Gallino: con l’euro ci stanno facendo tornare al medioevo
04/11 •
«Una
fiammella di pensiero critico nell’età della sua scomparsa». Luciano
Gallino, noto sociologo, parla così della sua ultima fatica “Il denaro,
il debito e la doppia crisi”
(Einaudi editore). Un testo, dedicato ai nipoti, che analizza l’attuale
fase socio-economica: «Senza un’adeguata comprensione della crisi
del capitalismo e del sistema finanziario, dei suoi sviluppi e degli
effetti che l’uno e l’altro hanno prodotto nel tentativo di salvarsi,
ogni speranza di realizzare una società migliore dall’attuale può essere
abbandonata», si legge nella prefazione al libro. Il suo giudizio è
netto, crudo e decisamente pessimista. A partire dagli anni Ottanta
avremmo visto scomparire due pratiche che giudicavamo fondamentali:
l’idea di uguaglianza e quella, appunto, del pensiero critico. Al loro
posto ci ritroviamo con l’egemonia dell’ideologia neoliberale, la
vincitrice assoluta della nostra era. Qual è la doppia crisi che va spiegata ai nipoti? «La crisi del capitalismo e del sistema ecologico. Due crisi strettamente legate tra loro».
È
possibile che il capitalismo attuale sia in una stagnazione senza fine,
dichiara Gallino a Giacomo Russo Spena in un’intervista pubblicata da
“Micromega”. Difficile che il sistema riprenda una marcia espansiva come
se nulla fosse successo in questi anni: «Con la finanziarizzazione
dell’economia,
il capitalismo ha tramutato in merce un’entità immaginaria, ovvero il
futuro. A tale desolante quadro, si collega la distruzione del nostro
sistema ecologico». Ovvero: «Per ottemperare alla crisi,
il capitalismo ha reagito devastando ambiente e consumando maggiori
risorse, mentre nel mondo le materie prime sono in via di esaurimento.
Ciò ha causato distruzioni all’ecosistema e danni climatici come il
surriscaldamento del pianeta». I progressi intrapresi con il Protocollo
di Kyoto? «I paesi sono lontani dal mantenere gli obiettivi prefissati, i
risultati sotto gli occhi di tutti: l’innalzamento delle temperature,
“bombe” d’acqua, alluvioni».
Gallino narra la storia di una sconfitta politica.
Al posto del pensiero critico ci ritroviamo con l’egemonia
dell’ideologia neoliberale: la lotta di classe l’avrebbero vinta i
ricchi. Ma come siamo arrivati a questo punto? «Dagli anni ’80 il
pensiero neoliberale ha scatenato un’offensiva che ha messo sotto
attacco le idee e le politiche di uguaglianza. Un apparato di
super-ricchi e potenti ha imposto il proprio dominio su finanza, società e media. Nessun esponente politico ne è rimasto escluso, anche dopo il 2007 quando tale pensiero è entrato totalmente in crisi». In gioco, aggiunge il sociologo, non c’è soltanto la demolizione del welfare, ma «la ristrutturazione dell’intera società secondo il modello della cultura politica
neoliberale, o meglio della sua variante, soprattutto se pensiamo al
piano tedesco: l’ordoliberalismo», regolato da una ferra disciplina
sociale a vantaggio dei più ricchi.
A proposito delle ricette economiche adottate per affrontare la crisi,
nel libro scrive che siamo dinanzi a casi conclamati di stupidità. «I
governi dei paesi europei hanno sposato i paradigmi dell’economia neoliberale e perseguito il dogma dell’austerity non avanzando una sola spiegazione decente delle cause della crisi mondiale: i modelli intrapresi sono lontani anni luce della realtà dell’economia.
Hanno utilizzato modelli vecchi e superati». Un esempio italiano?
