martedì 30 dicembre 2014

La politica multipolare networkcentrica dell’Unione Eurasiatica

La politica multipolare networkcentrica dell’Unione Eurasiatica

Andrew Korybko (USA) Oriental Review 26 dicembre 2014Russia, Belarus, KazakhstanLa visione russa dell’Unione eurasiatica la pone al centro di un supercontinente interconnesso, con Mosca che prende l’iniziativa per avvicinare tutti con reciproco vantaggio multivettoriale. Il confronto dell’occidente con la Russia e la nuova guerra fredda possono effettivamente essere una benedizione travisata, come sempre, con Mosca che agisce con rinnovato senso di urgenza sondando e stringendo importanti accordi in Eurasia. Dal Vietnam al Paese più popoloso del mondo arabo, l’Egitto, si vede una diplomazia russa onnipresente. Lo scopo della spinta pan-eurasiatica della politica estera della Russia è cementare un accordo politico ed economico alternativo sfidando il dominio occidentale e facilitando la nascita di un mondo realmente multipolare.
Dalla rete della diplomazia…
map-of-scoLa base dei successi in politica estera della Russia è che tutti i partner strategici, in un modo o nell’altro, comprendono la necessità di un mondo multipolare per salvaguardare la piena sovranità (culturale, politica, storica, ecc). Per inciso, gli Stati Uniti e la loro annaspante politica estera (soprattutto nel periodo post-9/11) hanno convinto la maggior parte del mondo che la multipolarità è l’unica opzione pratica per sopravvivere nel 21° secolo. Collaborare con l’occidente comporta alcuni privilegi (come l’Arabia Saudita e i suoi clienti del Golfo sanno), ma l’esistenza di uno Stato non-occidentale in tale sistema traballa, e una volta che l’utilità del suo leader finisce, inevitabilmente, (come Mubaraq) o rifiuta di seguire i dettami unipolari (come la Libia di Gheddafi), allora il Paese viene distrutto finendo in una distopia. Anche prima della rivoluzione colorata di teatro, la ‘primavera araba’, tale obiettivo nefasto era evidente a Russia e Cina, entrati in partnership strategica nel 1997 per sostenersi nella costruzione del mondo multipolare. Poco dopo, trasformarono i Shanghai Five nella Shanghai Cooperation Organization (SCO) per salvaguardare se stessi e i loro alleati contro le armi asimmetriche occidentali del terrorismo, separatismo ed estremismo (politico, religioso, economico (sanzioni), ecc.). Pochi anni dopo, la realtà economica emergente del mondo non-occidentale ha portato alla nascita dei BRICS, rapidamente evolutisi in un gruppo politico ed economico dinamico dedito al multipolarismo. Al fine di colmare eventuali rivalità e divergenze tra i suoi due maggiori membri, la Russia ha consolidato i propri partenariati strategici con Cina e India, fornendo il collante della fiducia geopolitica che ha impedito cadessero nelle trappola occidentale istigata da Brzezinski per creare un conflitto intra-BRICS. Sebbene ciò esista a un certo livello, la Russia posizionandosi da mediatore con i partenariati bilaterali, li ha avvicinati, agendo da intermediario di fiducia, qualora le tensioni riemergano in futuro. Visto da un’altra angolazione, SCO e BRICS sono i nuclei istituzionali della multipolarità del supercontinente eurasiatico, mentre i partenariati strategici russo-cinese e russo-indiano sospingono il processo. Complementare agli accordi eurasiatici ancorati al destino del mondo, vi sono le rispettive conseguenti (ma non per questo meno importanti) partnership strategiche, come quella russo-iraniana o cino-pakistana, aggiungendo un vettore ulteriore a questa visione globale, operando per erodere l’egemonia unipolare.
…alla rete dell’economia
I partenariati politici possono ovviamente andare lontano, ed è necessario che vi siano benefici tangibili per rafforzarli. Anche se la Cina ha ovviamente rapporti economici con la maggior parte del mondo, oggi non li indirizza verso uno scopo politico, guardando invece a interessi pragmatici reciproci incentrati sul profitto. La Russia ha adottato un approccio diverso, però, divenendo il principale promotore delle relazioni economiche euroasiatiche multipolari. Ciò significa che nell’attuale clima di piena russofobia (disprezzo dell’occidente verso chi politicamente, economicamente e militarmente collabora con la Russia), i Paesi che hanno deciso di collaborare con la Russia fanno la netta dichiarazione politica di non voler subire prepotenze dall’occidente. Capiscono perfettamente che la cooperazione con Mosca è in netto contrasto con il mondo unipolare che gli ‘amici’ occidentali vogliono mantenere, a scapito dei loro interessi nazionali. Così, ogni Paese che collabora con la Russia o addirittura ne espande le relazioni, in questi tempi di tensione, avanza la costruzione del mondo multipolare. Per parlarne in modo più specifico, è necessario richiamare l’attenzione sui principali Paesi che rientrano in questa categoria. Ciò che segue è una panoramica degli Stati attualmente in trattative con l’Unione Eurasiatica per un accordo di libero scambio, dal sud-est asiatico al Medio Oriente.
