mercoledì 21 marzo 2012

UNA SOCIETA’ FRA LE GRINFIE DEI PRIVATI di G.Tirelli


UNA SOCIETA’ FRA LE GRINFIE DEI PRIVATI   di G.Tirelli

Siamo fuori tempo massimo per reclamare quei diritti sociali che per decenni abbiamo mercificato a fronte di effimere libertà, falsi bisogni e dipendenze - quando il Sistema Potere, da tempo, esibiva con orgoglio la sua indole maligna sull’onda di false promesse di benessere e felicità - quando il fumo di migliaia di ciminiere oscurava il cielo, e scorie, rifiuti di ogni genere contaminavano il nostro habitat compromettendo irreversibilmente la qualità della nostra vita!
Noi tutti abbiamo concorso a trasformare la società in azienda e mari e fiumi in cloache a cielo aperto - come tanti pinocchi che si illudevano di vivere nel paese dei balocchi. Ma si sa, presto o tardi tutti i nodi vengono al pettine!!
E per tanto, sarebbe più onesto un salutare “mea culpa” prima ancora di puntare il dito contro quell’orribile Bestia Nera che noi stessi abbiamo creato e alimentato.

Di questi tempi, se un’azienda non riesce a stare sul mercato, non è concorrenziale, i suoi costi di produzione superano i profitti, ma intende comunque (anche se fuori da ogni logica e buon senso) rimanere in gioco, sarà costretta a una drastica e dolorosa opera di risanamento.

- Come primo atto ridurrà al minimo la forza lavoro, licenziando tutto quel personale in esubero che interviene sul bilancio, nella voce “costi” come la prima causa, del dissesto finanziario.
- In seconda battuta limiterà la produzione all’essenziale, in attesa di una domanda di acquisti che difficilmente arriverà.
- In ultima istanza, reclamerà un intervento delle stato sulla base delle normative che regolano il mercato del lavoro.

In verità, tutto ciò non servirà allo scopo, più di quanto non lo sia una sua definitiva e inderogabile chiusura.
Questo stesso identico e perverso meccanismo è stato applicato alla nostra realtà quotidiana, dove la società, un tempo civile, é trasfigurata in azienda, e dove i soliti noti si spartiscono profitti e privilegi alla faccia del “bene comune”.
E’ per tanto anacronistico meravigliarsi delle manovre lacrime e sangue che i governi impongono alla popolazione; degli aiuti alle banche, della precarietà del lavoro e del tasso di disoccupazione ai massimi livelli di sempre! Le democrazie occidentali, oggi, non sono che aziende gestite dai privati!

Le società moderne consumiste - così come oggi sono organizzate e finalizzate e che con tanto accanimento deploriamo e (a parole) combattiamo - non sono che il risultato dei nostri comportamenti insensati ai quali non sappiamo rinunciare. Neppure ora che siamo alla fine. 

La situazione odierna è talmente drammatica, da avere segnato un punto di non ritorno. In una tale condizione, non c’è spazio per le parole, le recriminazioni e le criminalizzazioni! Solo una rivolta di popolo risulterebbe conforme alle circostanze, ma quel nemico che tanto vorremmo combattere e sconfiggere, in realtà siamo noi.

Perseverare e persistere nel tenere in vita fino al suo ultimo secondo, questo baraccone industriale, è un’autentica follia.

Non ci resta molto tempo e se oggi, non aiutiamo il Sistema Bestia a morire, in una sorta di benevola e cristiana eutanasia, ma passivamente prolunghiamo la sua agonia (e quindi la nostra) fino al suo naturale e ineluttabile spegnimento, avremo perso un’ulteriore e ultima occasione di pacificare le nostre coscienze e dare un senso alla nostra esistenza.
Certo, è una medicina molto amara, dagli effetti collaterali devastanti, ma è la sola di cui disponiamo. Il Sistema va resettato totalmente e solo dalle sue ceneri, potrà sorgere una nuova alba.

E’ quindi il caso di abbandonarlo a se stesso, al fine di isolarlo e in seguito, di spegnerlo. Dobbiamo recidere ogni canale di alimentazione che concorra al suo mantenimento e a rafforzarne il suo potere.
Combatterlo, è uno sforzo improduttivo, e un’inutile spreco di energie. Energia che dobbiamo conservare per ricostruire una nuova esistenza lontana da ogni subdola lusinga, illusoria comodità ed effimera dipendenza.

Gianni Tirelli

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