mercoledì 31 ottobre 2012

LA MORTE, IL RESPIRO DELLA VITA


LA MORTE, IL RESPIRO DELLA VITA
Ci sono fra gli uomini, individui che demonizzano la morte e sbandierano il diritto alla vita, macabro vessillo teso ad esorcizzare la paura di una esistenza vuota e priva di alcun contenuto, che nella promessa di immortalità, elude ogni più remoto barlume di consapevolezza, di volontà e di verità.
Sono gli stessi che in forma di proseliti promettono la vita eterna fra le braccia del creatore ed esaltano la sofferenza catartica di questa miserabile vita terrena e della sua provvisorietà – sono i ricchi gerarchi del clero pagano e idolatra che nei sempre più rari interventi rubati all’ozio e ad una vanità femminea, gridano a gran voce “beati gli ultimi, che loro sarà il regno dei cieli”.
Sono quelli che esaltano il primato dello spirito, per poi accanirsi su corpi inermi (cavie umane) con le macchine assemblate da Satana, e prolungare così all’infinito una tortura lacerante in un esaltato accanimento, sperimentale, degno del più spietato aguzzino nazista. Sono quelli che non accettano la sconfitta di una scienza effimera e miope, che ha anteposto il profitto e il potere, al buon senso, alla carità cristiana e al principio etico. Sono loro le anime infernali di questo secolo, loro, terrorizzate dal più ineludibile atto di giustizia: la morte.
Una profonda consapevolezza sulla necessità della morte, è quanto di più terapeutico esista, contro ogni forma di paura. Se non ne comprendiamo a fondo il suo significato più alto, ogni vera felicità ci é preclusa.
Alcune religioni, ancora oggi, immuni dal cancro del liberismo, relativista, conservano intatta la loro natura trascendente, adducendo nella vita, il significato di espiazione catartica e, nella morte, la liberazione da ogni conflitto, per poi ascendere, per diritto divino, verso i prati celesti della libertà cosciente e dell’eterno appagamento.
Ogni nostro disagio esistenziale, innescato da quella che per un eufemismo, abbiamo definito, la “modernità”, fanno tutti capo e, per vie diverse, alla paura della morte.
E’ singolare vedere, come, nel mondo occidentale (dove il disagio psicologico e neurologico a raggiunto soglie di dolore quasi insopportabili e paralizzanti), la paura del dopo, sia vissuta come un costante tormento e stillicidio. Una spada di Damocle che destabilizza e condiziona le nostre scelte quotidiane, i rapporti con gli altri e, si accanisce su quell’equilibrio spirituale che è alla base di ogni autentica felicità.
I sorrisi smaglianti e commoventi di bambini senza pane e senza acqua e, di altri, affetti dalle più diverse patologie da denutrizione e di natura igienico-sanitarie, sono il prodotto miracoloso di una filosofia dell’anima, applicata al quotidiano dove, la convinzione naturale e logica, di un altro mondo, giusto e ricco di promesse, edulcora e sdrammatizza ogni avversità terrena, fino ad accettarla come necessaria. Questo perché, la loro condizione (qualunque sia), non prescinde mai dalla Fede essendo, l’una, complementare all’altra; la fusione di due metalli, in una lega inossidabile e indissolubile, impermeabile ad ogni paura e debolezza.
Noi occidentali, diversamente, oberati da comodità invalidanti e concentrati a tempo pieno, sui modelli di un’esteriorità effimera e voluttuaria, abbiamo tradito i presupposti stessi dell’esistenza, snaturando la nostra funzione primaria di servi del mistero, per precipitare dentro il buio della nostra stupidità.
La paura della morte, è il prezzo della nostra codardia. Se non siamo in grado di recuperare (e non lo siamo) tutte quelle scale di valori e di principi etici, che abbiamo mercificato in cambio di vizio, perversione, indolenza e vanità, la Grande Paura avvolgerà per sempre i nostri cuori e, in nessuna altra dimensione, troveremo conforto ai morsi della nostra disubbidienza.
L’individuo, spiritualmente in armonia, con le ragioni della vita, accetta la morte come un atto dovuto, supremo gesto di giustizia, paradigma di vittoria, che ci libera da quell’involucro di materia, bio-degradabile, deputato a alla purificazione della coscienza, per mondarci da ogni paura e renderci, così, degni, di entrare in contatto con il sovrannaturale. La paura, coincide con la perdita della speranza e con l’impossibilità di intravedere un futuro.
Atei, credenti e agnostici, non sono che le sigle a marchio di una paura più profonda, causa di infelicità e rancore. In verità, l’uomo di questo secolo, non é che un idolatra da quarto soldi, in perpetua adorazione di un mondo che ha mitizzato vergogne, menzogne e infamia.
Per tanto ringrazio Dio per la morte che cancella ogni potere, che tace ogni menzogna, vergogna, dissolve ogni paura, dolore, ansie e passioni. Ringrazio Dio per la morte che da respiro alla mia vita.
Gianni Tirelli

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