segue link di un altro articolo circostanziato circa la menzogna globale ambientale
Il CLIMATISMO: LA NUOVA IDEOLOGIA
Nei giorni della colossale Conferenza sul Clima che si apre a Parigi, prova generale di governo globale della finanza – sotto specie di allarmismo climatico – esce il volume IL CLIMATISMO: UNA NUOVA IDEOLOGIA di Mario Giaccio, per le edizioni 21 Secolo. Una lettura necessaria per contrastare l’alluvione di falsificazioni che ci verranno ammannite a palate sui media. Si può ordinare a info@21mosecolo.it . Ne dò qui la prefazione di Umberto Crescenti (MB.
“Ascoltate di cosa si tratti. I giorni sono cattivi. Non è forse
vero che, da quando siamo stati espulsi dal paradiso, tra-
scorriamo quaggiù giorni cattivi? Così i nostri antenati si
lamentarono dei loro giorni e gli avi loro si lamentarono dei loro gior-
ni. A nessun uomo son piaciuti mai i giorni della sua vita. Piuttosto, ai
posteri piacciono i giorni degli avi; e a costoro, a loro volta, piacevano
i giorni che essi non avevano esperimentato e per questo li trovavano
piacevoli. Quanto al presente invece, provoca una sensazione pun-
gente. (…) Ogni anno, quando sentiamo freddo, di solito diciamo:
Non ha mai fatto un freddo così; e se sentiamo caldo diciamo: non ha
mai fatto un caldo così”.
(Sant’Agostino, Discorso 25, 3. Cfr. Opera
Omnia di Sant’Agostino, Discorsi/1 (1-50), Nuova Biblioteca Agosti-
niana, Città Nuova Editrice, Roma, 1979, pp. CXLVIII-1068.). Data-
zione attribuita al Discorso 25: 410-412 a.D.
http://www.augustinus.it/latino/discorsi/index.htm
______________________________________________________
Presentazione
di Uberto Crescenti
* Professore Emerito di Geologia Applicata, Università G. d’Annunzio
Chieti-Pescara
La Francia è stata ufficialmente nominata paese ospitante della
ventunesima Conferenza Parigi 2015 sul Clima (COP21); que-
sta si terrà al Bourget dal 30 novembre all’11 dicembre 2015.
In quanto paese che presiede la COP, dovrà facilitare il dialogo
tra tutte le parti partecipanti al negoziato, al fine di stabilire un clima
di fiducia reciproca, di far convergere i diversi punti di vista e di per-
mettere l’adozione di un accordo all’unanimità.
In primo luogo si cercherà un accordo ambizioso e vincolante per
la sfida del cambiamento climatico, che si applicherebbe a tutti i pae-
si. Infatti è dato per scontato che è in atto un cambiamento climatico
dovuto per la massima parte alle attività umane e che per evitare peri-
colose interferenze delle attività umane sul clima, un aumento accet-
tabile della temperatura media superficiale del pianeta non deve su-
perare i due gradi rispetto ai livelli preindustriali. Prima si interviene,
minori saranno i costi. Il 2015 rappresenta il termine ultimo per rag-
giungere un nuovo accordo globale
legalmente vincolante che possa
subentrare alla piattaforma di Kyoto dal 2020.
Una componente fondamentale sarà anche il finanziamento della
lotta al cambiamento climatico; una tappa è stata raggiunta con la pri-
ma capitalizzazione del Fondo verde con una somma di 9,3 miliardi
dollari, di cui quasi un miliardo proveniente dalla Francia.
Nel programma si ritrovano le tradizionali indicazioni: la messa a
punto di un accordo internazionale entro il 2015, dotato di una effi-
cacia giuridica costrittiva, che contenga impegni e obiettivi per le par-
ti a partire dal 2020; ciò in accordo con la limitazione progressiva del-
le sovranità nazionali per aprire la strada al governo mondiale.
Si ritrova l’urgenza degli accordi e dei provvedimenti da prendere.
Si dice che un aumento accettabile della temperatura media su-
perficiale del pianeta non deve superare i due gradi rispetto ai livelli
preindustriali. Se si fa un confronto con il Periodo Caldo Medioevale,
in cui le temperature erano di circa 2-3 gradi superiori a quelle attua-
li, si propone, in pratica, che il riscaldamento debba essere limitato
tanto che la temperatura risulti inferiore a quella già verificatasi nel
Medioevo (e in molte epoche precedenti) quando non sono avvenute
tutte le catastrofi che puntualmente ci vengono preannunciate.
Storicamente si può dire che nel 1980, l’IPCC (Intergovernmental
Panel On Climate Change), gestito da un piccolo gruppo di sosteni-
tori del riscaldamento globale, forzando alcuni elementi di prova, ha
fatto credere che l’umanità deve affrontare una catastrofe dovuta ad
un riscaldamento globale causato dalle emissioni antropiche di ani-
dride carbonica. Tutto questo promette di essere il più costoso errore
scientifico della storia. È stato inoltre propagandato il mito che la te-
oria del riscaldamento globale sia supportata dal consenso quasi una-
nime dei climatologi.
