Cagliari. Contestato il Presidente Napolitano
di Redazione Contropiano
Non stanno diventando passeggiate le visite in giro per l'Italia del Capo dello Stato. Dopo Bologna anche a Cagliari studenti, pastori e movimenti sociali ne contestano l'operato. Oggi le autorità della Sardegna attendevano l’arrivo del presidente della Repubblica Napolitano per l’inaugurazione delle statue di Pinuccio Sciola dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia. Ma il movimento dei commercianti e degli artigiani “Antiequitalia” ha annunciato una contestazione al presidente della Repubblica con “vari blitz” in via Roma, davanti al porto e davanti al municipio. L’intento – si legge in una nota diffusa stamane – è di sollecitarlo a un preciso impegno nella ‘vertenza antiequitalia’. Alle 10.50 il capo dello Stato è arrivato al porto di Cagliari. Lo hanno accolto applausi e qualche fischio. I manifestanti di Sardigna Natzione urlano: “Vergogna, vergogna”. Fuori dal Municipio c’è un drappello di manifestanti che contesta il presidente della Repubblica. All'uscita il Presidente della Repubblica viene accolto da una contestazione di circa 300 persone di Sardigna Natzione, Movimento artigiani liberi e Movimento pastori che gridano "Buffone buffone". Il corteo del gruppo del Presidio piazzale Trento è stato fermato dalla polizia in via Pola
L’auto del capo dello Stato lascia via Roma alla volta del Teatro Lirico, ma fuori dal Teatro Lirico ci sono gli studenti universitari di Unica 2.0 i quali innalzano uno striscione con lo slogan: “+15 miliardi per i caccia F35, -8 miliardi per l’istruzione. Dov’è il diritto allo studio?”. Il leader dei Pastori sardi, Felice Floris, a proposito della contestazione denuncia la scelta del capo dello Stato di non incontrare i rappresentanti della pastorizia, dell’artigianato e del commercio. “Andremo a fischiare anche davanti alla Prefettura”.
L’auto del capo dello Stato lascia via Roma alla volta del Teatro Lirico, ma fuori dal Teatro Lirico ci sono gli studenti universitari di Unica 2.0 i quali innalzano uno striscione con lo slogan: “+15 miliardi per i caccia F35, -8 miliardi per l’istruzione. Dov’è il diritto allo studio?”. Il leader dei Pastori sardi, Felice Floris, a proposito della contestazione denuncia la scelta del capo dello Stato di non incontrare i rappresentanti della pastorizia, dell’artigianato e del commercio. “Andremo a fischiare anche davanti alla Prefettura”.
Sassari. Ancora contestazioni a Napolitano
di Redazione Contropiano
"Napolitano servo dei banchieri!". Non si sono verificati incidenti, ma il passaggio del corteo presidenziale diretto all'auditorium comunale di Sassari è stato salutato da un coro di "buffone, buffone, non ti vogliamo!", levatosi da una delle due ali di contestatori radunate su entrambi i lati di viale Trieste. Tra la folla anche un gruppo del movimento dei pastori sardi, un gruppo di operai della Vinyls, alcuni indipendentisti sardi. Tra i manifestanti sono stati levati cartelli all'indirizzo del presidente della Repubblica: "Napolitano servo dei banchieri", ma anche rivolti al governo: "Monti governo infame". Anche ieri a Cagliari il presidente della Repubblica era stato contestato durante la sua visita, prima al porto e poi al Municipio e sotto la Prefettura.
Sassari. Ancora contestazioni a Napolitano
di Redazione Contropiano
"Napolitano servo dei banchieri!". Non si sono verificati incidenti, ma il passaggio del corteo presidenziale diretto all'auditorium comunale di Sassari è stato salutato da un coro di "buffone, buffone, non ti vogliamo!", levatosi da una delle due ali di contestatori radunate su entrambi i lati di viale Trieste. Tra la folla anche un gruppo del movimento dei pastori sardi, un gruppo di operai della Vinyls, alcuni indipendentisti sardi. Tra i manifestanti sono stati levati cartelli all'indirizzo del presidente della Repubblica: "Napolitano servo dei banchieri", ma anche rivolti al governo: "Monti governo infame". Anche ieri a Cagliari il presidente della Repubblica era stato contestato durante la sua visita, prima al porto e poi al Municipio e sotto la Prefettura.
