giovedì 19 novembre 2015

gianni tirelli LA PAURA DI VOLARE

LA PAURA DI VOLARE

“Per l’uccello nato in gabbia, volare è una malattia”. In questa condizione, versano i cittadini delle democrazie occidentali liberiste che, non solo, non sanno nulla della libertà, ma ne hanno una paura folle.
Oggi, non siamo che polli in batteria. In questa gabbia ci siamo entrati volontariamente, dopo averla noi stessi costruita, recidendo ogni rapporto con il mondo degli spiriti. La nostra conoscenza è limitata all’area occupata all’interno del loculo metallico, dove tutti trascorriamo una vita apparente. Disperazione e solitudine regnano sovrane nella nostra anima e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, aspiriamo all’immortalità. 
Questo tipo di particolare schiavitù, (eccezionale nella storia dell’umanità) priva l’uomo pollo, dell’alba e del tramonto, costringendolo ad un’esistenza limbica, a mezz’aria fra una presente assente e un domani inesistente.
L’habitat che circonda il “bambino pollo” (futuro umanoide) fin dall’alba della sua venuta al mondo, condiziona per sempre il suo domani, ed é l’imprinting che modellerà la sua futura personalità. Televisione, video giochi, telefonino, play station e una montagna di sterile e invadente tecnologia (futuri rifiuti da discarica), lo deresponsabilizzano da ogni sforzo di analisi introspettiva e di immaginazione - in netto contrasto con la propaganda sbandierata dal Sistema: “In questo modo sviluppano la fantasia”. 
Poi, arriva il momento della scuola materna, con gli infiniti giocattoli morti, di plastica e l’onnipresente televisione e, da li, fino al conseguimento dell’insulsa e sempre più inutile laurea.
Quelle, poi, che insistono col chiamare “comodità” ma che in realtà sono un inferno quotidiano, lo costringono a declinare ogni ragionevole sforzo, adattandosi ad una sorta di baby prepensionamento e trascorrendo il resto della sua vita di fronte ad un computer, ingrassando a dismisura e precarizzando la sua salute, fisica e mentale.
Definire tutto ciò come follia, non renderebbe giustizia alle ragioni di una tale anomalia, e la collocherebbe dentro i confini dell’umano.
Una circostanza del genere, si è venuta a creare, si, per dei fattori tecnici dipendenti dall’essere umano ma, inattiva, senza l’intervento di una forza soprannaturale di natura maligna.
In virtù di un tale tecnicismo, si sono venute creare le condizioni ideali perché ciò accadesse. Oggi, pensare di tornare indietro, è una mera illusione - un percorso impraticabile!
Per tanto, l’uomo partorito dalla rivoluzione industriale è soggetto ad una particolare schiavitù, unica nella storia del mondo. Un individuo iper-tecnologico, totalmente dipendente dal Sistema. Un mutante umanoide, risultato ultimo di un processo regressivo di omologazione cognitiva che, inverosimilmente, lo stesso ha pianificato e reso operativo - un caso unico, per l’eccezionalità, nella storia dell’umanità.
Questa “moderna” forma umanoide, affetta da una singolare patologia (infantilismo cronico degenerativo), non è in grado di procurarsi il cibo, di scaldarsi, di produrre autonomamente alimenti, di soffrire e di decidere. Un uomo privo della più remota forma di volontà che (al pari di un infante egoista ed egocentrico), rifiuta ogni fatica fisica, responsabilità individuale e ragione di consapevolezza, essendosi consegnato anima e corpo fra le grinfie del Sistema padrone da lui stesso assemblato. Un essere monco, che interpreta alla lettera le indicazioni di un libretto di istruzioni che il Sistema gli consegna al momento della sua venuta al mondo.
Le “comodità”, poi, che il Sistema ha messo ha sua disposizione, lo hanno rammollito, fino a ridurlo ad uno stato larvale di invalidità permanente. Etica, deontologia, morale e umanità si sono estinte per sempre, privandolo così della spiritualità; un essere completamente manipolabile, ricattabile e corruttibile – una vera fetecchia umana!
Una tale fattispecie di individuo non si è mai evoluta - risultato di una perversa operazione di lavaggio mentale indotta dal Sistema Bestia che, in breve tempo, si è attestata come carattere genetico.
La maggior parte del suo cervello, che per milioni di anni gli ha consentito di sopravvivere, di adattarsi e produrre vera conoscenza, non solo è rimasta inattiva, ma nella gran parte degli individui occidentali (nuove generazioni in particolare), è totalmente assente.
Nel frattempo il Sistema si sfrega le mani, sapendo che un altro pollo è entrato nella gabbia, e che fuori da quella prigione non è più in grado di sopravvivere.

gianni tirelli



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