Ma le variazioni climatiche, insieme alle conoscenze che si hanno
sulla storia del clima, mostrano che i fattori fisici che influenzano il
clima sono molteplici e complessi. Quelli di origine naturale sono co-
nosciuti e legati a cause astronomiche come per esempio l’attività del
Sole con la variazione delle macchie solari, le irregolarità dell’orbita
terrestre che producono effetti ciclici e ripetitivi nel corso di migliaia
di anni o di decine o di centinaia di migliaia di anni, ed inoltre al fat-
to stesso che la Terra gira su se stessa ed ha un mare, un’atmosfera ed
una copertura nuvolosa e quindi il clima deve necessariamente varia-
re. Tutti aspetti noti qualitativamente ma difficili da correlare quanti-
tativamente.
Le cause di origine antropica vengono ricondotte quasi esclusiva-
mente alle emissioni di anidride carbonica conseguente l’utilizzo dei
combustibili fossili, ma questa rappresenta soltanto il 5% dell’ani-
dride carbonica presente in atmosfera (ed è una frazione irrilevante
in rapporto a quella sciolta negli oceani ed a quella presente nei sedi-
menti sotto forma di carbonati o di bicarbonati).
L’enorme quantità di fattori rende difficile qualunque proiezione
futura. Di fronte a questi fatti e ad osservazioni e misure non sempre
affidabili ed omogenee vengono proposti scenari e proiezioni, che
non sono previsioni, sulla base di modelli e di simulazioni al compu-
ter. Ma è noto che ogni modello ha caratteristiche proprie che dipen-
dono dai parametri che vengono usati nel modello e dal peso relativo
che a ciascuno di essi viene dato. Se un modello viene proposto, ad
esempio, in una discussione scientifica, in contrapposizione ad altri
in una “gara” di “bravura” dei modelli, è una cosa encomiabile, ma se
da un modello deterministico si vogliono far scaturire politiche mon-
diali che vogliono condizionare pesantemente la vita dell’umanità, al-
lora si scantona in un processo politico, o in scelte politiche, che non
dovrebbero essere ammantate da una pretesa di scientificità.
Oltre all’ipocrisia della veste scientifica, la politica che è scaturita
dal protocollo di Kyoto ha prodotto dei riflessi economici notevolis-
simi, sia incidendo fortemente sulle produzioni industriali, sia dando
vita a degli strumenti finanziari che si sono aggiunti alla miriade di
strumenti finanziari già presenti sullo scenario mondiale, dando adito
a speculazioni e a truffe. Vi sono stati dei vantaggi economici notevoli
anche per tutti i soggetti che hanno partecipato ai mercati che, diret-
tamente o indirettamente, ruotano intorno alle emissioni di anidride
carbonica: banche, compra-vendita di titoli di credito di carbonio,
produzioni cosiddette sostenibili, energie rinnovabili, ecc..
Richard Lindzen, che è considerato attualmente il maggior fisico
dell’atmosfera ed è stato proclamato “climate scientist” nel 2007 ha
dichiarato: “Le generazioni future si chiederanno, con perplesso stu-
pore, come mai il mondo sviluppato degli inizi del XXI secolo è ca-
duto in un panico isterico a causa di un aumento della temperatura
media globale di pochi decimi di grado. Si chiederanno come, sulla
base di grossolane esagerazioni di proiezioni altamente incerte di mo-
delli matematici, combinate con improbabili catene di interferenze,
è stata presa in considerazione la possibilità di ritornare all’era pre-
industriale”.
Il libro di Mario Giaccio, oltre a documentare la non validità delle
tesi dei catastrofisti, ha il pregio di approfondire con assoluto rigore
scientifico (non politico) il mercato delle quote di anidride carbonica,
la carbon tax in particolare, documentando gli affari che si nascondo-12
Il climatismo: una nuova ideologia
no dietro le scelte derivate dal Protocollo di Kyoto. Sono in merito di
assoluta importanza i capitoli 4 e 5.
L’autore approfondisce inoltre le analogie, davvero impressio-
nanti, dell’ideologia che fu del “Club di Roma” del 1972 con quella
dell’odierno IPCC. Quello che si può dire dell’uno è facilmente tra-
sferibile all’altro. L’aspetto generalissimo è che vi sono, in ambedue i
casi, dei modelli matematici finalizzati a mettere a punto una visione
catastrofica del futuro, ma nello stesso tempo capaci di proporre le
modifiche che dovrebbero permettere all’umanità di sfuggire ai peri-
coli che la minacciano.
Racchiudere in un solo parametro (l’anidride carbonica emes-
sa dalle attività umane) tutte le possibilità di condanna o di salvezza
dell’umanità, sembra un antropocentrismo spropositato, sembra che
tutta la Terra sia un organismo stazionario e soltanto l’uomo sia in
grado di far variare questo stato idilliaco del pianeta.
Guardando obbiettivamente alla politica di Kyoto si ha l’impres-
sione che essa non sia stata proposta per ridurre le immissioni di ani-
dride carbonica, ma che sia una facciata di comodo dietro cui si na-
sconda il conseguimento di qualche altra finalità.
Con il pretesto della “sostenibilità”, ogni aspetto della nostra vita
sarà regolato e controllato da esponenti della finanza e tecnocrati. Il
protocollo di Kyoto propone la creazione di mostri burocratici nazio-
nali e sovranazionali, che dovrebbero razionare le emissioni e di con-
seguenza l’attività economica mondiale, con restrizioni obbligatorie
e sanzioni, in modo tale che il destino dei paesi, delle industrie, delle
aziende e, infine, delle persone di tutto il mondo, dipenderà da loro.