Il governo istituisce il tavolo tecnico sulla vertenza Sardegna
Pili (Pdl): «Il ministero vuole trasferire nell'isola oltre duemila detenuti»
«C’è un piano segreto del ministero per trasferire in Sardegna oltre duemila detenuti dalle carceri della penisola». L’allarme viene dal deputato Pdl Mauro Pili
MACOMER. Duemila detenuti in arrivo dalla penisola, un piano "segreto" senza precedenti. Entro l'anno la Sardegna sarà ancora una volta la Caienna d'Italia. La valvola di sfogo di un sistema carcerario diventato ormai un carnaio umano. Una bomba pronta a esplodere che non risparmia neppure la calma apparente di Macomer, dal 2009 piccola Guantanamo nella terra dei nuraghi. Nonostante i piani del ministero della Giustizia, è proprio nella periferia sarda che la situazione diventa sempre più drammatica. Prova ne è l'ultima aggressione subita da un agente di polizia penitenziaria, Valerio Agus. Un poliziotto finito in ospedale, l'altro giorno, perché un terrorista islamico di una cellula di Al Qaeda gli ha scagliato addosso una caffettiera. «Un'aggressione che poteva avere conseguenze tragiche», assicura il deputato Mauro Pili (Pdl), appena uscito, ieri mattina, da un'ispezione a sorpresa nel penitenziario di Bonu Trau, zona industriale di Macomer. «Non si copra con il silenzio questo fatto gravissimo - alza la voce - e il ministro della Giustizia Paola Severino allontani subito dall'isola questi terroristi e fermi il piano segreto per spostare in Sardegna oltre 2000 detenuti provenienti dal resto d'Italia».
Accompagnato dal vice sindaco di Macomer Giovanni Biccai, il parlamentare ex sindaco di Iglesias ha appena visto in faccia i cinque musulmani reclusi nel Marghine condannati per «terrorismo internazionale islamico, con un curriculum che va dal reclutamento di kamikaze all'organizzazione di stragi, a Milano, Madrid e Londra». «La loro detenzione in Sardegna, qui a Macomer - incalza Mauro Pili - non è assolutamente compatibile con le strutture e con la carenza di personale».
«Uno dei cinque terroristi - spiega - si è rifiutato di farsi perquisire e ha provocato l'agente. Un altro ha lanciato sull'agente Agus una caffettiera, in faccia, provocandogli un gravissimo trauma cranico con conseguente perdita di coscienza, profonde ferite sulla fronte poi suturate in ospedale e un trauma cervicale con stato commotivo. Un fatto che poteva preludere a un tentativo di sommossa. Un'aggressione che poteva uccidere», sottolinea ancora il deputato del Pdl, facendo sue le parole dei medici, dei dirigenti del carcere, dei sindacati, degli agenti subito intervenuti in soccorso del loro collega nel braccio di alta sorveglianza del carcere di Macomer. Uno dei quattro (assieme a quelli di Asti-Piemonte, Benevento-Campania e Rossano-Calabria) che in tutta Italia sono destinati ad accogliere detenuti islamici.
«Il braccio AS2, alta sorveglianza, di Macomer, destinato ai terroristi islamici, deve essere chiuso», insiste Mauro Pili mentre tra i capannoni di Bonu Trau soffia un vento gelido. «Questi soggetti devono essere allontanati dalla Sardegna, considerata l'assoluta inadeguatezza delle strutture penitenziarie ad accogliere un certo tipo di detenuti». «Ho già trasmesso al Ministro - dice Pili - un'articolata interrogazione con la quale chiedo l'immediata adozione di un provvedimento urgente di allontanamento dall'istituto di Macomer di questi soggetti».
«Questo gravissimo fatto - va avanti il deputato che la scorsa settimana aveva negato la fiducia al Governo proprio sul decreto svuota carceri - porta alla luce una situazione non più sostenibile per il carcere di Macomer e per il sistema carcerario sardo. L'istituto penitenziario del Marghine, nasce infatti, come carcere per tossicodipendenti e solo successivamente un'ala dello stabile è stata adibita all'alta sorveglianza di terroristici islamici». Senza strutture adeguate, dunque, ma anche senza alcuna preparazione specifica, visto che gestire detenuti musulmani è particolarmente difficile. Per esempio: nessun poliziotto può toccare il Corano, nessun poliziotto può metter piede sul tappeto della preghiera. Chiaro, perciò, che anche la più banale delle ispezioni diventa un grattacapo alquanto complicato. «Si tratta - prosegue Mauro Pili - di assegnazioni che hanno solo un obiettivo: utilizzare la Sardegna come terra di confino pur non avendo strutture e personale sufficiente a gestire simili situazioni. Tutto questo è inaccettabile e deve essere impedito».
