LIBRE
associazione di idee
Kultura italiana in Italia, benvenuti nel chiasso del nulla
30/5 •
Kultura
italiana in Italia = ultimo modello di smartphpone; ultimo modello di
tablet; ultimo modello di app; ultimo modello di televisore; ultimo
modello di auto; lavare l’auto col detersivo nel cortile di casa;
squadra di calcio, comprensiva di allenatore, presidente e bilancio;
Tg1; Tg5; la cronaca nera; Renzusconi; il Bunga Bunga; l’evasione
fiscale; le escort; le veline; la moglie trofeo; la fidanzata trofeo;
l’accompagnatrice trofeo; la segretaria trofeo; la presentatrice trofeo;
le ministre trofeo; Maria De Filippi; Antonella Clerici; Carlo Conti;
il film di Natale; il Papa santo; il presidente della Repubblica santo;
tutti i santi metropolitani e regionali; la messa della domenica
mattina; le bestemmie; il presidente del Consiglio cantastorie; Matteo
Salvini; le brave persone che seguono Matteo Salvini; il famoso
presentatore televisivo scrittore; il famoso politico scrittore; il
famoso attore scrittore; il famoso calciatore scrittore; il famoso cuoco
scrittore; il famoso giornalista scrittore; il famoso scrittore
scrittore;
Dolce
& Gabbana; la parrucchiera; l’estetista; fare footing parlando al
alta voce; i Tq; il festival di Sanremo; Sky; i giochi on-line; i
telequiz; Luciano Ligabue; Laura Pausini; Andrea Bocelli; Giovanni
Allevi; Fabio Volo; Il Volo; l’aperitivo; tutto ciò che è mangereccio,
preferibilmente a base di salumi, vino bianco e fritti; Carlo Cracco; il
nouveau ragu à l’italienne: col cioccolato, il cotechino fritto
nell’Amaretto di Saronno, la marmellata fritta nello strutto, la
salsiccia fritta nel miele, l’aglio fritto nel patchouli; la
Confindustria; la Confcommercio; la Confagricoltura; l’Asppi; l’Uppi;
l’Abi; la Confapi; gli affitti in nero; il lavoro nero; il commercio in
nero; la Mafia; i tatuaggi; i telefilm americani; i film americani; gli
attori americani; i cantanti americani; gli atleti americani; i
poliziotti americani; i soldati americani; i serial killer americani;
gli adolescenti americani; i wasp americani; i negri americani;
i
bambini canterini in televisione; i bambini in pubblicità; i bambini
nei telefilm; i bambini nella fame nel mondo; i pianti in televisione;
gli abbandoni in televisione; le confessioni in televisione; gli amori
in televisione; i giuramenti in televisione; i contratti in televisione;
gli insulti in televisione; gli insulti alle donne; gli insulti; i
gesti osceni mentre si guida l’auto; la polizia; i carabinieri; i due
marò; parcheggiare sulle strisce pedonali; parcheggiare sul marciapiede;
parcheggiare sulla pista ciclabile; andare con la moto sulla pista
ciclabile; andare con la moto nel parco pubblico; gli abusi edilizi; gli
abusi finanziari; le discariche abusive di rifiuti; i condoni; le
deroghe; l’emergenza; la crisi; la crescita; che cazzo menefregaammé; la Spending Review.
Kultura
italiana in Italia 2 = gli annunci patacca. E’ costume consolidato da
parte dei centri di potere lanciare annunci forti, spettacolari, e
reiterarli per un tempo sufficiente a farli entrare a forza
nell’Archetipo dell’inconscio collettivo. In questo, il “Presidente del
Consiglio” attuale è un maestro assoluto, e ha fatto scuola. Gli annunci
vanno ripetuti, con scansioni variabili a seconda delle dinamiche
(variabili) a cui si riferiscono. Se sono diretti, cioè recitati dal
“ministro” di turno, o addirittura dal “Presidente del Consiglio” in
persona, vanno accompagnati da una mimica al contempo rassicurante e
autorevole, di chi non è sfiorato dal dubbio, e deve sottendere un agire
positivo, “giovane”, energico, e soprattutto liberista, che è una delle
grandi passioni della kultura italiana in Italia.
Uno
degli ultimi, e uno dei più patacca di tutti i pataccari, è stato
quello secondo il quale le variazioni catastali conseguenti a interventi
edilizi di unità immobiliari siano “tempestivamente inoltrate”
direttamente dai comuni all’Agenzia del Territorio (cioè il Catasto),
con la fine lavori della pratica edilizia. E’ uno degli articoli del
cosiddetto Decreto Sblocca Italia (133/2014), sul quale il “governo” ha
puntato molte carte mediatiche: “semplificazione”, lotta alla
burocrazia, il fare, il non pagare ecc. Così, i Comuni sono stati
inondati da tecnici e da cittadini che chiedevano l’applicazione di
questa norma. L’avevano sentito e visto in Tv e in radio, santo cielo!