Probabilmente il climatismo è uno strumento per effettuare prove
generali per un governo globale, ovviamente monocratico e non sussi-
diario.
—————————————————————————————-
Dalla quarta di copertina:
Non vi sono dati che provino una correlazione statisticamente significativa fra l’aumento della produzione di anidride carbonica di origine antropica (meno del 5% di quella naturalmente presente nell’atmosfera) e il riscaldamento globale. L’aumento di temperatura, stimato in 0,8 °C negli ultimi 170 anni, è probabilmente legato all’attuale fase geologica di deglaciazione e quindi è di origine naturale. Se si esaminano le procedure con le quali vengono prodotti i report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), si comprende facilmente che tali report non sono documenti scientifici ma “istruzioni politiche”. Una delle conseguenze dell’applicazione del protocollo di Kyoto, basato su una non provata responsabilità umana, è stata la creazione di un mercato finanziario (quello legato ai certificati dei crediti di carbonio) che ha assunto tutte le forme tipiche di detto mercato ed ha fornito agli speculatori ed ai truffatori un aggiuntivo strumento di speculazione e di truffa. Le analogie fra l’attuale sistema dell’IPCC e quello che fu il Club di Roma del 1971 sono impressionanti. Hanno in comune, fra l’altro, l’attribuzione all’uomo di una catastrofe incombente ma non ineluttabile, in quanto l’uomo è ancora in tempo per riprendere il controllo del suo destino modificando i suoi comportamenti. Hanno in comune l’idea che tutta la Terra sia un organismo stazionario e soltanto l’uomo sia in grado di far mutare questo stato idilliaco del pianeta. Probabilmente il climatismo è uno strumento per effettuare prove generali per un governo globale, ovviamente monocratico e non sussidiario.
L’Autore
Mario Giaccio è Professore Ordinario di “Tecnologia e innovazione” e di “Tecnologia ed economia delle fonti di energia” nel Dipartimento di Scienze dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara. Ha insegnato nelle Università di Bari, Modena, Bologna, Ancona e Milano Bicocca. È stato Preside della Facoltà di Economia di Pescara per nove anni e Preside della Facoltà di Scienze Manageriali per cinque anni. Ha diretto la rivista scientifica Journal of Commodity Science, Technology and Quality, con comitato scientifico e referee internazionali. È responsabile scientifico del Research Centre for Evaluation and Socio-Economic Development, membro dell’United Nation Academic Impact. Ha pubblicato oltre 100 lavori scientifici su riviste sia italiane che internazionali.
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http://daltonsminima.altervista.org/category/ghiacci-antartici/Continua l’eccezionale estensione dei ghiacci marini dell’Antartide: guadagnati altri 58.000 km² in una sola settimana, stabilito un nuovo record
Sono
davvero eccezionali i dati sulla crescita dei ghiacci marini attorno le
coste dell’Antartide. Con la fine dell’inverno australe i ghiacci che
circondano il Polo Sud si apprestano a raggiungere la loro massima
estensione verso latitudini più settentrionali. In questo periodo, lungo
i principali mari che circondano l’Antartide, dopo il sorprendente
record di Maggio, l’estensione del ghiaccio è aumentata in maniera
vertiginosa, crescendo di circa 500 chilometri quadrati (41.900 miglia quadrate) al giorno, a tratti anche superiore al tasso medio di 108.400 chilometri quadrati (41.850 miglia quadrate)
al giorno. Attualmente, secondo le ultime rilevazioni satellitari,
l’estensione del ghiaccio ha raggiunto valori davvero fuori dal comune,
toccando i 1.535.000 chilometri quadrati. Uno dei dati
più alti finora misurati con l’ausilio delle tecnologie satellitari. Ma
ancora più stupefacente è stata la crescita del ghiaccio marino negli
ultimi sette giorni, che avrebbe superato i 58.000 chilometri quadrati,
facendo così registrare il nuovo record di massima crescita in appena
sette giorni. Difatti, dall’inizio delle rilevazioni satellitari, non si
era mai registrata una crescita così rapida e repentina del “Pack” che circonda il continente ghiacciato.
Questi 58.000 chilometri quadranti
guadagnati in una settimana evidenziano il periodo di ottima salute dei
ghiacci marini antartici, che trova la sua spiegazione in una serie di
fattori, molto complessi e incatenati fra loro, che ora tenteremo di
elencare nel modo più lineare possibile. I 1.535.000 chilometri quadrati
sono davvero eccezionali. Non ci troviamo di fronte ad una nuova
glaciazione, ma sta di fatto che se l’Artico continua a soffrire,
l’Antartide invece presenta una ottima forma, soprattutto durante il
periodo invernale, facendo registrare una notevole estensione della
banchisa, che riesce a spingersi fino a latitudini considerevoli.
