mercoledì 17 settembre 2014

UNA CLASSE POLITICA CHE RUBA IL PANE AI NOSTRI FIGLI


UNA CLASSE POLITICA CHE RUBA IL PANE AI NOSTRI FIGLI

Fino al momento in cui questi signori non ci vedranno veramente incazzati, determinati e irremovibili, a tal punto da vedere a rischio la loro incolumità fisica, persisteranno nei loro comportamenti criminogeni, certi come sempre, che il branco plebeo (coniglio per definizione) si adeguerà chinando il capo, alle loro decisioni.

Disoccupazione, precarietà, salari da fame, qualità della vita in caduta libera, disegnano quel paesaggio drammatico e angosciante, che riproduce una società svuotata da ogni diritto sociale e civile, di significato di bene comune e di senso dello stato.
E intanto noi, che dopo una vita di sacrifici e di privazioni, ci troviamo costretti a pagare la tangente su di un bene primario (la casa di abitazione) sancito come diritto inalienabile dalla stessa Costituzione. Di cosa vivranno un giorno i nostri figli?
Una vera e propria estorsione legalizzata, degna solo dei peggiori regimi autoritari – una gang del malaffare che affonda le sue mani insanguinate nelle tasche ormai vuote dei cittadini, sottraendo loro gli ultimi spiccioli rimasti e ogni mezzo di sostentamento.
Di quale crescita parlano? Di quale sviluppo? Di quale progresso?
Si finanziano le banche, le lobby e i gruppi di potere, si consolidano consorterie e logge, corporazioni e caste, e tutto questo sottraendo miliardi di euro alla comunità ormai ridotta alla canna del gas e indotta al suicidio. Nel frattempo, questi maiali all’ingrasso non rinunciano al benché minimo privilegio, e fanno fronte comune affinché il “FINANZIAMENTO PUBBLICO AI PARTITI” non venga messo in discussione.
Potremo mai trovare conforto e solidarietà fra le braccia dei nostri carnefici, sull’onda di un incomprensibile autolesionismo dai tratti masochistici? 
E visto che si parla tanto di merito e di meritocrazia, a maggior ragione la stessa logica va applicata a questa classe politica escrementizia, e sulla base dei risultati prodotti, deciderne la vita o la morte. 
Con tutta quella montagna di soldi che percepiscono a sbaffo, sarebbe logico ed etico che si autofinanziassero e che restituissero ai cittadini il mal tolto e la loro dignità.
Se non si ricreano le condizioni di lavoro e l’occupazione, distribuendo risorse, ricchezza e opportunità (così da alimentare la domanda interna, oggi drammaticamente compressa), l’indignazione dei cittadini, trasfigurerà ben presto, in rabbia e sete di vendetta, e tutto precipiterà per il peggio. 

Quel travaso di sangue che la politica impone alla cittadinanza, ha come scopo il risanamento di quei buchi di bilancio relativi a sistematiche ruberie, che la stessa ha prodotto a nostre spese e che, oggi, in tutta fretta, si appresta ad appianare sfrattando e mandando per strada milioni di onesti lavoratori.
Come pensano di agganciare la ripresa, quando le fabbriche chiudono, e imprenditori, artigiani e lavoratori si suicidano, mentre i consumi precipitano?
  
Siamo stanchi di assistere inermi all’atteggiamento irresponsabile dei grandi detentori di patrimoni che pur strafogando nella ricchezza, si astengono da ogni concreto sacrificio per salvare la baracca. Loro, che come moderni barbari hanno messo questo paese a ferro e fuoco, depredandolo di ogni sua risorsa.
I cittadini sono col culo per terra, e pertanto, se di sacrifici si tratta, vanno richiesti a loro: ai ricchi evasori, ai banchieri speculatori, ai ladri e corruttori, ai faccendieri, che per decenni hanno succhiato il sangue alla parte più debole e indifesa della società, oggi alla flebo. Questo succede perché siamo divisi, l’uno contro l’altro, in questa guerra fra poveri stupidi, contro altri stupidi che vorrebbero arricchirsi a spese degli altri.
Stipendi stratosferici e tutti quei privilegi e vantaggi che alla faccia della miseria, la politica nostrana distribuisce ai suoi rappresentanti, sono il terreno di coltura che, per un intrinseco automatismo, seleziona i peggiori elementi della società trasfigurando il parlamento, da un cenacolo di etica e di diritto, in un mercato delle vacche dove si prostituisce la dignità a fronte di interesse particolare e impunità.

“Votare un furbo, non vuol dire che lo sei anche tu - significa che sei un coglione!”


GJTirelli

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