mercoledì 21 marzo 2012

MERDA D’ARTISTA di G.Tirelli


MERDA D’ARTISTA di G.Tirelli
“Se vi è mai capitato di visitare una di queste “singolari” mostre d’arte moderna (che sia di pittura, scultura o altro), vi sareste trovati di fronte ad un indecente spettacolo di relativismo creativo (un vero delirio di elucubrazioni) che, sull’incapacità del visitatore di dedurne una qualsiasi motivazione e guizzo di genio, accredita il suo significato ultimo: il Nulla!”  
La necessità di definire “moderna”, l’Arte dei nostri giorni, ha lo scopo e l’intento di volere sdoganare “un qualcosa” che, con l’arte (intesa nel suo più autentico significato) non ha nulla da spartire, ma ne è il suo esatto opposto e, in netta antitesi con tutto ciò che la stessa si è sempre prefissa: onorare e rendere omaggio alla bellezza e all’armonia. L’Arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana (svolta singolarmente o collettivamente), che porta a forme creative di espressione estetica poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate e norme comportamentali derivanti dallo studio, dal sacrificio e dall’esperienza. L’arte è ispirazione, intuizione e genio ma, l’artista, è impegno, fatica e sudore – il dolore é il collante di tutto questo.
Nella sua accezione odierna, l’arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere supposte emozioni per cui le espressioni artistiche, pur puntando a trasmettere “messaggi”, non costituiscono un vero e proprio linguaggio, in quanto, non hanno un codice inequivocabile condiviso tra tutti i fruitori, ma al contrario vengono interpretate soggettivamente, relativizzandone il giudizio. Alcuni emeriti filosofi e studiosi di semantica sostengono con convinzione che esista un linguaggio oggettivo che prescinda dalle epoche e dagli stili e che dovrebbe essere codificato per poter essere compreso da tutti, pur se gli sforzi per dimostrare questa affermazione sono finora stati infruttuosi. E’ non c’è da stupirsi!!!
Del resto, tutto ciò che é definito “moderno”, sia che si tratti di architettura, di musica, di pittura o di scultura, di cultura, di guerra o, della nostra stessa vita, non é che la somma di quello scempio di valori evidente a tutti, che si è accanito sulla nostra quotidianità, azzerandone la sua qualità e ogni riedificante anelito di bellezza e di felicità. La stessa “storia moderna” non è stata altro che un sistematico susseguirsi di tragedie e di violazioni, di catastrofi e allucinazioni, risultato ultimo di quella “moderna scienza” che, sulla profanazione dell’impianto etico, la mistificazione e la licenza, ha suggellato e coronato il suo perverso progetto di omologazione e di paura.
L’aria tossica delle nostre città, la contaminazione delle acque, il dissesto idro/geologico del territorio, tutta quella marea di rifiuti pericolosi dispersi e riversati in ogni dove e, più in generale, la catastrofe ambientale, sono i frutti velenosi di un Sistema perverso che, in funzione e in ragione di questa subdola “modernità”, ha privato gli individui di ogni loro capacità critica, personalismo e slancio rivoluzionario.
L’arte come tale e, in quanto tale, non si spiega e non si traduce; fugge ogni tempo, non è oggetto di mercimonio, ne strumento di indulgenza ascritto a sdoganare l’orrore e le oscenità di una realtà in putrefazione, per poi ergersi ad  espressione intellegibile di ispirazione e creatività.
Ma è proprio attraverso quello strambo linguaggio, per brevità definito “concettuale”, che l’arte moderna intende spiegare i motivi di una tale degenerazione per poi affermarne la sua validità. Diversamente, niente di questo luna park dell’obbrobrio, discarica di pulsioni necrofile, avrebbe un senso e un significato, oltre alle ragioni addotte dallo stesso autore (per brevità, artista) che, con uno sforzo sovrumano e una capacità di auto/convincimento fuori dal comune, intravede nella sua “opera”, uno di quei supposti messaggi che, oltre a lui, solitamente, non scorge nessuno. Per tanto, queste nuove espressioni dell’arte, sono obbligatoriamente accompagnate da un libretto esplicativo sulle finalità dell’artista, il più delle volte sconosciute anche al medesimo.
Se vi è mai capitato di visitare una di queste “singolari” mostre d’arte moderna (che sia di pittura, scultura o altro), vi sareste trovati di fronte ad un indecente spettacolo di relativismo creativo (un vero delirio di elucubrazioni) che, sull’incapacità del visitatore di dedurne una qualsiasi motivazione e guizzo di genio, accredita il suo significato ultimo: il Nulla!  Un vero ed esaustivo trattato di psichiatria contemporanea, esposto in bella vista a beneficio dei tanti, dove tutto è concesso e tutto è possibile; dove la vanità si mescola ad una pretesa intellettualità e, l’indecifrabile messaggio subliminale intrinseco all’opera, con lo stupore interdetto degli astanti. Un luogo infernale dall’atmosfera glaciale, dove orde di critici e fanatici, si sperticano in dotte disquisizioni e dissacranti citazioni, per conferire a quello spazio limbico, una sua dignità, un suo scopo e una ragione. Ma la ragione e con lei la bellezza, sono le sole che hanno disertato la festa. Un Red Party dove tutto è concesso – dove ogni ubriacatura e sballo, licenza, follia e menzogna, evaporano in un turbinio di parole vuote e dissonanti, rimandando la comprensione, alle elucubrazioni di una soggettività priva e privata di alcun fondamento culturale, supposto canono estetico, e principio etico.