Pertanto la navigazione marittima sui mari australi sta divenendo sempre
più insidiosa, a causa della maggior presenza di Iceberg e blocchi di
ghiaccio che tendono ad andare alla deriva, sotto la spinta delle grandi
tempeste (“venti Catabatici” molto violenti) che
periodicamente spazzano le coste che circondano il Polo Sud. Pur
trattandosi di ghiaccio molto giovane e piuttosto sottile, molto
vulnerabile al moto ondoso e al rialzo termico, esso è riuscito a
coprire l’intero bacino ad est della penisola Antartica, cosi come buona
parte dei bacini, a ridosso dell’Antartide orientale.
Il ghiaccio marino ha coperto ormai gran
parte del mar di Weddell, il mare di Amundsen e il settore orientale
del mar di Ross, dove la navigazione può essere effettuata solo con
l’ausilio delle navi rompighiaccio. Bisogna però tenere presente che in
questo caso i venti e le correnti oceaniche, e non tanto le temperature
dell’aria, hanno avuto un ruolo di primo piano nel spingere il ghiaccio
dalle coste antartiche verso latitudini più settentrionali. Anche in
questi ultimi due mesi i venti dominanti, lungo l’Antartide, hanno
spirato in prevalenza dai quadranti meridionali, con l’attivazione di
forti raffiche “catabatiche” (venti discendenti
dall’altopiano ghiacciato interno dell’Antartide) che dal Plateau
interno antartico si sono rapidamente dirette verso le aree costiere,
affacciate sul mare di Weddell, mare di Amundsen, ed in parte anche sul
mar di Ross. In questi mesi lungo le coste antartiche abbiamo assistito
alla persistenza di un pattern atmosferico, caratterizzato da un robusto
e permanente nucleo anticiclonico, di natura termica (caratterizzato da
aria molto gelida e pesante presente sopra il Plateau centrale), che
per varie settimane è rimasto quasi stazionario fra la parte occidentale
della regione del Mare di Weddell, la Penisola Antartica e il Mare
Bellingshausen. La presenza di questo importante anticiclone termico,
con massimi barici al suolo piuttosto elevati, ha favorito l’attivazione
di una persistente, intensa e gelida ventilazione dai quadranti
meridionali, in genere da S-SO e SO, che ha sferzato con grande costanza
le aree costiere ad est della penisola Antartica, mare di Amundsen e il
mare di Weddell (fino a largo). Ma la cosa più inusuale riguarda la
particolarità di questa ventilazione meridionale. I forti venti da S-SO e
SO non solo hanno contribuito a spingere il ghiaccio verso le
medie-basse latitudini dell’emisfero australe, ma hanno pilotato con sé
masse d’aria piuttosto gelide, in scivolamento dal Plateau antartico,
che si sono dirette verso le latitudini più temperate.
Quest’aria molto gelida d’origine antartica, fino ai bassi strati (con temperature largamente sotto lo +0°C)
scorrendo sopra il mare di Weddell, ha anche impedito la fusione
superficiale del ghiaccio marino, mantenendolo le acque di questo sotto
il punto di congelato. Rispetto al ghiaccio marino dell’Artico, il
ghiaccio marino antartico generalmente mostra una maggiore variabilità
stagionale, derivata da una lunga moltitudine di fattori. Esso ha più
spazio per crescere in inverno, dato che l’Antartide e un grande
continente interamente circondato dai mari, e si scioglie più
completamente in estate, proprio per le caratteristiche appena
enunciate. Il ghiaccio marino dell’Antartide è soggetto ad una più ampia
gamma di influenze e variabili provenienti dall’atmosfera che dagli
oceani che lo circondano e dalle stesse correnti oceaniche. Da un punto
di vista dinamico il fenomeno può essere spiegato anche dal fatto che
l’aria gelidissima del Plateau Antartico, molto densa e pesante, tende a
scivolare sulle coste dell’Antartide, incanalandosi con forza nell’area
del pendio, favorendo l’attivazione di queste impetuose correnti d’aria
in discesa dai ghiacciai del Polo Sud.
In
questo caso anche l’orografia gioca un ruolo determinante nel far
“canalizzare” o deviare le furiosi correnti gelide che fuoriescono dal
continente più gelido del pianeta. Spesso lungo le coste i venti “Catabatici”, in discesa dal Plateau ghiacciato, possono raggiungere valori di 100-150 km/h, con raffiche fino a 180-200 km/h.
Ma in determinate situazioni, specie durante l’autunno o l’inverno
australe, quando sui mari sub-antartici si sviluppano quelle
profondissime “depressioni-uragano” (minimo al suolo anche al di sotto dei 940-935 hpa) e si vengono a determinare incredibili “gradienti barici orizzontali” con il Plateau, dominato dall’anticiclone permanente sopra i 1040 hpa,
si riescono a sollevare degli uragani di vento di potenza
straordinaria, capaci di ridurre la visibilità orizzontale a pochi metri
per l’immenso “scaccianeve” sollevato sui ghiacciai.