Vietnam:
Il Paese si preannuncia essere il perno nel Sud-Est asiatico ed opera con tutti i Paesi in tutti i modi possibili, raccogliendone i frutti. Non opera alcuna discriminazione verso i non-occidentali, e considerando il decennale rapporto con Mosca, ha molto terreno storico da sviluppare con la Russia. Il Vietnam è anche una delle maggiori economie in rapida crescita nella regione, e più stretti legami economici con la Russia aiuteranno quest’ultima a creare un punto d’appoggio nel fiorente mercato del Sud-Est asiatico. Inoltre, l’espansione dei legami economici integreranno i già forti legami militar-industriali tra i due Stati che potrebbero fiorire nel campo politico e dare a Mosca una leva nel moderare la belligeranza di Hanoi verso la Cina sulle isole disputate. Ciò sarà un duro colpo allo scopo occidentale di creare una ‘ASEAN NATO’ per contrastare la Cina, sottolineando per Pechino i vantaggi asimmetrici del partenariato strategico russo-cinese.
India/Iran:
La visita di Putin in Asia meridionale all’inizio di questo mese è stata monumentale, in quanto ha assicurato accordi per 100 miliardi di dollari su energia nucleare, petrolio e gas, e altri settori commerciali, come diamanti e difesa. Come già spiegato, le relazioni della Russia con l’India aiutano a mantenere un canale tra New Delhi e Pechino evitando che i BRICS si dividano su rivalità geografiche in Himalaya e Sud-Est asiatico. Inoltre è soprattutto lo snodo che integra l’Iran al corridoio russo-indiano. All’inizio del mese, l’ambasciatore indiano in Russia in un’intervista a Sputnik News parlava della citata via come corridoio di transito tra Mumbai in India, Bandar Abbas e coste del Caspio dell’Iran, ed Astrakhan in Russia. In caso di successo, farà di Teheran l’intermediario tra Mosca e Nuova Delhi, e probabilmente ciò darà all’Iran un rapporto economico privilegiato (forse anche un accordo di libero scambio) con l’Unione Eurasiatica. Così, l’India è rientra non solo dell’apertura di uno dei maggiori mercati del mondo alla Russia, ma anche permetterà la fuoriuscita dell’Iran dalle sanzioni occidentali, fornendo un orientamento economico multipolare.
Turchia:
I rapporti con i turchi sono sempre stati pragmatici (anche se politicamente divergenti, come illustra la crisi siriana), ma ha ricevuto uno stimolo sorprendente alla fine di novembre, quando fu deciso di dirottare il gasdotto South Stream nel Paese invece che nei Balcani. Assieme alla trascuratezza dell’UE verso le aspirazioni del Paese e il tradimento degli Stati Uniti della sovranità territoriale di Ankara, giocando la carta del nazionalismo curdo, Ankara ha deciso di divenire un perno geo-energetico e porta del gas della Russia per il Mediterraneo, concedendo in sostanza a Mosca accesso ai mari caldi, desiderato da secoli. Ciò apre interessanti possibilità pre il mondo multipolare e dimostra che l’ultimo perno eurasiatico non è più contento di essere il lacchè mediorientale dell’occidente. Non solo, ma lavorando su un accordo di libero scambio con l’Unione eurasiatica, avrà un enorme mercato per beni e servizi lungo il Mar Nero, prossimo alla Russia, facendone un partner economico conveniente e naturale in futuro.
Siria:
Quindi la Siria, che ha relazioni fraterne con la Russia dagli anni ’70, sola alleata strategica di Mosca durante l’era comunista, rimasta fedele anche nel dopo Guerra Fredda. I frutti di questa amicizia sono illustrati globalmente, con Mosca e Siria migliori alleati nella lotta al terrorismo. Il Paese purtroppo è distrutto dalla guerra che Stati Uniti ed alleati conducono da quattro anni contro il suo popolo e la sua leadership democraticamente eletta, ed avrà bisogno di serie riparazioni dopo la fine del conflitto. Qui arriva il Trattato di Libero Commercio provvisorio con l’Unione eurasiatica, fornendo una via rapida a beni e servizi in Siria, aiutandola nella ricostruzione. La Russia già aiuta la Siria in ciò, ma un accordo tra i due tramite l’Unione Eurasiatica (soprattutto dopo la risoluzione del conflitto) darebbe un partenariato economico più profondo e più robusto alle loro relazioni e fornirebbe il meccanismo necessario per accelerare il processo. Dopo tutto, l’economia del Paese ha registrato una crescita costante e rapida negli anni precedenti la guerra occidentale alla Siria, dimostrandone la vitalità, e non è impossibile che un giorno si ricrei la ricetta del successo purtroppo danneggiata in nome del cambio di regime nel 2011.