Non si paga, ed è tutto più semplice! “Ci pensa il Comune”. E’ stata una
bufala, una norma inapplicabile e inapplicata. A parte problemi molto
seri di personale, che i Comuni scontano in seguito ai tagli delle
risorse, tra i due enti non esiste un linguaggio informatico
condivisibile: l’Agenzia del Territorio usa
una piattaforma e una banca dati indisponibili ai comuni. E’ un
linguaggio che va costruito, con un grande investimento di tempo e di
denaro. Ma cosa interessa ai professionisti degli annunci?
Nulla!
L’importante è sostituire la realtà con l’annuncio, nutrire certi
rancori della popolazione, reiterarlo fino a che è possibile, poi
abbandonarlo e sostituirlo con un altro, altrettanto “forte”, enfatico,
“giovane” e positivo. Funziona. Il cittadino si accorge che quello
precedente si è rivelato una patacca, ma c’è già quello nuovo a riempire
gli spazi, a stimolare aspettative. Così lo dimentica presto, mentre
resta quel brivido liberista, come traccia, come “segno mondano”, come
l’avrebbe definito Deleuze, il segno del vuoto, del nulla,
dell’ingannevole, dell’effimero, il segno che passa e va, mentre quello
nuovo si fa strada e genera altro vuoto, altri inganni. Così si tira
avanti con questa straordinaria complicità tra ingannatori e ingannati,
che si basa sul complesso e al tempo stesso primordiale sistema dei
segni mondani, il codice non tanto segreto che costituisce il vero,
solido e palpitante organo vitale della kultura italiana in Italia.
(Mauro Baldrati, “Kultura italian in Italia”, da “Carmilla online” del 21 maggio 2015).
Kultura italiana in Italia = ultimo modello di smartphpone; ultimo
modello di tablet; ultimo modello di app; ultimo modello di televisore;
ultimo modello di auto; lavare l’auto col detersivo nel cortile di casa;
squadra di calcio, comprensiva di allenatore, presidente e bilancio;
Tg1; Tg5; la cronaca nera; Renzusconi; il Bunga Bunga; l’evasione
fiscale; le escort; le veline; la moglie trofeo; la fidanzata trofeo;
l’accompagnatrice trofeo; la segretaria trofeo; la presentatrice trofeo;
le ministre trofeo; Maria De Filippi; Antonella Clerici; Carlo Conti;
il film di Natale; il Papa santo; il presidente della Repubblica santo;
tutti i santi metropolitani e regionali; la messa della domenica
mattina; le bestemmie; il presidente del Consiglio cantastorie; Matteo
Salvini; le brave persone che seguono Matteo Salvini; il famoso
presentatore televisivo scrittore; il famoso politico scrittore; il
famoso attore scrittore; il famoso calciatore scrittore; il famoso cuoco
scrittore; il famoso giornalista scrittore; il famoso scrittore
scrittore;Articoli Recenti
Craxi: via noi, il regime violento della finanza vi farà a pezzi
29/5 • idee •
Il
regime avanza inesorabilmente. Lo fa passo dopo passo, facendosi
precedere dalle spedizioni militari del braccio armato. La giustizia politica
è sopra ogni altra l’arma preferita. Il resto è affidato
all’informazione, in gran parte controllata e condizionata, alla tattica
ed alla conquista di aree di influenza. Il regime avanza con la
conquista sistematica di cariche, sottocariche, minicariche, e con una
invasione nel mondo della informazione, dello spettacolo, della cultura e
della sottocultura che è ormai straripante. Non contenti dei risultati
disastrosi provocati dal maggioritario, si vorrebbe da qualche parte
dare un ulteriore giro di vite, sopprimendo la quota proporzionale per
giungere finalmente alla agognata meta di due blocchi disomogenei,
multicolorati, forzati ed imposti. Partiti che sono ben lontani dalla
maggioranza assoluta pensano in questo modo di potersi imporre con una
sorta di violenta normalizzazione. Sono oggi evidentissime le influenze
determinanti di alcune lobbies economiche e finanziarie e di gruppi di
potere oligarchici.
A ciò si aggiunga la presenza sempre più pressante della finanza
internazionale, il pericolo della svendita del patrimonio pubblico,
mentre peraltro continua la quotidiana, demagogica esaltazione della
privatizzazione. La privatizzazione è presentata come una sorta di
liberazione dal male, come un passaggio da una sfera infernale ad una
sfera paradisiaca. Una falsità che i fatti si sono già incaricati di
illustrare, mettendo in luce il contrasto che talvolta si apre non solo
con gli interessi del mondo del lavoro ma anche con i più generali
interessi della collettività nazionale. La “globalizzazione” non viene
affrontata dall’Italia con la forza, la consapevolezza, l’autorità di
una vera e grande nazione, ma piuttosto viene subìta in forma subalterna
in un contesto di cui è sempre più difficile intravedere un avvenire,
che non sia quello di un degrado continuo, di un impoverimento della
società, di una sostanziale perdita di indipendenza.