Tali venti molto forti, che spirano dal Plateau interno verso le coste,
molto spesso, possono facilitare una notevole estensione dei blocchi di
ghiaccio sui mari che circondano l’Antartide, rappresentando cosi uno
dei tanti elementi (andamento delle temperature medie, correnti
oceaniche, intensità degli scambi di calore tra le aree oceaniche e il
Plateau interno) che hanno contribuito al raggiungimento del nuovo
massimo di estensione della “banchisa” antartica.
segue link di un altro articolo circostanziato circa la menzogna globale ambientale
Il CLIMATISMO: LA NUOVA IDEOLOGIA
Nei giorni della colossale Conferenza sul Clima che si apre a Parigi, prova generale di governo globale della finanza – sotto specie di allarmismo climatico – esce il volume IL CLIMATISMO: UNA NUOVA IDEOLOGIA di Mario Giaccio, per le edizioni 21 Secolo. Una lettura necessaria per contrastare l’alluvione di falsificazioni che ci verranno ammannite a palate sui media. Si può ordinare a info@21mosecolo.it . Ne dò qui la prefazione di Umberto Crescenti (MB.
“Ascoltate di cosa si tratti. I giorni sono cattivi. Non è forse
vero che, da quando siamo stati espulsi dal paradiso, tra-
scorriamo quaggiù giorni cattivi? Così i nostri antenati si
lamentarono dei loro giorni e gli avi loro si lamentarono dei loro gior-
ni. A nessun uomo son piaciuti mai i giorni della sua vita. Piuttosto, ai
posteri piacciono i giorni degli avi; e a costoro, a loro volta, piacevano
i giorni che essi non avevano esperimentato e per questo li trovavano
piacevoli. Quanto al presente invece, provoca una sensazione pun-
gente. (…) Ogni anno, quando sentiamo freddo, di solito diciamo:
Non ha mai fatto un freddo così; e se sentiamo caldo diciamo: non ha
mai fatto un caldo così”.
(Sant’Agostino, Discorso 25, 3. Cfr. Opera
Omnia di Sant’Agostino, Discorsi/1 (1-50), Nuova Biblioteca Agosti-
niana, Città Nuova Editrice, Roma, 1979, pp. CXLVIII-1068.). Data-
zione attribuita al Discorso 25: 410-412 a.D.
http://www.augustinus.it/latino/discorsi/index.htm
______________________________________________________
Presentazione
di Uberto Crescenti
* Professore Emerito di Geologia Applicata, Università G. d’Annunzio
Chieti-Pescara
La Francia è stata ufficialmente nominata paese ospitante della
ventunesima Conferenza Parigi 2015 sul Clima (COP21); que-
sta si terrà al Bourget dal 30 novembre all’11 dicembre 2015.
In quanto paese che presiede la COP, dovrà facilitare il dialogo
tra tutte le parti partecipanti al negoziato, al fine di stabilire un clima
di fiducia reciproca, di far convergere i diversi punti di vista e di per-
mettere l’adozione di un accordo all’unanimità.
In primo luogo si cercherà un accordo ambizioso e vincolante per
la sfida del cambiamento climatico, che si applicherebbe a tutti i pae-
si. Infatti è dato per scontato che è in atto un cambiamento climatico
dovuto per la massima parte alle attività umane e che per evitare peri-
colose interferenze delle attività umane sul clima, un aumento accet-
tabile della temperatura media superficiale del pianeta non deve su-
perare i due gradi rispetto ai livelli preindustriali. Prima si interviene,
minori saranno i costi. Il 2015 rappresenta il termine ultimo per rag-
giungere un nuovo accordo globale legalmente vincolante che possa
subentrare alla piattaforma di Kyoto dal 2020.
Una componente fondamentale sarà anche il finanziamento della
lotta al cambiamento climatico; una tappa è stata raggiunta con la pri-
ma capitalizzazione del Fondo verde con una somma di 9,3 miliardi
dollari, di cui quasi un miliardo proveniente dalla Francia.
Nel programma si ritrovano le tradizionali indicazioni: la messa a
punto di un accordo internazionale entro il 2015, dotato di una effi-
cacia giuridica costrittiva, che contenga impegni e obiettivi per le par-
ti a partire dal 2020; ciò in accordo con la limitazione progressiva del-
le sovranità nazionali per aprire la strada al governo mondiale.
Si ritrova l’urgenza degli accordi e dei provvedimenti da prendere.
Si dice che un aumento accettabile della temperatura media su-
perficiale del pianeta non deve superare i due gradi rispetto ai livelli
preindustriali. Se si fa un confronto con il Periodo Caldo Medioevale,
in cui le temperature erano di circa 2-3 gradi superiori a quelle attua-
li, si propone, in pratica, che il riscaldamento debba essere limitato
tanto che la temperatura risulti inferiore a quella già verificatasi nel
Medioevo (e in molte epoche precedenti) quando non sono avvenute
tutte le catastrofi che puntualmente ci vengono preannunciate.
Storicamente si può dire che nel 1980, l’IPCC (Intergovernmental
Panel On Climate Change), gestito da un piccolo gruppo di sosteni-
tori del riscaldamento globale, forzando alcuni elementi di prova, ha
fatto credere che l’umanità deve affrontare una catastrofe dovuta ad
un riscaldamento globale causato dalle emissioni antropiche di ani-
dride carbonica. Tutto questo promette di essere il più costoso errore
scientifico della storia. È stato inoltre propagandato il mito che la te-
oria del riscaldamento globale sia supportata dal consenso quasi una-
nime dei climatologi.