Ma come se non bastasse, ora si scopre «un piano "segreto" che il ministero avrebbe elaborato con una previsione di «oltre 2000 detenuti provenienti dal resto d'Italia da trasferire in Sardegna entro l'anno - attacca ancora il parlamentare del Pdl -. Se tale piano fosse confermato ci troveremo dinnanzi a uno scellerato tentativo di scaricare sulla Sardegna la tensione carceraria del resto d'Italia». Con una conseguenza logica: le nuove carceri sarde di Uta e Bancali (Sassari) verrebbero riempite all'istante, lasciando allo status quo Buoncammino e San Sebastiano. Le vecchie celle di Cagliari e Sassari, dunque, non saranno chiuse, ma continueranno a stipare altra carne umana. È questo il dramma che il mondo penitenziario della Sardegna spera venga smentito presto dalla ministro Paolo Severino. A chiederlo è anche Antonio Satta, segretario nazionale dell'Upc: «Aspettiamo che il ministro faccia chiarezza».
L'idea sarebbe inaccettabile, sottolinea Pili: «Occorre cominciare a prevedere una ripartizione di tali assegnazioni rispetto alla localizzazione territoriale dei reati e degli stessi carcerati - chiede Pili -. Non si può ritornare alla tribale concezione di isola uguale maggiore sicurezza. Non vorrei che con la scusa delle nuove carceri si tentasse di fare della Sardegna una nuova Caienna d'Italia - è il monito che lancia l'esponente del Popolo della libertà -. Se così fosse sappia il ministro della Giustizia che troverà un'opposizione totale e determinata. A tutto ciò va aggiunto che in questi ultimi giorni sono arrivati in Sardegna quasi 100 nuovi detenuti provenienti dalla penisola e già dislocati nei penitenziari isolani. Si eviti di far passare questo trasferimento come fatto di routine perché tutto ciò non sarebbe credibile».
«La nostra Regione ha oggi una carenza di almeno 200 uomini di polizia penitenziaria, per non contare gli aspetti rieducativi, e l'arrivo di nuovi detenuti porterebbe al collasso il sistema carcerario sardo. Basti dire che i terroristi islamici - ricorda Pili - dovrebbero avere un rapporto pari a tre agenti a detenuto per i diversi turni della giornata. A Macomer a malapena si raggiunge il rapporto di uno a uno». Ecco perché Pili chiederà nei prossimi giorni al governo di riferire al parlamento sui fatti di Macomer e sul trasferimento di 2000 detenuti in Sardegna.
Signor Presidente,
“Su Comitadu pro sa limba sarda”, in quanto storica Associazione portatrice d’interessi culturali, identitari e diritti civili del popolo sardo, in occasione della sua presenza in Sardegna, con la seguente lettera aperta, intende esprimerle disappunto e protesta per la lunga negazione e il permanente tentativo di eradicazione della lingua sarda che ha danneggiato il popolo sardo, lo ha ferito gravemente con conseguenze che ancora oggi non sono eliminabili facilmente né serenamente.
Solo l’iniziativa de “Su comitadu pro sa limba sarda”, con la legge d’iniziativa popolare del 1978, permise l’inizio un processo democratico utile per bloccare un vero e proprio genocidio linguistico e culturale ai danni dei sardi portato avanti con continuità dai Sabaudi, dal Regno d’Italia, dal fascismo e dalla Repubblica.
Nell’inerzia del Parlamento italiano che non prese in alcuna considerazione le conseguenti proposte di legge d’iniziativa regionale sulla lingua sarda, la Regione Autonoma della Sardegna, approvò la legge regionale 15 ottobre 1997, n. 26, “Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna” per poter realizzare iniziative volte a sostenere il ruolo della lingua sarda e delle varietà linguistiche alloglotte presenti nel territorio regionale.
In quegli anni la battaglia popolare per la lingua e le iniziative regionali risposero adeguatamente alla presa di coscienza culturale e politica dei sardi di essere Nazione e per questo aver diritto all’autodeterminazione superando l’Autonomia Speciale con un nuovo Statuto di sovranità nazionale in una cornice federalista e con un nuovo patto con lo Stato centrale.