I
partiti dipinti come congreghe parassitarie divoratrici del danaro
pubblico, sono una caricatura falsa e spregevole di chi ha della democrazia
un’idea tutta sua, fatta di sé, del suo clan, dei suoi interessi e
della sua ideologia illiberale. Fa meraviglia, invece, come negli anni
più recenti ci siano state grandi ruberie sulle quali nessuno ha
indagato. Basti pensare che solo in occasione di una svalutazione della
lira, dopo una dissennata difesa del livello di cambio compiuta con uno
sperpero di risorse enorme ed assurdo dalle autorità competenti, gruppi
finanziari collegati alla finanza
internazionale, diversi gruppi, speculando sulla lira evidentemente
sulla base di informazioni certe, che un’indagine tempestiva e
penetrante avrebbe potuto facilmente individuare, hanno guadagnato in
pochi giorni un numero di miliardi pari alle entrate straordinarie della
politica di alcuni anni. Per non dire di tante inchieste finite letteralmente nel nulla.
D’Alema
ha detto che con la caduta del Muro di Berlino si aprirono le porte ad
un nuovo sistema politico. Noi non abbiamo la memoria corta. Nell’anno
della caduta del Muro, nel 1989, venne varata dal Parlamento italiano
una amnistia con la quale si cancellavano i reati di finanziamento
illegale commessi sino ad allora. La legge venne approvata in tutta
fretta e alla chetichella. Non fu neppure richiesta la discussione in
aula. Le Commissioni, in sede legislativa, evidentemente senza
opposizioni o comunque senza opposizioni rumorose, diedero vita,
maggioranza e comunisti d’amore e d’accordo, a un vero e proprio colpo
di spugna. La caduta del Muro di Berlino aveva posto l’esigenza di un
urgente “colpo di spugna”. Sul sistema di finanziamento illegale dei
partiti e delle attività politiche, in funzione dal dopoguerra, e
adottato da tutti anche in violazione della legge sul finanziamento dei
partiti entrata in vigore nel 1974, veniva posto un coperchio.
La
montagna ha partorito il topolino. Anzi il topaccio. Se la Prima
Repubblica era una fogna, è in questa fogna che, come amministratore
pubblico, il signor Prodi si è fatto le ossa. I parametri di Maastricht
non si compongono di regole divine. Non stanno scritti nella Bibbia. Non
sono un’appendice ai dieci comandamenti. I criteri con i quali si è
oggi alle prese furono adottati in una situazione data, con calcoli e
previsioni date. L’andamento di questi anni non ha corrisposto alle
previsioni dei sottoscrittori. La situazione odierna è diversa da quella
sperata. Più complessa, più spinosa, più difficile da inquadrare se si
vogliono evitare fratture e inaccettabili scompensi sociali. Poiché si
tratta di un Trattato, la cui applicazione e portata è di grande
importanza per il futuro dell’Europa
Comunitaria, come tutti i Trattati può essere rinegoziato, aggiornato,
adattato alle condizioni reali ed alle nuove esigenze di un gran numero
ormai di paesi aderenti.
Questa
è la regola del buon senso, dell’equilibrio politico, della gestione
concreta e pratica della realtà. Su di un altro piano stanno i
declamatori retorici dell’Europa, il delirio europeistico che non tiene contro della realtà, la scelta della crisi,
della stagnazione e della conseguente disoccupazione. Affidare effetti
taumaturgici e miracolose resurrezioni alla moneta unica europea, dopo
aver provveduto a isterilire, rinunciare, accrescere i conflitti
sociali, è una fantastica illusione che i fatti e le realtà economiche e
finanziarie del mondo non tarderanno a mettere in chiaro. La pace si
organizza con la cooperazione, la collaborazione, il negoziato, e non
con la spericolata globalizzazione forzata. Ogni nazione ha una sua
identità, una sua storia, un ruolo geopolitico cui non può rinunciare.
Più nazioni possono associarsi, mediante trattati per perseguire fini
comuni, economici, sociali, culturali, politici, ambientali. Cancellare
il ruolo delle nazioni significa offendere un diritto dei popoli e
creare le basi per lo svuotamento, la disintegrazione, secondo processi
imprevedibili, delle più ampie unità che si vogliono costruire. Dietro
la longa manus della cosiddetta globalizzazione si avverte il respiro di
nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente
finanziaria e militare.
