro il Grande. I regimi cambiano e passano, ma la geografia è sempre la stessa e, quindi, gli interessi geopolitici di una nazione sono sempre identici.
Nel caso russo, si tratta di dover avere il controllo un enorme spazio continentale, ma molto difficile e climaticamente ostile da vivere, cosa che richiede la necessità di cercare costantemente degli sbocchi verso sud, verso i mari caldi. È questa una costante storica della Russia e nient'altro. E non ci sono forse differenze tra il Cremlino di oggi e il 1960? Sì, certo che ci sono. La Russia di oggi, a differenza della vecchia Unione Sovietica, non ha un progetto di dominio del mondo. Questo perché neppure avrebbe gli strumenti per una cosa del genere. Qualcosa da tenere a mente quando si parla di "minaccia russa".
Di cosa dispone la Russia per essere una superpotenza? Lo spazio. Perché la Russia ha tutto ciò che — che non è cosa da poco — ma, soprattutto, ha un altro elemento che è fondamentale per l'insieme: territorio più spazio. Oggi come nei tempi degli zar. E poiché da quando governa Putin, questi ha anche la determinazione chiara di prendere piede in quello spazio per riaffermare la sovranità russa sulla scacchiera mondiale.
Quando si dice che Putin è l'unico "statista" che rimane in Europa si vuole dire precisamente che: Mentre tutti gli altri capi di stato o governo Europa vedono se stessi come temporary manager di un'azienda cui origine e destino non dipende da loro, Putin si vede come protagonista della sovranità del suo paese.
La Russia come proietta questa affermazione della sua sovranità? Prima di tutto, in termini classici di uno stato-nazione, per maggior ragione che si tatta di uno Stato continente. Vale a dire che Mosca non concepisce il mondo come uno scenario chiamato a formare un unico spazio commerciale ed istituzionale secondo i criteri della "governance mondiale" — Questa è l'opinione predominante in Occidente, — ma rimane nella visualizzazione classica della politica internazionale, interpretato da agenti che possono essere ora amici, ora nemici, ma sempre ognuno con il proprio obiettivo singolo. Attualmente gli agenti sono non soltanto nazionali, ma transnazionali, ma le regole del gioco, agli occhi di Mosca, sono le stesse. Dove Washington — e Bruxelles — vedono un mondo unipolare, Mosca lo vede multipolare. All'ultima festa nazionale russa si è molto commentata l'assenza dei leader occidentali nelle celebrazioni. "Putin è isolato," hanno detto i nostri media da noi. Ma coloro che erano al lato di Putin nella tribuna erano i cinesi e gli indiani. 2 miliardi e 500 milioni di persone che vanno per la maggiore. Curioso forma di "isolamento".
E l'Europa? Cosa fa l'Europa? Non si sa nulla. Cosa che ci mette tutti in una situazione francamente fastidiosa, perché l'Europa, che lo voglia o no, è costretta a trattare con la Russia, per quanto questo pesi agli americani ed agli eurocrati di Bruxelles. In primo luogo, per inevitabile contiguità geografica: basta guardare la cartina per capire che l'Europa è solo l'appendice della massa eurasiatica. Siamo dove siamo e non avremo mai di mezzo un mare che ci separi da Mosca. Inoltre, per evidente vicinanza culturale, sono o non sono europei Dostoevskij, Tolstoj, Rachmaninov e Tchaikovsky? E in un modo molto particolare, per complementarità economica.
Di cosa dispone la Russia che noi non abbiamo? Materie prime. Di che cosa disponiamo noi che non ha la Russia? Altissima capacità tecnologica e industria di trasformazione di alta qualità. Non è che siamo fatti uno per l'altra, ma la complementarità è evidente. Sia in Europa e sia in Russia lo si sapeva perfettamente già da dieci anni. Anche a Washington lo sapevano e proprio per questo è successo quello che è successo nel mondo.
La Russia è il nostro nemico? Visto il caso da Washington, sì: la Russia ed anche la Cina. Ma gli europei devono abituarsi a guardare con occhi europei. Tutto poggia su ciò che intendiamo per "nostro". È il momento che questo "nostro" ritorni a corrispondere ad un "noi". Noi, gli europei.
Articolo originale di Javier Jose Esparaza per La Gaceta, pubblicato in italiano sul sito Controinformazione

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