lunedì 1 giugno 2015

Da dove viene la nostra barbarie


Da dove viene la nostra barbarie

da Movimento operaio
armamenti( in foto: Serie di 8 cartoline colonialiste disegnate dal pittore Enrico Deseta ad uso delle truppe italiane dell’Africa Orientale)
Gian Antonio Stella sul Corriere della sera del 21 aprile ha pubblicato un’intera pagina di volgarità razziste e inumane trovate sulle reti sociali, che tra l’altro ripetono grossolane falsità sui costi dei salvataggi, sugli stipendi ai “clandestini”, o sulle “bare da 8.000 euro”. In genere molte sms o post lamentano che nel naufragio i morti siano stati troppo pochi. Stella cerca di risalire all’origine di tanta barbarie, ma si ferma a Radio Padania, e fa alcuni esempi di telefonate: “Non danno i soldi ai pensionati perché dobbiamo mantenere tutti quegli animali bastardi che vengono qua” diceva un certo Daniele di Brescia, e il conduttore della trasmissione “La catapulta” precisava subito: “Penso che dicendo animali si riferisca ai clandestini che arrivano a frotte dalle coste dell’Africa…”.
Anche una TV nazionale ha sondato gli umori, veramente feroci, dei leghisti impegnati a preparare polenta a una festa del loro partito: facce stravolte, menzogne e auguri di morte ai “clandestini”. Ma non è da lì che parte la filiera dell’odio: viene alla luce in forma così rozza lì per il livello culturale infimo di questo pezzo d’Italia in cui si annidano “le livide, imbecilli e regressive paure di chi teme ogni forestiero incapace di bestemmiare nel suo dialetto e sogna un mondo endogamico e gozzuto di consanguinei” (la definizione impietosa e al limite di un “razzismo di ritorno” è di Claudio Magris sul “Corriere della sera” del 20 u.s.), ma ha alle spalle le convinzioni di un gran numero di politici, a partire da Renzi, Alfano, la Pinotti, la Mogherini. Ignoranti che hanno come consulenti personaggi infami come Luttwack, presentato sempre come il massimo esperto di grande strategia, quando distilla apologia della guerra in tutte le salse, e liquida sprezzantemente ogni proposta ragionevole di soluzione diversa, o come il generale Carlo Jean (che è stato consigliere militare del Quirinale ai tempi di Cossiga, poi presidente della Sogin, la società che gestisce la dismissione delle ex centrali nucleari, ed è docente alla LUISS).
Edward Luttwack ha dichiarato senza reticenza che il governo italiano deve “rifiutare l’asilo a chi non è profugo di guerra”. I profughi di guerra arrivano secondo lui solo da Siria e Libia, due paesi arabi (il grande stratega non si è accorto delle decine di altre guerre esistenti), quindi “basta un interprete per scoprire chi non è di lingua araba e rimandarlo in patria”. Gli altri, bisogna lasciarli in Libia, affondando i barconi: “comunque sarebbe un atto umanitario: non sarebbe meglio per questi migranti africani restare in Libia piuttosto che annegare nel Mediterraneo?”. Quanto alla legalità di un atto simile, Luttwack non ha dubbi: non sarebbe illegale perché “la Libia non è un paese sovrano, non c’è un governo che si prenda la responsabilità dello Stato, è terra franca, non c’è legge”. E via con argomentazioni degne dell’imperialismo e del colonialismo di due secoli fa. Le ha fatte in numerosi talk show, ma queste sono scritte, in un intervista al “Messaggero” organo del suocero del cattolicissimo Casini (che a Luttwack si è ispirato spesso per le sue riapparizioni sulla scena politica.
Di Carlo Jean ho sentito in un intervista a Radio 3 la stessa logica di Luttwack, con in più un incredibile argomento “economico”: se affondiamo molti barconi e pescherecci in Libia (che sia un atto di guerra non lo preoccupa) si riducono gli scafi, di conseguenza aumentano i prezzi del passaggio e si riduce il numero di quelli che possono permettersi il viaggio. Ho la sensazione che non si renda neppure conto che così potrebbero viaggiare solo quelli che hanno molti soldi: ma questi viaggiano già ora sicuri comprandosi un passaporto e un visto per un paese europeo. Lasciamo perdere la questione morale (si salverebbero dall’inferno libico solo i benestanti…). Possibile che non gli venga in mente che così sarebbe più facile per l’ISIS (finora evocato periodicamente come spauracchio, ma a quanto pare poco interessato a questo tipo di affari) comprare un certo numero di passaggi per i suoi uomini? (Ma sulla serietà di Carlo Jean come super stratega rinvio all’Appendice 1, trovata negli archivi del Corriere della sera).
Di fatto l’opinione di Jean è la stessa espressa da Alfano alla trasmissione “Di martedì”, subito dopo e in evidente anche se implicita polemica con Laura Boldrini, che sui migranti ha una reale esperienza diretta, e che sa che nulla può fermare chi fugge da un orrore indicibile. Ed è la stessa di tutti governanti italiani ed europei (non inganni il fatto che la Germania ha accolto nel 2014 un numero triplo di migranti rispetto a quanti ne ha ospitato l’Italia: evidentemente ne aveva momentaneamente bisogno per abbassare ulteriormente i salari).
Non deve ingannare nemmeno che a volte costoro rispolverino lo slogan “aiutiamoli a casa loro”. L’Italia da anni ha ridotto il suo contributo ai paesi poveri allo 0,13 del PIL, cioè a un sesto di quanto era stato deciso a livello internazionale. Lo ha ricordato lo stesso Kofi Annan, denunciando che invece i paesi europei hanno imposto all’Africa tariffe doganali sui prodotti della carne che toccano punte dell’826%.
Questi governanti (oggi tutti solidalmente impegnati a cercare di strangolare sul nascere l’esperienza del governo di sinistra in Grecia), sono responsabili di queste inaccettabili stragi. L’Europa invece deve e può impegnarsi ad accogliere chi cerca di sfuggire alle guerre e alle catastrofi ambientali e anche solo alla miseria indotta dallo sfruttamento imperialista in gran parte del mondo.

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