«Nella nuova riforma sul lavoro, il Jobs Act, non vi è alcun elemento né
innovativo né rivoluzionario, tutto già visto 15-20 anni fa. È una
creatura del passato che getta le proprie basi nella riforma del mercato
anglosassone di stampo blairiano, nell’agenda sul lavoro del 2003 in
Germania e, più in generale, nelle ricerche dell’Ocse – poi riviste –
della metà anni ’90». Un’altra follia, continua Gallino, è l’aver
avallato l’idea che una crescita senza limiti dell’economia
capitalistica sia possibile. «In questa lunga discesa verso la
recessione, gli esecutivi di Berlusconi, Monti, Letta e ora Renzi
saranno ricordati come quelli con la maggiore incapacità di governare l’economia in un periodo di crisi. I dati sono impietosi».
Con
il terremoto finanziario ha “perso” l’idea di uguaglianza. Un dato su
tutti: il 28% è il numero dei bambini che vivono sotto la soglia di
povertà in Europa. Sempre il 28, scrive Russo Speana, è la crescita del fatturato delle aziende del lusso tra il 2010 e il 2013. Anni di crisi, quindi, ma non per tutti? «Nei maggiori paesi Ocse, nel periodo 1976-2006, la quota salari sul Pil è scesa in media
di 10 punti, i quali sono passati alla quota profitti dando origine a
diseguaglianze di reddito e ricchezza mai viste dopo il Medioevo.
Inoltre, va evidenziato che l’enorme diseguaglianza non è la causa ma
l’effetto delle politiche di austerity adottate dai governi per
combattere la crisi.
Due facce di unico processo: la redistribuzione dal basso verso l’alto
con i più poveri che sono stati impoveriti dai più ricchi». Vie
d’uscita? Una sola, ovvero «il superamento del pensiero neoliberale
sotto i vari aspetti a cominciare da quello economico».
Nulla
che sia all’orizzonte, però. Anche se, recentemente, si stanno
sviluppando «esempi di resistenza» e “pensatoi” di studiosi che
riflettono su ipotesi di discontinuità. Ma, appunto, «siamo lontani da
un effettivo cambiamento dello status quo». In realtà, servirebbe «un
segnale di rottura anche nella scuole e nell’università che, negli
ultimi decenni, hanno subito un attacco da parte dei governi a colpi di
riforme orientate a espellere il pensiero critico dai luoghi della
formazione: l’intero sistema doveva essere ristrutturato come un’impresa
che crea e accumula “capitale umano”». La crisi del capitalismo ha portato anche ad una crisi della democrazia?
«Sicuramente, basta pensare all’attuale architettura dell’Unione
Europea e alla sovranità perduta: il trasferimento di poteri da Roma a
Bruxelles è andato oltre a quel che era previsto dal trattato di
Maastricht. Temo che il sogno europeista si sia infranto sugli scogli
dell’euro».
La
moneta unica, aggiunge lo studioso, «si è rivelata una camicia di forza
e non ha minimamente contribuito a ridurre gli scarti tra un’economia
e l’altra in termini di ricerca e sviluppo, investimenti, innovazione
di prodotto e di processi, dotazione di infrastrutture ed istruzione
professionale». Gallino si dichiara apertamente no-euro: «Decisamente
sì, lo sono da anni». E spiega: «Ci vuole un intervento radicale», anche
se sa benissimo che l’uscita dalla moneta unica è «complessa e
difficile», quindi «va pensata gradualmente e concordata con Bruxelles».
Pensa anche alla rottura dell’Unione Europea? Questo no: «Uscire dall’Europa
sarebbe, per l’Italia, un disastro economico per via dei cambi che si
scatenerebbero contro di noi». Gallino è «favorevole ad una graduale
uscita dall’euro, rimanendo però nell’Unione Europea». Sottolienea come
sia «tecnicamente possibile», e si impegna a dimostrarlo in un “paper”
che presenterà a breve.
