martedì 27 gennaio 2015

Donbass: la guerra non raccontata

Donbass: la guerra non raccontata

Donbass: la guerra non raccontata
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Perché in Italia non si è parlato per mesi della guerra nel Donbass? Quanto si può tacere ancora di fronte a una simile strage? “I giornali sono sempre il riflesso della coscienza collettiva e politica. Quando la coscienza politica non c’è, anche i giornali non fanno il loro mestiere, cioè quello di raccontare e documentare”. Queste le parole di Domenico Quirico, inviato per La Stampa, che ha partecipato al dibattito de “La Voce della Russia”.

Insieme a Domenico Quirico è intervenuto alla discussione Eliseo Bertolasi, analista geopolitico dell’IsAG (Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie), che ci ha offerto la sua preziosa testimonianza oculare dei tragici fatti in Ucraina Orientale.
- Eliseo, sei stato più volte nel Donbass, sulla linea del fronte in Ucraina orientale. Raccontaci, qual è la dimensione di questa guerra?
- Sono stato numerose volte nel Donbass. Ho visto una guerra terrificante, nonostante Kiev continui volutamente a parlare di “operazione antiterrorismo”. Arrivando sul posto, si è davanti invece ad una vera guerra con tutte le caratteristiche di un confronto con delle forze contrapposte, che utilizzano armi pesanti, carri armati, artiglieria. Ci sono delle trincee, postazioni definite. C’è la realtà del fronte e quella della popolazione civile. Sappiamo benissimo quanto la città di Donetsk sia continuamente sotto il fuoco delle artiglierie ucraine con tutti i problemi relativi ai bombardamenti. Quindi: scuole, ospedali, tante abitazioni civili bombardati.
- Per lunghi mesi sulla stampa italiana non si è parlato di questo conflitto. Secondo Lei, Quirico, perché parlare poco di una guerra che dista a due ore di volo dall’Italia?
Più che un problema dell’Italia, credo sia un problema europeo. Quanto si è sviluppato nell’Ucraina Orientale, prima in Crimea, poi nelle zone che Lei ha citato, è una delicata dimostrazione di come l’Europa non funzioni e non riesca a gestire una politica estera unitaria. Si trova in difficoltà quando i problemi escono dalla sfera puramente economica ed entrano in quella strettamente geopolitica, diplomatica e militare. Chiamerei un po’ ipocrita il tentativo di non vedere le cose che stanno accadendo per non dovere poi affrontarle direttamente prendendo delle decisioni.
I giornali sono sempre il riflesso della coscienza collettiva e politica. Quando la coscienza politica non c’è, anche i giornali non fanno il loro mestiere, cioè quello di raccontare e documentare. Va detto che la presenza dell’informazione in queste zone è stata massiccia e tornerà ad essere massiccia ora che la guerra si è rinfiammata.
Possiamo dire quindi, Quirico, che ci sono delle guerre di cui si parla di più ed altre scomode?
Uno dei limiti dell’Occidente è sempre stato quello di occuparsi delle cose che lo riguardano direttamente. Ciò che sembra non riguardarlo direttamente in modo brutalmente prossimo, viene trascurato. Se io le faccio l’elenco dei conflitti attuali in cui l’attenzione occidentale, della stampa e della politica, è assente, la sua trasmissione durerà un’ora e mezzo.
In fondo anche la Siria è stata una guerra per quattro anni dimenticata. Ora è diventata di grande attualità, perché questa guerra si è trasferita nel cuore dell’Europa. Altrimenti riguardo a quello che succedeva a Damasco, Aleppo e altre città siriane non si sarebbe data molta attenzione.
- Eliseo, parlaci del pericolo nucleare che si rischia nel Donbass, di cui non si dice nulla sui giornali. Un possibile guaio nucleare a quel punto riguarderà proprio tutti …
Ho iniziato a parlare di questa realtà verso la fine di dicembre. Il 30 dicembre ho letto il dispaccio ufficiale sul sito del Ministero degli Affari Esteri russo, dove si parlava di un possibile allarme nucleare non solo per l’Ucraina e per la Russia, ma soprattutto per l’Europa. Nella grande centrale nucleare di Zoporozhie c’è stata una situazione d’emergenza con una perdita di radiazioni superiore di sedici volte i limiti prestabiliti. In una mia ricerca ho individuato i dispacci del ministero delle emergenze ucraino, dove rilevavano questa perdita. È un dato drammatico, perché se questa emergenza dovesse degenerare in seguito ad un’esplosione, l’Europa verrebbe sottoposta ad una ricaduta radioattiva, sicuramente superiore di quella relativa al reattore di Chernobyl.

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