(Bettino
Craxi, estratti dal libro “Io parlo, e continuerò a parlare”, ripresi
da “Il Blog di Lameduck” il 19 maggio 2015. Il libro, edito da Mondadori
nel 2014, cioè 14 anni dopo la morte di Craxi, raccoglie scritti del
leader socialista risalenti alla seconda metà degli anni ‘90. Scritti
che oggi appaiono assolutamente profetici).
Il regime avanza inesorabilmente. Lo fa passo dopo passo, facendosi
precedere dalle spedizioni militari del braccio armato. La giustizia politica
è sopra ogni altra l’arma preferita. Il resto è affidato
all’informazione, in gran parte controllata e condizionata, alla tattica
ed alla conquista di aree di influenza. Il regime avanza con la
conquista sistematica di cariche, sottocariche, minicariche, e con una
invasione nel mondo della informazione, dello spettacolo, della cultura e
della sottocultura che è ormai straripante. Non contenti dei risultati
disastrosi provocati dal maggioritario, si vorrebbe da qualche parte
dare un ulteriore giro di vite, sopprimendo la quota proporzionale per
giungere finalmente alla agognata meta di due blocchi disomogenei,
multicolorati, forzati ed imposti. Partiti che sono ben lontani dalla
maggioranza assoluta pensano in questo modo di potersi imporre con una
sorta di violenta normalizzazione. Sono oggi evidentissime le influenze
determinanti di alcune lobbies economiche e finanziarie e di gruppi di
potere oligarchici.Renzi completa il Rigor Montis: diktat Ue, ma con l’inganno
28/5 • idee •
Nel 1953 quella che fu allora chiamata legge elettorale truffa non scattò perché la Democrazia
Cristiana ed i suoi alleati non raggiunsero il quorum richiesto del
50%+1 dei voti validi. Quella che doveva essere un’alleanza al centro in
grado di acchiappare consenso in tutte le direzioni perse invece voti
ad ampio raggio, alla sua sinistra prima di tutto, ma anche alla sua
destra. Il progetto autoritario allora aveva respinto, invece che
attrarre. Oggi l’Italicum è molto più pericoloso della legge truffa del
‘53, che comunque assegnava un premio parlamentare consistente a chi già
avesse conseguito la maggioranza assoluta dei voti. Oggi, grazie al
trucco del ballottaggio che aggira la sentenza della Corte
Costituzionale, un partito come il Pd che, aldilà dell’exploit delle
europee, si attesta normalmente attorno al 30% dei voti validi, potrà
conseguire una maggioranza assoluta priva di contrappesi e controlli. Ho
detto il Pd ma in realtà avrei più correttamente dovuto dire il suo
segretario presidente Renzi, che si è costruito un sistema di governo
che gli darà un potere praticamente assoluto.
Come ha notato eufemisticamente Eugenio Scalfari siamo a una democrazia
che affida il potere all’esecutivo. Che è ciò che normalmente avviene
in ogni dittatura. Renzi sarà eletto direttamente dal ballottaggio come
un sindaco e godrà di un parlamento esautorato, composto da una netta
maggioranza di nominati o fedelissimi. Ci sarà una sola Camera che
decide su tutto sulla base degli ordini del capo del governo. Camera che
nominerà gli organismi di controllo senza, scusate il bisticcio,
controlli. E se pensiamo che la recente sentenza della Corte
Costituzionale sulle pensioni sembra sia stata decisa sei contro sei,
con il voto determinante del presidente, possiamo tranquillamente
concludere che al nuovo Parlamento renziano basterà nominare un solo
nuovo giudice costituzionale per cambiare gli orientamenti di tutta la
corte.
Un
potere pressoché assoluto, dunque, per fare che? Quello che sta
costruendo Renzi in realtà è un sistema autoritario che non è in
proprio, ma è fondato su una sorta di fideiussione bancaria. Il
programma fondamentale del governo è sempre quello della lettera del 5
agosto 2011 firmata da Trichet e da Draghi. Che come presidente della
Bce continua a vigilare meticolosamente che quel programma stilato
assieme al suo predecessore sia scrupolosamente attuato. Il 28 maggio
2013 la Banca Morgan ha presentato un documento politico che metteva
sotto accusa la Costituzione italiana assieme a quelle di tutti i paesi
europei “periferici” e in crisi.
Queste Costituzioni, secondo quel documento, nate dopo la vittoria sul
fascismo, sono segnate dal peso eccessivo della sinistra e del pensiero
socialista, e per questo ostacolano le riforme liberali che servono a
salvare l’euro.