Egitto:
A completare la lista di potenziali partner della Russia nell’Unione eurasiatica è l’Egitto, il Paese arabo più popoloso e centro gravitazionale del Medio Oriente. Collegando le economie russa ed egiziana tramite l’accordo di libero scambio con l’Unione eurasiatica, Mosca può anche guadagnare terreno prezioso in un altro mercato importante, avendo accesso ad altri Paesi lungo il Nilo e infine collegandosi all’Africa orientale. Questo è possibile poiché l’attuale leader egiziano al-Sisi diffida dell’occidente (in particolare degli Stati Uniti) per il sostegno ai Fratelli musulmani di Muhamad Mursi, durante la sua breve, violenta e controversa presidenza del Paese. Anche se Stati Uniti ed Egitto hanno ancora rapporti privilegiati, il gioco è cambiato e Cairo cerca di ritagliarsi una nicchia come ‘Jugoslavia araba’ . Se ciò sarà mai pienamente attuato è materia di dibattito, ma ciò che è incontestabile è che l’Egitto ha inviato delegazioni di altissimo livello in Russia dopo che al-Sisi ha assunto il potere nell’estate 2013, dimostrando di voler sul serio diversificare le relazioni politiche ed eventualmente ripristinare a un certo livello i perduti legami dell’epoca sovietica con Mosca. Le implicazioni della riuscita mossa in senso eurasiatico della politica estera egiziana potrebbero essere il paradigma che trascende e completa il crollo del predominio degli Stati Uniti in Medio Oriente, già in lento declino dalla guerra in Iraq del 2003, e accelerato dal tentativo finale delle ‘rivoluzioni colorate’ della primavera araba, nel gioco di potere regionale orchestrato dall’occidente.
Pensieri conclusivi
NS-corridorLa doppia politica della Russia delle complementari rete della diplomazia e dell’economia, forgia l’imminente mondo multipolare. Considerando che il vettore diplomatico/politico fornisce la giustificazione razionale a tali passi, e quello economico conferisce ad ogni partecipe vantaggi soddisfacenti e tangibili, necessari a mantenere la cooperazione. La Russia usa l’Unione eurasiatica per posizionarsi al centro delle politiche economiche supercontinentali, riunendo geograficamente e culturalmente partner disparati come Egitto e Vietnam in nome dell’integrazione asimmetrica non occidentale. L’Unione riunisce la Russia e i suoi partner bielorusso e armeno al grosso dell’Asia centrale, mentre il partenariato strategico russo-cinese fa del Paese un ponte tra Asia ed Europa con la partecipazione di Pechino ai progetti Ponte Eurasiatico, Nuova Via della Seta e Passaggio a nord-est. I Paesi che contemplano accordi di libero scambio con l’Unione eurasiatica sono sul margine meridionale dell’Eurasia, abbracciandone la massa da est a ovest. È interessante notare che la maggior parte di essi sono musulmani (anche l’India, che ha più aderenti alla fede del Pakistan), dimostrando che il multipolarismo ha anche una preziosa dimensione culturale/religiosa oltre alle più note manifestazioni politiche ed economiche. Questa osservazione s’incastra perfettamente con la politica interna della Russia di convivenza pacifica e armoniosa tra le quattro fedi storiche del Paese: cristianesimo, islam, buddismo e giudaismo, mostrando che la multipolarità culturale/religiosa può certamente essere applicata entro i confini di un Paese (come in Siria prima della destabilizzazione esterna) così come all’estero. Infine, tutto questo dimostra la serietà della Russia nella costruzione del mondo multipolare e nel trainare l’integrazione pan-eurasiatica. Opponendosi politicamente all’occidente e mostrando agli altri come allontanarsene economicamente, la Russia è diventata l’archetipo di Stato multipolare. Predica una politica di unità e solidarietà che trascende le differenze d’identità, pienamente in accordo con quanto fatto internamente. Con i fatti e le parole, la Russia è la prova tangibile che il multipolarismo è un fenomeno reale che può essere raggiunto se adeguate alleanze tramite le reti diplomatica ed economica possono essere create e mantenute.
Integration_in_EuroasiaAndrew Korybko è l’analista politico e giornalista di Sputnik, attualmente vive e studia a Mosca, in esclusiva perOriental Review.

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