QUESTA NON E’ UNA CRISI, MA LA FINE DEL
MONDO! di G.Tirelli
La gente in mancanza di risorse, sta
riducendo i consumi all’essenziale e, parallelamente, prende coscienza
dell’inutilità e inefficacia di tutti quei beni che acquistava meccanicamente
al mercato del Grande Malfattore, in virtù di un sistematico lavaggio del
cervello indotto dalla propaganda di regime. “E tu che lavori per produrli, li
devi anche acquistare – altrimenti la fabbrica chiude e tu vai a spasso”.
Le varie ricette e strategie, che i
cervelloni dell’economia e della politica mettono in campo, immaginando di
contrastare gli effetti di quella che persistono a definire, una “crisi”, non
sono che un mucchio di fesserie prodotte da menti malate prive del più remoto
senso della realtà. Quelle poche persone, ancora oggi, dotate di buon senso, di
logica e di consapevolezza e in grado di interpretare gli avvenimenti,
concordano con la tesi che non si tratta di una comune crisi fisiologica ad un
meccanismo perfettibile, ma l’apice di un Sistema che si è trovato a sbattere
il testa contro il muro di una realtà volutamente rimossa - un sistema che si
riteneva invulnerabile e refrattario ad ogni pericolo esterno ed interno ad
esso e che oggi, nonostante il fallimento evidente e conclamato, persiste in
maniera diabolica a decantare gli straordinari risultati e benefici prodotti,
rigettando ogni accusa e negando l’evidenza dei fatti e degli effetti
catastrofici sulla società. Ergo, definire tutto questo “UNA CRISI” é un
maldestro esercizio di contraffazione. Ciò che sta accadendo, in verità, è la
fine di un sistema, la fine di un’epoca: la fine del mondo.
Oggi il Sistema è saturo; bloccato. Ogni
tentativo di rianimarlo, immettendo sul mercato nuova mercanzia, non fa che
peggiorare il suo stato. Sarebbe come se un medico, per curare una pericolosa
indigestione, costringesse il suo paziente ad una solenne abbuffata. Il
Sistema, come il paziente indigesto, in preda a crampi, conati e nausee, sarà
più propenso a vomitare, per liberarsi dalla schiavitù di un disagio non più sopportabile,
e dal rischio di collassare. L’indigestione, in questo caso, è simbolica di un
consumismo sfrenato, selvaggio e senza regole che ha congestionato ogni settore
della nostra società. Nel bisogno di espellere per liberarsi, possiamo
individuare l’ineludibile necessità di fare ritorno ad un passato, regolato
dall’impianto etico originario; dalla consapevolezza, dalla conoscenza e dalla
ragionevolezza.
Milioni di lavoratori e di famiglie dei
paesi industrializzati, per decenni sono sopravvissuti acquistando e consumando
tutti quei beni che la stessa classe operaia ha concorso a produrre in totale solitudine, al
chiuso di caotiche e maleodoranti fabbriche fumanti. Un perverso meccanismo
(circolo vizioso), in virtù del quale, se intendi mantenere il lavoro, devi
acquistare ciò che hai contribuito a produrre per assicurarti il salario o lo
stipendio – risultato ultimo di una condizione delirante di moderna schiavitù a
piede libero, che ha defraudato l’individuo del suo sacrosanto tempo libero e
di una vita degna, omologandolo all’idea dominante di sfruttamento sistematico,
imposta dal Sistema Padrone Schiavista.
Partendo dal televisore, lavatrice,
frigorifero, play station e cellulare, passando per tutto quel luna park di
tecnologia ludica e infantile, fino all’ultimo più schifosissimo yogurt
snellente e cremina rassodante, rappresentano tutti quanti insieme, il frutto
velenoso di un lavoro sporco derivante da un’occupazione che ha privato l’uomo
di ogni barlume di dignità e di prospettiva culturale, trasfigurandolo in una
macchina che respira, senza un’anima e una logica!
Se non fosse la stessa “massa” (tutti noi)
ad avere alimentato per decenni gli stomaci senza fondo “dell’imprenditoria
dell’effimero”, le fabbriche avrebbero già chiuso da tempo e l’economia
derivante dalla catena di montaggio, non sarebbe mai divenuta. Il risparmio dei
cittadini che oggi, agli occhi del Sistema é visto come una sciagura
planetaria, è stato per millenni il vero punto di forza di ogni società sensata
e civile che, in ragione di questo, proiettava nel futuro la sua continuità.
Il Sistema dunque non si è auto/generato ma
è cresciuto e si è sviluppato fino a questo punto, perché sistematicamente e
metodicamente alimentato dall’insensatezza complice dei nostri comportamenti
individuali e quotidiani.
Nel frattempo gli imprenditori
delocalizzano le loro fabbrichette di merda nei paesi poveri, per incrementare
i loro profitti speculando sui bisogni primari e ineludibili della gente. Il
tasso di disoccupazione nazionale sale di ora in ora e molto presto, quando la
cassa di integrazione, la mobilità, i sussidi assistenziali e ammortizzatori
sociali, avranno prosciugato le ultime speranze di sopravvivenza dei
lavoratori, il Sistema Bestia dichiarerà candidamente che il lavoro è un
ritorno al passato, e la morte per inedia, il futuro.
Per tanto, quando sento ancora parlare di
crescita e di sviluppo come i soli strumenti idonei per combattere la crisi del
capitalismo, mi vengono i brividi e, ancora di più, prendo coscienza di quanto,
le “conquiste” di questo secolo, siano state nefaste per tutta l’umanità. Oggi
abbiamo toccato il picco massimo di ogni bene prodotto e più fantasiosa
aberrazione, e qualsiasi tentativo a proseguire e perseverare in questa
direzione, si è reso impraticabile e suicida. La nostra relativa salvezza,
diversamente, sta nella “decrescita”: una riduzione netta e pragmatica
dell’attività economica industriale e tecnologica, fino al suo azzeramento.
Tornare al passato, dunque, è il percorso
più praticabile e meno utopico, contrariamente del perseverare in questa
direzione. Solo con un radicale intervento di riconversione del Sistema,
potremo limitare i danni di una tragedia annunciata dai contorni apocalittici!
Alla disoccupazione dilagante del comparto industriale, dobbiamo rispondere con
un ritorno, alla terra. Altre soluzioni non ce ne sono e, “chi tardi arriva,
male alloggia”.
Gianni Tirelli
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