Con
toni più brutali un editoriale de “Il Sole 24 Ore”, pochi giorni fa,
polemizzava con la sentenza della Corte Costituzionale, affermando che
con il pareggio di bilancio come vincolo costituzionale, gli obblighi
del Fiscal Compact e il primato dei mercati globali, non ha più senso
parlare di diritti indisponibili. Non crediate di avere dei diritti, si diceva una volta. I poteri forti, le grandi multinazionali, la finanza e le banche hanno da tempo deciso che il sistema di diritti sociali europeo è, per i loro concreti interessi, insostenibile. La crisi
è stata un grande occasione per realizzare compiutamente un obiettivo
cui si lavora da oltre trenta anni, e le riforme politiche autoritarie
ne sono lo strumento. Renzi si è quindi trovato al posto giusto nel
momento giusto. Guai a fare nei suoi confronti lo stesso errore di
sottovalutazione compiuto dalla sinistra democratica verso Berlusconi; e
non solo per il compatto sostegno che riceve dai poteri forti italiani
ed europei e da tutto il sistema dei mass media. Anche Monti aveva questo stesso sostegno, per fare sostanzialmente la stessa politica, ma non ce l’ha fatta.
La forza di Renzi sta proprio nella posizione e nella rappresentanza politica assunta. È un errore credere che egli sia un democristiano. No, la sua formazione politica
non è tanto rilevante quanto il ruolo che ha deciso di interpretare. È
questo ruolo è tutto all’interno della sconfitta e della rassegnazione
della sinistra tradizionale. Matteo Renzi ha scalato il Pd, che è bene
ricordare inizialmente lo aveva respinto, dopo che il vecchio e
inconcludente riformismo era stato sconfitto. Egli ha usato
spregiudicatezza e populismo con una classe politica
disposta a tutto pur di non perdere il potere. Per capire quello che è
successo dobbiamo pensare ad altri fenomeni di trasformismo di massa
nella storia della sinistra del nostro paese. Crispi alla fine dell’800,
Mussolini, Craxi e naturalmente Berlusconi sono tutti predecessori non
casuali di Matteo Renzi.
Il
nostro è diventato il secondo paese cavia dell’esperimento liberista
dopo la Grecia. In quel paese la Troika ha esagerato e ne è consapevole,
per questo in Italia il progetto è diverso. Non negli obiettivi, che
sono gli stessi, dal lavoro, alla scuola, alla sanità, alle pensioni, a
tutti i diritti sociali. Si vuole arrivare alla stessa società di mercato brutalmente imposta alla Grecia, ma evitando la stessa reazione politica.
Quindi più furbizia e anche tempo nelle misure da adottare e
soprattutto lavoro per costruire un blocco di consenso politico attorno
ad esse. A questo serve la mutazione genetica del Pd in partito della
nazione. Che in realtà è un partito collaborazionista con la Troika e
con tutti i poteri economici finanziari internazionali.
Il
partito della nazione che collabora costruisce così le sue cordate di
consenso, da Marchionne ai sindacati complici, da Farinetti alla nuova
Milano da bere, dai presidi a tutto quel mondo politico e sociale
proveniente dalla sinistra il cui sentire di fondo può essere così
riassunto: abbiamo speso tanto senza risultati, ora si guadagna. Non è
vero che Renzi voglia liquidare i corpi intermedi, non è così sciocco sa
che sarebbe impossibile. Quello che vuole il segretario del Pd è un
corpo di organizzazioni addomesticate e funzionali e a questo sta
concretamente lavorando, come dopo il Jobs Act e la “Buona scuola”,
mostra il progetto di legge Civil Act sul terzo settore.
Renzi
è l’espressione di un progetto politico reazionario di adattamento
dell’Italia ai più duri vincoli della peggiore globalizzazione, per
questo battere lui ed il suo partito della nazione non sarà opera breve,
né facile, ma è la condizione perché il paese possa riprendere davvero a
progredire. Oggi contro Renzi sta un destra disfatta, nella quale lo
stesso sistema mediatico renziano fa emergere il nazista dell’Illinois
Matteo Salvini come avversario di comodo. Poi c’è il Movimento 5 Stelle
che conduce lotte importanti, ma in evidente difficoltà di fronte al
populismo anticasta fatto proprio dal renzismo. E infine c’è
l’arcipelago delle forze della sinistra politica e sociale. La forza di Renzi è la debolezza di questo fronte, il che permette alla sua politica di destra di contare su un vasto consenso elettorale nel popolo della sinistra.
Gli
insegnanti che sfilavano in corteo il 5 maggio gridavano di non votare
più Pd. È un segnale importante, ma insufficiente. Occorre un rottura
più profonda. Occorre che tutto il corpo sociale e politico della
sinistra consideri il renzismo non come un gruppo di compagni che
sbagliano, ma come il primo e principale avversario. Le ambiguità ed i
compromessi di chi si dichiara contro Renzi ma poi si allea con il Pd
nelle elezioni locali, o dei dirigenti sindacali che lo criticano ma poi
lo votano, o degli ambientalisti che sostengono Expo, tutto questo
opportunismo porta solo fieno nella cascina del partito della nazione.