Russo
Spena si domanda se «una sinistra degna di questo nome» non dovrebbe
fare proprio il tema della lotta alla diseguaglianza sociale. Già, ma
quale sinistra? «Dove sta a sinistra una formazione di qualche solidità e
ampiezza che ne abbia fatto la propria bandiera?». Anche in Italia «ci
sono dei segmenti», però «sono ininfluenti, soprattutto di fronte a quel
che dovrebbe essere il domani di una sinistra in grado di rappresentare
una valida opzione politica.
Purtroppo, da noi, la sinistra non esiste», chiarisce Gallino. E
Syriza, Podemos, il Sinn Fein e le altre forze della sinistra europea?
Nient’altro che «segnali di incoraggiamento», verso i quali Gallino
resta cauto: «Bisogna capire quanto dureranno questi fenomeni e se
riusciranno realmente ad incidere a Bruxelles e contro le politiche
d’austerity. Tifo per loro senza illusioni». Poco allegro, dunque,
l’orizzonte per i giovani. «Cambiare in modo radicale le strategie di
produzione e consumo è una necessità vitale per l’intera umanità». Un
messaggio ai ragazzi? «Se volete avere qualche speranza… studiate,
studiate, studiate».
«Una fiammella di pensiero critico nell’età della sua scomparsa».
Luciano Gallino, noto sociologo, parla così della sua ultima fatica “Il
denaro, il debito e la doppia crisi”
(Einaudi editore). Un testo, dedicato ai nipoti, che analizza l’attuale
fase socio-economica: «Senza un’adeguata comprensione della crisi
del capitalismo e del sistema finanziario, dei suoi sviluppi e degli
effetti che l’uno e l’altro hanno prodotto nel tentativo di salvarsi,
ogni speranza di realizzare una società migliore dall’attuale può essere
abbandonata», si legge nella prefazione al libro. Il suo giudizio è
netto, crudo e decisamente pessimista. A partire dagli anni Ottanta
avremmo visto scomparire due pratiche che giudicavamo fondamentali:
l’idea di uguaglianza e quella, appunto, del pensiero critico. Al loro
posto ci ritroviamo con l’egemonia dell’ideologia neoliberale, la
vincitrice assoluta della nostra era. Qual è la doppia crisi che va spiegata ai nipoti? «La crisi del capitalismo e del sistema ecologico. Due crisi strettamente legate tra loro».Articoli Recenti
Scordatevi sicurezza e privacy, Facebook è in ascolto
03/11 • segnalazioni •
Una
cosa alla quale siamo diventati tutti troppo abituati è il fatto che la
nostra realtà possa venire manipolata per assomigliare a qualcosa di
totalmente diverso. Invadere un’altra nazione è un atto di difesa,
elezioni corrotte vengono spacciate come democrazia
in azione, un numero maggiore di pistole (o armi nucleari) assicurano
la pace, il commercio e gli investimenti stranieri aumentano i posti di
lavoro a casa. La logica orwelliana è diventata una cosa normale. Ciò
che voglio affrontare qui è un altro tipo di manipolazione: il modo in
cui Facebook e gli altri social media
usano le informazioni che, per la maggior parte inconsapevolmente, gli
forniamo – incluse le conversazioni che facciamo nella privacy della
nostre case – per pubblicizzare prodotti che non abbiamo richiesto e che
quasi certamente non vogliamo, e passare dati al governo. Non sono di
sicuro il primo a scoprire questa capacità straordinaria: molti si sono
dichiarati sbalorditi e arrabbiati quando si sono resi conto che parole
usate nelle conversazioni su Facebook e Twitter, messaggi, location,
status, così come quelle usate nelle conversazioni private fra le mura
delle proprie case, venivano quasi immediatamente captate e convertite
in annunci pubblicitari.