Del resto, l’etica (se mai ancora qualcuno ne apprezzi il significato ) è il terreno di coltura di ogni espressione umana, che sia pratica o creativa, che si pone come confine invalicabile oltre il quale, tutto trasfigura il licenza, profanazione e turpitudine e, ogni sentimento di autentica bellezza, soccombe sotto la scure della violazione, dell’inettitudine e di un narcisimo frustrante e paranoide. Così, allo stesso modo, la conoscenza “moderna” fa il suo ingresso nella storia, parallelamente e congiuntamente alla rivoluzione industriale.
Il fine giustifica i mezzi se, il risultato ottenuto, non mette a repentaglio o va a sacrificare i diritti degli altri (in termini di qualità della vita, di libertà, di giustizia, bellezza e uguaglianza), e insultarne l’intelligenza.
Gli scopi, della “moderna scienza e conoscenza”, procedono nella direzione opposta: interesse particolare, potere e privilegio. L’autentica passione per la conoscenza (che attinge le sue ragioni in un concetto di bene comune), ha trasfigurato la sua originaria funzione, in curiosità maniacale, effimera vanità, arsura di potere e facile profitto. La modernità, in tutte le sue espressioni, è una lista infinita di ipotesi e congetture, mercificate e propagandate, come miracolose e miracolistiche. I risultati sono effimeri e momentanei e, la sua potenzialità distruttiva, é reale e non opinabile. La moderna conoscenza scientifica (come esempio) è una dimostrazione di illusionismo applicato alla realtà, che gioca sulla percezione falsata della gente. I suoi effetti devastanti, sono sotto gli occhi di tutti.
L’arte “concettuale” (così definita a mero fine commerciale), è qualunque espressione artistica in cui i concetti e le idee espresse siano più importanti del risultato estetico e percettivo dell’opera stessa. Un bel giochino davvero!!! Il movimento artistico che porta questo nome si è sviluppato dagli Stati Uniti d’America (un classico di società relativista) a partire dalla seconda metà degli sessanta. Anche la Minimal Art (Minimalismo) ebbe origine negli  Stati Uniti e fu contraddistinta dalla produzione di grandi strutture geometriche ingombranti, cromaticamente inquietanti e ispirate a fredde modalità puramente costruttive che privilegiavano una fruizione di stampo razionalistico e relativistico, priva di concessioni all’empatia o allo stesso godimento estetico.
Gli impacchettamenti del bulgaro Christo, artista proveniente dal Nuovo Realismo, fino agli interventi spettacolari dell’americano Walter De Maria (come The Lightning Field del 1977), fino alle passeggiate dell’inglese Richard Long, sono un esempio esaustivo di quanto l’arte moderna, si sia posta a paradigma di quella catastrofe umana, ambientale e di valori che sta caratterizzando la nostra epoca.
La “Merda d’artista” è il titolo di un’opera dell’italiano Piero Manzoni. Il 21 maggio 1961 l’autore sigillò le proprie feci in 90 barattoli di conserva, ai quali applicò un’etichetta con la scritta «merda d’artista». Manzoni mise in vendita i barattoli di circa 30 grammi ciascuno ad un prezzo pari all’equivalente in oro del loro peso. La creazione non mancò di suscitare un morboso interesse escrementizio, sia a causa della radicale rottura con la tradizione artistica del tempo che per l’evidente segnale di degenerazione e decadenza dell’arte moderna.
Così si é espressa la critica: “L’opera, intende alludere con ironica metafora all’origine profonda del lavoro dell’artista, in senso più vasto dell’uomo che creativamente produce!!! E’ stato sottolineato anche un lato poetico, quello della cessione da parte dell’artista di una parte di sé, in senso ironico. L’idea che un artista già affermato troverebbe mercato e consenso della critica, per qualsiasi sua opera che crea, anche le più scadenti e banali! “Encomiabile!!! Attualmente i barattoli sono conservati in diverse collezioni d’arte in tutto il mondo (ad esempio l’esemplare numero 4 è esposto alla Tate Modern di Londra ed il barattolo 80 è esposto nel nuovo Museo del novecento di Milano) ed il valore di ciascuno di loro è stimato intorno ai 30.000 e 50.000 euro.
Il mondo insensato della nostra epoca, che al più presto, la storia dell’uomo si appresterà a rimuovere e occultare (perché incapace di accettare e affrontare la vergogna prodotta dal mercimonio della sua anima, con il maligno), esula da ogni concetto di evoluzione e involuzione, per attestarsi come elemento di stagnazione degenerativa: la “modernità”.
La scienza moderna, l’arte moderna, la cultura moderna e in sintesi, la vita moderna (definite tali così da poterne giustificare, aberrazioni, incapacità e indolenza – ma più ancora, il confronto con la verità originaria), sono le metastasi delle società liberticide e relativiste che, sul consumismo fast food e nel profitto ad ogni costo (parametro principe e fine ultimo di ogni azione umana), sono oggi espressione di vuotezza, omologazione e squilibrio.

Gianni Tirelli

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