Ci vogliono scelte nette per costruire l’alternativa a Renzi e al suo
progetto, la prima e in fondo più semplice è non votare in ogni caso ed
in ogni situazione per il Pd ed i suoi alleati.
(Giorgio Cremaschi, “Non votare Pd, unico antidoto al potere assoluto renziano”, da “Micromega” del 21 maggio 2015).
Nel 1953 quella che fu allora chiamata legge elettorale truffa non scattò perché la Democrazia
Cristiana ed i suoi alleati non raggiunsero il quorum richiesto del
50%+1 dei voti validi. Quella che doveva essere un’alleanza al centro in
grado di acchiappare consenso in tutte le direzioni perse invece voti
ad ampio raggio, alla sua sinistra prima di tutto, ma anche alla sua
destra. Il progetto autoritario allora aveva respinto, invece che
attrarre. Oggi l’Italicum è molto più pericoloso della legge truffa del
‘53, che comunque assegnava un premio parlamentare consistente a chi già
avesse conseguito la maggioranza assoluta dei voti. Oggi, grazie al
trucco del ballottaggio che aggira la sentenza della Corte
Costituzionale, un partito come il Pd che, aldilà dell’exploit delle
europee, si attesta normalmente attorno al 30% dei voti validi, potrà
conseguire una maggioranza assoluta priva di contrappesi e controlli. Ho
detto il Pd ma in realtà avrei più correttamente dovuto dire il suo
segretario presidente Renzi, che si è costruito un sistema di governo
che gli darà un potere praticamente assoluto. L’Imperatore Gross, 1.700 miliardi: sta arrivando la fine
27/5 • idee •
Forse
meglio ascoltarlo, l’Imperatore dell’Impero del Male. In fondo, ed è
poca consolazione per te ragazzo, ragazza, anche lui ha un Padrone, il
Padrone ultimo di tutto, anche di quella leggenda buffona di Dio con la
barbetta bianca. Sì, l’Imperatore del Male ha anche lui un Padrone. La
Morte. E lo sa. Ecco allora che Bill Gross, l’Imperatore che valeva
1.700 miliardi di dollari (il Pil di tutta l’Italia), fa una pausa. Vale
la pena ascoltarlo, fidatevi. Lui ha sentito a 70 anni appena compiuti,
e per la prima volta, la voce del Padrone. Mi chiedo, anche se non ho
la risposta, quale sia la differenza fra il sentire il richiamo del
Padrone, che è una folata sulla nuca con questo suono… “Io distruggerò
te e tutto di te…”. Sentirlo, dicevo, in una cucina di un condominio di
Gorizia o in un ufficio al 120esimo piano di un grattacielo di Manhattan
mentre siedi su 1.700 miliardi di dollari. Curiosa ’sta cosa, eh? Credo
che sia peggio la seconda. Cioè la realizzazione dell’Imperatore da
1.700 miliardi di dollari che sbatterli in faccia alla Morte, o che
protestare alla Morte i confini immani del suo Impero, vale esattamente
quanto sbattergli in faccia la pensione minima della 70enne di Gorizia.
Non deve essergli facile.
Ma
Bill Gross ha ora “un senso della fine” e anche piuttosto forte. Questo
lo ha profondamente scosso, lo si capisce dalle righe che ha scritto, e
lo ha portato a estendere la nuova saggezza acquisita anche al suo
Impero, l’Economia.
Non v’è dubbio che quando il richiamo alla finitezza di tutto arriva
dal Padrone dell’Universo con la falce, il suo potere sia tale da gelare
le ossa e con esse l’euforia d’immortalità di questi Imperatori. Allora
il Supremo fra i supremi della speculazione finanziaria ha guardato,
dopo quel richiamo, con occhi molto diversi il formicolio impazzito del
suo Impero di schermi in Borsa, di High Frequency Trading, di tempeste
termonucleari di denari infiniti che passano sulla testa delle masse
insignificanti di noi semplici senza che noi ne siamo toccati, ma solo
pisciati in testa. Li ha guardati Bill Gross, e il suo “senso della
fine” gli è apparso anche lì.
Più
che incredibile è però il fatto che ora, dopo l’immortale “il mio regno
per un cavallo” di Riccardo III (Shakespeare), Bill Gross veda la fine
del Potere, del Vero Potere in Terra. «La morte mi spaventa, e mi causa
quello che lo scrittore inglese Julian Barnes chiama ‘una grande
agitazione’… Finirò là da dove sono venuto, dimenticato, sconosciuto e
incosciente, dopo miliardi di future eternità… Mi terrorizza il morire,
quelle ore intollerabili stirate all’infinito dalla medicina moderna,
che accompagneranno la maggioranza di noi su quei sentieri pieni di
tumori, ictus, disabilità, vecchiaia…». «Ho un senso della fine. Lo
stesso senso della fine che sta assillando da qualche tempo la Grande
Carica dei tori finanziari iniziata nel 1981… In quegli anni con i
Titoli di Stato che ci davano interessi del 14,5%, le Borse impazzirono,
e la ricchezza finanziaria venne moltiplicata come mai prima nella
Storia… Ma come descrive Barnes per le vite umane, lo stesso è accaduto
alle economie finanziarie degli ultimi 30 anni: accumulo,
responsabilità, agitazione, e infine una catastrofica agonia. Credo che
la nostra super-orbita d’investimenti sia giunta alla fine».