Ma le variazioni climatiche, insieme alle conoscenze che si hanno
sulla storia del clima, mostrano che i fattori fisici che influenzano il
clima sono molteplici e complessi. Quelli di origine naturale sono co-
nosciuti e legati a cause astronomiche come per esempio l’attività del
Sole con la variazione delle macchie solari, le irregolarità dell’orbita
terrestre che producono effetti ciclici e ripetitivi nel corso di migliaia
di anni o di decine o di centinaia di migliaia di anni, ed inoltre al fat-
to stesso che la Terra gira su se stessa ed ha un mare, un’atmosfera ed
una copertura nuvolosa e quindi il clima deve necessariamente varia-
re. Tutti aspetti noti qualitativamente ma difficili da correlare quanti-
tativamente.
Le cause di origine antropica vengono ricondotte quasi esclusiva-
mente alle emissioni di anidride carbonica conseguente l’utilizzo dei
combustibili fossili, ma questa rappresenta soltanto il 5% dell’ani-
dride carbonica presente in atmosfera (ed è una frazione irrilevante
in rapporto a quella sciolta negli oceani ed a quella presente nei sedi-
menti sotto forma di carbonati o di bicarbonati).
L’enorme quantità di fattori rende difficile qualunque proiezione
futura. Di fronte a questi fatti e ad osservazioni e misure non sempre
affidabili ed omogenee vengono proposti scenari e proiezioni, che
non sono previsioni, sulla base di modelli e di simulazioni al compu-
ter. Ma è noto che ogni modello ha caratteristiche proprie che dipen-
dono dai parametri che vengono usati nel modello e dal peso relativo
che a ciascuno di essi viene dato. Se un modello viene proposto, ad
esempio, in una discussione scientifica, in contrapposizione ad altri
in una “gara” di “bravura” dei modelli, è una cosa encomiabile, ma se
da un modello deterministico si vogliono far scaturire politiche mon-
diali che vogliono condizionare pesantemente la vita dell’umanità, al-
lora si scantona in un processo politico, o in scelte politiche, che non
dovrebbero essere ammantate da una pretesa di scientificità.
Oltre all’ipocrisia della veste scientifica, la politica che è scaturita
dal protocollo di Kyoto ha prodotto dei riflessi economici notevolis-
simi, sia incidendo fortemente sulle produzioni industriali, sia dando
vita a degli strumenti finanziari che si sono aggiunti alla miriade di
strumenti finanziari già presenti sullo scenario mondiale, dando adito
a speculazioni e a truffe. Vi sono stati dei vantaggi economici notevoli
anche per tutti i soggetti che hanno partecipato ai mercati che, diret-
tamente o indirettamente, ruotano intorno alle emissioni di anidride
carbonica: banche, compra-vendita di titoli di credito di carbonio,
produzioni cosiddette sostenibili, energie rinnovabili, ecc..
Richard Lindzen, che è considerato attualmente il maggior fisico
dell’atmosfera ed è stato proclamato “climate scientist” nel 2007 ha
dichiarato: “Le generazioni future si chiederanno, con perplesso stu-
pore, come mai il mondo sviluppato degli inizi del XXI secolo è ca-
duto in un panico isterico a causa di un aumento della temperatura
media globale di pochi decimi di grado. Si chiederanno come, sulla
base di grossolane esagerazioni di proiezioni altamente incerte di mo-
delli matematici, combinate con improbabili catene di interferenze,
è stata presa in considerazione la possibilità di ritornare all’era pre-
industriale”.
Il libro di Mario Giaccio, oltre a documentare la non validità delle
tesi dei catastrofisti, ha il pregio di approfondire con assoluto rigore
scientifico (non politico) il mercato delle quote di anidride carbonica,
la carbon tax in particolare, documentando gli affari che si nascondo-12
Il climatismo: una nuova ideologia
no dietro le scelte derivate dal Protocollo di Kyoto. Sono in merito di
assoluta importanza i capitoli 4 e 5.
L’autore approfondisce inoltre le analogie, davvero impressio-
nanti, dell’ideologia che fu del “Club di Roma” del 1972 con quella
dell’odierno IPCC. Quello che si può dire dell’uno è facilmente tra-
sferibile all’altro. L’aspetto generalissimo è che vi sono, in ambedue i
casi, dei modelli matematici finalizzati a mettere a punto una visione
catastrofica del futuro, ma nello stesso tempo capaci di proporre le
modifiche che dovrebbero permettere all’umanità di sfuggire ai peri-
coli che la minacciano.
Racchiudere in un solo parametro (l’anidride carbonica emes-
sa dalle attività umane) tutte le possibilità di condanna o di salvezza
dell’umanità, sembra un antropocentrismo spropositato, sembra che
tutta la Terra sia un organismo stazionario e soltanto l’uomo sia in
grado di far variare questo stato idilliaco del pianeta.
Guardando obbiettivamente alla politica di Kyoto si ha l’impres-
sione che essa non sia stata proposta per ridurre le immissioni di ani-
dride carbonica, ma che sia una facciata di comodo dietro cui si na-
sconda il conseguimento di qualche altra finalità.