Nomini
un certo sport, ed ecco che appare la pubblicità di un’agenzia di
prenotazione biglietti. Dici che ti piacerebbe guidare una Lexus ed ecco
che compare una pubblicità sulla Lexus. Parli di una vacanza e una
pubblicità su Facebook ti raccomanda una spiaggia Hawaiana o un piccolo
hotel a Parigi che – guarda caso! – avevi appunto nominato ieri! E’
paranoia? Facebook (o Instagram, Google, o Yahoo) è in grado di
origliare le nostre conversazioni? Facebook ammette senza tanti problemi
che il suo modello di business si basa sui dati che inseriamo o
trasmettiamo on-line, che una volta che ci siamo iscritti i dati
sostanzialmente diventano proprietà di Facebook, e che – come ha
affermato Mark Zuckerberg, Ceo di Facebook – alla maggior parte delle
persone non interessa poi così tanto davvero, della loro privacy.
Chiaramente, Facebook & Co. si difendono dicendo che stanno
semplicemente rispondendo ai tuoi bisogni e che, se lo desideri, puoi
sempre ridurre (ma non eliminare) la quantità di pubblicità,
semplicemente selezionando una lista nelle impostazioni di programma. Ma
per quanto riguarda il fatto dell’ascolto, Facebook sostiene che
l’utente sia l’unico a controllare il microfono, e che, secondo il capo
della sicurezza di Facebook, si debba autorizzare Facebook ad attivarlo.
Per caso qualcuno si ricorda di una richiesta di autorizzazione?
Sembra
che si possa disattivare la funzione microfono in Windows o
nell’applicazione mobile Facebook sullo smartphone o sul tablet. Ma
“off”, significa davvero del tutto “off”? Sembrerebbe di no.
L’esperienza mia e di mia moglie dopo aver disattivato il microfono sul
suo computer, afferma il contrario. Da notare che le pubblicità sono
apparse pochi secondi dopo la nostra conversazione. * Jodi ha fatto un
commento sull’attrice Robin Wright Penn. Subito, sono comparse
pubblicità su film di Sean Penn.* Abbiammo discusso di magliette per i
nipoti. Ecco comparire pubblicità proprio per quelle magliette. * Jodi
ha parlato della nostra sfida a Scarabeo, lasciata in sospeso. La
pubblicità del gioco Yahtzee è comparsa all’istante. * Jodi stava
descrivendo il suo aspetto in relazione alla sua età, per esempio le
linee di espressione ed i capelli bianchi, ed è comparsa una pubblicità
per la linea “Age Rewind” di Maybelline. E allora uno si chiede, ok, ma
spiare non è illegale, un’invasione della privacy?
Ci
sono state proteste sul larga scala circa lo spionaggio di Facebook
sugli smartphone, ma nessuno cambio di policy da parte di Facebook, a
quanto ne so. A livello legale, uno studio belga – e tra l’altro, gli
europei sono molto più infastiditi e attenti alle manovre sospette di
Facebook di quanto non lo siano gli americani – mette in evidenza che
il “ritirarsi” dalla pubblicità non è lo stesso che dare consenso
informato e diretto. Inoltre, Facebook non chiede il nostro consenso per
acquisire dati da altre fonti, per raccogliere dati di localizzazione
forniti dagli smartphone, per usare foto o altri dati (come il “like”)
inseriti dall’utente. Penso che una corretta interpretazione del report
belga e dei chiarimenti più recenti di Facebook sulla sua politica
(2015), sia che Facebook può raccogliere ed usare ogni tipo di
informazione risultante dall’uso di Facebook da parte dell’utente e
dallo strumento utilizzato per accedervi. “Ogni tipo di informazione”
significa assolutamente ogni dato l’utente abbia inserito, sia su se
stesso che su persone terze, sia comunicato per scritto, a voce, o
attraverso immagini. Anche se si decide di chiudere l’account Facebook,
tutti i dati forniti restano in suo possesso.