«Ma per l’economia
globale che continua a gonfiare bolle finanziarie, invece che
concentrarsi sui problemi strutturali (Keynes? nda), il percorso di
salvezza sembra bloccato… Se sono stati inutili i trilioni di dollari di
benzina monetaria pompata dalla nostra Banca Centrale Usa (come in Giappone), come possiamo aspettarci che le stesse mosse funzionino oggi nell’Europa di Draghi? Con crescite a zero, tassi d’interessi per i risparmiatori portati da Draghi a zero o addirittura a meno 0, e con crisi
di indebitamenti montanti oltre immaginazione, il ‘senso della fine’ è
ormai un cappio che stringe tutti i Mercati. Vi sarà un momento in cui
qualsiasi risparmiatore si rifiuterà di scambiare i suoi euro contanti
con Titoli di Stato, e tutto si seccherà al sole… Ho questo senso della
fine del gioco della finanza, e come con la morte, solo la data è incerta. Sento un grande senso di agitazione, angoscia. E dovreste sentirlo anche voi».
Bill
Gross, l’uomo da 1.700 miliardi di dollari, parla anche a voi italiani,
e vi predice – guarda che incredibile coincidenza – quello che intuì
Marx, seppur con termini necessariamente diversi. Ma dove siete, voi
italiani? Vi rispondo: a pascolare nell’erbetta del campo, pecore a capi
chini d’imprenditori, operai, impiegate e studenti che vedono solo
l’orizzonte dei 50 metri davanti, Renzi, Grillo, l’Expo, la Tv e
l’elemosina delle bugie di Padoan. E il Padrone con la falce se la ride,
di Gross, ma soprattutto di voi, che manco vi eravate accorti di essere
vivi, né di cosa vi stava finendo prima di finire. Almeno lui, Mr.
1.700 miliardi di dollari, lo sguardo l’ha sempre avuto avanti.
L’Imperatore del Male è meglio di voi, italiani. Sapete?
(Paolo
Barnard, “Ho il semso della fine, dice l’uomo che valeva 1.700 miliardi
di dollari. E tu che hai 21 anni ce l’hai, quel senso?”, dal blog di
Barnard del 21 maggio 2015).
Forse meglio ascoltarlo, l’Imperatore dell’Impero del Male. In fondo,
ed è poca consolazione per te ragazzo, ragazza, anche lui ha un
Padrone, il Padrone ultimo di tutto, anche di quella leggenda buffona di
Dio con la barbetta bianca. Sì, l’Imperatore del Male ha anche lui un
Padrone. La Morte. E lo sa. Ecco allora che Bill Gross, l’Imperatore che
valeva 1.700 miliardi di dollari (il Pil di tutta l’Italia), fa una
pausa. Vale la pena ascoltarlo, fidatevi. Lui ha sentito a 70 anni
appena compiuti, e per la prima volta, la voce del Padrone. Mi chiedo,
anche se non ho la risposta, quale sia la differenza fra il sentire il
richiamo del Padrone, che è una folata sulla nuca con questo suono… “Io
distruggerò te e tutto di te…”. Sentirlo, dicevo, in una cucina di un
condominio di Gorizia o in un ufficio al 120esimo piano di un
grattacielo di Manhattan mentre siedi su 1.700 miliardi di dollari.
Curiosa ’sta cosa, eh? Credo che sia peggio la seconda. Cioè la
realizzazione dell’Imperatore da 1.700 miliardi di dollari che sbatterli
in faccia alla Morte, o che protestare alla Morte i confini immani del
suo Impero, vale esattamente quanto sbattergli in faccia la pensione
minima della 70enne di Gorizia. Non deve essergli facile.Ma perché trasformare in guru il povero, banale Saviano?