Con il pretesto della “sostenibilità”, ogni aspetto della nostra vita
sarà regolato e controllato da esponenti della finanza e tecnocrati. Il
protocollo di Kyoto propone la creazione di mostri burocratici nazio-
nali e sovranazionali, che dovrebbero razionare le emissioni e di con-
seguenza l’attività economica mondiale, con restrizioni obbligatorie
e sanzioni, in modo tale che il destino dei paesi, delle industrie, delle
aziende e, infine, delle persone di tutto il mondo, dipenderà da loro.
Probabilmente il climatismo è uno strumento per effettuare prove
generali per un governo globale, ovviamente monocratico e non sussi-
diario.
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Dalla quarta di copertina:
Non vi sono dati che provino una correlazione statisticamente significativa fra l’aumento della produzione di anidride carbonica di origine antropica (meno del 5% di quella naturalmente presente nell’atmosfera) e il riscaldamento globale. L’aumento di temperatura, stimato in 0,8 °C negli ultimi 170 anni, è probabilmente legato all’attuale fase geologica di deglaciazione e quindi è di origine naturale. Se si esaminano le procedure con le quali vengono prodotti i report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), si comprende facilmente che tali report non sono documenti scientifici ma “istruzioni politiche”. Una delle conseguenze dell’applicazione del protocollo di Kyoto, basato su una non provata responsabilità umana, è stata la creazione di un mercato finanziario (quello legato ai certificati dei crediti di carbonio) che ha assunto tutte le forme tipiche di detto mercato ed ha fornito agli speculatori ed ai truffatori un aggiuntivo strumento di speculazione e di truffa. Le analogie fra l’attuale sistema dell’IPCC e quello che fu il Club di Roma del 1971 sono impressionanti. Hanno in comune, fra l’altro, l’attribuzione all’uomo di una catastrofe incombente ma non ineluttabile, in quanto l’uomo è ancora in tempo per riprendere il controllo del suo destino modificando i suoi comportamenti. Hanno in comune l’idea che tutta la Terra sia un organismo stazionario e soltanto l’uomo sia in grado di far mutare questo stato idilliaco del pianeta. Probabilmente il climatismo è uno strumento per effettuare prove generali per un governo globale, ovviamente monocratico e non sussidiario.
L’Autore
Mario Giaccio è Professore Ordinario di “Tecnologia e innovazione” e di “Tecnologia ed economia delle fonti di energia” nel Dipartimento di Scienze dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara. Ha insegnato nelle Università di Bari, Modena, Bologna, Ancona e Milano Bicocca. È stato Preside della Facoltà di Economia di Pescara per nove anni e Preside della Facoltà di Scienze Manageriali per cinque anni. Ha diretto la rivista scientifica Journal of Commodity Science, Technology and Quality, con comitato scientifico e referee internazionali. È responsabile scientifico del Research Centre for Evaluation and Socio-Economic Development, membro dell’United Nation Academic Impact. Ha pubblicato oltre 100 lavori scientifici su riviste sia italiane che internazionali.
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http://daltonsminima.altervista.org/category/ghiacci-antartici/Continua l’eccezionale estensione dei ghiacci marini dell’Antartide: guadagnati altri 58.000 km² in una sola settimana, stabilito un nuovo record
Sono
davvero eccezionali i dati sulla crescita dei ghiacci marini attorno le
coste dell’Antartide. Con la fine dell’inverno australe i ghiacci che
circondano il Polo Sud si apprestano a raggiungere la loro massima
estensione verso latitudini più settentrionali. In questo periodo, lungo
i principali mari che circondano l’Antartide, dopo il sorprendente
record di Maggio, l’estensione del ghiaccio è aumentata in maniera
vertiginosa, crescendo di circa 500 chilometri quadrati (41.900 miglia quadrate) al giorno, a tratti anche superiore al tasso medio di 108.400 chilometri quadrati (41.850 miglia quadrate)
al giorno. Attualmente, secondo le ultime rilevazioni satellitari,
l’estensione del ghiaccio ha raggiunto valori davvero fuori dal comune,
toccando i 1.535.000 chilometri quadrati. Uno dei dati
più alti finora misurati con l’ausilio delle tecnologie satellitari. Ma
ancora più stupefacente è stata la crescita del ghiaccio marino negli
ultimi sette giorni, che avrebbe superato i 58.000 chilometri quadrati,
facendo così registrare il nuovo record di massima crescita in appena
sette giorni. Difatti, dall’inizio delle rilevazioni satellitari, non si
era mai registrata una crescita così rapida e repentina del “Pack” che circonda il continente ghiacciato.
Questi 58.000 chilometri quadranti
guadagnati in una settimana evidenziano il periodo di ottima salute dei
ghiacci marini antartici, che trova la sua spiegazione in una serie di
fattori, molto complessi e incatenati fra loro, che ora tenteremo di
elencare nel modo più lineare possibile. I 1.535.000 chilometri quadrati
sono davvero eccezionali. Non ci troviamo di fronte ad una nuova
glaciazione, ma sta di fatto che se l’Artico continua a soffrire,
l’Antartide invece presenta una ottima forma, soprattutto durante il
periodo invernale, facendo registrare una notevole estensione della
banchisa, che riesce a spingersi fino a latitudini considerevoli.
