sabato 13 giugno 2015

La lotta contro la buona scuola. Vietato fermarsi. Vietato indietreggiare. PCL...PARTITO COMUISTA DEI LAVORATORI



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La lotta contro la buona scuola. Vietato fermarsi. Vietato indietreggiare.

12 Giugno 2015
Buona



La lotta contro la "Buona scuola" entra in questi giorni e in queste ore nella sua fase decisiva. Le settimane di mobilitazione che si sono aperte con gli scioperi del 24 aprile e soprattutto del 5 maggio sono sono state la migliore risposta possibile che potesse partire dalle scuole, e la migliore risposta all'immobilismo e all'ipocrisia di tanti.
Lo sciopero degli scrutini, ancora in corso dall'inizio di questa settimana, sta registrando un'adesione massiccia, con punte del 90%, ben oltre i soli docenti sindacalizzati.
È poi arrivata un'inattesa bocciatura sulla costituzionalità del ddl, in Commissione al Senato, segno che persino nel Palazzo c'è chi sembra essere sfiorato da qualche riserva nel propinare la sbobba rancida della "Buona scuola" così com'è, sapendo dell'accoglienza finora riservata e consapevoli dell'inevitabile rischio di aumentare ulteriormente il rifiuto e la resistenza che si stanno oggi manifestando.

Ma la vera risposta alla "Morta scuola" di Renzi e compagnia non arriverà certo dal Palazzo, e neppure da chi dentro il Parlamento sembra essere più consapevole degli altri del terremoto che rischia di sorprendere l'allegra e scanzonata maggioranza renziana, e che per questo finge abilmente di voler interloquire e garantire "aperture". La vera risposta può arrivare solamente da quelle centinaia di migliaia di insegnanti che si sono attivati in questo mese e che continuano a farlo, nonostante tutto e tutti.

Nonostante le burocrazie sindacali, che hanno prima ignorato e poi tentato in mille modi di frenare l'esplosione della mobilitazione, il cui innesco, infatti, si è rivelato fin dall'inizio essere totalmente autonomo tanto dalle dinamiche d'apparato dei sindacati quanto dalle tendenze al compromesso e alle sponde negoziali. E che in questo modo è stata in grado - si prenda nota - di imporre al corpaccione inerte e inerme dei sindacati sia lo sciopero del 5 sia il percorso di agitazione che ne è seguito (iniziative sul territorio e
nelle scuole, boicottaggio Invalsi, ecc.).

Nonostante l'accidia riformista e il suo logoro copione, secondo il quale i lavoratori non sono mai pronti per reagire; e se lo sono, la reazione è per forza di cose limitata e inefficace; e se non lo è, è bene che non si spinga troppo oltre (perché non si sa mai, per carità...)
Questa storiella, che è poi la stessa che ci sentiamo raccontare lagnosamente da anni riguardo a tutto, è stata smentita esemplarmente proprio dalla lotta contro la "Buona scuola", che ha indicato una volta di più - ce ne fosse ancora bisogno - che non c'è scrupolo "compatibilista" che tenga, quando i diritti e gli interessi dei lavoratori vengono calpestati. Con buona pace dei riformisti.

Ma anche nonostante i tanti che, pur teoricamente convinti della necessità e dalla possibilità di lottare contro il ddl e il governo Renzi, si rifiutano di prendere in considerazione che lo si debba fare duramente e implacabilmente, quanto più dura e implacabile è l'aggressione da parte del governo. Secondo il loro modo di pensare - che vorrebbe la situazione perennemente segnata dall'ineluttabilità della nostra sconfitta e dall'inevitabilità della vittoria del nemico di classe - è sempre troppo tardi per mettere in campo uno scontro vero, perché "l'opposizione va costruita senza fretta, senza proclami", perché "occorre partire dal basso", perché "bisogna fare un passo alla volta", "coinvolgere i lavoratori", ecc. ecc. Ma quando poi si tratta, nella pratica e non solamente nelle intenzioni, di "costruire" e di "partire dal basso"... costoro invocano la "situazione oggettiva" sfavorevole e i "rapporti di forza" avversi. Finendo così per trincerarsi dietro una passività di fatto che non fa fare un solo passo in avanti né alla lotta né alla situazione oggettiva da essi evocata.
Ecco, la mobilitazione della scuola ha mandato in frantumi anche questo impotente circolo vizioso, costringendo tutti a fare i conti con una realtà del mondo del lavoro meno pacificata e apatica di quanto possa sembrare.

La risposta c'è stata, dunque, pur nei tanti limiti che si sono imposti. Quella che abbiamo visto è stata una mobilitazione capillare, scuola per scuola, dalle grandi città al più piccolo e isolato dei comuni. Questa capillarità è stata il riflesso di un'opposizione alla "Buona scuola" molto più cosciente e significativa di quella espressa da una pur importante e ampia lotta sindacale: è stata la prima manifestazione di opposizione politica di massa al governo Renzi e alle sue politiche reazionarie, non solo in tema di scuola.

Ed è quindi a questo livello, e consapevoli di questo spessore politico, che la lotta va assunta e rilanciata. È necessario non solo aderire ed essere in sintonia con lo spirito di combattività dimostrato da centinaia di migliaia di insegnanti, ma trasformarlo in carburante di un grande movimento di opposizione politica e sociale generale a governo e padroni, che sappia mettere insieme i molti altri settori lavorativi e sociali già in lotta e mobilitare chi ancora non lo è, sulla base dei bisogni e delle esigenze che accomunano la stragrande maggioranza dei lavoratori, dei disoccupati e dei giovani italiani, e a partire da un programma che le saldi e le faccia valere in tutta la loro potenzialità trainante e unificante: un programma rivoluzionario.
La lotta contro la "Buona scuola" ha causato una prima importantissima crepa della fase renziana e del suo assetto di potere. Grazie alle sue dimensioni e alla sua radicalità, quella crepa può diventare una voragine.

Nella primavera del 1965, in pieno "centrosinistra storico", l'allora Ministro dell'Istruzione Luigi Gui presentò un piano di riforma universitaria di impianto conservatore e corporativo, che tentava di "difendere" l'università dalla scolarizzazione di massa trincerandola dietro una gerarchizzazione feudale e dequalificante. Contro la riforma si levarono fin da subito studenti e insegnanti, mettendone in discussione il soprattutto il portato politico. Il fervore della contestazione, che continuò nell'autunno del '65, andrà a fermentare velocemente e inevitabilmente un contesto e un clima che avrebbero condotto di lì a poco alla grande esplosione del 1968.
Far sì che l'autunno del 2015 riservi a Renzi e Giannini qualche piacevole sorpresa è il modo migliore per rievocare, a cinquant'anni di distanza, gli auspici del lontano autunno '65.
Partito Comunista dei Lavoratori - Commissione scuola e università

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