26/5 • idee •
Saviano
al posto di Bocca. Uno che non ha mai detto nulla di interessante, che
non ha un’idea in croce, che scrive male e banale, che parla come una
macchinetta sputasentenze, che brancola nel buio di un generico civismo,
che è stato assemblato come una zuppa di pesce retorico a partire da un
romanzo di successo, si prende la rubrica di un tipo tosto che di cose
da dire ne aveva fin troppe. Saviano a La7 per tre giorni con
l’auricolare di Serra e la bonomia un po’ spenta di Fazio, un rimasuglio
di tv dell’indignazione, una celebrazione di quella cazzata che è
l’evento, il tutto destinato a sicuro successo di critica e di pubblico:
il nulla intorno alle parole, ridotte barbaramente al nulla
dell’ideologia, e tutt’intorno un uso cinico della condiscendenza verso
il piccolo talento dell’ordinario. Saviano a New York, come un brand
scassato alla ricerca della mafia già scoperta da Puzo, Coppola e
Scorsese, una specie di Lapo in cerca di marketing sulle orme di
Zuccotti Park, tranne che Lapo fa il suo mestieraccio.
Saviano in ogni appello, dalla lotta al traffico di cocaina ai diritti
dei gay a chissà cos’altro ancora. Saviano sul giornale stylish del mio
amico Christian Rocca, perfino. Ma che palle. L’ho ascoltato al
Palasharp, un anno e mezzo fa, via web. Un disastro incolore. Uno fuori
posto perfino in un luogo in cui si faceva mercimonio delle idee
peggiori della società italiana. Non riusciva ad aderire, malgrado la
buona volontà, nemmeno alla semplificazione moralista della politica
nella sua forma estrema di faziosità e di odio teologico-politico.
Saviano non sa fare niente e va su tutto, è di un grigiore penoso, e i
madonnari che lo portano in processione dalla mattina alla sera gli
hanno fatto un danno umano, civile, culturale e professionale quasi
bestiale. Credo che le premesse fossero genuine, è l’esplosione che si è
rivelata di un’atroce fumosità.
Già
non è dotato, ma poi mettergli in mano una specie di scettro da
maghetto della popolarità e della significatività di sinistra o de
sinistra, insignirlo di una strana laurea da rive gauche all’italiana,
il caffè intellettuale dei mentecatti, chiedergli di pronunciarsi su
tutto e su tutti come l’oracolo, di fungere da uomo-simbolo, lui che del
simbolico ha appena la scorta, questo è veramente troppo. I Moccia e i
Fabio Volo hanno scritto anche loro libri di successo. E’ un guaio che
ti può capitare, una brutta malattia come il premio Nobel e altre
scemenze. Un giorno o l’altro qualcuno te le commina, se sei veramente
sfortunato, e c’è chi sbava nell’attesa. Ma nessuno li ha trasformati in
totem, non si prestavano, non erano all’altezza. Saviano invece è
all’altezza di questa mondializzazione del banale, di questa spaventosa
irriverenza verso l’allegria e l’eccentricità dell’intelletto come
nutrimento della società e della vita, di questa orgia del progressismo
finto sexy, il torello triste che combatte la sua corrida in compagnia
di milioni di consumatori culturali e di utenti dell’indicibilmente e
sinistramente comune, medio.
Siamo
il paese di Wilcock, di Flaiano, di Cesaretto, di Manganelli e a parte
lo spirito d’avanguardia e di letizia della scrittura, abbondano grandi
maestri, filologi, scrittori anche civili che qualcosa da dire ce
l’hanno, in trattoria e sui giornali e in tv, e siamo stati trasformati
nel paese dei balocchi dei festival e delle seriali conferenze culturali
dedicate al libro, al bestseller che ti cambia la vita come una nuova
religione e ti immette nel mainstream più compiacente e belinaro. Ma
via. Qualcuno deve pur dirlo. Facciamo un comitato, qualcosa di sapido e
di cattivo, qualcosa di rivoltoso e di ribaldo. Basta con Saviano.
(Giuliano Ferrara, “Qualcuno deve pur dirlo, ora basta con Saviano”, da “Il Foglio” del 13 maggio 2012).
Saviano al posto di Bocca. Uno che non ha mai detto nulla di
interessante, che non ha un’idea in croce, che scrive male e banale, che
parla come una macchinetta sputasentenze, che brancola nel buio di un
generico civismo, che è stato assemblato come una zuppa di pesce
retorico a partire da un romanzo di successo, si prende la rubrica di un
tipo tosto che di cose da dire ne aveva fin troppe. Saviano a La7 per
tre giorni con l’auricolare di Serra e la bonomia un po’ spenta di
Fazio, un rimasuglio di tv dell’indignazione, una celebrazione di quella
cazzata che è l’evento, il tutto destinato a sicuro successo di critica
e di pubblico: il nulla intorno alle parole, ridotte barbaramente al
nulla dell’ideologia, e tutt’intorno un uso cinico della condiscendenza
verso il piccolo talento dell’ordinario. Saviano a New York, come un
brand scassato alla ricerca della mafia già scoperta da Puzo, Coppola e
Scorsese, una specie di Lapo in cerca di marketing sulle orme di
Zuccotti Park, tranne che Lapo fa il suo mestieraccio.
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