Pertanto la navigazione marittima sui mari australi sta divenendo sempre
più insidiosa, a causa della maggior presenza di Iceberg e blocchi di
ghiaccio che tendono ad andare alla deriva, sotto la spinta delle grandi
tempeste (“venti Catabatici” molto violenti) che
periodicamente spazzano le coste che circondano il Polo Sud. Pur
trattandosi di ghiaccio molto giovane e piuttosto sottile, molto
vulnerabile al moto ondoso e al rialzo termico, esso è riuscito a
coprire l’intero bacino ad est della penisola Antartica, cosi come buona
parte dei bacini, a ridosso dell’Antartide orientale.
Il ghiaccio marino ha coperto ormai gran
parte del mar di Weddell, il mare di Amundsen e il settore orientale
del mar di Ross, dove la navigazione può essere effettuata solo con
l’ausilio delle navi rompighiaccio. Bisogna però tenere presente che in
questo caso i venti e le correnti oceaniche, e non tanto le temperature
dell’aria, hanno avuto un ruolo di primo piano nel spingere il ghiaccio
dalle coste antartiche verso latitudini più settentrionali. Anche in
questi ultimi due mesi i venti dominanti, lungo l’Antartide, hanno
spirato in prevalenza dai quadranti meridionali, con l’attivazione di
forti raffiche “catabatiche” (venti discendenti
dall’altopiano ghiacciato interno dell’Antartide) che dal Plateau
interno antartico si sono rapidamente dirette verso le aree costiere,
affacciate sul mare di Weddell, mare di Amundsen, ed in parte anche sul
mar di Ross. In questi mesi lungo le coste antartiche abbiamo assistito
alla persistenza di un pattern atmosferico, caratterizzato da un robusto
e permanente nucleo anticiclonico, di natura termica (caratterizzato da
aria molto gelida e pesante presente sopra il Plateau centrale), che
per varie settimane è rimasto quasi stazionario fra la parte occidentale
della regione del Mare di Weddell, la Penisola Antartica e il Mare
Bellingshausen. La presenza di questo importante anticiclone termico,
con massimi barici al suolo piuttosto elevati, ha favorito l’attivazione
di una persistente, intensa e gelida ventilazione dai quadranti
meridionali, in genere da S-SO e SO, che ha sferzato con grande costanza
le aree costiere ad est della penisola Antartica, mare di Amundsen e il
mare di Weddell (fino a largo). Ma la cosa più inusuale riguarda la
particolarità di questa ventilazione meridionale. I forti venti da S-SO e
SO non solo hanno contribuito a spingere il ghiaccio verso le
medie-basse latitudini dell’emisfero australe, ma hanno pilotato con sé
masse d’aria piuttosto gelide, in scivolamento dal Plateau antartico,
che si sono dirette verso le latitudini più temperate.
Quest’aria molto gelida d’origine antartica, fino ai bassi strati (con temperature largamente sotto lo +0°C)
scorrendo sopra il mare di Weddell, ha anche impedito la fusione
superficiale del ghiaccio marino, mantenendolo le acque di questo sotto
il punto di congelato. Rispetto al ghiaccio marino dell’Artico, il
ghiaccio marino antartico generalmente mostra una maggiore variabilità
stagionale, derivata da una lunga moltitudine di fattori. Esso ha più
spazio per crescere in inverno, dato che l’Antartide e un grande
continente interamente circondato dai mari, e si scioglie più
completamente in estate, proprio per le caratteristiche appena
enunciate. Il ghiaccio marino dell’Antartide è soggetto ad una più ampia
gamma di influenze e variabili provenienti dall’atmosfera che dagli
oceani che lo circondano e dalle stesse correnti oceaniche. Da un punto
di vista dinamico il fenomeno può essere spiegato anche dal fatto che
l’aria gelidissima del Plateau Antartico, molto densa e pesante, tende a
scivolare sulle coste dell’Antartide, incanalandosi con forza nell’area
del pendio, favorendo l’attivazione di queste impetuose correnti d’aria
in discesa dai ghiacciai del Polo Sud.
In
questo caso anche l’orografia gioca un ruolo determinante nel far
“canalizzare” o deviare le furiosi correnti gelide che fuoriescono dal
continente più gelido del pianeta. Spesso lungo le coste i venti “Catabatici”, in discesa dal Plateau ghiacciato, possono raggiungere valori di 100-150 km/h, con raffiche fino a 180-200 km/h.
Ma in determinate situazioni, specie durante l’autunno o l’inverno
australe, quando sui mari sub-antartici si sviluppano quelle
profondissime “depressioni-uragano” (minimo al suolo anche al di sotto dei 940-935 hpa) e si vengono a determinare incredibili “gradienti barici orizzontali” con il Plateau, dominato dall’anticiclone permanente sopra i 1040 hpa,
si riescono a sollevare degli uragani di vento di potenza
straordinaria, capaci di ridurre la visibilità orizzontale a pochi metri
per l’immenso “scaccianeve” sollevato sui ghiacciai.
Tali venti molto forti, che spirano dal Plateau interno verso le coste,
molto spesso, possono facilitare una notevole estensione dei blocchi di
ghiaccio sui mari che circondano l’Antartide, rappresentando cosi uno
dei tanti elementi (andamento delle temperature medie, correnti
oceaniche, intensità degli scambi di calore tra le aree oceaniche e il
Plateau interno) che hanno contribuito al raggiungimento del nuovo
massimo di estensione della “banchisa” antartica.
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