Successivamente la forte spinta delle nazioni senza stato europee e delle minoranze linguistiche trovò espressione nella Carta europea per le lingue regionali e minoritarie del 1992 .
Ad essa, oltre che per rispondere parzialmente alle richieste dei sardi, che possiedono la seconda lingua della Repubblica dopo l’italiano per numero di parlanti e delle altre minoranze interne alla Repubblica, il Parlamento approvò la legge 15 dicembre 1999, n. 482 “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche” .
Oggi, a distanza di tanti anni, malgrado le pur insufficienti leggi regionale e statale in parziale applicazione della Costituzione e delle norme e diritti internazionali in merito, non è cessata la persecuzione della lingua sarda e il tentativo di assimilazione linguistica della Nazione sarda, da parte delle strutture statali, principalmente della scuola e dell’Università italiane e della Rai .
Di minoranza appunto nazionale si deve parlare pur constatando che l’Art.6 della Costituzione preveda la tutela della sarda come minoranza linguistica.
La firma della “Convenzione quadro sulle minoranze nazionali” del Consiglio d’Europa da parte dello Stato italiano ha di fatto sancito l’accettazione riguardo ai sardi dello stato di minoranza nazionale come previsto dalla convenzione stessa.
Secondo Su comitadu pro sa limba sarda, le violazioni della Convenzione europea da parte della Repubblica italiana nei riguardi della minoranza nazionale sarda, con un’emergenza nel mondo della scuola, dell’Università e dei media, sono gravissime ed evidenti per cui “Su comitadu” sta preparando un ricorso al Consiglio d’Europa sulle violazioni dei diritti civili e linguistici dei sardi.
Il Movimento linguistico sardo e la stessa Regione sarda cercano, pur non in presenza di una specifica competenza statutaria, di supplire all’emergenza linguistica proponendo rimedi che permettano l’ingresso della lingua sarda e delle lingue alloglotte nella scuola in direzione un bilinguismo perfetto, scopo de “ Su comitadu” fin dalla sua nascita.
A questo proposito, “ Su comitadu pro sa limba sarda” giudica negativamente il fatto che lo Stato italiano, pur avendola firmata solo nel 2000 non ha ancora ratificato la Carta Europea delle Lingue approvata a Strasburgo nel 1992.
La mancata ratifica, giuridicamente e legislativamente, comporta ai fini della protezione della minoranza linguistica sarda molti e gravi problemi e limiti di carattere normativo che influenzano anche la possibilità di meglio legiferare in materia.
La mancata ratifica rappresenta un ostacolo per la piena attuazione dell’art. 6 della Carta Costituzionale del 1948 che attualmente è messa in pratica soltanto a vantaggio di quei gruppi linguistici protetti da trattati internazionali quali i sud tirolesi dell’Alto Adige, i francofoni della Valle d’Aosta e gli Sloveni del Friuli. Le minoranza storica sarda riconosciuta con la legge n. 482/99, gode in realtà di una protezione minore ed è quindi discriminata nonostante rientri a pieno titolo nelle disposizioni della Carta Costituzionale.
La ratifica della normativa europea in riferimento alla Carta del 1992 favorirebbe molto la protezione della lingua di “ minoranza storica” della Sardegna in tutti gli ambiti della visibilità e uso sociale: scuola, università, mass media, pubblica amministrazione. Pertanto “Su comitadu pro sa limba sarda” chiede al Presidente della Repubblica italiana, della quale i sardi pur di nazionalità sarda sono cittadini, un atto concreto, ratificare la Carta europea delle lingue già firmata dall’Italia nel lontano 1992.
Cagliari 20 febbraio 2012
(IlMinuto) – Cagliari, 21 febbraio – L’abolizione delle Province sarde vecchie e nuove, la riduzione del numero dei consiglieri regionali a 50, una assemblea costituente per riscrivere lo Statuto della Sardegna, l’elezione diretta del presidente della Regione con le primarie, l’abolizione dei Consigli di amministrazione degli Enti e delle Agenzie della Regione.Sono questi i temi su cui i sardi si pronunceranno il prossimo 10 giugno. Il presidente della Regione, Ugo Cappellacci, ha infatti firmato nei giorni scorsi il decreto che fissa per questa data i 10 referendum.
20 febbraio 2012
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