mercoledì 8 febbraio 2012

La Grecia sciopera ancora. Per non morire di ‘aiuti’



La Grecia sciopera ancora. Per non morire di ‘aiuti’di  Marco Santopadre



Oggi nuovo sciopero generale di 24 ore per non far fallire i Greci in conseguenza degli 'aiuti' dell'UE e del Fmi. I leader dei tre partiti che sostengono Papademos verso la firma della condanna a morte del paese. Che prova a resistere

I lavoratori greci sono di nuovo costretti a scioperare in un’ennesima tappa di un braccio di ferro con i propri governi e le ricette anticrisi dell’Unione Europea. Un nuovo sciopero generale di 24 ore – che potrebbe estendersi anche a domani e diventare di 48 – sta paralizzando da mezzanotte tutta la Grecia.Lanuova mobilitazione generale è stata proclamata ieri mattina dai principali sindacati del Paese - la Gsee(che raggruppa i lavoratori del settore privato), l'Adedy (che rappresenta i dipendenti del settore pubblico), e il Pame (espressione del Partito Comunista) – per tentare di impedire l'accordo che sarebbe stato raggiunto ieri ufficiosamente fra il governo Papademos e i rappresentati della troika (Fmi, Ue e Bce). E che oggi dovrebbe essere annunciato ufficialmente. Allo sciopero generale aderiscono i dipendenti del settore pubblico e quelli delle imprese a partecipazione statale (molte delle quali chiuderanno o verranno privatizzate, con il conseguente rapido licenziamento di 15 mila lavoratori), i dipendenti del settore della sanità e della pubblica istruzione. Oggi rimarranno chiusi i tribunali, le banche e le sedi delle Amministrazioni locali. Le navi e i traghetti resteranno attraccati nei porti bloccando i collegamenti con le isole, mentre autobus, treni e metropolitane non circoleranno.  
«Quello che succede» ha detto il presidente della Gsee, Giannis Panagopoulos, «non è una trattativa ma la cronaca di una morte preannunciata, un ricatto sociale crudele perché un intero popolo viene comunque minacciato di povertà».
Un ricatto di cui i greci hanno ormai compreso ogni meccanismo, ogni più astruso particolare. Sulla loro pelle.
Ieri Merkel e Sarkozy hanno tuonato: ‘la Grecia non deve fallire’. I greci sanno quindi che a fallire saranno loro. Il 20 marzo scadono obbligazioni per un totale di circa 14 miliardi di euro, che il governo greco non può rinnovare. Per ottenere un nuovo prestito la troika vuole in cambio un nuovo e potente colpo di mannaia: 150 mila licenziamenti nel settore pubblico più altri 15 mila nelle aziende a partecipazione statale più migliaia di insegnanti; una diminuzione tra il 20 e il 30% dei salari che sono stati già ridotti più volte in questi anni; la diminuzione del budget della Sanità (già al collasso) di 1 miliardo di euro; la cancellazione di fatto del contratto nazionale collettivo di lavoro; sforbiciate anche alle pensioni e ai sussidi sociali e di disoccupazione.
Sotto la minaccia di un fallimento incontrollato i fino ad ora recalcitranti leader dei tre partiti greci che sostengono il governo dell’ex vicepresidente della Bce Lucas Papademos dovranno dire se, come chiedela Troika, si impegnano a firmare un documento in cui promettono ubbidienza assoluta. I leader del Pasok, di Nea Dimokratia e del Laos si sono dati appuntamento oggi pomeriggio alle 16:00, per approvare la condanna a morte del proprio paese. La firma del documento, 16 pagine, è condizione necessaria per sbloccare lo scambio dei titoli di Stato in mano ai privati e dare il via libera alla concessione del secondo pacchetto di aiuti alla Grecia, da 130 miliardi di euro. Il testo finale del promemoria sarà pronto sui tavoli dei tre leader - Giorgos Papandreou del Pasok (socialista), Antonis Samaras (centro destra) e Giorgos Karatzaferis (estrema destra) - oggi a mezzogiorno.
Proprio a quell’ora decine di migliaia di persone saranno in piazza ad Atene e in tutte le altre maggiori città del paese, in un’ennesima giornata di protesta e di rabbia. Nella capitale sono previste due manifestazioni: una dei sindacati e delle forze di sinistra e di movimento che si muoverà verso il Parlamento in Piazza Syntagma; l’altra solitaria del del KKE e del Pame.
Ieri si sono svolte già due manifestazioni nel centro di Atene, una indetta dalla coalizione di sinistra Syriza e dall’arcipelago della sinistra marxista e anarchica, l’altra del Partito Comunista. Una sorta di vigilia della giornata di oggi. Che – pensano molti attivisti e leader politici e sindacali greci – può essere quella fondamentale. Per comprendere se la mobilitazione forte, incessante fin qui portata avanti dal popolo greco potrà e vorrà fare un salto di qualità. Fino ad ora i continui scioperi generali, le manifestazioni permanenti in Piazza Syntagma e forme di disobbedienza civile in alcuni settori non hanno sortito nessun effetto concreto, se non quello di ritardare le misure imposte dall’UE. Il paese è allo stremo, e deve decidere se incrementare il conflitto e portarlo ad un livello superiore, oppure se cedere e subire il proprio destino.
Tra domenica e lunedì i lavoratori dell’ospedale di Kilkis – medici, infermieri ed altri – hanno deciso di occupare il nosocomio, per impedirne la chiusura e protestare contro i drastici tagli all’assistenza sanitaria pubblica. Scrivono i lavoratori in un documento approvato in assemblea: “L'unico modo per raggiungere (il nostro) obiettivo è mettere in discussione (...) non solo la sua legittimità politica, ma anche la legalità dell’arbitrario potere autoritario e anti-popolare e della gerarchia che si sta muovendo verso il totalitarismo a larghi passi. I lavoratori presso l'ospedale generale di Kilkis rispondono a questo totalitarismo con la democrazia. Occupiamo l'ospedale pubblico e lo mettiamo sotto il nostro controllo diretto e assoluto. L’ospedale di Kilkis, d'ora in poi sarà auto-governato e gli unici mezzi legittimi del processo decisionale amministrativo sarà l'Assemblea Generale dei lavoratori”.

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