E c’è un’ulteriore questione, ancora più dannosa: la raccolta e l’uso dei dati provenienti dai social media
da parte delle agenzie governative, in particolare l’ Agenzia per la
Sicurezza Nazionale (Nsa). Questa pratica, portata allo scoperto da
Edward Snowden, include la partecipazione di Facebook, Apple e numerose
altre aziende tecnologiche nel programma Prism della Nsa, per
raccogliere dati direttamente dalle aziende piuttosto che semplicemente
tramite Internet. L’Unione Europea sta ora contestando questa invasione
della privacy. Nel 2000, l’Ue ha accettato la proposta americana di
istituire un programma di “Safe Harbor” – Porto Sicuro – per il
trasferimento agli Stati Uniti dei dati personali raccolti in Europa
da Facebook, Google e Amazon. Quell’accordo è stato rivalutato
dall’avvocato generale della Corte di giustizia europea, che ha concluso
che esso viola i diritti
fondamentali degli europei. L’avvocato generale ritiene che i dati
possano «venire utilizzati dalla Nsa e da altre agenzie di sicurezza
degli Stati Uniti nel corso di una sorveglianza indiscriminata di
massa».
La
Corte di giustizia europea ha appena confermato tale opinione, e
dichiarato non valido il programma “Safe Harbor”. La decisione della
Corte di giustizia è che il Safe Harbor «debba essere considerato come
qualcosa che compromette l’essenza stessa del diritto fondamentale al
rispetto della vita privata». E’ un colpo duro, sebbene non fatale, per
Facebook e per gli altri soggetti coinvolti nel trasferimento di dati in
Europa.
Gli europei hanno fatto pressioni a queste aziende, in particolare a
Google e Amazon, anche circa altre questioni, come nel caso della
legislazione antitrust. Idealmente, la decisione della Corte di
giustizia e la altre azioni europee incoraggeranno gli americani ad
organizzare le loro battaglie per una maggiore tutela della privacy ed
una maggior trasparenza sul modo in cui i giganti della tecnologia
conducono i loro affari. L’invasione della privacy sui social media
vi preoccupa, o considerate la perdita della privacy come il prezzo
della socializzazione? Come avete gestito la vostra privacy sul vostro
computer, smartphone, o tablet? Avete avuto esperienze di “spionaggio”
come quelle che ho nominato?
(Mel
Gurtov, “La distorsione della realtà: Facebook è in ascolto”, da
“Counterpunch” del 13 ottobre 2015, tradotto da “Come Don Chisciotte”.
Professore emerito di scienze politiche alla Portland State University,
Gurtov è editorialista di “Asian Perspective”, trimestrale di politica internazionale, e scrive sul blog “In the Human Interest”).
Una cosa alla quale siamo diventati tutti troppo abituati è il fatto
che la nostra realtà possa venire manipolata per assomigliare a qualcosa
di totalmente diverso. Invadere un’altra nazione è un atto di difesa,
elezioni corrotte vengono spacciate come democrazia
in azione, un numero maggiore di pistole (o armi nucleari) assicurano
la pace, il commercio e gli investimenti stranieri aumentano i posti di
lavoro a casa. La logica orwelliana è diventata una cosa normale. Ciò
che voglio affrontare qui è un altro tipo di manipolazione: il modo in
cui Facebook e gli altri social media
usano le informazioni che, per la maggior parte inconsapevolmente, gli
forniamo – incluse le conversazioni che facciamo nella privacy della
nostre case – per pubblicizzare prodotti che non abbiamo richiesto e che
quasi certamente non vogliamo, e passare dati al governo. Non sono di
sicuro il primo a scoprire questa capacità straordinaria: molti si sono
dichiarati sbalorditi e arrabbiati quando si sono resi conto che parole
usate nelle conversazioni su Facebook e Twitter, messaggi, location,
status, così come quelle usate nelle conversazioni private fra le mura
delle proprie case, venivano quasi immediatamente captate e convertite
in annunci pubblicitari.
Nessun commento:
Posta un commento